Web, spionaggio di massa: siamo tutti sorvegliati dagli Usa
La Cia ci spia, cantava tanti anni fa Eugenio Finardi, pensando agli 007 di allora, impegnati nella guerra fredda. Archiviato il grande nemico, l’Unione Sovietica, gli “spioni” sono più che mai al lavoro, grazie ai nuovi ferri del mestiere: i servizi “cloud” offerti da Google, Microsoft e Facebook. Obiettivo: «Sorveglianza di massa, di calibro pesante, mirata alla nuvola informatica», nientemeno. «Un tipo di linguaggio che non può essere spazzato e nascosto a lungo sotto il tappeto», afferma il giornalista Ryan Gallagher, che da Londra tiene d’occhio manipolazioni digitali e violazioni della privacy effettuate via web. Una su tutte: la nuova legge che di fatto autorizza gli Stati Uniti a controllarci: «Europei, prendete nota: il governo Usa si è auto-attribuito il diritto di spiarvi segretamente». Lo rivela una relazione fornita al Parlamento Europeo, che avverte: l’America ha legalizzato «una sorveglianza meramente politica sui dati relativi a stranieri».
«Gli europei – scrive Gallagher in un servizio su “Slate”, ripreso da “Megachip” – avrebbero già dovuto essere allarmati dal fatto che il “Patriot Act” può essere usato per ottenere dati su cittadini residenti al di fuori del suolo Usa». Ma stavolta, al centro dell’attenzione è una legge diversa: il “Foreign Intelligence and Surveillance Amendments Act” (Fisa), che solleva «un rischio ancora maggiore nei confronti della sovranità Ue sui dati rispetto ad altre leggi finora prese in considerazione dai decisori politici europei». È quanto risulta dall’ultima relazione sulla lotta contro i cyber-reati e la protezione della privacy sul web: introdotto nel 2008, il “Fisa Amendments Act” ha appena legalizzato in modo retroattivo l’utilizzo del controverso programma di «registrazioni telefoniche senza garanzie» iniziato dall’amministrazione Bush dopo l’11 Settembre, che ora resterà in vigore fino al 2017.
Se lo “spionaggio di massa” preoccupa i cittadini americani, ad essere ancora più allarmati dovrebbero essere gli stranieri: lo afferma Caspar Bowden, co-autore della relazione ed ex consulente-capo, per la privacy, di Microsoft Europa. Secondo Bowden, l’emendamento Fisa del 2008 ha creato un «potere di sorveglianza di massa» mirato specificamente a dati di persone non-statunitensi, residenti fuori dall’America e applicabile al sistema di “cloud computing”. Il che significa che, «in base a un ordine di sorveglianza segreto emanato da un tribunale segreto», aziende statunitensi con sedi nell’Unione Europea «possono essere costrette a consegnare dati sui cittadini europei. «Si apre la porta a un tipo di spionaggio intrusivo senza precedenti», avverte Gallagher, dato che il Quarto Emendamento tutela esclusivamente la privacy degli americani, non degli stranieri. «È come versare nella fornitura d’acqua pubblica una droga che controlla la mente dei soli non-americani», afferma Bowden, che aggiunge: «La mancanza di attenzione delle autorità europee che hanno in carico la protezione dei dati nei confronti di questo provvedimento è stata sconvolgente».
Se il monitoraggio di e-mail e telefonate di gruppi “sospetti” fa parte della routine delle agenzie di intelligence, il Fisa autorizza invece in modo esplicito e automatico a prendere di mira sia le comunicazioni in tempo reale, sia i dati “cloud” depositati e collegati a organizzazioni politiche con sede all’estero: in pratica qualsiasi cittadino, non solo sospetti terroristi. Di fatto, per Bowden, il Fisa dà pienamente «carta bianca per spiare qualsiasi cosa che sia di giovamento per gli interessi della politica estera Usa» e legalizza il monitoraggio di giornalisti, attivisti e politici europei che abbiano a che fare con qualsiasi argomento che rientri nella sfera degli interessi degli Stati Uniti. Secondo Bowden, il Fisa rende espressamente legale, per gli Stati Uniti, esercitare «una sorveglianza di massa continua di comuni attività politiche democratiche e legali» e potrebbe spingersi fino ad obbligare i fornitori Usa di servizi “cloud”, come Google, a fornire una “intercettazione in diretta” dei dati degli utenti europei.
I funzionari Usa smentiscono: l’ambasciatore statunitense presso l’Unione Europea, William Kennard, parla della «paura di un accesso illimitato ai dati da parte del governo Usa», affermando che tutte le azioni per l’applicazione delle leggi e per le indagini sulla sicurezza nazionale negli Stati Uniti sono soggette a limiti legali e giudiziari concepiti per proteggere la privacy individuale. «Si può inoltre mettere in discussione che un tribunale statunitense, per di più in segreto, possa essere tanto audace da autorizzare davvero lo spionaggio di massa sui giornalisti europei», osserva Gallagher, anche se almeno a livello teorico «rimane una possibilità». Per nulla soddisfatto dalle rassicurazioni d’oltreoceano, lo stesso Bowden – primo firmatario della scottante relazione – fa appello affinché i cittadini dell’Unione Europea ricevano adeguati avvertimenti sul fatto che i loro dati potrebbero risultare vulnerabili nei confronti della sorveglianza politica statunitense. La relazione propone inoltre che sia garantita agli europei un’equa protezione presso i tribunali americani.
E gli europei? «È assai chiaro che la Commissione Europea stia chiudendo un occhio», ammette l’olandese Sophia in ’t Veld, che nel Parlamento Europeo è vicepresidente della commissione che si occupa di libertà civili, giustizia e affari interni, che accusa di “distrazione” anche i governi nazionali, «in parte perché non hanno afferrato la questione, e in parte perché temono di mettersi contro le autorità Usa». Ora, conclude Gallagher, sembra comunque inevitabile che i legislatori europei debbano finalmente decidersi ad affrontare le questioni che riguardano l’intercettazione di massa targata Usa, per quanto controversa possa essere. Tutti spiati, per legge? Non si può certo continuare a far finta di niente.
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