Epifani: no a governicchi ora legge elettorale e di stabilità
«Serve eliminare porcellum e fare la manovra di stabilità ma nessun governicchio senza numeri. Il Pd non teme le elezioni». Lo ha detto il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, parlando alla trasmissione "In mezz'ora", su Raitre.
Epifani ha ricordato che «non c'erano alternative al governo che è stato fatto, non si poteva rivotare senza cambiare la legge elettorale» ma «ora bisogna guardare avanti». Secondo il segretario del Pd «quello che sta accadendo è inquietante perché non solo è contro le istituzioni, ma è una pugnalata alla schiena del Paese» e dunque se si aprirà la crisi «le priorità sono riformare la legge elettorale, mettere in sicurezza i conti del Paese e fare interventi per lo sviluppo».
Epifani aggiunge che è fondamentale «assumere una iniziativa nel Paese per spiegare quello che è successo, perché il Pdl si spenderà per rovesciare ancora una volta la realtà. Ragioneremo assieme, credo che ci dovremo muovere sul territorio, non escludo nessuna forma di comunicazione, la devideremo a tempo dovuto negli organismi». Confermato per il segretario del Pd il «percorso per le primarie».
Siamo spettatori universali: il dissolvimento delle democrazie in oligarchie mediatiche è all'opera non solo in Italia ma in tutto il mondo. H.G. Gadamer
spirito critico
PENSATOIO DI IDEE
lunedì 30 settembre 2013
IVA DAL 21 AL 22%
Aumento Iva da domani. Per il Codacons una “stangata” da 350 euro a famiglia
Rincari di 1,5 centesimi al litro sulla benzina e una lunga serie di beni di consumo che subiranno un aumento. Il Codacons: "Rischio contrazione economia". Intanto la crisi blocca gli emendamenti al decreto Imu in Parlamento
Ancora 24 ore e l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% diventerà realtà, colpendo carburanti, bollette e vari altri generi di consumo. “Per effetto del mancato slittamento dell’aumento dal 21 al 22% dell’aliquota ordinaria dell’Iva – si legge in una nota di Quotidiano Energia – il prezzo raccomandato della benzina salirà di circa 1,5 cent euro/litro, quello del diesel di 1,4 ed il Gpl di 0,7 cent. Anche se l’impatto sui prezzi praticati non dovrebbe essere immediato ma spalmarsi lungo la settimana in funzione della fisiologica rotazione delle scorte. Intanto i prezzi praticati sul territorio sono ancora in calo generalizzato, per via delle numerose riduzioni di quelli raccomandati la scorsa settimana. Le medie nazionali della benzina e del diesel adesso sono rispettivamente a 1,796 e 1,724 euro/litro (Gpl a 0,813).
Rincari, anche se contenuti anche nelle bollette energetiche con lo scatto della nuova aliquota. “Non ci aspettiamo grosse riduzioni sullo sconto accumulato del 7,8% che abbiamo annunciato venerdì, l’iva ha aliquote diverse sul gas, e il passaggio al 22% non dovrebbe aumentare l’intera tassazione, ma i conti dobbiamo ancora farli”. Così Guido Bortoni, presidente dell’authority dell’energia, a margine di un evento a Milano, parlando degli effetti sulla bolletta del gas dall’aumento dell’iva che scatterà stanotte, e facendo riferimento agli sconti che l’authority ha varato tra aprile e agosto.
Complessivamente, calcola il Codacons, l’aumento di un punto percentuale dell’imposta sul valore aggiunto dovrebbe portare a una stangata di circa 350 euro a famiglia. “Una lunga serie di beni subirà domani un incremento dei listini, con conseguenze pesantissime sui consumi – dichiara il presidente Codacons, Carlo Rienzi – in base alle nostre stime, per effetto della maggiore Iva, gli acquisti delle famiglie registreranno una forte contrazione che potrà raggiungere quota -3% su base annua. L’incremento dell’Iva produrrà inoltre una vera e propria ecatombe nel settore del commercio, con ricadute enormi sul fronte occupazionale e sullo stato economico del nostro Paese”, conclude Rienzi.
Sul fronte politico, intanto, il primo effetto di una possibile crisi di governo è il blocco delle attività parlamentari. Slitta infatti il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto legge Imu, previsto per oggi alle 13, fino a giovedì alla stessa ora.
PROGRAMMA DI COMUNICAZIONE DIGITALE NEL SETTORE SCUOLA.
Scuola digitale, eppur si muove
Finalmente ratificato il decreto sull'adozione graduale dei libri di testo in formato elettronico, a partire dal prossimo anno scolastico.
Alcune linee guida sull'accessibilità del nuovo materiale
Roma - Nelle parole del ministro all'Istruzione Maria Chiara Carrozza, è un "passaggio storico" che porterà grandi cambiamenti nei metodi di apprendimento a livello scolastico. Annunciato e più volte rimandato, il decreto sull'adozione dei libri di testo in formato elettronico è stato firmato e illustrato dal Miur per un percorso di introduzione graduale a partire dall'anno 2014/2015.
"Credo che il libro digitale possa rappresentare una grande opportunità di crescita e progresso per la nostra scuola se sarà vissuto in modo aperto e progressivo da tutti gli attori del sistema scolastico", ha spiegato Carrozza nella nota ministeriale. Il decreto sugli ebook nel sistema scolastico prevede anche una serie di linee guida sull'accessibilità dei testi dai più disparati dispositivi elettronici (tablet, PC e le cosiddette lavagne interattive).
A partire dall'anno scolastico 2014/2015, i vari collegi dei docenti potranno adottare, "limitatamente alle nuove adozioni e non per le conferme di adozione", libri nelle versioni elettronica o mista. Nelle prime classi della secondaria di primo grado e nelle prime e terze della secondaria di secondo grado, "i tetti di spesa saranno ridotti del 10 per cento laddove i libri richiesti saranno in versione mista (in parte digitali, in parte cartacei)", come si evince dalla notadiramata dal Miur.
"Credo che il libro digitale possa rappresentare una grande opportunità di crescita e progresso per la nostra scuola se sarà vissuto in modo aperto e progressivo da tutti gli attori del sistema scolastico", ha spiegato Carrozza nella nota ministeriale. Il decreto sugli ebook nel sistema scolastico prevede anche una serie di linee guida sull'accessibilità dei testi dai più disparati dispositivi elettronici (tablet, PC e le cosiddette lavagne interattive).
A partire dall'anno scolastico 2014/2015, i vari collegi dei docenti potranno adottare, "limitatamente alle nuove adozioni e non per le conferme di adozione", libri nelle versioni elettronica o mista. Nelle prime classi della secondaria di primo grado e nelle prime e terze della secondaria di secondo grado, "i tetti di spesa saranno ridotti del 10 per cento laddove i libri richiesti saranno in versione mista (in parte digitali, in parte cartacei)", come si evince dalla notadiramata dal Miur.
Qualora l'adozione si riveli interamente a favore del formato digitale, il tetto di spesa a carico delle famiglie italiane "sarà ridotto del 30 per cento", con le stesse riduzioni che verranno applicate "progressivamente alle classi successive". Con la ratifica del nuovo decreto si intende abrogato il precedente (n. 209 del 26 marzo 2013), mentre nel pacchetto di linee guida sono stati inserite alcune direttive sulla modalità di adozione del nuovo formato.
In particolare, il Miur ha pensato ai software che saranno utilizzati per l'accesso ai testi digitali, ovvero "aperti e inter-operabili, fruibili con la stessa qualità, cioè, su tutti i supporti elettronici, dai computer ai tablet, in commercio per lasciare libertà di scelta alle famiglie e ai docenti nell'acquisto". Non è però chiaro chi dovrà pagare i tablet necessari alla fruizione, né tanto meno con quali fondi verrà formato il corpo docente.
Ove siano necessari software specifici per l'utilizzo degli ebook o dei contenuti digitali dei libri misti, gli studenti dovranno essere in grado di scaricarli in maniera gratuita sui vari siti degli editori. Nel caso di testi misti, la parte cartacea "dovrà essere prodotta utilizzando materie prime di costo contenuto e con un occhio al peso complessivo del libro, favorendo i fascicoli rispetto ai tomi di molte pagine a patto di mantenere lo stesso prezzo di copertina".
In particolare, il Miur ha pensato ai software che saranno utilizzati per l'accesso ai testi digitali, ovvero "aperti e inter-operabili, fruibili con la stessa qualità, cioè, su tutti i supporti elettronici, dai computer ai tablet, in commercio per lasciare libertà di scelta alle famiglie e ai docenti nell'acquisto". Non è però chiaro chi dovrà pagare i tablet necessari alla fruizione, né tanto meno con quali fondi verrà formato il corpo docente.
Ove siano necessari software specifici per l'utilizzo degli ebook o dei contenuti digitali dei libri misti, gli studenti dovranno essere in grado di scaricarli in maniera gratuita sui vari siti degli editori. Nel caso di testi misti, la parte cartacea "dovrà essere prodotta utilizzando materie prime di costo contenuto e con un occhio al peso complessivo del libro, favorendo i fascicoli rispetto ai tomi di molte pagine a patto di mantenere lo stesso prezzo di copertina".
IL MAGGIORDOMO FABIO FAZIO
Grillo vs Letta: “Falsità sul Porcellum” e il premier: “E’ lui che mente”
Il leader del Movimento 5 Stelle, che ha incontrato il dg Gubitosi, ha improvvisato un comizio fuori la sede della Rai per lamentarsi dell'intervento del premier alla trasmissione "Che tempo che fa".Poi l'attacco ai giornalisti: "Zerbini, camerieri, lobbisti". Ma il presidente del Consiglio su Fb replica: "E' l’unico sistema che può consentirgli di avere voce in capitolo, di vincere o di essere comunque l’ago della bilancia". Il deputato Giachetti smentisce il primo ministro: "Letta chiese al Pd di non votare la mozione"
Grillo contro Letta, la Rai e i giornalisti. Il leader del Movimento 5 Stelle ha improvvisato un comizio fuori la sede della tv pubblica per lamentarsi dell’intervento del premier alla trasmissione “Che tempo che fa”. “La Rai, e quindi il dg Gubitosi, deve intervenire sul presidente del Consiglio Letta che ieri su Rai3, davanti a 5 milioni di spettatori, ha detto una cosa falsa. Non siamo noi ad aver votato il Porcellum, ma lui”. Sul blog Grillo aveva scritto: “Letta ieri sera dal suo maggiordomo Fabio Fazio ha detto in televisione che è a favore del Mattarellum e che per colpa di Grillo non si è potuto tornare a quella legge. Sappiamo bene, invece, che la verità è l’esatto opposto. Il deputato del Pd (menoelle) Giachetti propose il ritorno alMattarellum che fu bocciato a pieno titolo da Letta, dalla Finocchiaro e da tutto il Pd (menoelle) che votò contro. Il M5S compatto – spiega ancora Grillo – votò a favore. Ci sono gli atti della Camera che lo testimoniano. Questa è una menzogna che meriterebbe non solo una denuncia per diffamazione ma un intervento da parte di Roberto Fico in qualità di presidente della Vigilanza Rai soprattutto per l’accomodante comportamento di Fazio che non poteva non sapere che quella era una balla colossale e non è minimamente intervenuto smentendo ciò che Letta stava asserendo. Come è possibile vedere da questo pezzo in evidenza Letta fu il primo a votare contro il ritorno al Mattarellum”. Il premier ha replicato, ma il deputato Pd dà ragione a Grillo.
Letta replica su Facebook: “Grillo mente, dimostra di volere lui per primo il Porcellum”. Ma all’ex comico, che ha poi ha incontrato il direttore generale, ha subito risposto Enrico Letta su Facebook. della Rai a Viale Mazzini. “Grillo ancora una volta mente. Soprattutto dimostra di volere, lui per primo, il Porcellum. Non mi stupisce: è l’unico sistema che può consentirgli di avere voce in capitolo, di vincere o di essere comunque l’ago della bilancia. Ieri a Che Tempo che fa ho ribadito di voler cambiare la legge elettorale, di preferire un ritorno al Mattarellum,ma di essere consapevole che in Parlamento non ci sono i numeri per abolire il Porcellum. Ad oggi, tanto il Pdl quanto il MoVimento 5 Stelle non vogliono quella legge elettorale che, com’è noto, restituirebbe il diritto di scelta ai cittadini. La mozione Giachetti è stata contestata, nel metodo, non nel merito, dal Pd – aggiunge Letta – perché focalizzava l’attenzione (e precipitava il confronto) solo sulla legge elettorale, mentre il dibattito urgente e necessario doveva riguardare l’intera materia delle riforme istituzionali per il cambiamento dell’articolo 138 della Costituzione. Dunque, in prospettiva, non solo il sistema di voto, ma anche, tra l’altro, la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento delle storture causate dal bicameralismo paritario. Del resto già il 22 agosto, sul suo blog, scriveva: ‘Con il Porcellum vinciamo noi. Pdl e Pd sanno che con il Porcellum il rischio che il M5S vinca le elezioni e vada al governo è altissimo. Solo qualche ‘anima bella’ pensa di poter correggere ora il Porcellum. E‘ necessario tornare immediatamente alle elezioni. Per la casta, ora, è fondamentale una legge elettorale contro il M5S. Io, a differenza sua voglio una legge elettorale che restituisca agli italiani il potere di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. E deve essere proprio il Parlamento ad approvarla. Naturalmente continuerò a lavorare in questa direzione, come ho sempre fatto, senza certo temere le accuse e le mistificazioni di Grillo”.
Giachetti: “I fatti parlano chiaro, Letta chiese al Pd di votare contro la mozione”. “Siccome il mio amico Enrico Letta oggi mi chiama direttamente in causa, penso sia doveroso da parte mia uscire dall’amaro riserbo di queste ore e dire poche cose” scrive su Facebook Roberto Giachetti, primo firmatario a inizio legislatura di una mozione per riformare il Porcellum, a proposito della querelle tra Enrico Letta e Beppe Grillo. “I fatti -scrive Giachetti- purtroppo parlano chiaro: quando più di quattro mesi fa 100 deputati di quasi tutti i gruppi misero a disposizione del Parlamento la possibilità di passare dalle parole ai fatti, cioè di cancellare il Porcellum, Letta chiese al Pd di votare contro quella mozione, ponendo sostanzialmente una questione di fiducia; il Pd si sottomise a quella richiesta e quella mozione fu votata solo da Sel, dal Movimento 5 stelle, dal deputato Pdl Martino e dal sottoscritto. Questi sono i fatti. Avrei tanto voluto che i fatti stessero in altro modo. Oggi non saremmo in queste condizioni ed in questa trappola”. “Oggi Enrico, per replicare a Grillo, spiega che il Pd non era contro nel merito ma sul metodo. Mi viene da sorridere: l’accusa sarebbe quella che 4 mesi fa occuparsi di legge di salvaguardia sarebbe stata un’accelerazione impropria visto l’avvio del percorso delle riforme istituzionali”, aggiunge. “Il 28 maggio -sottolinea Giachetti- vi erano le condizioni per farlo e se non lo si è fatto è perché Letta, Franceschini, Finocchiaro e vertici del Pd non hanno voluto. La conseguenza, temo di non sbagliarmi, è che torneremo a votare con questa legge o con una peggiore”.
Grillo: “Fuori dalla Rai la politica e e le lobby, giornalisti zerbini”. Il leader del M5S è stato ricevuto, insieme con il presidente della commissione di Vigilanza Roberto Fico, dopo il presidio organizzato davanti alla sede Rai per portare “la politica e le lobby fuori dalla tv pubblica degli italiani”. In un volantino ilcahier de doleance: “La Rai ha 579 dirigenti, uno ogni 18 dipendenti, e 1.373 giornalisti. La Rai spende all’esterno 1,6 miliardi, il 60% dei suoi ricavi, per format e servizi che potrebbe sviluppare al suo interno valorizzando i suoi 10.476 dipendenti. La Rai ha perso nel 2012 245,7 milioni di euro a causa di una gestione che favorisce nomine politiche e appalti agli amici. Il Movimento 5 Stelle chiede che sia reso noto l’elenco dei fornitori della Rai; siano valorizzate le competenze e le professionalità interne; venga immediatamente sciolto il consiglio di amministrazione responsabile della perdita costante di valore della Rai e fatti decadere la presidentessa Tarantola e l’amministratore delegato Gubitosi; sia avviato un dibattito parlamentare per eliminare ogni ingerenza politica, sia predisposto un piano di rilancio in ottica multimediale e con respiro internazionale”.
Grillo prima di entrare si è lamentato dell’informazione e se l’è presa con i giornalisti: “Non abbiamo più tempo di ascoltare questa gente. Non possiamo affrontare la campagna elettorale o parlare di una politica che vuole cambiare il Paese, con un’informazione come questa che è la maggiore responsabile della catastrofe politica, economica e sociale del Paese. Se lo fa lo psiconano con le sue tv a me non interessa nulla. Mi interessa invece la Rai, che noi come cittadini paghiamo con il canone. Quelli della Rai non sono giornalisti, sono impiegati. Come gli autori, che sono tutti politicizzati. Fini e Casini non esistono più politicamente, ma hanno i loro referenti alla Rai”. “Parlo in particolare del direttore del Tg1 Mario Orfeo, che con il suo tg, il più ascoltato dagli italiani, ha un potere informativo enorme. Questi giornalisti non fanno il loro mestiere, fanno gli zerbini, i camerieri o i lobbisti. Ecco perché Casini, il cui partito è scomparso, continua a pontificare in tv. Voglio un incontro con i direttori dei tg. Parlo come cittadino ma anche come esponente di un movimento che ha preso 9 milioni di voti e quindi abbiamo diritto a un riconoscimento da parte dell’informazione. Né meglio né peggio rispetto agli altri”.
Grillo: “Pd e Pdl sono stati soci per 20 anni di un bandito”. “Questa gente non si deve più avvicinare alla legge elettorale e alla Costituzione. Devono andare via perché sono stati soci per 20 anni di un bandito” dice Beppe Grillo lasciando la sede Rai di viale Mazzini. “Il Pdl – dice Grillo dopo l’incontro con Gubitosi – ha governato 10.650 giorni, il Pd 10.200: c’è un differenziale dell’1%. Noi non patteggiamo nulla. Per noi devono decidere gli italiani” prosegue Grillo nel ribadire la chiusura a ogni ipotesi di partecipazione dei 5 stelle al governo e alla maggioranza. “Io non rispondo a queste domande sulla nostra partecipazione al governo, dovete finirla di inserirci in questo stagno, in questo pastone, con cui ci chiedete con chi ci alleiamo. Se andiamo alle elezioni possiamo vincere: ci prendiamo la presidenza europea e cambiamo l’Europa”.
NAPOLITANO PENSA AD UN GOVERNO SACCOMANNI
Verso un governo Saccomanni a tutela delle grandi banche ?
30 settembre 2013
di Luciano Lago
Il capo dello Stato, l’ineffabile Giorgio Napolitano, nei colloqui mantenuti al Quirinale con Enrico Letta e soci, ha ventilato l’ipotesi di un possibile incarico al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Si tratterebbe in pratica di una nuova edizione del “governo tecnico” tanto caro alle centrali di potere ubicate a Bruxelles e Francoforte perché sarebbe un esecutivo nominato dall’alto (come ormai consuetudine) per mantenere i conti pubblici e fornire garanzie alle grandi banche tedesche e francesi che hanno in mano i titoli del debito pubblico italiano.
Garanzie, sempre e comunque “garanzie”, questa la parola chiave che utilizzano gli amministratori politici fiduciari delle centrali finanziarie che dispongono tutti gli assetti economici italiani. Era la parola chiave che usava Mario Monti per coprire la sua politica tutta orientata a trasferire miliardi di euro dalle casse del tesoro a quelle delle varie istituzioni bancarie: dalla Stanley Morgan al M.P.S. per ripianare i debiti dei “compagni” di Mussari , Bersani , Amato e soci, al fondo ESM (Fondo di Stabilità europeo) una nuova istituzione finanziaria dove i governi europei sono obbligati a versare quote dei loro bilanci per sovvenzionare le banche in difficoltà. Garanzie sono quelle che presto richiederà l’ FMI per erogare un finanziamento straordinario per ripianare i debiti del bilancio pubblico e consentire al Tesoro di pagare i circa 100 miliardi all’anno di interessi passivi sul debito truffa maturato dallo Stato Italiano con le istituzioni finanziarie internazionali.
Tutti decreti e provvedimenti che hanno ripianato i bilanci delle grandi banche estere e prodotto il disastro economico italiano con la perdita di quote del PNL nazionale (9% in 5 anni), caduta della produzione industriale (25% in meno) con l’aumento esponenziale delle imposte e con conseguente affossamento dell’economia e del sistema delle imprese.
D’altra parte con la caduta del primo governo Letta (non si esclude però un Letta bis) si è innestato una sorta di “pilota automatico” che andrà a ripristinare tutte le imposte temporaneamente sospese, dall’aumento dell’IVA alla seconda rata IMU e possibilmente anche la prima (se il decreto non verrà convertito in legge) più tutta una serie di balzelli dalle accise sui carburanti a quelle su tabacchi alcolici, raddoppio IVA su certi generi, ecc. poco pubblicizzati ma che faranno sentire il loro peso sulle tasche “stremate “ ormai dei lavoratori, pensionati e famiglie.
L’imposizione fiscale in Italia, già altissima, schizzerà ancora in alto battendo ogni record al mondo e questo creerà l’avvitamento facile da prevedere con diminuzione del reddito, chiusura o fuga delle imprese ancora attive, aumento disoccupazione, maggiori esborsi di cassa integrazione, minori entrate per il fisco, crollo ulteriore dei valori immobiliari con difficoltà per le garanzie sui mutui e conseguenze per le banche esposte, aumento del debito pubblico e degli interessi su questo.
In pratica una bancarotta dello Stato simile a quella che si sta verificando in Grecia.
Ma niente paura: abbiamo a disposizione i “tecnici” alla Saccomanni che provvederanno a peggiorare ulteriormente il disastro consentendo al FMI ed altre istituzioni come Golman Sachs (per la quale lavoravano tutti, guardo caso, da Prodi a Mario Draghi, a Monti ed altri tecnici) di mettere la corda al collo del sistema Italia condannato a subire le imposizioni del sistema dell’usura della grande finanza, quella che ha portato al tracollo tanti paesi dall’America Latina a paesi del continente Africano consentendo alle grandi banche ed alle multinazionali di rastrellare enormi profitti con le “privatizzazioni” di tutti i servizi pubblici e la svendita di parte del patrimonio pubblico.
Sarà la prima esperienza di un processo di neo colonizzazione economica che avviene in un grande paese europeo ed ancora una volta quella dell’Italia sarà una sperimentazione dove il Paese farà da “testa di ponte” per le decisioni che sono state prese nei ristretti club di potere (da Bilderberg alla Trilateral Commission) dalla “elite finanziaria” che pilota e decide le strategie, nomina i governi con i suoi fiduciari, orienta i grandi media (“mega media”),dispone delle enormi risorse finanziarie che le consentono di comprare chiunque.
D’altra parte Letta e Saccomanni avevano già proclamato la loro “linea rossa” , in obbedienza alla Commissione Europea ed alla Merkel: il 3% del deficit da non superare pena altre nuove manovre finanziarie, esattamente quello che si andrà a verificare.
In pratica L’Italia è ridotta ad essere un “povero paese” dove manca non solo un governo ma una intera classe politica che sia minimamente responsabile verso l’interesse nazionale e gli interessi della stragrande maggioranza dei cittadini piuttosto che essere sensibile esclusivamente alle direttive di entità finanziarie estere e delle varie lobby nazionali.
Un capo del governo che avesse tale sensibilità sarebbe andato da un pezzo a battere i pugni sul tavolo a Bruxelles e Francoforte e reclamare quanto meno la deroga al “Fiscal Compact” (la Francia lo ha fatto) che inchioda la spesa pubblica al 3% impedendo qualsiasi intervento per sgravare le imprese dal carico di imposte che costringe a chiudere, avrebbe reclamato ad esempio la revisione di trattati capestro come il MES/ESM che obbliga lo Stato a farsi carico dei debiti delle banche europee (oltre 127 miliardi previsti a carico dell’Italia) e in particolare avrebbe provveduto a studiare qualche provvedimento che rimettesse in circolazione un po’ di denaro alimentando la domanda interna: ad esempio l’assegno di cittadinanza che potrebbe essere emanato dal Tesoro o dalla Cassa Depositi e prestiti a favore delle famiglie con basso reddito o in difficoltà con possibilità di spesa esclusivamente all’interno del sistema nazionale, in deroga ai trattati monetari di Bruxelles che privano lo Stato di qualsiasi sovranità monetaria.
Sono le famose deroghe ai trattati europei che francesi e tedeschi già utilizzano infischiandosene delle regole che essi stessi hanno contribuito a stabilire, regole che risultano ferree per gli Stati deboli come Italia e Grecia ma molto elastiche per Germania e Francia. Senza considerare il peso ed il potere contrattuale che avrebbe l’Italia, come maggiore debitore europeo, a negoziare una modifica alle condizioni, visto il pericolo di diventare insolvente con tutte le conseguenze che questo avrebbe per le banche tedesche e francesi.
Sono quelle azioni e quelle decisioni che andrebbero a favore dei cittadini che non trovano lavoro, dei piccoli imprenditori che chiudono le serrande, degli artigiani, dei pensionati e delle famiglie in difficoltà ma che sono l’ultima preoccupazioni dei politici italiani, attenti solo alle parole proferite dalla Merkel, da Mario Draghi e da Van Rompuy, i referenti di questo governo.
Quando mai però ci si potrà aspettare azioni o gesti di autorità da personaggi privi di personalità e di autonomia decisionale quali i Letta, i Saccomanni e gli altri, tutti asserviti ed inchinati alle direttive dell’oligarchia europea ed al servizio delle grandi banche. Da un Enrico Letta che aveva scritto che sarebbe bello morire per Mastricht e che l’Europa è per lui una “madre affettuosa”, il vecchio vizio della classe politica italiana di manifestare la “libidine di servilismo” verso i poteri esterni che siano quelli europei o quelli d’oltre Atlantico.
Sarà quello che sarà ed il popolo italiano dovrà pagare cara la sua abulia e la sua sostanziale indifferenza, nell’idea che poi “tutto si aggiusti” continuando a credere a quello che viene raccontato dalle TV e dai “giornaloni” del sistema fino al momento inesorabile della “sveglia” per tutti, sarà però troppo tardi.
30 settembre 2013
di Luciano Lago
Il capo dello Stato, l’ineffabile Giorgio Napolitano, nei colloqui mantenuti al Quirinale con Enrico Letta e soci, ha ventilato l’ipotesi di un possibile incarico al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Si tratterebbe in pratica di una nuova edizione del “governo tecnico” tanto caro alle centrali di potere ubicate a Bruxelles e Francoforte perché sarebbe un esecutivo nominato dall’alto (come ormai consuetudine) per mantenere i conti pubblici e fornire garanzie alle grandi banche tedesche e francesi che hanno in mano i titoli del debito pubblico italiano.
Garanzie, sempre e comunque “garanzie”, questa la parola chiave che utilizzano gli amministratori politici fiduciari delle centrali finanziarie che dispongono tutti gli assetti economici italiani. Era la parola chiave che usava Mario Monti per coprire la sua politica tutta orientata a trasferire miliardi di euro dalle casse del tesoro a quelle delle varie istituzioni bancarie: dalla Stanley Morgan al M.P.S. per ripianare i debiti dei “compagni” di Mussari , Bersani , Amato e soci, al fondo ESM (Fondo di Stabilità europeo) una nuova istituzione finanziaria dove i governi europei sono obbligati a versare quote dei loro bilanci per sovvenzionare le banche in difficoltà. Garanzie sono quelle che presto richiederà l’ FMI per erogare un finanziamento straordinario per ripianare i debiti del bilancio pubblico e consentire al Tesoro di pagare i circa 100 miliardi all’anno di interessi passivi sul debito truffa maturato dallo Stato Italiano con le istituzioni finanziarie internazionali.
Tutti decreti e provvedimenti che hanno ripianato i bilanci delle grandi banche estere e prodotto il disastro economico italiano con la perdita di quote del PNL nazionale (9% in 5 anni), caduta della produzione industriale (25% in meno) con l’aumento esponenziale delle imposte e con conseguente affossamento dell’economia e del sistema delle imprese.
D’altra parte con la caduta del primo governo Letta (non si esclude però un Letta bis) si è innestato una sorta di “pilota automatico” che andrà a ripristinare tutte le imposte temporaneamente sospese, dall’aumento dell’IVA alla seconda rata IMU e possibilmente anche la prima (se il decreto non verrà convertito in legge) più tutta una serie di balzelli dalle accise sui carburanti a quelle su tabacchi alcolici, raddoppio IVA su certi generi, ecc. poco pubblicizzati ma che faranno sentire il loro peso sulle tasche “stremate “ ormai dei lavoratori, pensionati e famiglie.
L’imposizione fiscale in Italia, già altissima, schizzerà ancora in alto battendo ogni record al mondo e questo creerà l’avvitamento facile da prevedere con diminuzione del reddito, chiusura o fuga delle imprese ancora attive, aumento disoccupazione, maggiori esborsi di cassa integrazione, minori entrate per il fisco, crollo ulteriore dei valori immobiliari con difficoltà per le garanzie sui mutui e conseguenze per le banche esposte, aumento del debito pubblico e degli interessi su questo.
In pratica una bancarotta dello Stato simile a quella che si sta verificando in Grecia.
Ma niente paura: abbiamo a disposizione i “tecnici” alla Saccomanni che provvederanno a peggiorare ulteriormente il disastro consentendo al FMI ed altre istituzioni come Golman Sachs (per la quale lavoravano tutti, guardo caso, da Prodi a Mario Draghi, a Monti ed altri tecnici) di mettere la corda al collo del sistema Italia condannato a subire le imposizioni del sistema dell’usura della grande finanza, quella che ha portato al tracollo tanti paesi dall’America Latina a paesi del continente Africano consentendo alle grandi banche ed alle multinazionali di rastrellare enormi profitti con le “privatizzazioni” di tutti i servizi pubblici e la svendita di parte del patrimonio pubblico.
Sarà la prima esperienza di un processo di neo colonizzazione economica che avviene in un grande paese europeo ed ancora una volta quella dell’Italia sarà una sperimentazione dove il Paese farà da “testa di ponte” per le decisioni che sono state prese nei ristretti club di potere (da Bilderberg alla Trilateral Commission) dalla “elite finanziaria” che pilota e decide le strategie, nomina i governi con i suoi fiduciari, orienta i grandi media (“mega media”),dispone delle enormi risorse finanziarie che le consentono di comprare chiunque.
D’altra parte Letta e Saccomanni avevano già proclamato la loro “linea rossa” , in obbedienza alla Commissione Europea ed alla Merkel: il 3% del deficit da non superare pena altre nuove manovre finanziarie, esattamente quello che si andrà a verificare.
In pratica L’Italia è ridotta ad essere un “povero paese” dove manca non solo un governo ma una intera classe politica che sia minimamente responsabile verso l’interesse nazionale e gli interessi della stragrande maggioranza dei cittadini piuttosto che essere sensibile esclusivamente alle direttive di entità finanziarie estere e delle varie lobby nazionali.
Un capo del governo che avesse tale sensibilità sarebbe andato da un pezzo a battere i pugni sul tavolo a Bruxelles e Francoforte e reclamare quanto meno la deroga al “Fiscal Compact” (la Francia lo ha fatto) che inchioda la spesa pubblica al 3% impedendo qualsiasi intervento per sgravare le imprese dal carico di imposte che costringe a chiudere, avrebbe reclamato ad esempio la revisione di trattati capestro come il MES/ESM che obbliga lo Stato a farsi carico dei debiti delle banche europee (oltre 127 miliardi previsti a carico dell’Italia) e in particolare avrebbe provveduto a studiare qualche provvedimento che rimettesse in circolazione un po’ di denaro alimentando la domanda interna: ad esempio l’assegno di cittadinanza che potrebbe essere emanato dal Tesoro o dalla Cassa Depositi e prestiti a favore delle famiglie con basso reddito o in difficoltà con possibilità di spesa esclusivamente all’interno del sistema nazionale, in deroga ai trattati monetari di Bruxelles che privano lo Stato di qualsiasi sovranità monetaria.
Sono le famose deroghe ai trattati europei che francesi e tedeschi già utilizzano infischiandosene delle regole che essi stessi hanno contribuito a stabilire, regole che risultano ferree per gli Stati deboli come Italia e Grecia ma molto elastiche per Germania e Francia. Senza considerare il peso ed il potere contrattuale che avrebbe l’Italia, come maggiore debitore europeo, a negoziare una modifica alle condizioni, visto il pericolo di diventare insolvente con tutte le conseguenze che questo avrebbe per le banche tedesche e francesi.
Sono quelle azioni e quelle decisioni che andrebbero a favore dei cittadini che non trovano lavoro, dei piccoli imprenditori che chiudono le serrande, degli artigiani, dei pensionati e delle famiglie in difficoltà ma che sono l’ultima preoccupazioni dei politici italiani, attenti solo alle parole proferite dalla Merkel, da Mario Draghi e da Van Rompuy, i referenti di questo governo.
Quando mai però ci si potrà aspettare azioni o gesti di autorità da personaggi privi di personalità e di autonomia decisionale quali i Letta, i Saccomanni e gli altri, tutti asserviti ed inchinati alle direttive dell’oligarchia europea ed al servizio delle grandi banche. Da un Enrico Letta che aveva scritto che sarebbe bello morire per Mastricht e che l’Europa è per lui una “madre affettuosa”, il vecchio vizio della classe politica italiana di manifestare la “libidine di servilismo” verso i poteri esterni che siano quelli europei o quelli d’oltre Atlantico.
Sarà quello che sarà ed il popolo italiano dovrà pagare cara la sua abulia e la sua sostanziale indifferenza, nell’idea che poi “tutto si aggiusti” continuando a credere a quello che viene raccontato dalle TV e dai “giornaloni” del sistema fino al momento inesorabile della “sveglia” per tutti, sarà però troppo tardi.
VERSO IL 12 OTTOBRE
Verso il 12 ottobre
Bonsanti: l’Italia, uno stato di diritto continuamente minacciato
Un Paese tormentato il nostro, sempre in bilico tra aspirazioni democratiche e tentazioni golpiste: lo racconta così Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, nel suo nuovo libro “Il gioco grande del potere” (Chiarelettere). La sua associazione è tra i promotori della manifestazione del 12 ottobre, “Costituzione Via Maestra”, che – come spiega a MicroMega – è in difesa della Carta per una stagione costituzionale.
di Rossella Guadagnini
L’Italia della corruzione e della massoneria deviata, delle stragi mafiose, degli eccidi politici, della magistratura minacciata e dell’informazione asservita resta comunque uno stato di diritto, fondato sulla Costituzione, che va preservato. C’è bisogno di ricordarlo? “A quanto pare sì, oggi più che mai”, secondo Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia dal 2003, giornalista impegnata in prima linea, per oltre un trentennio nelle redazioni delle maggiori testate italiane a far luce sui misteri più oscuri del nostro Paese. Quei misteri che riguardano direttamente il rapporto tra potere e denaro celato “sotto il manto della democrazia”, come ricorda il giurista Gustavo Zagrebelsky, presidente onorario dell’associazione, nata per contribuire al rinnovamento della politica italiana.
Come mai il nostro sia il Paese dei misteri lo spiegò magistralmente Norberto Bobbio. “Vi sono state nel nostro paese troppe prove – scriveva in un articolo della Stampa – perché ogniqualvolta si scopre un segreto, come è accaduto nella rivelazione dell’operazione Gladio, non si sospetti che esso sia servito a rendere possibile la perpetuazione di un mistero. Ci sarebbero stati e ci sarebbero ancora tanti misteri se non ci fossero tanti segreti?”. L’Italia assomiglia a una matrioska, dove una bambola di legno colorata ne cela un’altra al suo interno, più piccola e più nascosta. E poi un’altra e un’altra e così via.
A mettere in ordine, per quanto possibile, fatti e misfatti che hanno segnato la nostra storia recente arriva ora “Il gioco grande del potere”, nuovo libro di Bonsanti, in uscita per Chiarelettere (pagg. 256, euro 12,90), che raccoglie le esperienze di una vita. Ce le racconta per come le ha vissute, in prima persona, talvolta a proprio rischio e pericolo, tracciando un affresco dai colori vividi. "Un perverso intreccio di potere e interessi ha insidiato la democrazia dagli anni Settanta a oggi –afferma – facendo perdere la visione d’insieme della società come idea di 'bene comune'. Eppure c’è chi, anche in buona fede, è convinto che sia meglio non sapere come sono andate le cose... Costoro chiedono semplicemente di partecipare al ‘gioco’, il ‘gioco grande del potere’, per dirla con le parole di un magistrato, Giovanni Falcone".
Nata a Pisa e laureata in Etruscologia a Firenze, Bonsanti ha vissuto per molti anni a New York, dove sono nate le sue tre figlie. Per quarant’anni compagna di Giovanni Ferrara, storico e scrittore, ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 a “Il Mondo”, allora diretto da Arrigo Benedetti. E’ passata poi ai settimanali "Epoca" e "Panorama", per tornare ai quotidiani a partire da “Il Giorno” di Gaetano Afeltra alla "La Stampa" e, quindi, a "la Repubblica", dov’è stata assunta da Eugenio Scalfari nel 1981. Eletta alla Camera nel 1994, ha rinunciato al seggio per tornare al giornalismo. Dal 1996 ha assunto la direzione del “Il Tirreno”, che ha guidato per sette anni, per passare ancora una volta alla politica attiva con la presidenza di LeG.
E' dunque una testimone d'eccezione di tutta una travagliata serie di eventi italiani, a partire dall’attentato di Piazza Fontana, che rammenta come esordio drammatico di una professione amatissima. “’Sono stati i fascisti’ ci disse allora Arrigo Benedetti. Da lì è cominciata la storia che mi riguarda e che riguarda molti dei giornalisti che hanno raccontato l’Italia violenta del terrorismo, della mafia, della corruzione, del potere occulto, della grave defezione della classe dirigente che nel migliore dei casi non voleva saperne, o fingeva di non voler sapere. L’Italia dello Stato, il nostro Stato e dell’Antistato che lo ha sempre insidiato”.
Tutta colpa nostra? Sì e no, dal momento che ad esempio la loggia segreta più celebre d’Italia, la Propaganda Due, secondo quanto ebbe a dire nell’agosto del 1993 l’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, in un’intervista a “la Repubblica” “è un prodotto d’importazione americana (…) Una risposta in termini occulti e forse criminali al timore dei circoli atlantici che il riavvicinamento tra Dc e Pci provocasse un raffreddamento tra Italia e Nato”. Lo rammenta un'altra giornalista, Stefania Limiti, nel suo “Doppio livello. Come si organizza la destabilizzazione in Italia” (Chiarelettere). “Noi italiani – commenta Bonsanti – cedemmo la nostra sovranità totalmente agli interessi americani che ci avrebbero protetto dalle mire del maggior partito comunista d’Occidente. In questa lacuna c’è la storia della strategia della tensione, delle organizzazioni neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese”.
Eccidi, uccisioni e attentati di Stato e contro lo Stato hanno sconvolto – dal suo nascere – una nazione che è stata sempre in bilico tra aspirazioni democratiche e tentazioni golpiste: da Gelli al caso Moro, da Gladio alle stragi di mafia, sono molti gli accadimenti bui e i personaggi ancora più oscuri che vi fanno da contorno. Un teatro dove la rappresentazione tragica è all’ordine del giorno, mescolando eroismi e tradimenti, trame eversive e omicidi eccellenti. “Le minacce dei centri di cospirazione affaristico-politica come la P2 – precisò un altro presidente della Repubblica, Giovanni Spadolini in un’intervista dell’agosto 1992 (era stato da poco ucciso Paolo Borsellino) ricordata da Bonsanti – sono permanenti nella vita politica italiana. C’è un filone piduista che sopravvive, non sappiano con quanti altri. Mafia e P2 sono congiunte fin dalle origini”. Altro che accuse di fantomatico complottismo.
Del resto, una delle figure di collegamento per comprendere l’andamento dell’ultimo trentennio di intrighi italiani, sotto una spinta continua alla destabilizzazione, è quel Luigi Bisignani – l’uomo che sussurra ai potenti, com’è intitolato il suo ‘diario’, fitto di rivelazioni vere o presunte tali (edito sempre da Chiarelettere) – che nell’elenco degli iscritti alla loggia segreta risulta il più giovane, sebbene ne abbia sempre smentito l’appartenenza, com’è d’obbligo. Negli anni di massimo splendore di Propaganda Due è un redattore dell’Ansa, che ha lavorato per Giulio Andreotti e che quasi quotidianamente va a riferire su quanto accade a Licio Gelli, nella suite con due uscite dell’Hotel Excelsior.
“Trent’anni dopo – osserva Bonsanti – nei giri del sottogoverno di Silvio Berlusconi e Gianni Letta viene inquisito per un’associazione segreta chiamata P4. L’accusa è di aver instaurato ‘un sistema informativo parallelo che riguarda l’illecita acquisizione di notizie e informazioni anche coperte da segreto”. Il lupo, insomma, perde il pelo ma non il vizio. Per questa accusa il “Bisi”, come fraternamente lo chiamano gli amici, ha patteggiato una condanna a un anno e sette mesi, spiegando di aver rinunciato a difendersi “per motivi privati”.
Corrompere e addomesticare l’informazione, rendere complice e asservita la magistratura. Fin dalla metà degli anni Settanta “Gelli e il sistema politico e affaristico che gli ruotava intorno aveva individuato in questi due obiettivi gli strumenti essenziali al loro progetto politico e ai loro interessi economici”, continua Bonsanti. Il giudice Giuliano Turone sottolinea che “se si legge con attenzione il Piano di rinascita si osserva che il sostantivo ‘sollecitazione’ e il verbo ‘sollecitare’ vi compaiono per ben otto volte, assumendo un curioso valore semantico simile a quello che essi assumono in ingegneria meccanica, dove con il termine sollecitazioni si intendono le azioni esterne che, agendo su una struttura o su un sistema, ne modificano lo stato provocandone una deformazione”.
Le modalità previste sono, a detta di Turone di natura “decisamente eversiva”. Un “golpismo strisciante” che svuota il sistema costituzionale attraverso operazioni occulte. “Il progetto non ha subito forti evoluzioni col passare del tempo – nota Bonsanti – la repubblica parlamentare era sempre destinata a trasformarsi in una presidenziale su modello gollista, lo stesso che affascinò tanto Cossiga, Craxi e Amato”.
“C’è un’Italia che non è mai stata sul mercato, la cui semplice esistenza ha impedito che tutto lo Stato si facesse Antistato; che la democrazia venisse sacrificata sull’altare del potere occulto”, riassume Bonsanti. “Sono stati i fascisti, ma nessuno ha pagato. Stato e Antistato hanno continuato e continuano a sfidarsi anche oggi. L’Antistato nasce insieme e dentro lo Stato. Non ci fu mai un potere palese senza il potere occulto: chi scrisse patti e trattati internazionali non stabilì meccanismi che ne impedissero la degenerazione. Essa non era prevista, ma non era nemmeno esplicitamente esclusa. Il Noto Servizio, Gladio e l’Anello, furono di volta in volta ‘cabine di regia’. La P2 un think tank, un pensatoio, la struttura supersegreta all’interno della quale si sono coordinate le azioni eversive, mirate al controllo della vita politica”.
E ora? “Non poteva che finire così, con un braccio di ferro che colpisce al cuore le Istituzioni –risponde la presidente di LeG – con dei compagni di strada che vengono da una storia di continua sfida alla legalità costituzionale. Libertà e Giustizia che in questi anni non ha mai cessato di sottolineare l’estraneità della politica berlusconiana da qualunque sistema di democrazia occidentale, chiede oggi, in queste ore convulse e difficilissime, mentre il nostro Paese soffre la ferita della povertà e della mancanza di prospettive, alle forze politiche, ai singoli parlamentari che non condividono il ricatto allo Stato, un gesto di politica costituzionale: abbandonare il percorso di riforma (stravolgimento) della Costituzione, a partire dalla legge sciagurata che cancella, per questa volta, l’articolo 138. Le modalità per farlo, per essere domani i protagonisti di una vera e propria stagione costituzionale, sono molteplici”.
A mantenere viva la fiducia nello Stato ci sono state, fin da principio, “poche minoranze intransigenti e memori. Poche persone, ma speciali. Poche comunità, ma fedeli. Pochi maestri, ma grandi maestri”, ricorda infine Bonsanti. Di questo suo pantheon fanno parte nomi illustri: Piero Calamandrei, Luigi Salvatorelli, Arturo Carlo Jemolo, Carlo Levi, Giovanni Spadolini, Tina Anselmi, Ugo La Malfa, Carlo Alberto dalla Chiesa, Sandro Pertini, Vittorio Occorsio e tanti altri. “Un elenco, per ora, di sconfitti”, afferma Gustavo Zagrebelsky nel firmare la postfazione al volume, “che ci domandano: chi crede davvero nello Stato? Se la politica non si rianima e se i suoi protagonisti – partiti, forze culturali e sociali – restano inerti, la partita è persa. Ma, si dirà, dove trovare le ragioni della riscossa democratica? La risposta è chiara: nella Costituzione".
“Politica costituzionale contro nudo scontro di forze materiali sregolate” per uscire dalla palude dell’indistinzione e della connivenza”, ribadiscono da Libertà e Giustizia. Idee, ideali, progetti per nutrire la politica o le ideologie, nel significato di discorso di idee, di idee politiche. Principi e valori, insomma, contro il potere-denaro. Chi vincerà? La partita è aperta.
(28 settembre 2013)
LA POLITICA DEL RIGORE, UN DISASTRO PER L'ITALIA E DOBBIAMO ASPETTARCI ANCORA MOLTI ANNI DI ANGIE
Gallino: no a quest’Europa infernale, modellata da Berlino.
Quattro anni di Merkel, quattro anni di crisi europea: quelli in cui, secondo il politologo tedesco Andreas Fisahn, l’austerità imposta da Berlino ha rovinato i paesi dell’Ue. Ora, riconfermata la cancelliera, ci attendono quattro anni ancora peggiori, se non si metterà mano alle regole dell’Unione Europea.
Il disastro del rigore è davanti ai nostri occhi: oltre 25 milioni di disoccupati, di cui 4 in Italia. «La compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori ha creato decine di milioni di lavoratori poveri, a cominciare dalla Germania dove i salari reali, caso unico in Europa, sono oggi inferiori a quelli del 2000», spiega il sociologo Luciano Gallino. Quasi ovunque sono state brutalmente tagliate le pensioni – da noi ne sanno qualcosa gli esodati, ma non soltanto loro – insieme con i fondi per l’istruzione, la sanità, i trasporti pubblici. Grecia e Portogallo sono alla fame: oppressi dai diktat della troika, senza un solo vantaggio per i loro bilanci. In tutta l’Unione, i Comuni devono fronteggiare ristrettezze finanziarie mai viste, per continuare ad assicurare i servizi locali.
Questi disastrosi risultati delle politiche di austerità imposte dalla Germania dovrebbero bastare per concludere che è necessario cambiare strada, scrive Gallino in un intervento su “Repubblica” ripreso da “Megachip”. Per contro, i governi europei insistono sul sentiero del fallimento: «La loro persistenza nell’errore ha preso sempre più forma di misure autoritarie, ideate e avallate da Berlino, Francoforte e Bruxelles». Precisamente: «Hanno stanziato quattromila miliardi per salvare le banche, di cui oltre duemila impiegati soltanto nel 2008-2010, ma se i cittadini provano a dire che con 500 euro di pensione o 800 di cassa integrazione non si vive li mettono a tacere con cipiglio affermando che i tagli è l’Europa a chiederli». Proprio l’autoritarismo dei governi Ue trova un solido alimento nella retorica in tema di sorveglianza e disciplina finanziaria della Bce: Francoforte parla di «processi di comando permanente», «regole rigorose e vincolanti di disciplina politico-fiscale», «credibilità ottenuta tramite sanzioni», «sorveglianza rafforzata sui bilanci pubblici» nonché di «robusti meccanismi di correzione» (leggasi pesanti sanzioni) che dovrebbero scattare in modo automatico.
«Allo scopo di contrastare sia le politiche dissennate che pretendono di curare la crisi ricorrendo alle stesse dottrine che l’hanno causata, sia il crescente autoritarismo con cui i governi Ue le impongono sotto la sferza costruita da Berlino ma brandita ogni giorno dalla troika di Bruxelles (che in realtà è un quartetto, poiché molte delle sue più aspre prescrizioni sono elaborate dal Consiglio europeo, di cui fanno parte i capi di Stato e di governo dei paesi Ue), esiste una sola strada», che per Gallino è «la riforma dei trattati Ue, ovvero dei trattati di Maastricht e Lisbona», in base ai quali funziona l’Unione. «I trattati particolari che ne sono discesi, fino all’ultimo dissennato “Patto fiscale”, che se fosse mai rispettato assicurerebbe all’Italia una o due generazioni di miseria, hanno come base il Trattato Ue, per cui da questo bisognerebbe partire». Riforme inderogabili? La prima si chiama democrazia: si tratta cioè di attribuire al Parlamento Europeo poteri reali, «laddove oggi chi elabora i veri atti di governo è un organo del tuttoirresponsabile, non eletto da nessuno, quale è la Commissione Europea».
Poi, lo statuto della Bce: la banca centrale europea «dovrebbe includere la facoltà, sia pure a certe condizioni, di prestare denaro direttamente ai governi, rimuovendo l’assurdità per cui è l’unica banca centrale del mondo cui è vietato di farlo». Inoltre, Francoforte dovrebbe porsi formalmente «lo scopo di promuovere la piena occupazione», e non solo l’attuale preoccupazione per la stabilità dei prezzi, «un vincolo miope imposto a suo tempo dalla Germania che non ha ancora elaborato il lutto per l’inflazione del 1923». Gallino invoca la revisione del Trattato Ue e «una graduale riforma radicale del sistema finanziario europeo volta a ridurre i suoi difetti strutturali», il primo dei quali è l’opacità insieme allo strapotere delle banche: «Il sistema bancario ombra pesa nella Ue quanto il totale degli attivi delle banche». Serve assolutamente disporre della «facoltà di creare denaro dal nulla», mentre Bruxelles «si preoccupa soprattutto di liberalizzare ogni aspetto del sistema stesso, con i risultati disastrosi che si sono visti dal 2008 in avanti, in special modo in Germania».
Di fronte alla riforma radicale di cui c’è urgenza, i mini-interventi di vigilanza bancaria o l’unione bancaria sono «palliativi da commedia di Molière». Per Gallino, l’intero trattato fondativo dell’Unione Europea «dovrebbe essere riveduto in modo da prevedere modalità concrete di partecipazione democratica dei cittadini a diversi livelli di decisione, dai Comuni ai massimi organi di governo dell’Unione». Come diceva Hannah Arendt, senza partecipazione la democrazia non è niente. Instaurare la democrazia a Bruxelles: mission impossibile? Finora sicuramente sì, visti i politici al potere, dall’Italia alla Germania. Ma sarebbe il caso di cominciare a parlarne, «anche perché l’alternativa è quella di continuare a discutere per altri venti o trent’anni, intanto che il paese crolla, di come fare a ridurre il deficit di un decimo dell’un per cento».
I LADRI DI EQUITALIA.
I ladri di Equitalia
È proprio una storiaccia.
Beccare l’esattore che per quattro danari fa lo sconto sulle tasse da pagare, sembra un roba dell’altro secolo. Secondo la Procura di Roma è quanto facevano alcuni funzionari (ed ex colleghi) di Equitalia. Vedremo presto, si spera, se e quanto fosse diffuso il sistema. Una tangente per alleggerire il proprio carico fiscale fa ribollire il sangue.
Equitalia è stata negli ultimi anni il braccio inflessibile della legge (assurda) tributaria. Inflessibile nei suoi atteggiamenti oltre che nelle sue regole. La prima reazione è di sdegno. Come per uno stupro, non si riesce a ragionare, a essere lucidi. Ad aspettare un processo. In galera i presunti delinquenti. Gli aguzzini che hanno rovinato la vita a migliaia di contribuenti in sofferenza. Nei confronti dei quali (i contribuenti, si intende) non hanno mai avuto pietà. Ora calmiamoci . E ragioniamo. Il dito è l’indagine di ieri. La luna è il caso di oggi e di domani. Ci stiamo forse prendendo in giro? Qualcuno pensa veramente che il catasto sia un luogo di verginelle? Qualcuno ritiene sul serio che le amministrazioni comunali che forniscono licenze siano immacolate? Qualcuno si immagina davvero che le Asl e i relativi controlli che fanno alle imprese siano tutti puliti? La lista potrebbe diventare infinita. Ed è una lista che sarebbe comunque compilata per difetto. Non c’è giorno che la cronaca non ci regali uno scandaletto locale su funzionari o dipendenti pubblici che non svolgono con onestà il proprio lavoro e che si mettono in tasca un stipendio alternativo a quello fornito dalla mamma Stato. Il nostro non è un punto di vista rassegnato. E tanto meno un giudizio complessivo sull’amministrazione pubblica. Il nostro è un puro ragionamento economico, senza alcun intento moralistico. Questo lo lasciamo a chi legge. La cosa è semplice e ha a che fare con la burocrazia statale. Essa ha un potere immenso, a ogni suo livello. Che le deriva dalla legge e dalla possibilità di farla applicare grazie al monopolio della violenza (legale e giudiziaria) di cui lo Stato dispone.
Il caso Equitalia è particolarmente odioso per il momento in cui ci troviamo. Ma la stecca sulle tasse era ben più consistente e diffusa prima della riforma tributaria. Il punto è dunque quello di guardare al principio e non al dettaglio. Troppo Stato e la troppa burocrazia che ne consegue vuol dire una cosa sola: incentivo alla corruzione. La nostra bulimia legislativa, normativa e amministrativa nasce dalla presunzione pubblicistica, per la quale i privati sono più o meno potenzialmente tutti dei mascalzoni e devono dunque essere preventivamente controllati. Ecco le norme, le regole, i controlli, le agenzie, i funzionari, le procedure, le carte. Quanto più sono numerose, quanto maggiore è la possibilità che un passaggio sia economicamente agevolato da una commissione di sveltimento/tangente. Niente moralismi: calcolo delle probabilità. Nell’assurda costruzione pubblicistica che ci ha ormai irrimediabilmente contagiati si è commesso un enorme refuso logico. E cioè: i privati sono dei furfanti e come tali debbono essere regolati. Il mercato è in fallimento e dunque deve essere sostituito dallo Stato. E mai si pensa (ecco il refuso) che altrettanti furfanti e fallimenti ci possono statisticamente essere in coloro che dovrebbero legiferare o controllare. La prima vera, grande rivoluzione di questo Paese è ridurre il peso dello Stato, non solo perché costa troppo, ma perché si presume, sbagliando, che sia migliore e più giusto del privato.
http://blog.ilgiornale.it/porro/2013/09/20/i-ladri-di-equitalia/
È proprio una storiaccia.
Beccare l’esattore che per quattro danari fa lo sconto sulle tasse da pagare, sembra un roba dell’altro secolo. Secondo la Procura di Roma è quanto facevano alcuni funzionari (ed ex colleghi) di Equitalia. Vedremo presto, si spera, se e quanto fosse diffuso il sistema. Una tangente per alleggerire il proprio carico fiscale fa ribollire il sangue.
Equitalia è stata negli ultimi anni il braccio inflessibile della legge (assurda) tributaria. Inflessibile nei suoi atteggiamenti oltre che nelle sue regole. La prima reazione è di sdegno. Come per uno stupro, non si riesce a ragionare, a essere lucidi. Ad aspettare un processo. In galera i presunti delinquenti. Gli aguzzini che hanno rovinato la vita a migliaia di contribuenti in sofferenza. Nei confronti dei quali (i contribuenti, si intende) non hanno mai avuto pietà. Ora calmiamoci . E ragioniamo. Il dito è l’indagine di ieri. La luna è il caso di oggi e di domani. Ci stiamo forse prendendo in giro? Qualcuno pensa veramente che il catasto sia un luogo di verginelle? Qualcuno ritiene sul serio che le amministrazioni comunali che forniscono licenze siano immacolate? Qualcuno si immagina davvero che le Asl e i relativi controlli che fanno alle imprese siano tutti puliti? La lista potrebbe diventare infinita. Ed è una lista che sarebbe comunque compilata per difetto. Non c’è giorno che la cronaca non ci regali uno scandaletto locale su funzionari o dipendenti pubblici che non svolgono con onestà il proprio lavoro e che si mettono in tasca un stipendio alternativo a quello fornito dalla mamma Stato. Il nostro non è un punto di vista rassegnato. E tanto meno un giudizio complessivo sull’amministrazione pubblica. Il nostro è un puro ragionamento economico, senza alcun intento moralistico. Questo lo lasciamo a chi legge. La cosa è semplice e ha a che fare con la burocrazia statale. Essa ha un potere immenso, a ogni suo livello. Che le deriva dalla legge e dalla possibilità di farla applicare grazie al monopolio della violenza (legale e giudiziaria) di cui lo Stato dispone.
Il caso Equitalia è particolarmente odioso per il momento in cui ci troviamo. Ma la stecca sulle tasse era ben più consistente e diffusa prima della riforma tributaria. Il punto è dunque quello di guardare al principio e non al dettaglio. Troppo Stato e la troppa burocrazia che ne consegue vuol dire una cosa sola: incentivo alla corruzione. La nostra bulimia legislativa, normativa e amministrativa nasce dalla presunzione pubblicistica, per la quale i privati sono più o meno potenzialmente tutti dei mascalzoni e devono dunque essere preventivamente controllati. Ecco le norme, le regole, i controlli, le agenzie, i funzionari, le procedure, le carte. Quanto più sono numerose, quanto maggiore è la possibilità che un passaggio sia economicamente agevolato da una commissione di sveltimento/tangente. Niente moralismi: calcolo delle probabilità. Nell’assurda costruzione pubblicistica che ci ha ormai irrimediabilmente contagiati si è commesso un enorme refuso logico. E cioè: i privati sono dei furfanti e come tali debbono essere regolati. Il mercato è in fallimento e dunque deve essere sostituito dallo Stato. E mai si pensa (ecco il refuso) che altrettanti furfanti e fallimenti ci possono statisticamente essere in coloro che dovrebbero legiferare o controllare. La prima vera, grande rivoluzione di questo Paese è ridurre il peso dello Stato, non solo perché costa troppo, ma perché si presume, sbagliando, che sia migliore e più giusto del privato.
http://blog.ilgiornale.it/porro/2013/09/20/i-ladri-di-equitalia/
POSSIBILI VOTAZIONI A PRIMAVERA, SECONDO SCENARI ECONOMICI
Ecco perché lo scenario con il voto a primavera del 2014 e’ quello piu’ probabile
Uno dei 3 scenari della Crisi di Governo contempla le Elezioni.
C’e’ un piccolissimo problema per Napolitano ed il Partito Democratico: Rischia seriamente di vincerle Berlusconi (o in alternativa Grillo).
Diamo uno sguardo a cosa e’ accaduto in Campagna Elettorale nelle ultime 3 tornate: generalmente il Centro Destra (ed anche Grillo nel 2013) e’ cresciuto, ed e’ stato sottostimato dai sondaggi. Il Centro Sinistra generalmente tende ad essere sovrastimato ed in campagna elettorale 2 volte su 3 ha perso brutalmente consenso. In sintesi “molti elettori” Berlusconiani e Grillini non rispondono alle rilevazioni, ma alla fine votano.
In sintesi, andare ora alle elezioni, potrebbe voler dire una legnata per il Centro Sinistra. Tra l’altro elezioni nel 2013, significherebbe non aver il tempo fisico di fare le primarie.
In pratica al Centro Sinistra serve Tempo. E Napolitano fara’ di tutto per darglielo.
IL NODO LEGGE ELETTORALE
Il punto e’ che l’attuale legge proporzionale e’ cosa pessima per la sinistra: guardate cosa accadde nel 1996 e nel 2001, quando vigeva il Mattarellum, e vedrete che sistematicamente il Centro-Destra performa meglio nel Proporzionale ed il Centro-Sinistra nel Maggioritario.
Ecco perché al Centro-Sinistra serve tempo, e servirebbe una legge elettorale che al senato torni all’uninominale.
ATTENZIONE PERO’ AL LOGORAMENTO
Nelle elezioni passate, quando ha Governato il Centro Sinistra da solo (periodo 1996-2001 e 2006-2008) alle elezioni successive e’ sempre stato un bagno di sangue. Per cui fare un qualche governo che si poggi su 20-30 transfughi o Scilipoti, e “galleggiare” per tempi lunghi, significherebbe suicidio elettorale pressoche’ certo per il Centro Sinistra
CONCLUSIONI
E’ verosimile che si voti in Primavera del 2014. Per il Centrosinistra votare prima significa rischiare seriamente di perdere, mentre votare dopo significa logorarsi ed anche in questo caso perdere. Napolitano puo’ tranquillamente evitare il voto nel 2013, allungando il brodo in consultazioni. Ovviamente un po’ di “fanti” che supportano un governo tampone si troveranno: tale governo comunque difficilmente potra’ varare una nuova legge elettorale, visto che sia a M5S che a Forza Italia non credo convenga, ma la decisione della Consulta sul Porcellum potrebbe riportare in auge il Mattarellum, che tutto sommato conviene al PD. Poi, nel frattempo, la magistratura continuera’ incessantemente ad impalare il Cavaliere.
Perlomeno passeranno 3-4 mesi, in cui potranno distribuire un po’ di “favori”, fare un po’ di sano terrorismo su Spread e fare le “primarie”.
By GPG Imperatrice
Mail: gpg.sp@email.it
Alfano, De Girolamo, Lorenzin, Lupi e Quagliarello guidano la fronda
Crisi governo Letta, Alfano a Sallusti: “Con noi metodo Boffo non funzionerà”
“E’ bene dire subito al direttore de Il Giornale, per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura”. E’ la replica di Angelino Alfano e dei ministri dimissionari del Pdl, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello all’editoriale a firma Alessandro Sallusti, pubblicato oggi su Il Giornale. “Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico, si sbaglia di grosso. Se intende impaurirci con il paragone a Gianfranco Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne. Se il ‘metodo Boffo’ ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi quando il direttore de Il Giornale lavorava nella redazione che divulgò la notizia dell’informazione di garanzia al nostro presidente, durante il G7 di Napoli nel 1994″.
Iscriviti a:
Post (Atom)