C’era una volta la rivolta: serve un lieto fine (elettorale)
Scritto il 18/12/13
In questi giorni la rabbia popolare sta trovando dei canali, molto spontanei e poco organizzati, per sbattere in faccia all’intera classe politica italiana il disagio profondo di coloro che, secondo il linguaggio della nostra democrazia, dovrebbero esserne “rappresentati”. Questo disagio, va detto, è ancora inarticolato, irriflesso. Se dovessimo utilizzare l’idioma della psicologia, potremmo affermare che siamo dinnanzi ad un “acting out” di massa. Queste proteste, così come sono, testimoniano l’impoverimento di numerose categorie di persone, unite da un facile risentimento verso la Casta. Che siano tutti da mandare a casa è, difatti, un concetto semplicistico, ma efficace. Non nascondo che a volte, preso da grillite acuta, ho utilizzato anch’io questo gergo per denotare lo schifo che provo nei confronti di una classe politica che, ormai da vent’anni e oltre, funge da cinta muraria per contenere l’insofferenza popolare e lasciare che la grande finanza si ingrassi alle nostre spalle.
Eppure diversi episodi relativi alle manifestazioni sorte il 9 dicembre, e ancora in corso, lasciano intuire l’evanescenza di qualsiasi richiesta alla Un lieto fine (elettorale) per la rivolta?politica da parte dei nostri concittadini inferociti. Più di altre volte, voglio essere sincero, mi sono sentito in grande difficoltà a mostrare una solidarietà complessiva nei confronti di questo movimento improvvisato. Troppi sono, infatti, i distinguo da fare. Troppi i rischi di deriva autoritaria quando i ribelli minacciano di fracassare la testa ai negozianti che – vittime della stessa crisi – vorrebbero guadagnarsi la giornata. Credo che l’unico comportamento realistico, capace di non buttare i semi della rivolta per paura che ne nasca una pianta velenosa, sia quello di creare quanto prima una piattaforma politica che dia forma ai bisogni, spesso inconsapevoli, che agitano un popolo abituato alle lusinghe del capitalismo e oggi privo di modelli alternativi di convivenza.
Questa piattaforma dovrebbe essere creata, in modo compartecipato, e presentata come base per le prossime elezioni europee. Perché è al livello continentale che deve alzarsi la nostra voce. La domanda cruciale resta: quale soggetto politico può tentare di articolare un discorso laddove la furia della sofferenza preferisce individuare nemici assoluti sperando, cosa impossibile, che tutto torni a prima del 2008? Ecco, questo ruolo a mio modesto avviso dovrebbe competere – Grillo permettendo – al Movimento 5 Stelle e a tutte le forze democratiche che, equamente distanti da centro-destra e centro-sinistra, vogliono difendere e attuare la nostra Costituzione. In altre parole è necessario che ci si presenti al popolo con una proposta da abbracciare e da tradurre in effettiva rappresentanza politica. Una proposta chiara e trasparente che faccia subito piazza pulita degli infiltrati che vogliono condurre questa protesta inedita su un binario morto e di morte.
(Paolo Bartolini, “C’era una volta la rivolta: troviamo un lieto fine”, da “Megachip” del 14 dicembre 2013).
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