spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

martedì 12 agosto 2014

ALDO GIANNULI: PER ISRAELE UNA GUERRA SOLO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

Israele sta facendo un genocidio?
di Aldo Giannuli






Fra quanti sostengono la causa palestinese è molto in voga l’idea che Israele stia compiendo  il genocidio del popolo palestinese: per piacere non diciamo fesserie. Un genocidio è cosa diversa da una strage, molto diversa prima di tutto sul piano dei numeri: un massacro conta centinaia, a volte migliaia di vittime, un genocidio milioni. Mi pare che faccia qualche differenza e che, su questo piano, i numeri abbiano una loro importanza. Non è un caso che i negazionisti tendono soprattutto a contestare i numeri della persecuzione nazista, perché se le vittime fossero state due o trecento mila o anche un milione, difficilmente si sarebbe potuto parlare di “sterminio del popolo ebraico in Europa”. Vice versa, questa espressione acquista pienamente senso proprio perché le vittime sono state diversi milioni. Ma, qualcuno obietta, le migliaia di morti dei massacri tengono conto solo dei morti in azioni di guerra, ma non di quelli causati dagli stenti prodotti dalla mancanza di cibo e medicine, talvolta prodotta dalle odiose misure di assedio degli israeliani o delle condizioni di vita in cui sono costretti i palestinesi.

E’ verissimo che l’esercito di Tel Aviv troppo spesso adotta disposizioni che producono penurie alimentari o sanitare che spingono le condizioni di vita al limite della sussistenza, ma non sono tali da provocare (almeno sin qui) epidemie e carestie, anche se la vita è molto stentata. Così come è vero che, i palestinesi sono costretti in condizioni di vita a dir poco assai precarie e che sono spesso vittime di uno stillicidio di ordini vessatori, ma anche questo non significa che sia in atto un genocidio (neppure “a rate” come qualcuno sostiene).

E a dimostrarlo c’è il fatto che la popolazione palestinese, nei 40 anni seguiti alla guerra dei sei giorni, non solo non è diminuita, ma cresce a ritmo anche maggiore di quella israeliana. Come qualsiasi osservatore sa, il timore maggiore di Israele è proprio questo differenziale demografico che, appunto, esclude che sia in atto alcun genocidio. Voi l’avete mai visto un genocidio in cui la popolazione che si vorrebbe sterminare cresce invece di scomparire?

Per cui, per cortesia, piantiamola con questa scemenza del genocidio che ha effetti assolutamente controproducenti ai fini del riconoscimento dei diritti dei palestinesi, perché fornisce uno straordinario argomento propagandistico agli oltranzisti filoisraeliani, che subito gridano all’antisemitismo. Le parole vanno usate con grande cautela evitando abusi che le svuotino di significato: parlare di genocidio palestinese, per esempio, ha l’effetto controintuitivo di favorire la propaganda negazionista dei nostalgici di Hitler, relativizzando il grande crimine del nazismo. Dunque, impariamo a pesare le parole prima di usarle.

Di conseguenza viene meno anche un altro argomento propagandistico come quello di ritorcere contro Israele l’accusa di nazismo. A volte l’esercito israeliano ricorre a tecniche di contro guerriglia che ricordano sinistramente le rappresaglie naziste (anche se, va detto, che la prassi ignobile delle rappresaglie non fu una esclusiva dei tedeschi, ma vi fecero ricorso anche altri eserciti). In un articolo precedente sull’attacco a Gaza ho scritto che la logica era quella di prendere in ostaggio la popolazione civile per isolare la guerriglia ed ho commentato testualmente:

“Mi pesa scriverlo, ma è una logica da Marzabotto ed è rivoltante vedere i figli ed i nipoti delle vittime di Auschwitz adottare la logica dei loro persecutori. Ed avere gli stessi risultati di chi li ha preceduti, perché, alla fine, la popolazione riconosce il proprio nemico nell’esercito aggressore”.

Confermo: è insopportabile vedere l’esercito degli eredi delle vittime, fare propria la logica dei persecutori, ma, appunto, se Israele fosse nazista, questo comportamento sarebbe ovvio e non ci sarebbe alcuna contraddizione stridente, questa sorge proprio dal fatto che Israele è una democrazia, per quanto imperfetta e retta sul paradosso di negare agli altri i diritti che riserva a sé stessa.

Il richiamo al termine di paragone nazista deve servire per indurre le comunità ebraiche ed i sostenitori tutti di Israele a meditare sul peso morale di certi comportamenti, non per sostenere che Israele è nazista; se volete una “terapia d’urto” per risvegliare  il senso etico obnubilato dalla logica di guerra. In questo senso ho firmato un appello che termina con la richiesta di una “Norimberga per Israele” (ovviamente da intendersi come processo per crimini di guerra ai responsabili politici e militari dei massacri in corso).

Questo conflitto è molto particolare: non è la riedizione della seconda guerra mondiale, nella quale ci si poteva (e doveva) schierare senza riserve o ambiguità contro l’Asse, che rappresentava il male da battere. Qui le cose non stanno in questo modo: qui nessuno dei due è “il male da vincere”, non c’è un nemico da battere ed una parte da portare alla vittoria sull’altra. Qui entrambi i contendenti hanno diritto ad esistere e ragioni da far valere ed il nostro compito non è quello di fare il tifo per uno dei due, come se assistessimo ad uno scontro fra gladiatori, ma operare per  una pace con giustizia, nella quale entrambi i popoli trovino adeguato riconoscimento dei propri diritti.

I palestinesi hanno diritto alla terra e all’autodeterminazione, gli israeliani hanno diritto alla sicurezza ed al riconoscimento del proprio Stato. Noi, soprattutto qui in Europa, abbiamo il dovere di concorrere alle condizioni per cui questa intesa possa avvenire. Ma per essere gli interpreti delle ragioni dell’uno verso l’altro, occorre un grande equilibro che implica, quando necessario, la denuncia di errori e crimini di ciascuno. Come ha detto una celebre scrittrice israeliana “additare le colpe del proprio paese è una forma di patriottismo”. Una delle cose più intollerabili della propaganda israeliana è l’uso strumentale del genocidio ebraico e la costante accusa di antisemitismo verso chiunque rivolga la benché minima critica a Israele. A parte il fatto che, con lo stesso metro, l’accusa di antisemitismo potrebbe essere ritorta contro gli israeliani, visto che anche i palestinesi sono semiti , è inaccettabile questa pretesa di “stato speciale” che deriverebbe dal ricordo di Auschwiz. Il genocidio ebraico è stato uno dei grandissimi crimini del Novecento, ma questo non autorizza Israele a fare le porcherie che sta facendo e non lo mette al riparo dalle proteste che merita.

Allo stesso modo, però, anche i palestinesi devono capire che gli attentati sono un inutile spargimento di sangue, che serve solo a dare ad Israele l’alibi per i ricorrenti pestaggi che ci troviamo a denunciare. Basti il confronto fra il numero delle vittime delle due parti, per capire quanto sia stupidamente criminale questa politica di attentati che si risolve in una serie “punture di spillo”, che non spostano di un millimetro i rapporti di forza, ma esasperano il popolo israeliano invece di disporlo verso una politica di pace.

I palestinesi sono vittime per un terzo della brutalità dell’esercito israeliano, ma per i due terzi dei propri errori politici: come nel 1948, quando, dando ascolto a quello spregevole figuro del gran Muftì di Gerusalemme, rifiutarono la federazione israelo-palestinese; come dal 1956 al 1973, quando riposero le loro speranze nelle armi degli eserciti arabi lasciandosi strumentalizzare dai rispettivi regimi che non esitarono a massacrarli (come in Giordania) quando lo trovarono conveniente; come alla fine degli anni settanta, quando rifiutarono le condizioni di Camp David; come nel 1991, quando si giocarono tutta la simpatia conquistata con l’intifada, applaudendo ai missili Scud di Saddam contro Israele; e potremmo proseguire.

Israele probabilmente ha compiuto la maggior parte dei crimini in questa guerra, ma sicuramente i palestinesi hanno fatto la maggior parte degli errori politici.

Per quel che mi riguarda, non mi sottraggo al compito di denunciare le colpe di Israele, pur dispiacendo a molti amici “politicamente corretti” anche di sinistra, che trovano troppo forti certe parole, ma non accetto minimamente né l’assimilazione dello stato ebraico al nazismo né di ritenere Israele un nemico da battere o, peggio, di negarne il diritto di Israele ad esistere. Soprattutto rifiuto una logica preventiva di schieramento: mi ritengo amico in egual misura del popolo israeliano e di quello palestinese, e proprio in quanto amico di entrambi, non mi sottraggo al dovere morale della critica di errori e crimini. Tacere le critiche che si ritengono giuste è il peggior tradimento che si possa fare ad un amico. Noto che i palestinesi sono i più deboli e, nella maggior parte dei casi, come questo, sono gli aggrediti, ma noto anche che anche gli israeliani subiscono aggressioni che, se sono meno forti militarmente, sono ugualmente deprecabili sul piano politico e morale. Poi continuo ad essere schierato per il riconoscimento dei diritti di ciascuno.

Aldo Giannuli
http://www.aldogiannuli.it/2014/08/genocidio-israele-palestina/

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