“Se Letta chiede la fiducia
facciamo affondare la nave”
I parlamentari hanno già firmato le dimissioni
La mossa di Letta di andare in Parlamento e chiedere un chiarimento con un voto di fiducia non ha spiazzato Berlusconi. Per il premier votare contro significherebbe assumersi la responsabilità di far cadere il governo sulle sue questioni personali e giudiziarie, infischiandosene della crisi economica, dell’aumento dell’Iva, dei problemi sociali. Significherebbe pensare solo ed esclusivamente al voto in giunta e alla sua decadenza da senatore. Ma a Berlusconi tutto questo non interessa più.
Dentro il Pdl si però aperto lo scontro tra chi vorrebbe mandare a picco subito Letta e i filogovernativi che stanno disperatamente cercando di separare le due questioni. In quest’ultimo caso si creerebbe la paradossale situazione di un esecutivo che va avanti ipocritamente mentre il capo della delegazione Pdl, Angelino Alfano, è dimissionario da deputato. Sì, perchè il vicepremier e ministro dell’Interno ieri ha sottoscritto la lettera di dimissioni e così hanno fatto gli altri ministri Lupi, Di Girolamo e Lorenzin. Manca invece all’appello Quagliariello, che non intende seguire i suoi colleghi sull’Aventino, «né ora né mai». Tutti i 97 deputati hanno firmato la lettera di dimissioni; al Senato 87 su 91: dimissioni che sono nelle mani dei capigruppo Brunetta e Schifani e che verranno presentati, o meglio, dovrebbero essere presentate quando la giunta voterà la decandenza del Cavaliere.
Una pistola è messa sul tavolo del Pd e ha tutta l’aria di essere veramente carica, a meno di ulteriori retromarce dell’ex premier. Ma a sentire falchi e soprattutto le colombe del Pdl non ce ne saranno. «Il dado è tratto, non è un bluff, Berlusconi questa volta fa sul serio», dice soddisfatta Santanché. Circola la voce che domani i ministri Pdl potrebbero già dimettersi. Il Consiglio dei ministri non è stato ancora convocato; dovrebbe essere fatto oggi stesso, dopo l’incontro di Letta Napolitano. «Se salta tutto - dicono a Palazzo Chigi - il primo effetto è che aumenta l’Iva e le “sentinelle antitasse”, come si sono sempre fregiati di essere Alfano e gli altri ministri ne uscirebbe con le ossa rotte. Per non parlare del fatto che lo stesso Alfano aveva rassicurato Letta che la furia del suo capo sarebbe rientrata e che la raccolta delle firme per le dimissioni sarebbe stata rimandata sine die. Sta andando in onda tutto un altro film», osservano ai piani alti del governo.
Il problema è che a Berlusconi non interessa più nulla di questo governo se il Pd voterà la sua decadenza e non crede più a nessuno. Non si fida di Napolitano che, a suo dire, gli avrebbe promesso un ammorbidimento dei senatori in giunta, che lo avrebbe difeso contro le «toghe rosse» e i magistrati della Cassazione. Non spera in un ravvedimento degli alleati/nemici che vogliono cacciarlo dal Parlamento, lasciandolo in pasto ai quei Pm che vogliono arrestarlo. Allora muoia Sansone con tutti i filistei, meglio paralizzare il Parlamento con le dimissioni dei suoi senatori e deputati, puntare tutto alle elezioni anticipate in modo tale da rinviare il più possibile la decadenza. Calcoli e strategie ad alto tasso di disperazione, ma che sono in campo. La conseguenza è che in questo momento prevale la possibilità che, di fronte alla richiesta di un voto di fiducia, parta da Palazzo Grazioli l’ordine di affondare la nave del governo.
La nota di ieri del capo dello Stato ha reso ancora più nero l’umore del Cavaliere, che ora considera l’inquilino del Quirinale un uomo di parte, «scorretto, inaffidabile», che non ha voluto muove un dito a suo favore. e pienamente condivisibile». Appunto, Berlusconi non si fida di nessuno e non vuole cadere nella trappola di votare la fiducia per legarsi le mani per oggi e per domani.
Cosa succederà da qui al voto di fiducia non è dato saperlo. Le colombe e Gianni Letta stanno lavorando per evitare lo scontro frontale. Ancora solo pochi giorni ma la loro strada è tutta in salita. Intanto tutti in fila a sottoscrivere le dimissioni e la fila, guarda caso, ieri è aumentato dopo la nota di Napolitano. E chi non firma le dimissioni, avrebbe detto Brunetta, si accomodi al gruppo misto. Ancora più tranchant Verdini, che ha in mano la partita d’attacco: chi non si dimette è fuori dal partito e non verrà ricandidato. C’è anche la corsa a far sottoscrivere le dimissioni ai non eletti che dovrebbero subentrare ai dimissionari. E per far capire come stanno le cose, il 4 ottobre a Roma è stata organizzata una manifestazione per fare pressione sulla giunta che si riunisce proprio quel giorno.
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