LE DIFFICILI SCELTE ECONOMICHE DELLA LIBIA NEL DOPO GHEDDAFI
5 settembre 2013
La Libia è ad un bivio.
Le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi dal governo del premier Ali Zeidan avranno profonde implicazioni per il futuro. Il governo libico ha due scelte di fronte a se: quella di seguire una tabella di marcia per una crescita sostenibile o vincolare sempre più la propria economia alla produzione di petrolio. La prima strada richiede fare passi importanti per trainare il paese fuori dalla crisi sistemica che lo portò, nel febbraio del 2011, a rivoltarsi contro il regime di Muammar Gheddafi.
La prima esigenza, di breve periodo, è la gestione della difficile transizione politica del dopo Gheddafi e i connessi problemi di sicurezza, in particolare modo lo smantellamento della rete di milizie illegali che sono un rischio per la sicurezza dei cittadini, per la stabilità del governo e per la possibilità che gli investitori esteri continuino a immettere capitale nel paese. A medio termine le sfide strutturali includeranno la ricostruzione delle infrastrutture rese inagibili dalla guerra e la messa in atto di una efficiente rete di sicurezza sociale ora sostanzialmente assente.
Detto questo la domanda chiave è a cosa vorremmo che l’economia libica assomigli in futuro. Sarà ripristinato il modello del regime di Gheddafi in cui l’economia era strettamente regolamentata e il governo ne era l’attore centrale? O il nuovo governo di Zeidan opterà per un’economia orientata al mercato, dove il settore privato assumerà la guida dell’economia del paese? In quest’ultimo caso, l’attuale governo può porre le basi per questo obiettivo attraverso lo sviluppo di un progetto globale di riforme per il prossimo governo, che dovrà necessariamente concentrarsi sull’economia.
Tutti i paesi dopo un conflitto devono concentrarsi in primo luogo sulla stabilizzazione dell’economia prima di intraprendere le necessarie riforme strutturali per conseguire un livello elevato di crescita sostenibile. Fortunatamente, l’economia libica ha già raggiunto un notevole grado di stabilità macroeconomica, come dimostra la ripresa della crescita economica, bassa inflazione, e una posizione agli occhi degli investitori estera sana. Questi obbiettivi sono stati ottenuti più rapidamente del previsto, grazie al fatto che gli impianti petroliferi libici non sono stati gravemente danneggiati durante la guerra. Diversamente era successo col il caso dell’Iraq, un produttore di petrolio collocato in modo simile, in cui però ci sono voluti diversi anni per cui la produzione petrolifera ritornasse ai suoi livelli pre-guerra. La Libia ha il vantaggio di avere una base consolidata da dove può andare avanti per attuare le riforme strutturali.
L’ultima domanda da porsi è che cosa concretamente dovrà fare il governo per sviluppare l’economia in modo che risponda alle esigenze e ai desideri dei libici che hanno combattuto contro il regime di Gheddafi? Per raggiungere questo obiettivo, il governo dovrà intraprendere un insieme completo di riforme economiche, molte dei quali mostrerà il proprio effetto solo sul lungo periodo.
Secondo il Rafik Harari, membro del Center for the Middle East (un centro di ricerca del think tank statunitense Atlantic Council) i settori individuati che saranno fondamentali per lo sviluppo di una nuova economia libica orientata al mercato sono tre.
Il primo è diversificare l’economia attraverso l’espansione del settore privato non legato all’industria petrolifera – un obiettivo irraggiungibile nella maggior parte dei paesi produttori di petrolio. Il focus del governo libico dovrebbe essere quello di sviluppare i servizi e il turismo. Perché ciò avvenga, grandi cambiamenti dovranno essere effettuate nel quadro giuridico, le leggi sul lavoro, e regolamenti aziendali.
Secondo: ridurre la disoccupazione giovanile. Ciò richiederà un ampliamento di istruzione e formazione professionale per fornire ai giovani libici di soddisfare le esigenze del settore privato. Questo significa soprattutto cambiare la cultura del lavoro: i libici considerano un diritto ottenere un posto di lavoro nel settore pubblico.
Terzo e ultimo, sviluppare un sistema finanziario moderno. Ciò è necessario per sostenere il settore privato e, in particolare, fornire credito alle piccole e medie imprese e start-up in modo che possano espandersi e creare posti di lavoro. Le riforme finanziarie dovrebbero includere un’ulteriore privatizzazione delle banche, riducendo il ruolo della proprietà statale negli enti creditizi specializzati, e permettendo l’ingresso di banche straniere.
Nessun commento:
Posta un commento
5 STELLE