Caso Snowden: avviso a Obama firmato da Russia e Cina
Scritto il 25/6/13
«Se c’è una cosa che del caso Snowden non si può dire è che si tratti di uno scandalo». Piuttosto, è la scoperta dell’acqua calda: da almeno vent’anni, con l’avvento dell’era digitale, siamo tutti spiati minuto per minuto: ogni nostro movimento è tracciato. La denuncia dell’ex analista della Cia? «E’ solo la conferma ufficiale di un processo prevedibilissimo, che tutti sospettavamo fosse in atto da tempo. Ci vogliamo meravigliare?». Secondo Aldo Giannuli, il retroterra dello “scandalo” è ben altro: proprio attraverso una pedina come Edward Snowden, a cui hanno offerto protezione, sia la Cina che la Russia avvertono gli Stati Uniti che l’epoca della loro supremazia tecnologica è finita. Se Obama ha in serbo l’arma letale della cyber-guerra per neutralizzare gli arsenali nucleari di Putin e la potenza di Pechino, sarà bene che si abitui all’idea: il tempo del dominio americano assoluto è finito.
Da due decenni, premette Giannuli nel suo blog, sono andate crescendo le nuove tecnologie che permettono di raccogliere e stoccare a tempo indeterminato immense masse di informazioni, riproducibili in pochi secondi con procedure semplici e poco dispendiose. Tra scontrini, bancomat, operazioni con carte di credito e accertamenti sanitari telematici, nonché ovviamente e-mail e sms, senza quindi neppure sfiorare Facebook e Twitter, ognuno di noi “emette”, in media, un’informazione ogni 13 secondi, compresa la notte, tenendo conto delle molteplici indicazioni innescate, a cascata, da un semplice scontrino del supermercato. E questo, senza tener conto delle informazioni continuamente trasmesse dal cellulare e dall’Ipad, che localizzano in ogni momento dove siamo, “leggendo” i contenuti dei nostri messaggi e l’identità dei nostri interlocutori.
Tutte queste informazioni, prosegue Giannuli, sono rigorosamente registrate presso qualche server. In teoria, il server dovrebbe distruggerle dopo cinque anni, ma nessuno può controllarlo: le nostre informazioni “tracciate” possono anche sopravvivere per sempre. Il tutto, a costi irrisori: sembra che il sistema Boundless, alla base di questo “scandalo”, abbia la capacità di acquisire 3 miliardi di “pieces of intelligence” al mese. E nel solo mese di marzo, i sistemi americani collegati a Boundless hanno incamerato qualcosa come 97 miliardi di “pieces of intelligence”, evidentemente attinti anche allo stock precedente. «A tutelare la privacy dei cittadini dovrebbe provvedere la legge, imponendo certe regole di comportamento per i gestori e penalizzando chi cercasse di impossessarsene», osserva Giannuli, «ma queste regole non hanno alcuna efficacia nei confronti dei servizi di informazione e sicurezza, il cui compito, appunto, è quello di raccogliere informazioni anche con procedure illegali: diversamente non ci sarebbe ragione di opporre il segreto di Stato alla magistratura».
Dunque, abbiamo un soggetto che ha l’interesse, i mezzi ed il modo di ottenere dai server tutte le informazioni che vuole. Anche perché la solita, provvidenziale “emergenza antiterroristica” ha fornito i mezzi legali per poterlo fare. E non solo negli Usa: «Il governo Monti ha autorizzato i servizi italiani a fare cose del genere in nome della lotta all’evasione fiscale». Niente paura: «C’è sempre un’emergenza in nome della quale poter fare quello che più fa comodo». Così, «quella massa di informazioni, debitamente trattate con programmi informatici di potenza adeguata, consente di spiare gli altri paesi». Gli scopi, quelli veri, sono infiniti: «Realizzare un fortissimo vantaggio politico e militare, osservare e condizionare il gioco in Borsa, prevedere le tendenze del mercato». Ma anche obiettivi politici e sociali: «Essere preavvertiti dei sommovimenti sociali in arrivo, identificare e isolare le aree di opposizione sgradite». E soprattutto: «Cedere grandi quantità di informazioni di interesse commerciale ad imprese economiche in cambio di adeguati compensi monetari, turbare gare d’appalto, condizionare gli equilibri fra le valute».
Ecco svelata la reale utilità del Grande Fratello informatico: «Si possono fare un mucchio di cose rispetto alle quali la lotta all’evasione fiscale o al terrorismo sono l’ultimo pensiero». Dunque, conclude Giannuli, la pentola sul fuoco c’era già da tempo. Il problema, semmai, è capire chi l’ha scoperchiata, per quale motivo, e perché l’ha fatto proprio oggi, in questo momento. Snowden accampa motivi etici: difesa delle libertà garantite dalla Costituzione. Da parte sua, l’amministrazione Obama lo accusa di essere una spia e punta il dito verso i cinesi, anche perché l’ex analista della Cia ora si trova ad Hong Kong, da dove gli Usa vorrebbero estradarlo. Secondo “Agi-China24”, i cinesi non avrebbero alcun interesse a far nascere un caso politico. «Una linea soft, che confermerebbe, indirettamente, lo scarso interesse che Pechino attribuisce al caso. Ma, ovviamente – ipotizza Giannuli – tutto questo potrebbe essere solo la copertura dell’operazione fatta. Difficile pensare che la Cina sia del tutto estranea al caso, anche perché solo pochi giorni prima c’era stato l’incontro fra Obama e Xi Jinping che si era acceso proprio sul tema della guerra cyber, tanto in termini di attacchi hacker quanto in termini di spionaggio».
Il fatto che, dopo solo un paio di giorni, arrivi a Washington questo “cadeau” da Hong Kong, difficilmente può essere ritenuto una semplice coincidenza: «Sembra anzi che i cinesi abbiano voluto far sapere agli americani che non sono loro quelli che hanno più da perdere se si apre il discorso sulle intrusioni ed aggressioni cyber». Inoltre, non è passata inosservata «la pronta disponibilità russa ad offrire asilo politico a Snowden, il che fa pensare che i suoi tifosi siano più numerosi di quel che Obama potesse immaginare». Beninteso: «L’idea che si possa essere trattato di un’operazione coperta di cinesi o russi, o di entrambi, non esclude affatto che Snowden possa essere realmente una persona onesta», che agisce per ragioni ideali e non per vile pecunia, «anche se può aver cercato sponda in qualche servizio straniero che ne proteggesse la ritirata e che assicurasse un adeguato “lancio” alle sue rivelazioni». Accadeva già nella Seconda Guerra Mondiale e poi nella guerra fredda: «Molte spie erano tali per ragioni ideali, Snowden non sarebbe il primo». Ma questo è l’aspetto meno importante della vicenda, che in realtà svela la reale dimensione geopolitica del caso.
Per Giannuli, è un segnale del graduale deterioramento dei rapporti russo-americani, che il recente incontro ai massimi livelli – il G8 irlandese – non ha affatto migliorato. Obama? «E’ solo un Bush di colorito più scuro, un’operazione di marketing dei poteri forti americani che hanno impacchettato la stessa linea politico-militare in una confezione un po’ più seducente».Guerra di intelligence in formato digitale, ecco il punto: dopo il caso Assange-Wikileaks, «questo è un altro segnale della porosità e vulnerabilità del sistema informativo Usa», che ormai «sembra il classico gigante dai piedi d’argilla». E attenzione: «Il confronto-scontro fra le grandi potenze si sta spostando sempre più dalle questioni finanziarie a quello dell’intelligence, segnando una escalation che lascia intendere ulteriori sviluppi». Anche perché, per troppo tempo, il freno alle tensioni politico-militari è stato affidato ai negoziati sulla limitazione degli armamenti, in particolare nucleari, «mentre non c’è mai stato alcun negoziato sulla limitazione reciproca delle attività di intelligence». Che, in prospettiva, «potrebbero rivelarsi ben più pericolose per la pace di quanto non lo siano gli armamenti nucleari». Questa è dunque la vera posta in gioco, in un sistema nel quale – ormai è palese – i cittadini sono completamente indifesi di fronte alle «intrusioni del potere».
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