L’ISIS si avvicina a Baghdad, ma il vero obiettivo è la capitale del petrolio Kirkuk
Questa città, da quando cominciarono le trivellazioni nella prima metà del ‘900, costituisce la zona più ricca di petrolio di tutto l’Iraq: nei tempi d’oro, il cinquanta per cento dei sei milioni di barili estratti ogni giorno arrivava esattamente dai suoi pozzi. E non solo le riserve erano e sono enormi ma stanno anche in superficie, rendendone così facile ed economico lo sfruttamento.
Già nell’antichità, la regione era famosa per i frequenti fuochi causati da petrolio e gas che arrivavano in superficie e prendendo fuoco (esattamente come succedeva in Azerbaigian - etimologicamente:la terra del fuoco). Perfino il terreno era più caldo che altrove, facendo nascere la leggenda che il cibo potesse esser cotto anche solo interrandolo leggermente. Da tempi immemorabili gli abitanti della zona erano a maggioranza curda e fino alla metà del secolo scorso costituivano la maggioranza della popolazione locale dividendosi, il restante, tra arabi, turcomanni e qualche altra piccola etnia. I primi ad “arabizzare” la regione furono gli inglesi che, nello sfruttare i pozzi petroliferi, si avvalsero soprattutto di manodopera araba. Tale “arabizzazione” si fece più forte con la conquista del potere da parte di Saddam Hussein che, dapprima con leggi ad hoc accompagnate da “gentili” pressioni per fare vendere terreni e case ai nuovi arrivati poi, durante la forte repressione anticurda che passa sotto il nome di Anfal, con metodi ancora più brutali. Il risultato fu che, alla caduta del regime, la metà della popolazione locale era già araba,con i curdi al 30% e i turkmeni al 15%.
Alla costituzione della Regione Autonoma Curda nel nord-Iraq, si pose immediatamente il problema se Kirkuk dovesse farne parte o meno. Erbil la pretendeva, non dimenticando i reali motivi per cui la città aveva perso molti dei suoi originari abitanti, mentre Baghdad non voleva rinunciare al controllo diretto sulle ricchezze di quel sottosuolo e la Turchia, timorosa di un Kurdistan tropo ricco e, quindi, potenzialmente tanto autosufficiente da essere un’attrazione ancora più forte per gli stessi curdi di Turchia, vi si opposero avendo la meglio con l’aiuto americano.
La recente avanzata dello Stato Islamico verso la regione e la contemporanea fuga dell’esercito iracheno che la presidiava ha consentito ai peshmerga turchi di prendere possesso della zona e di presidiarla mettendo una forte ipoteca sul suo futuro status. Dal 2003, comunque, molti curdi vi avevano già fatto ritorno ed erano ridiventati etnia maggioritaria. Oggi, nonostante una querelle tra i peshmerga di Suleimanya e quelli di Erbil su chi debba garantire il controllo e la difesa della città, le truppe curde sembrano sufficientemente ben attestate da poter difendersi da qualche attacco dei jihadisti. La domanda è se riusciranno a resistere ad un eventuale attacco in forze e quale sarebbe, in quel caso, l’eventuale aiuto che potrebbe arrivare loro dall’esercito iracheno.
Infatti, sia Baghdad sia i turchi sia gli iraniani non accettano affatto la prospettiva, data per scontata dai curdi, che una volta sconfitto il comune nemico, la città resti sotto l’amministrazione della Regione Autonoma. Anche se nessuno dei nemici dei jihadisti potrebbe auspicare che i ricchi giacimenti petroliferi finiscano nelle mani dei terroristi, nello stesso momento nessuno vuole accettare l’ipotesi che la difesa di Kirkuk attuata dai curdi costituisca un implicito avallo al loro futuro possesso.
Ciò che potrebbe succedere allora a Kirkuk e’ la dimostrazione che Il medio oriente resta sempre di difficile decifrazione per una mente cartesiana che creda che il bianco sia bianco ed il nero sia nero. C’è infatti da domandarsi, e non è pura accademia, se, nonostante il rischio di un possibile attacco a Baghdad che richiederebbe la concentrazione delle forze attorno alla capitale, una qualche divisione dell’esercito sarà mandata, oppure no, in soccorso dei peshmerga qualora un forte attacco fosse lanciato in quella direzione. In quel caso, un contributo immediato alla difesa della città da parte di truppe irachene e di volontari iraniani potrebbe pesare in modo significativo sulle pretese curde per il futuro. Tuttavia un’altra ipotesi potrebbe essere quella di attendere che i peshmerga si trovino da soli sotto attacco e in gravi difficoltà e che siano loro stessi a dover richiedere gli aiuti. Se, a quel punto, i rinforzi dovessero dimostrarsi indispensabili, la futura tutela curda su Kirkuk sarebbe ancora molto meno sicura. Infine non si può nemmeno escludere che, nelle menti dei nemici di un Kurdistan forte, possa essere perfino preferibile la devastazione delle infrastrutture petrolifere a causa di scontri cruenti e prolungati piuttosto che lasciare quella grande ricchezza sotto il solo controllo del Governo Autonomo Regionale Curdo.
fonte: http://italian.ruvr.ru/2014_10_14/L-ISIS-si-avvicina-a-Baghdad-ma-il-vero-obiettivo-e-la-capitale-del-petrolio-Kirkuk-0679/
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_10_14/L-ISIS-si-avvicina-a-Baghdad-ma-il-vero-obiettivo-e-la-capitale-del-petrolio-Kirkuk-0679/
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