Si scrive debito, si legge euro: ma neppure Grillo ne parla.
Scritto il 26/8/13
«No, non vogliamo parlare dell’euro». Intervistato da “Bloomberg”, Beppe Grillo si rifiuta di denunciare il nemico numero uno della crisi italiana. Buio pesto, allora, se se nemmeno il “Movimento 5 Stelle” se la sente di parlare apertamente del problema-euro: «Dato che tutti i media, i sindacati, le associazioni di impresa e ovviamente i partiti non vogliono parlare dell’euro e che il capo del movimento alternativo non vuole parlare dell’euro, per ora bisogna puntare su qualcosa d’altro», prende nota il blog “Cobraf”. «Grillo oscilla sempre un poco, stando ai post del suo blog che ogni tanto fanno intravedere qualcosa di diverso, ma quando lo intervistano (solo stampa estera) ripete sempre che preferisce il default e non l’uscita dall’euro». Meglio restare nella trappola della Bce rinegoziando il debito, con «un default parziale dei titoli di Stato». L’unica chance dell’Italia? «E’ puntare sul crash per cambiare le cose. Cioè, fino al crash non si può fare molto. E solo dopo, la gente si sveglierà e il M5S andrà al governo».
Anche Grillo, scrive “Gz” su “Cobraf” in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”, si informa leggendo i professori di economia che scrivono sui Beppe Grillo giornali. Personaggi come Lucrezia Reichlin, già capo dell’ufficio studi della Bce, consigliera di Enrico Letta, editorialista del “Corriere della Sera” e membro del Cda di Unicredit, nonché erede di una delle famiglie più importanti della sinistra intellettuale italiana.
La Reichlin, annota “Gz”, dice quasi le stesse cose di Grillo: «L’Italia è in una situazione abbastanza catastrofica. È vero, ci sono primi segnali di ripresa, ma dall’inizio della crisi la caduta della produzione industriale è stata enorme, così come resta enorme il debito pubblico ed è cresciuto molto anche il debito privato, che in Italia era tradizionalmente basso. In questa situazione è molto difficile rimettersi su una possibile traiettoria di crescita. Dunque non escludo che ci vorrà, prima o poi, una ristrutturazione del debito. Certo, è una parola grossa. Non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma…».
Come spiegare quello che quasi ogni giorno si legge anche sul “Financial Times”, dove si discute di azzerare il debito pubblico spostandolo tra le passività della banca centrale, ad esempio, per salvare le forme, facendole emettere un bond perpetuo a tasso zero per scambiarlo con i Btp? Una soluzione semplice, raccomandata con insistenza da Ambrose Evans-Pritchard, il quale «spiega per la centesima volta che Usa, Regno Unito e Giappone, senza ammetterlo, stanno facendo proprio questo». E cioè: garantire, in modo illimitato – grazie all’emissione di moneta sovrana – gli interessi sul debito, praticamente a costo zero, attraverso il semplice intervento della banca centrale. Diversi economisti europei su “Vox” si esprimono esattamente come il “Financial Times”: basterebbe una semplice manovra contabile per eliminare il problema del debito pubblico. «Pensi che siano fuori di melone? Bene, discutine la proposta e dimostra che non ha senso. Invece niente, silenzio, nessun dibattito, nessuna discussione nel merito». Ci si limita a ripetere slogan. Tipo: «Il debito pubblico è enorme», quindi serve «tagliare agli sprechi» e «reprimere l’evasione fiscale», ma Striscione volante anti-euro realizzato da Giuseppe Truccodato che questa strategia non funziona, ecco che occorre «vendere beni pubblici», come unica alternativa al default».
«Il debito pubblico è solo una passività contabile dell’istituzione che ha il potere di creare moneta», protesta “Gz”, riferendosi ovviamente a paesi liberi, dotati di moneta sovrana. Ok, il debito «ha il piccolo difetto che paga interessi, e dopo 40 anni questi ti schiacciano». Ma attenzione: se il tuo debito «lo scambi con un’altra passività contabile dello Stato, che non paga interessi, hai risolto il problema». Sicché, «parlare di default, di crash dell’Italia è allucinante: tra i problemi che ha l’Italia, quello del debito pubblico è l’unico che risolvi senza difficoltà». Quello che manca è la volontà politica, in uno scenario desertificato dalla disinformazione: servirebbero banche pubbliche e una banca centrale statale, abilitata alla libera creazione di moneta. In Italia il debito è diventato uno spauracchio dopo il 1981, col divorzio tra Tesoro e Bankitalia voluto da Ciampi e Andreatta, che hanno consegnato alla finanza privata speculativa il controllo del debito nazionale. Poi è arrivato l’euro, la moneta “straniera” che si può solo prendere in prestito. E ora, col Fiscal Compact, il divieto di sostenere l’economia con la spesa pubblica fisiologica. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: crisi, recessione, depressione. E nessuno – nemmeno Grillo – che fornisca un’analisi chiara. L’unica da cui potrebbero nascere vere soluzioni.
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