La politica della FED e i timori per l'Italia
Scritto da Angela Iannone | Yahoo! Finanza
ven 28 giu 2013
Non è nemmeno iniziato e già gli investitori obbligazionari statunitensi considerano il trimeste che viene come il peggiore della storia dal 1994.
Dopo le settimane burrascose della Fed, la banca centrale statunitense che punta ad una politica di alleggerimento quantitativo in vista di un'economia più forte, gli investitori si preparano ad affrontare un'estate volatile, decidendo la giusta allocazione tra azioni e obbligazioni: è bastato vedere il Barclays US Aggregate Index, il principalle punto di riferimento degli investimenti per i manager a reddito fisso, che ha registrato un rendimento totale di meno 2,8% nel secondo trimestre. La peggiore proiezione dal 1994.
Quello che un po'tutti cercano di capire è l'impatto che avrà la fine del QE sui prezzi dei rendimenti dei bond e quale sarà l'entità del rischio.
La decisione della Federal Reserve di ridurre - fino all'esaurimento - il piano di sostegno all'economia da 85 miliardi di dollari al mese ha provocato un paradossale recupero dei rendimenti delle Piazze asiatiche, stimolando l'acquisto sui mercati. Così anche l'andamento del Pil americano - +1,8% nel primo trimestre rispetto al +2,4% inizialmente stimato - ha allontanato l'eventualità che la banca centrale Usa acceleri il piano di disimpegno.
Un'eventualità che scongiura anche l'Italia, il cui mercato obbligazionario - dopo la decisione della Fed - è stato costantemente instabile e fragile, allarmato dalla riduzione progressiva della liquidità a disposizione. Le obbligazioni italiane, così come quelle spagnole, continuano a calare di settimana in settimana e le prospettive di una chiusura dei rubinetti pesano sugli attivi ad alto rendimento.
Nel frattempo, il Ministro delle Finanze Fabrizio Saccomanni prova a tranquillizzare i mercati dicendo che l'aumento dei rendimenti delle obbligazioni statali non durerà a lungo, anche se un aumento del costo del debito per l'Italia si traduce in un maggiore pericolo per la sostenibilità fiscale: "Ipotizzare l'inizio di una protratta crescita dei tassi non è coerente con i dati economici dei principali Paesi, di Usa e Giappone", ha dichiarato ai margini dell'Ecofin. Sottolineando come l'andamento dello spread BTp/Bund decennale, sia frutto di "una tensione globale che proviene dall'estero e non cambia il quadro congiunturale europeo". L'incertezza, però, "si ripercuote di più sui Paesi che hanno un debito più alto", come l'Italia appunto, appena uscita dalla procedura di deficit eccessivo e che quindi non può più permettersi di sforare il tetto del 3% del deficit/Pil.
Un pericolo di nome bond
Situazione differente negli Stati Uniti, dove Wall Street ha chiuso nelle ultime sedute in lieve rialzo e il rendimento del Treasury decennale è rimasto invariato. Una situazione paradossale, in totale controtendenza con i titoli dei Paesi più in difficoltà dell'Eurozona: Grecia, Spagna, Portogallo e Italia.
Appuntamento alla prossima settimana, con le aste di fine mese del Tesoro italiano, che proverà ad "accaparrarsi" tra i 15 e i 18,5 miliardi di euro. Come scrivono su un editoriale de Il Sole 24 Ore del 24 giugno, queste aste attireranno l'attenzione dei mercati per due motivi: innanzitutto per vedere "quanto l'Italia è disposta a pagare in più rispetto allo scorso mese ma soprattutto qual è il premio richiesto dagli investitori. In un mercato talmente cacofonico, il punto non è se lo spread BTp/Bund raggiungerà quota 300, ma se da quel livello continuerà a salire o invece calerà perché a quel livello rappresenterà una ghiotta opportunità di rientro sul rischio-Italia".
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