Tutti gli annunci di Matteo non ancora rispettati da Renzi
29 - 04 - 2014
Edoardo Petti
Tutti gli annunci di Matteo non ancora rispettati da Renzi.
Tempi e contenuti dell’iniziativa riformatrice solennemente annunciata dal premier sono frenati da ostacoli politici e corporativi difficili da superare. Ecco il divario (su scuola, lavoro, bonus e riforme istituzionali) tra proclami e fatti Matteo Renzi aveva messo a punto un calendario ambizioso di interventi radicali in tutti i gangli vitali della vita pubblica. Il ritmo arrembante con cui era stato preannunciato un programma rigoroso e vincolante di grandi riforme ogni mese sembrava aver conquistato cittadini, mass media, osservatori scettici. Tuttavia la realtà odierna sconfessa, o quanto meno ridimensiona, la forza dirompente delle solenni promesse del premier. Mentre la minoranza del Pd si organizza.
RIFORME ISTITUZIONALI NELLA PALUDE
Preannunciata tra la fine di febbraio e le Idi di marzo, la nuova legge elettorale, approvata in modo rutilante dalla Camera dei deputati, è arenata tra le mura di Palazzo Madama. Complice il timore di un inusitato ballottaggio per il governo tra Partito democratico e Movimento Cinque Stelle e lo stallo sulla revisione del Senato, il meccanismo di voto vedrà la luce – salvo colpi di scena – prima della pausa estiva.CERCASI JOBS ACTMarzo avrebbe dovuto rappresentare uno spartiacque storico per le regole sul lavoro, le relazioni industriali, l’innovazione degli ammortizzatori sociali. Nulla di tutto ciò è stato previsto nell’unico provvedimento messo in cantiere dall’esecutivo e dal responsabile del Welfare Giuliano Poletti. La portata del decreto legge che porta il suo nome, frutto di un logorante braccio di ferro tra Nuovo Centro-destra, Scelta Civica, riformisti del PD da una parte e sinistra del Nazareno e CGIL dall’altra, è limitata a modifiche dei contratti a termine, delle regole sull’apprendistato e sulla formazione pubblica.Il cuore della riforma è rinviato a un disegno di legge delega i cui tempi appaiono incerti. A quel punto si conosceranno i pilastri del Job Act che avrebbe dovuto rivoluzionare e rilanciare il tessuto produttivo-occupazionale del nostro paese. Per ora restano evanescenti i confini del nuovo Codice del lavoro, del contratto unico flessibile e indeterminato con garanzie crescenti nel tempo, di una rete moderna di ammortizzatori sociali orientati al Welfare to work.
TEMPI QUASI SCADUTI PER LA NUOVA BUROCRAZIA
Un architrave del programma annunciato dal Presidente del Consiglio prevedeva il rinnovamento strutturale entro aprile della Pubblica amministrazione. Il calendario potrebbe venire rispettato in “zona Cesarini”, visto che in settimana il governo approverà il testo base di riforma messo a punto dal ministro competente Marianna Madia.L’obiettivo di conferire efficienza alla macchina statale passa per una strategia di tagli e assunzioni mirate. Una mescolanza di mobilità obbligatoria e sblocco del turn over che dovrebbe tradursi in una nuova entrata per ogni cinque uscite dal servizio. Permettendo così una riduzione non traumatica di 85mila dipendenti pubblici prevista dal progetto di spending review redatto da Carlo Cottarelli.
L’ALLENTAMENTO BLANDO DEL PATTO DI STABILITA’ INTERNO
Sempre sul piano locale emerge una clamorosa contraddizione tra impegni assunti dal premier e concrete realizzazioni. Un punto che riguarda l’allentamento del Patto di stabilità interno, cavallo di battaglia dell’ex primo cittadino di Firenze. Perché, come rivela il Sole 24 Ore, nel provvedimento fiscale promosso da Palazzo Chigi i progetti di riqualificazione, ammodernamento, messa in sicurezza degli edifici scolastici potranno beneficiare di 544 milioni di euro.
NUMERI IN CONTRADDIZIONE
Cifra ben diversa dai 3,5 miliardi “pronti per essere impiegati in tempi brevi”, preannunciati da Renzi nel corso della sua prima conferenza stampa da capo dell’esecutivo. Il testo del decreto legge governativo in materia tributaria è molto chiaro. All’articolo 48, riferendosi agli investimenti realizzati dalle amministrazioni comunali per l’edilizia educativa, il provvedimento prevede un’esclusione dai vincoli di bilancio di 244 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015. A tali risorse vanno aggiunti 300 milioni destinati allo stesso scopo dal Fondo comunitario per lo sviluppo e la coesione relativo al periodo 2014-2020.
A QUANTO AMMONTANO LE RISORSE PER LA SCUOLA?
Ma le somme stanziate dai programmi dell’Unione Europea per la ristrutturazione delle scuola non erano pari a 3 miliardi? Guardando a questa cifra il premier aveva promesso la creazione di una “cabina di regia” per velocizzare le pratiche edilizie e consentire a sindaci e presidenti di provincia di “intervenire sui luoghi ove vivono e studiano i nostri figli”.
CHI BENEFICIA DEL BONUS FISCALE
Altro tema cruciale relativo al provvedimento tributario concerne le fasce economico-sociali che riceveranno il bonus fiscale sui redditi IRPEF. La platea per ora coinvolge esclusivamente le retribuzioni da lavoro dipendente medio-basso. Ripetere, come fa Renzi da giorni, che il beneficio verrà allargato a pensionati, persone prive di stipendio, e partite IVA, richiede un’accurata analisi sulle coperture di bilancio. E un necessario confronto con il capo del Tesoro. L’unica certezza su una misura di significativa portata finanziaria è il rinvio alla legge di stabilità di fine anno.
LE RAGIONI DEL DIVARIO TRA PAROLE E ATTI
Una spiegazione plausibile della notevole differenza, in taluni casi del fossato, tra impegni assunti dal premier e realizzazioni dell’esecutivo viene offerta da Oscar Giannino. A giudizio dell’analista economico, Renzi è chiamato a concretizzare oggi tutti gli interventi riformatori che il ceto politico italiano degli ultimi venti e trent’anni ha preferito rinviare, abbandonare, annacquare. Una responsabilità storica che ha provocato un ritardo enorme per l’Italia rispetto alle democrazie industriali avanzate. E che l’attuale capo del governo è costretto a colmare, in una fase di recessione economica, in modo frettoloso e superficiale.Ulteriore motivazione, scrive l’editorialista del Messaggero, va ricercata nella mancanza di un genuino e convinto supporto del Partito democratico verso gli obiettivi prospettati dal suo segretario. La cui leadership non è mai stata accettata dal “ventre profondo” del Nazareno, bensì digerita temporaneamente per opportunismo.È una parte rilevante di quell’universo, ancorata alla conservazione dello status quo, che il premier dovrà sfidare a viso aperto per tenere fede all’originario e ambizioso calendario di riforme. Soltanto così potrà ambire, come Tony Blair e Gerard Schroeder, a imprimere una traccia profonda nella politica e nella sinistra italiana.
http://www.formiche.net/2014/04/29/riforme-renzi-annunci-fatti/
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