OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione animali).
Modalità nel protocollo per il campionamento di acque per uso umano.
Ultimamente si sente parlare di campionamenti di acque ad uso umano, operazione questa complessa e non semplice come qualcuno fà credere, pertanto invito chi ha qualche dubbio sull'acqua che beve a rivolgersi a persone Qualificate e competenti in materia.
Nel proteggere ignari cittadini voglio dare qualche semplice informazione per poter valutare il lavoro di chi campiona e per poter decidere a chi rivolgersi.
Come prima cosa bisogna chiarire che il procedimento seguito nell'operazione di campionamento condiziona tutte le successive operazioni di analisi in laboratorio, infatti il prelevamento del campione è un'operazione preliminare d'importanza fondamentale che, pertanto, deve essere eseguita da personale qualificato il quale deve essere a conoscenza sia delle tecniche di campionamento sia degli accorgimenti tecnici necessari per la perfetta esecuzione delle determinazioni richieste. Il campione prelevato deve avere requisiti tali da garantire la rappresentatività dell'acqua nelle condizioni di continuo esercizio dell'acquedotto o della fonte o di punti e sistemi di distribuzione.
Dovranno, inoltre, essere ricercate dal personale qualificato in fase di campionamento quante più notizie possibile inerenti il tipo di campionamento, il tipo ed il materiale costituente il rubinetto o la valvola dalla quale viene effettuato il prelievo, ecc.
E' consigliabile per ciascun campione procedere alla formazione di quattro aliquote, due per il laboratorio di analisi che effettua il controllo e due per il responsabile dell'utenza o dell'ente erogatore.
E' opportuno ricordare che la legislazione vigente non prevede norme o istituti cui demandare esecuzioni di analisi di revisione; in caso di contestazione ed anche per motivi di ordine tecnico è indispensabile procedere al prelievo di un nuovo campione. Nel caso di analisi speciali (ad esempio determinazione dei gas disciolti) le aliquote vengono prelevate direttamente.
Un verbale, redatto tempestivamente sul posto deve essere compilato, datato e firmato da un funzionario che preleva i campioni ed inviato all'Ente ufficialmente incaricato dell'analisi, e controfirmato, se ritenuto necessario, da persona responsabile dell'utenza o dell'Ente erogatore.
Ma passiamo alle Procedure :
Campionamento per determinazioni chimiche, chimico-fisiche e fisiche.
Attrezzature
Il materiale di cui è costituita l'apparecchiatura non deve, a contatto con l'acqua, alterare il risultato di analisi:
a) bottiglie o flaconi di vetro di capacità di almeno 1000 ml, a tappo smerigliato, oppure bottiglie o flaconi in materia plastica;
b) bottiglia di vetro Pirex, della capacità di 300 ml, a tappo smerigliato, per determinazioni biologiche e per la ricerca di sostanze tossiche o indesiderabili;
c) contenitori, del tipo a sonda, adatti per prelevare in profondità;
d) contenitori muniti di adatto dispositivo per la determinazione del contenuto di gas (ossigeno ad esempio).
Le bottiglie, i flaconi o i contenitori (tappo compreso) devono essere perfettamente puliti e sterilizzati, devono essere muniti di chiusura ermetica per ridurre il rischio di contaminazione ed infine devono essere in vetro, possibilmente neutro.
I recipienti in materia plastica servono per prelievi per determinazioni radiologiche.
PREPARAZIONE DEI RECIPIENTI DI RACCOLTA (CONTENITORI)
Reattivi:
A) Soluzioni di lavaggio miscela solfonitrica
B) Sodio tiosolfato (Na2S2O3) in polvere cristallina.
PREPARAZIONE DELLA BOTTIGLIA
La scelta dei contenitori è determinata da ragioni tecniche; la loro pulizia deve essere assicurata con procedure semplici.
Per quanto riguarda i contenitori in vetro:
A) pulire i contenitori con una delle soluzioni di lavaggio facendo precedere, se necessario, un lavaggio con detergenti e acqua; immergere i contenitori stessi nella soluzione. Scaldare leggermente e lasciare poi raffreddare, allorché viene usata la miscela solfonitrica.
Nota. Le soluzione di lavaggio, già citate, sono corrosive.
B) Vuotare i contenitori dalla soluzione di lavaggio, sciacquare con acqua ed asciugare per scolamento.
C) Se si presume che il campione da prelevare possa contenere cloro libero, aggiungere al contenitore g 0,05 di sodio tiosolfato, purché il tiosolfato non interferisca con le determinazioni da effettuare (altrimenti eliminare l'aggiunta del reattivo).
D) Sterilizzare i recipienti in: autoclave a vapore a 121°C per almeno 30 min.,
oppure:
stufa ad aria ad una temperatura uniforme e non inferiore ai 170 °C, per almeno 30 min.
E) Chiudere i contenitori con tappo a smeriglio e coprire la sommità ed il collo con sottile un filo di alluminio per preservarli dalla polvere e da altre contaminazioni.
Per quanto riguarda i contenitori di materia plastica, la pulizia viene effettuata lavando accuratamente i recipienti (sempre nuovi) con acqua e detergenti e risciacquando ripetutamente con acqua pura.
Punto di prelievo
I punti di prelievo possono essere:
a) sorgente a pozzo
b) acquedotto (rete di distribuzione)
c) serbatoio ad accumulo o autoclave di distribuzione,
d) altre utenze ad esempio, corso d'acqua, lago, ecc.),
e) deposito e/o centro di distribuzione.
In ciascuno di questi punti dovrà essere sistemata un'adatta presa campione, munita di apposita valvola o rubinetto il materiale tale da non interferire nelle successive determinazioni per quanto riguarda il punto e), deve essere consentita un'adatta accessibilità nei punti di deposito.
Modalità di prelievo del campione
A) Lasciare spurgare l'acqua della presa del campione per circa cinque minuti, cioè fino ad essere certi della rappresentatività del campione prelevato.
B) Dopo aver fatto spurgare, sciacquare almeno tre volte la bottiglia di campionamento ed il tappo con l'acqua da sottoporre all'analisi.
C) Riempire la bottiglia per tre quarti, chiudere con il tappo e procedere alla etichettatura.
D) Quando si raccoglie direttamente un campione da un corso d'acqua, un lago, un serbatoio una sorgente o un pozzo profondo ci si sforzerà di ottenere un campione rappresentativo. Si suggerisce di non prelevare i campioni troppo vicino alla riva o ad una profondità troppo grande allorché la presa viene effettuata per mezzo di un galleggiante. Nel caso di una sorgente prelevare il campione all'origine.
E) Se si opera in un corso d'acqua, evitare le zone di ristagno.
Nel caso di un corso d'acqua o di un lago, effettuare il prelevamento operando nel modo seguente.
Tenere il tappo in una mano e capovolgere la bottiglia con l'altra.
Immergere rapidamente la bottiglia capovolta al disotto della superficie dell'acqua con un movimento di trascinamento.
Riempire rapidamente la bottiglia in movimento fino a 3/4, con la bocca rivolta contro la direzione del flusso (nel caso del corso d'acqua).
F) Se l'acqua è immobile (come nel caso di un serbatoio) l'operatore cercherà di creare una corrente artificiale, muovendo il flacone orizzontalmente. Se questo procedimento non è praticabile, si può zavorrare il fondo del flacone per poterlo immergere nell'acqua. In ogni caso evitare di interessare la sponda o il fondo.
G) Per prelevare dei campioni in profondità in un lago o in un serbatoio, utilizzate un idoneo dispositivo.
H) Per prelevamenti in un pozzo provvisto di una pompa a mano, l'acqua sarà pompata e scartata per circa cinque minuti, la bocca della pompa verrà quindi prima sterilizzata e si darà qualche colpo di pompa prima di effettuare il campionamento. Se il pozzo è munito di una motopompa, il campione sarà raccolto da un rubinetto precedentemente sterilizzato e fissato sulla tubazione di mandata. In mancanza del dispositivo di pompaggio, il campione potrà essere raccolto direttamente per mezzo di un flacone sterilizzato e zavorrato alla sua base. Dopo il prelevamento il flacone verrà etichettato e inviato in laboratorio accompagnato da notizie riportanti tutte le informazioni necessarie.
I) Per effettuare la determinazione del contenuto dei gas nell'acqua in esame è necessario ricorrere a un metodo specifico.
Precauzioni e conservazione del campione
A) Tutti i campioni dall'atto del prelievo sino all'arrivo in laboratorio vanno conservati alla temperatura di circa +4 °C.
B) Per quanto riguarda il metodo di conservazione relativo a ciascun parametro da determinare, la singola preservazione può essere effettuata anche in laboratorio, all'arrivo dei campioni, purché non intercorrano più di nove ore dal momento del prelievo.
Campionamento per analisi batteriologiche e microbiologiche
Raccomandazioni
A) Nel caso di un sistema di distribuzione, i campioni non devono essere prelevati sempre negli stessi punti, ma è importante che i punti di prelievo siano fissati dagli esperti, specialmente dove esiste una situazione critica. Conviene inoltre insistere sul fatto che, per i controlli di routine, è molto importante analizzare numerosi campioni con tecniche semplici, piuttosto che sottomettere a prove complesse o a una serie di prove qualche campione prelevato di tanto in tanto
B) In caso di circostanze sfavorevoli, di epidemie o di pericolo imminente di contaminazioni, si dovrà procedere a prelievi ed analisi molto frequenti.
C) Le frequenza dei prelievi dovrà ugualmente essere più elevata là dove esiste un pericolo di contaminazione, specialmente nel caso di collegamenti fra due sistemi di distribuzione ed ugualmente dopo una riparazione delle condotte.
Modalità di prelievo del campione
A) All'atto del prelievo di campioni per l'analisi batteriologica è necessario prendere precauzioni rigorose, affinché il campione sia rappresentativo e per evitare tutte le possibili contaminazioni accidentali.
B) Il risultato delle analisi dipende in larga misura dall'accuratezza usata nel prelevamento dei campioni. E' dunque importante che il personale incaricato di questo lavoro sia all'altezza del compito.
C) Quando vengono prelevati più campioni simultaneamente nel medesimo punto, quello che è destinato all'analisi batteriologica sarà raccolto per primo al fine di evitare il rischio di qualche contaminazione del punto di prelievo durante la raccolta degli altri.
D) Utilizzare flaconi di vetro sterilizzati, muniti di tappo smerigliato. Il tappo ed il collo del flacone dovranno in ogni caso essere protette da un cappuccio di carta ordinaria oppure da un sottile foglio di alluminio.
E) Se l'acqua da esaminare contiene o si presume che contenga tracce di cloro, di cloramina o di ozono sarà indispensabile neutralizzarla, introducendo nel flacone una quantità sufficiente di Na2S2O3 cristallino (circa grammi 0,05)
F) Il flacone rimarrà tappato fino al momento del riempimento. Durante il prelevamento evitare che il tappo ed il collo del flacone vengano a contatto di qualsiasi cosa. Il flacone sarà tenuto dal fondo, riempito per tre quarti, senza risciacquare preventivamente, e tappato immediatamente.
G) Quando si deve prelevare il campione di acqua dal rubinetto, assicurarsi che il rubinetto scelto fornisca l'acqua da una tubazione direttamente collegata sulla condotta principale e non, per esempio da quella di una tubazione allacciata ad un 'autoclave o a un serbatoio interno.
H) Dopo aver pulito il rubinetto, si lascia fluire l'acqua per circa cinque minuti, in modo da ricambiare l'acqua che sia rimasta stagnante per almeno due ore.
I) Chiudere il rubinetto e fiammeggiare le pareti esterne fino a che si riscaldi (la fiamma si può ottenere utilizzando una torcia oppure un batuffolo di cotone imbevuto di alcool, oppure utilizzando altra tecnica che eviti però la formazione di fuliggine, la quale è sempre indesiderabile).
L) Lasciare fluire l'acqua per circa 2 min. prima di prelevare il campione.
Volume del campione
Normalmente sono sufficienti due bottiglie di campioni da 300 ml. , ma poiché alcune determinazioni speciali possono richiedere una maggiore quantità di campioni è opportuno tenere presenti queste esigenze:
per la ricerca dei germi relativi alle analisi di contaminazione fecale: occorrono 500 ml. d'acqua;
per la ricerca delle salmonelle: occorrono 1000 ml. di campione;
per la ricerca dei virus: occorrono 10 l. di acqua.
Precauzioni e conservazione del campione
Preoccupazioni
In genere la conservazione dei campioni deve essere fatta, di preferenza, per refrigerazione. Tutti i campioni, dall'atto del prelievo fino all'arrivo in laboratorio, vanno conservati a una temperatura di circa +4 °Ci, se è possibile disporre di adatta attrezzatura per mantenere il freddo. Se il campione viene esaminato entro due ore, si può conservare senza metterlo nel ghiaccio; in ogni caso il tempo di conservazione anche a +4 °C, deve essere il più breve possibile.
B) Sodio tiosolfato (Na2S2O3) in polvere cristallina.
PREPARAZIONE DELLA BOTTIGLIA
La scelta dei contenitori è determinata da ragioni tecniche; la loro pulizia deve essere assicurata con procedure semplici.
Per quanto riguarda i contenitori in vetro:
A) pulire i contenitori con una delle soluzioni di lavaggio facendo precedere, se necessario, un lavaggio con detergenti e acqua; immergere i contenitori stessi nella soluzione. Scaldare leggermente e lasciare poi raffreddare, allorché viene usata la miscela solfonitrica.
Nota. Le soluzione di lavaggio, già citate, sono corrosive.
B) Vuotare i contenitori dalla soluzione di lavaggio, sciacquare con acqua ed asciugare per scolamento.
C) Se si presume che il campione da prelevare possa contenere cloro libero, aggiungere al contenitore g 0,05 di sodio tiosolfato, purché il tiosolfato non interferisca con le determinazioni da effettuare (altrimenti eliminare l'aggiunta del reattivo).
D) Sterilizzare i recipienti in: autoclave a vapore a 121°C per almeno 30 min.,
oppure:
stufa ad aria ad una temperatura uniforme e non inferiore ai 170 °C, per almeno 30 min.
E) Chiudere i contenitori con tappo a smeriglio e coprire la sommità ed il collo con sottile un filo di alluminio per preservarli dalla polvere e da altre contaminazioni.
Per quanto riguarda i contenitori di materia plastica, la pulizia viene effettuata lavando accuratamente i recipienti (sempre nuovi) con acqua e detergenti e risciacquando ripetutamente con acqua pura.
Punto di prelievo
I punti di prelievo possono essere:
a) sorgente a pozzo
b) acquedotto (rete di distribuzione)
c) serbatoio ad accumulo o autoclave di distribuzione,
d) altre utenze ad esempio, corso d'acqua, lago, ecc.),
e) deposito e/o centro di distribuzione.
In ciascuno di questi punti dovrà essere sistemata un'adatta presa campione, munita di apposita valvola o rubinetto il materiale tale da non interferire nelle successive determinazioni per quanto riguarda il punto e), deve essere consentita un'adatta accessibilità nei punti di deposito.
Modalità di prelievo del campione
A) Lasciare spurgare l'acqua della presa del campione per circa cinque minuti, cioè fino ad essere certi della rappresentatività del campione prelevato.
B) Dopo aver fatto spurgare, sciacquare almeno tre volte la bottiglia di campionamento ed il tappo con l'acqua da sottoporre all'analisi.
C) Riempire la bottiglia per tre quarti, chiudere con il tappo e procedere alla etichettatura.
D) Quando si raccoglie direttamente un campione da un corso d'acqua, un lago, un serbatoio una sorgente o un pozzo profondo ci si sforzerà di ottenere un campione rappresentativo. Si suggerisce di non prelevare i campioni troppo vicino alla riva o ad una profondità troppo grande allorché la presa viene effettuata per mezzo di un galleggiante. Nel caso di una sorgente prelevare il campione all'origine.
E) Se si opera in un corso d'acqua, evitare le zone di ristagno.
Nel caso di un corso d'acqua o di un lago, effettuare il prelevamento operando nel modo seguente.
Tenere il tappo in una mano e capovolgere la bottiglia con l'altra.
Immergere rapidamente la bottiglia capovolta al disotto della superficie dell'acqua con un movimento di trascinamento.
Riempire rapidamente la bottiglia in movimento fino a 3/4, con la bocca rivolta contro la direzione del flusso (nel caso del corso d'acqua).
F) Se l'acqua è immobile (come nel caso di un serbatoio) l'operatore cercherà di creare una corrente artificiale, muovendo il flacone orizzontalmente. Se questo procedimento non è praticabile, si può zavorrare il fondo del flacone per poterlo immergere nell'acqua. In ogni caso evitare di interessare la sponda o il fondo.
G) Per prelevare dei campioni in profondità in un lago o in un serbatoio, utilizzate un idoneo dispositivo.
H) Per prelevamenti in un pozzo provvisto di una pompa a mano, l'acqua sarà pompata e scartata per circa cinque minuti, la bocca della pompa verrà quindi prima sterilizzata e si darà qualche colpo di pompa prima di effettuare il campionamento. Se il pozzo è munito di una motopompa, il campione sarà raccolto da un rubinetto precedentemente sterilizzato e fissato sulla tubazione di mandata. In mancanza del dispositivo di pompaggio, il campione potrà essere raccolto direttamente per mezzo di un flacone sterilizzato e zavorrato alla sua base. Dopo il prelevamento il flacone verrà etichettato e inviato in laboratorio accompagnato da notizie riportanti tutte le informazioni necessarie.
I) Per effettuare la determinazione del contenuto dei gas nell'acqua in esame è necessario ricorrere a un metodo specifico.
Precauzioni e conservazione del campione
A) Tutti i campioni dall'atto del prelievo sino all'arrivo in laboratorio vanno conservati alla temperatura di circa +4 °C.
B) Per quanto riguarda il metodo di conservazione relativo a ciascun parametro da determinare, la singola preservazione può essere effettuata anche in laboratorio, all'arrivo dei campioni, purché non intercorrano più di nove ore dal momento del prelievo.
Campionamento per analisi batteriologiche e microbiologiche.
Raccomandazioni
A) Nel caso di un sistema di distribuzione, i campioni non devono essere prelevati sempre negli stessi punti, ma è importante che i punti di prelievo siano fissati dagli esperti, specialmente dove esiste una situazione critica. Conviene inoltre insistere sul fatto che, per i controlli di routine, è molto importante analizzare numerosi campioni con tecniche semplici, piuttosto che sottomettere a prove complesse o a una serie di prove qualche campione prelevato di tanto in tanto
B) In caso di circostanze sfavorevoli, di epidemie o di pericolo imminente di contaminazioni, si dovrà procedere a prelievi ed analisi molto frequenti.
C) Le frequenza dei prelievi dovrà ugualmente essere più elevata là dove esiste un pericolo di contaminazione, specialmente nel caso di collegamenti fra due sistemi di distribuzione ed ugualmente dopo una riparazione delle condotte.
Modalità di prelievo del campione
A) All'atto del prelievo di campioni per l'analisi batteriologica è necessario prendere precauzioni rigorose, affinché il campione sia rappresentativo e per evitare tutte le possibili contaminazioni accidentali.
B) Il risultato delle analisi dipende in larga misura dall'accuratezza usata nel prelevamento dei campioni. E' dunque importante che il personale incaricato di questo lavoro sia all'altezza del compito.
C) Quando vengono prelevati più campioni simultaneamente nel medesimo punto, quello che è destinato all'analisi batteriologica sarà raccolto per primo al fine di evitare il rischio di qualche contaminazione del punto di prelievo durante la raccolta degli altri.
D) Utilizzare flaconi di vetro sterilizzati, muniti di tappo smerigliato. Il tappo ed il collo del flacone dovranno in ogni caso essere protette da un cappuccio di carta ordinaria oppure da un sottile foglio di alluminio.
E) Se l'acqua da esaminare contiene o si presume che contenga tracce di cloro, di cloramina o di ozono sarà indispensabile neutralizzarla, introducendo nel flacone una quantità sufficiente di Na2S2O3 cristallino (circa grammi 0,05)
F) Il flacone rimarrà tappato fino al momento del riempimento. Durante il prelevamento evitare che il tappo ed il collo del flacone vengano a contatto di qualsiasi cosa. Il flacone sarà tenuto dal fondo, riempito per tre quarti, senza risciacquare preventivamente, e tappato immediatamente.
G) Quando si deve prelevare il campione di acqua dal rubinetto, assicurarsi che il rubinetto scelto fornisca l'acqua da una tubazione direttamente collegata sulla condotta principale e non, per esempio da quella di una tubazione allacciata ad un 'autoclave o a un serbatoio interno.
H) Dopo aver pulito il rubinetto, si lascia fluire l'acqua per circa cinque minuti, in modo da ricambiare l'acqua che sia rimasta stagnante per almeno due ore.
I) Chiudere il rubinetto e fiammeggiare le pareti esterne fino a che si riscaldi (la fiamma si può ottenere utilizzando una torcia oppure un batuffolo di cotone imbevuto di alcool, oppure utilizzando altra tecnica che eviti però la formazione di fuliggine, la quale è sempre indesiderabile).
L) Lasciare fluire l'acqua per circa 2 min. prima di prelevare il campione.
Volume del campione
Normalmente sono sufficienti due bottiglie di campioni da 300 ml. , ma poiché alcune determinazioni speciali possono richiedere una maggiore quantità di campioni è opportuno tenere presenti queste esigenze:
per la ricerca dei germi relativi alle analisi di contaminazione fecale: occorrono 500 ml. d'acqua;
per la ricerca delle salmonelle: occorrono 1000 ml. di campione;
per la ricerca dei virus: occorrono 10 l. di acqua.
Precauzioni e conservazione del campione
Preoccupazioni
In genere la conservazione dei campioni deve essere fatta, di preferenza, per refrigerazione. Tutti i campioni, dall'atto del prelievo fino all'arrivo in laboratorio, vanno conservati a una temperatura di circa +4 °Ci, se è possibile disporre di adatta attrezzatura per mantenere il freddo. Se il campione viene esaminato entro due ore, si può conservare senza metterlo nel ghiaccio; in ogni caso il tempo di conservazione anche a +4 °C, deve essere il più breve possibile
Conservazione del campione
Non aggiungere al campione sostanze conservanti eccetto che sodio tiosolfato per neutralizzare il cloro libero. Tuttavia, quando sono presenti sostanze tossiche, è a volte necessario utilizzare sostanze preservanti, che saranno addizionate al campione sia al momento del prelievo sia in laboratorio.
Spero di avervi fornito indicazioni chiare, certamente non esaustive e non tecniche.
Delegato Oipa per la Provincia di Potenza
Roberto TEDESCO
______________________________________________________________________________
OIPA Italia – sezione Potenza e provincia –
Contrada Pantano 22 – 85052 Paterno (PZ)
Tel. 3666639052 – potenza@oipa.org
Siamo spettatori universali: il dissolvimento delle democrazie in oligarchie mediatiche è all'opera non solo in Italia ma in tutto il mondo. H.G. Gadamer
spirito critico
PENSATOIO DI IDEE
venerdì 28 febbraio 2014
IL GOVERNO RENZI: LE NUOVE RIFORME SUL LAVORO
Arriva il Job act di Sel: “Un milione e mezzo di nuovi posti in tre anni”
Un piano straordinario per il lavoro, che dovrà essere discusso “nel percorso parlamentare del Jobs act di Matteo Renzi“. Così Sinistra ecologia libertà prova a inserirsi, dall’opposizione, nel dibattito sulle prime misure economiche annunciate dal nuovo presidente del Consiglio. In conferenza stampa a Montecitorio, il capogruppoGennaro Migliore, il deputato Giorgio Airaudo, ex dirigente Fiom, e il sociologo ed economista Luciano Gallino, ispiratore della proposta di legge, hanno illustrato il provvedimento. L’obiettivo è “creare un milione e mezzo di posti di lavoro in tre anni”, ha spiegato il professor Luciano Gallino, con un investimento di 17 miliardi: “Serve un New deal ispirato a quello rooseveltiano – ha aggiunto Airaduo – e noi pensiamo che lo Stato possa diventare datore di lavoro di ultima istanza”. Per farlo, gli interventi vanno concentrati, secondo Gallino, “nei settori ad alta intensità di lavoro quali il risanamento delle scuole, la ristrutturazione degli ospedali e la manutenzione del territorio per contrastare il dissesto idrogeologico“. Gallino inoltre critica il Jobs Act di Matteo Renzi: “L’ho scaricato dal sito di Renzi e sono alcune paginette in cui si dicono alcune cose interessanti, altre mirabolanti tra cui ‘cambiare per intero la legislazione del lavoro in otto mesi. Se faccio il confronto con la proposta di Airaudo e di Sel le differenze sono abissali perché in questa ci sono quaranta pagine di dati e di cifre e dall’altra parte qualche paginetta che vola per aria” di Manolo Lanaro
26 febbraio 2014
fonte: ilfattoquotidiano.it
IL GOVERNO RENZI SARA' IN GRADO DI APPORTARE RIFORME ATTENDIBILI PER I MERCATI FINANZIARI?
Riforme credibili per superare la regola del 3 per cento
28.02.14
Angelo Baglioni e Tommaso Nannicini
In che modo l’Italia può superare almeno temporaneamente il vincolo del 3 per cento sul disavanzo? Non ci sono solo le regole europee da tenere in considerazione, ma anche le reazioni dei mercati finanziari. Tutto si gioca sulla credibilità delle riforme.
IL MITO DELLA PROCEDURA PER DISAVANZI ECCESSIVI
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nei suoi discorsi d’insediamento in Parlamento non ha fatto cenno alla necessità, da lui stesso avanzata in più occasioni come segretario del Pd, di recuperare margini di flessibilità nella politica fiscale, superando, ancorché solo temporaneamente, il famigerato vincolo del 3 per cento. Ha fatto bene. Meglio non scherzare con la sensibilità dei mercati e dei partner europei. Per azionare quella leva senza creare pericolosi effetti collaterali, serve una credibilità che va prima conquistata sul campo con azioni concrete.
Il tema, però, resta sullo sfondo. Quali sono i margini per introdurre questa maggiore flessibilità? È davvero possibile “aggirare” la regola del 3 per cento? Per rispondere senza cadere nella demagogia, bisogna partire dai vincoli con cui un’esigenza del genere si deve confrontare.
Partiamo dai vincoli europei. Il limite del 3 per cento deriva dal Patto di stabilità e crescita (Psc), che introduceva regole di disciplina fiscale poi rafforzatesi nel tempo attraverso i cosiddetti “Six-pack”, “Fiscal Compact” e “Two-pack”: fino a creare un sistema di procedure, vincoli e sanzioni a dir poco bizantino. Il mancato rispetto del limite fa scattare la “procedura per disavanzi eccessivi” (Pde). A questo proposito, ci sono due notizie: una cattiva e una buona.
Cominciamo dalla cattiva notizia: la Commissione UE non sembra intenzionata a consentire alcun margine di flessibilità. Nei mesi scorsi, abbiamo assistito a continue prese di posizione della Commissione in cui si minacciava l’applicazione all’Italia della Pde, dalla quale eravamo appena usciti, anche per lo sforamento di un solo decimale. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, si è dichiarato favorevole a concedere più tempo per il risanamento in cambio di “un piano di riforme”. Ma coloro che propongono di negoziare uno sfondamento del 3 per cento si illudono. La Commissione, anche per ragioni di reputazione, è molto rigida verso un paese con un rapporto debito/Pil che ha ormai superato il 130 per cento. Piaccia o no, è così.
La buona notizia è che il rientro nella Pde non avrebbe, di per sé, significative conseguenze. Questo perché le normali procedure di controllo dei conti pubblici nazionali da parte della Commissione sono divenute così penetranti che, di fatto, essere o no sotto la Pde non fa molta differenza. Il cosiddetto “semestre europeo” comporta già una serie di passaggi stringenti, riassunti nello schema qui sotto (tratto dal sito dell’UE). Chissà perché, tra l’altro, lo si continua a chiamare “semestre”, anche se i suoi adempimenti vanno in vacanza solo ad agosto. La Legge annuale di stabilità (l’ex Finanziaria), il Piano pluriennale di stabilità (che delinea gli obiettivi di medio termine della finanza pubblica), il Piano nazionale di riforme (che determina gli obiettivi economici di medio termine) sono sottoposti al vaglio della Commissione e del Consiglio europeo.
Che cosa comporta in più la procedura per disavanzi eccessivi? Solo la possibilità di multe, che però non sono mai state applicate e quindi non sono granché credibili. Prima di arrivarci ci sono diversi passaggi che richiedono tempo. Sulla carta, la procedura sanzionatoria è stata accelerata dai “pack”, ma al momento nessuno vi è incorso, anche perché molti paesi hanno ricevuto un’estensione del periodo di aggiustamento. Paradossalmente, i paesi che di recente hanno goduto di una certa flessibilità sono proprio quelli sotto la Pde: ad esempio, Spagna, Portogallo e Francia, che hanno ottenuto dilazioni per rientrare nel limite del 3 per cento. Attualmente, i paesi sotto Pde sono 17 e non sembrano avere fretta di uscirne. Fasciarsi la testa per uscire dalla procedura o per non rientrarvi sembra un eccesso di zelo.
Certo, proprio perché le sanzioni non sono mai state applicate, non vuoi essere il primo a riceverle. L’unico vero pericolo della Pde è l’effetto di reputazione. E qui veniamo al secondo vincolo di cui dobbiamo tenere conto: quello dei mercati finanziari. Un paese ad alto debito come il nostro, che emette titoli ogni settimana per molti miliardi, non può permettersi che il rientro nella procedura venga letto come un segno di lassismo sul fronte dei conti pubblici.
Per questo motivo, un eventuale ingresso nella Pde dovrebbe far parte di un strategia precisa e ben comunicata, che potremmo riassumere così: facciamo alcune riforme strutturali e riduciamo la spesa pubblica, abbassando allo stesso tempo le tasse; l’eventuale temporaneo sforamento del 3 per cento si accompagna ad azioni capaci di aumentare il potenziale di crescita, rendendo perfino più credibile la riduzione del rapporto debito/Pil nel lungo periodo. Solo a queste condizioni, la Pde resterebbe un mero passaggio burocratico, senza alcun contenuto informativo e senza alcun significato politico. Anche il vincolo del pareggio strutturale in Costituzione non sarebbe un ostacolo insormontabile su questo percorso, vista la fase negativa del ciclo e la discrezionalità della definizione.
Tutto si gioca, ovviamente, sulla credibilità delle riforme. Non possiamo cavarcela con qualche piano generico. Servono azioni concrete per semplificare burocrazia e fisco, per aprire i mercati dei servizi, per cambiare gli incentivi di chi lavora nel pubblico impiego, per ridurre i tempi e la volatilità della giustizia. E la strategia risulterebbe ancora più credibile se accompagnata da un piano di dismissioni che abbatta subito lo stock del debito.
UNA SECONDA POSSIBILITÀ: GLI ACCORDI CONTRATTUALI
Se vogliamo evitare la Pde, ma allo stesso tempo avere qualche margine di flessibilità in più, esiste una seconda possibilità. Non è priva di incognite, perché dipende dal consenso degli altri governi europei, e risiede nei cosiddetti “accordi contrattuali” (contractual arrangements), proposti dalla Commissione nel marzo scorso. Si tratta di programmi di riforma concordati tra un governo nazionale e la Commissione stessa, che dovrebbero essere approvati dal Parlamento nazionale e dal Consiglio europeo, per poi essere attuati secondo una tabella di marcia prefissata. In cambio di questi impegni, un paese potrebbe ricevere assistenza finanziaria dall’UE, per coprire i costi delle riforme programmate nel breve periodo. La proposta della Commissione è stata approvata in linea di massima dal Consiglio europeo dello scorso dicembre, che però ha rinviato al prossimo ottobre la finalizzazione del nuovo strumento e la definizione dei relativi dettagli.
Il Governo italiano potrebbe sfruttare lo strumento in due modi. Il primo consiste nel presentare un piano di riforme e chiedere alla UE un contributo per coprirne i costi di breve periodo. Per esempio, il Jobs Act delineato dal nuovo Governo comporta alcuni costi rilevanti, a cominciare dal sussidio universale per chi perde il lavoro. Un secondo esempio è l’eventuale riduzione del personale nella pubblica amministrazione, dove ogni recupero di produttività non può che passare da una riforma del rapporto di lavoro nel pubblico impiego e dall’innesto di competenze meno obsolete: un intervento simile dovrebbe essere accompagnato da forme ad hoc di ammortizzatori sociali. Se questi costi (almeno in parte) venissero indirettamente coperti dal bilancio comunitario, potremmo fare quelle riforme senza infrangere la soglia del 3 per cento.
La seconda strada, forse più fattibile, consiste nel concordare una modifica degli accordi contrattuali con i partner europei, anche sfruttando la nostra presidenza di turno nel secondo semestre di quest’anno. In pratica, si potrebbe prevedere che gli le riforme strutturali possano essere scambiati con maggiori margini di flessibilità di bilancio. L’Italia non ha problemi di accesso ai mercati. È in grado di finanziare gli interventi temporanei di cui sopra. Gli accordi contrattuali dovrebbero solo concedere questa flessibilità nello sforamento del deficit, a patto che se ne stabiliscano i tempi di rientro e si approvino, nero su bianco, riforme in grado di rilanciare la crescita potenziale.
Insomma, le regole fiscali sono un po’ come i controlli di velocità: di solito cerchi di rispettarli, ma se scatta l’emergenza premi il piede sull’acceleratore e metti in conto il rischio di una multa. L’importante è non esagerare, mettendo a rischio la propria sicurezza e quella degli altri.
http://www.lavoce.info/riforme-credibili-per-superare-la-regola-del-3-per-cento/
28.02.14
Angelo Baglioni e Tommaso Nannicini
In che modo l’Italia può superare almeno temporaneamente il vincolo del 3 per cento sul disavanzo? Non ci sono solo le regole europee da tenere in considerazione, ma anche le reazioni dei mercati finanziari. Tutto si gioca sulla credibilità delle riforme.
IL MITO DELLA PROCEDURA PER DISAVANZI ECCESSIVI
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nei suoi discorsi d’insediamento in Parlamento non ha fatto cenno alla necessità, da lui stesso avanzata in più occasioni come segretario del Pd, di recuperare margini di flessibilità nella politica fiscale, superando, ancorché solo temporaneamente, il famigerato vincolo del 3 per cento. Ha fatto bene. Meglio non scherzare con la sensibilità dei mercati e dei partner europei. Per azionare quella leva senza creare pericolosi effetti collaterali, serve una credibilità che va prima conquistata sul campo con azioni concrete.
Il tema, però, resta sullo sfondo. Quali sono i margini per introdurre questa maggiore flessibilità? È davvero possibile “aggirare” la regola del 3 per cento? Per rispondere senza cadere nella demagogia, bisogna partire dai vincoli con cui un’esigenza del genere si deve confrontare.
Partiamo dai vincoli europei. Il limite del 3 per cento deriva dal Patto di stabilità e crescita (Psc), che introduceva regole di disciplina fiscale poi rafforzatesi nel tempo attraverso i cosiddetti “Six-pack”, “Fiscal Compact” e “Two-pack”: fino a creare un sistema di procedure, vincoli e sanzioni a dir poco bizantino. Il mancato rispetto del limite fa scattare la “procedura per disavanzi eccessivi” (Pde). A questo proposito, ci sono due notizie: una cattiva e una buona.
Cominciamo dalla cattiva notizia: la Commissione UE non sembra intenzionata a consentire alcun margine di flessibilità. Nei mesi scorsi, abbiamo assistito a continue prese di posizione della Commissione in cui si minacciava l’applicazione all’Italia della Pde, dalla quale eravamo appena usciti, anche per lo sforamento di un solo decimale. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, si è dichiarato favorevole a concedere più tempo per il risanamento in cambio di “un piano di riforme”. Ma coloro che propongono di negoziare uno sfondamento del 3 per cento si illudono. La Commissione, anche per ragioni di reputazione, è molto rigida verso un paese con un rapporto debito/Pil che ha ormai superato il 130 per cento. Piaccia o no, è così.
La buona notizia è che il rientro nella Pde non avrebbe, di per sé, significative conseguenze. Questo perché le normali procedure di controllo dei conti pubblici nazionali da parte della Commissione sono divenute così penetranti che, di fatto, essere o no sotto la Pde non fa molta differenza. Il cosiddetto “semestre europeo” comporta già una serie di passaggi stringenti, riassunti nello schema qui sotto (tratto dal sito dell’UE). Chissà perché, tra l’altro, lo si continua a chiamare “semestre”, anche se i suoi adempimenti vanno in vacanza solo ad agosto. La Legge annuale di stabilità (l’ex Finanziaria), il Piano pluriennale di stabilità (che delinea gli obiettivi di medio termine della finanza pubblica), il Piano nazionale di riforme (che determina gli obiettivi economici di medio termine) sono sottoposti al vaglio della Commissione e del Consiglio europeo.
Che cosa comporta in più la procedura per disavanzi eccessivi? Solo la possibilità di multe, che però non sono mai state applicate e quindi non sono granché credibili. Prima di arrivarci ci sono diversi passaggi che richiedono tempo. Sulla carta, la procedura sanzionatoria è stata accelerata dai “pack”, ma al momento nessuno vi è incorso, anche perché molti paesi hanno ricevuto un’estensione del periodo di aggiustamento. Paradossalmente, i paesi che di recente hanno goduto di una certa flessibilità sono proprio quelli sotto la Pde: ad esempio, Spagna, Portogallo e Francia, che hanno ottenuto dilazioni per rientrare nel limite del 3 per cento. Attualmente, i paesi sotto Pde sono 17 e non sembrano avere fretta di uscirne. Fasciarsi la testa per uscire dalla procedura o per non rientrarvi sembra un eccesso di zelo.
Certo, proprio perché le sanzioni non sono mai state applicate, non vuoi essere il primo a riceverle. L’unico vero pericolo della Pde è l’effetto di reputazione. E qui veniamo al secondo vincolo di cui dobbiamo tenere conto: quello dei mercati finanziari. Un paese ad alto debito come il nostro, che emette titoli ogni settimana per molti miliardi, non può permettersi che il rientro nella procedura venga letto come un segno di lassismo sul fronte dei conti pubblici.
Per questo motivo, un eventuale ingresso nella Pde dovrebbe far parte di un strategia precisa e ben comunicata, che potremmo riassumere così: facciamo alcune riforme strutturali e riduciamo la spesa pubblica, abbassando allo stesso tempo le tasse; l’eventuale temporaneo sforamento del 3 per cento si accompagna ad azioni capaci di aumentare il potenziale di crescita, rendendo perfino più credibile la riduzione del rapporto debito/Pil nel lungo periodo. Solo a queste condizioni, la Pde resterebbe un mero passaggio burocratico, senza alcun contenuto informativo e senza alcun significato politico. Anche il vincolo del pareggio strutturale in Costituzione non sarebbe un ostacolo insormontabile su questo percorso, vista la fase negativa del ciclo e la discrezionalità della definizione.
Tutto si gioca, ovviamente, sulla credibilità delle riforme. Non possiamo cavarcela con qualche piano generico. Servono azioni concrete per semplificare burocrazia e fisco, per aprire i mercati dei servizi, per cambiare gli incentivi di chi lavora nel pubblico impiego, per ridurre i tempi e la volatilità della giustizia. E la strategia risulterebbe ancora più credibile se accompagnata da un piano di dismissioni che abbatta subito lo stock del debito.
UNA SECONDA POSSIBILITÀ: GLI ACCORDI CONTRATTUALI
Se vogliamo evitare la Pde, ma allo stesso tempo avere qualche margine di flessibilità in più, esiste una seconda possibilità. Non è priva di incognite, perché dipende dal consenso degli altri governi europei, e risiede nei cosiddetti “accordi contrattuali” (contractual arrangements), proposti dalla Commissione nel marzo scorso. Si tratta di programmi di riforma concordati tra un governo nazionale e la Commissione stessa, che dovrebbero essere approvati dal Parlamento nazionale e dal Consiglio europeo, per poi essere attuati secondo una tabella di marcia prefissata. In cambio di questi impegni, un paese potrebbe ricevere assistenza finanziaria dall’UE, per coprire i costi delle riforme programmate nel breve periodo. La proposta della Commissione è stata approvata in linea di massima dal Consiglio europeo dello scorso dicembre, che però ha rinviato al prossimo ottobre la finalizzazione del nuovo strumento e la definizione dei relativi dettagli.
Il Governo italiano potrebbe sfruttare lo strumento in due modi. Il primo consiste nel presentare un piano di riforme e chiedere alla UE un contributo per coprirne i costi di breve periodo. Per esempio, il Jobs Act delineato dal nuovo Governo comporta alcuni costi rilevanti, a cominciare dal sussidio universale per chi perde il lavoro. Un secondo esempio è l’eventuale riduzione del personale nella pubblica amministrazione, dove ogni recupero di produttività non può che passare da una riforma del rapporto di lavoro nel pubblico impiego e dall’innesto di competenze meno obsolete: un intervento simile dovrebbe essere accompagnato da forme ad hoc di ammortizzatori sociali. Se questi costi (almeno in parte) venissero indirettamente coperti dal bilancio comunitario, potremmo fare quelle riforme senza infrangere la soglia del 3 per cento.
La seconda strada, forse più fattibile, consiste nel concordare una modifica degli accordi contrattuali con i partner europei, anche sfruttando la nostra presidenza di turno nel secondo semestre di quest’anno. In pratica, si potrebbe prevedere che gli le riforme strutturali possano essere scambiati con maggiori margini di flessibilità di bilancio. L’Italia non ha problemi di accesso ai mercati. È in grado di finanziare gli interventi temporanei di cui sopra. Gli accordi contrattuali dovrebbero solo concedere questa flessibilità nello sforamento del deficit, a patto che se ne stabiliscano i tempi di rientro e si approvino, nero su bianco, riforme in grado di rilanciare la crescita potenziale.
Insomma, le regole fiscali sono un po’ come i controlli di velocità: di solito cerchi di rispettarli, ma se scatta l’emergenza premi il piede sull’acceleratore e metti in conto il rischio di una multa. L’importante è non esagerare, mettendo a rischio la propria sicurezza e quella degli altri.
http://www.lavoce.info/riforme-credibili-per-superare-la-regola-del-3-per-cento/
LA LEGGE DI STABILITA', UNO SCELLERATO CONTRATTO TRA LA POLITICA E LE LOBBIES NEOLIBERISTE EUROPEE.
Inps, Corte dei Conti: “Legge di stabilità non risanerà il bilancio in rosso”
I supremi giudici contabili, in un'audizione davanti alla commissione parlamentare, hanno parlato di un "alleggerimento del quadro", e prevedendo un buco di 4,5 miliardi
Per la Corte dei Conti i trasferimenti della legge di stabilità non basteranno per risanare il bilancio in rosso dell’Inps. La legge non sarà sufficiente per riportare il patrimonio 2014 in attivo (circa 25 miliardi). Le risorse previste, sostengono i supremi giudici contabili, “non appaiono in grado di incidere” sul deficit strutturale che l’Istituto ha sia nelle gestioni del lavoro pubblico sia in quelle del lavoro privato. Lo hanno sostenuto oggi i rappresentanti della Corte dei Conti in una audizione presso la commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali spiegando che l’intervento costituisce un “alleggerimento del quadro” ma non una soluzione complessiva.
La situazione patrimoniale dell’Inps era in significativo peggioramento dopo l’incorporazione dell’Inpdap con una previsione per quest’anno di un rosso di 4,5 miliardi (a causa di un disavanzo economico di 12 miliardi nel 2014 dopo uno di 14,4 miliardi nel 2013). Nel 2011, prima dell’incorporazione dell’Istituto previdenziale dei dipendenti pubblici, il patrimonio Inps era in attivo per 41,2 miliardi.
La legge di stabilità ha deciso di considerare definitive le anticipazioni di bilancio disposte a favore dell’Inpdap fino al 31 dicembre 2011, con un miglioramento di oltre 25 miliardi di euro della situazione patrimoniale che sarà rilevato in occasione della prima nota di variazione al bilancio preventivo 2014 dell’Inps (riportando il patrimonio in attivo per circa 21 miliardi).
Con la legge di stabilità – ha spiegato la Corte dei Conti – “c’è stato un alleggerimento del quadro” ma non un “ripiano” che consenta di avere un pareggio tra contributi e prestazioni. “Si è aggiustata la situazione patrimoniale alleggerendo il passivo – hanno precisato i magistrati contabili parlando all’audizione alla commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali – con una operazione di stock”. Nel frattempo la sostenibilità finanziaria del sistema “si fonda sui trasferimenti statali che superano i 100 miliardi l’anno”, trasferimenti che vanno “verificati nella qualità più che nella quantità”. Tutto ciò in attesa che vada a regime completamente il sistema contributivo nel 2050.
La Corte nei mesi scorsi aveva avvertito che erano “indilazionabili misure di risanamento” sui conti Inps ha poi invitato l’Istituto a rafforzare i controlli sulle prestazioni assistenziali aumentate nel 2012 del 2% (mentre si sono ridotte dell’1% quelle previdenziali). Bisogna “contrastare – hanno detto i magistrati contabili – il fenomeno non infrequente” di percepire assegni assistenziali, peraltro pagati attraverso la fiscalità generale e non dai contributi del lavoratore, da parte di “persone non averti titolo” al trattamento.
ENEL. BOLLETTE DELLA LUCE PER NULLA TRASPERENTI
Bollette della luce, la trasparenza non è di casa per gli italiani
Anche la moglie dell'ad di Enel si lamenta con il marito per la complessità della fatturazione. In attesa di una rivoluzione, attesa da decenni, i clienti si confrontano con due realtà: nel mercato tutelato ci sono troppi dettagli, nel libero troppi pochi
Bollette della luce incomprensibili, composte da pagine su pagine per nulla trasparenti e diciture poco chiare. A pensarla così è addirittura la moglie dell’amministratore delegato dell’Enel, la più grande azienda elettrica italiana: “La signora Conti – ha, infatti, riferito Fulvio Conti, parlando in un’audizione davanti alla Commissione Attività produttive della Camera lo scorso 20 febbraio – si lamenta spesso con me a causa della complessità della bolletta”. E al marito non è restato che darle pubblicamente ragione, dicendosi d’accordo sulla complessità della lettura del conto, soprattutto facendo riferimento alle fatture dei clienti del mercato tutelato.
Del resto quello che accade alla famiglia Conti è comune a quasi tutti gli italiani che, all’arrivo della fattura a casa, cercano anche di impegnarsi nella lettura della bolletta, ma con scarsi risultati. Difficile del resto districarsi tra “oneri generali” con le voci A3, A4, A5 e A2 che si riferiscono alla promozione delle energie da fonti rinnovabili, al mantenimento dei regimi speciali tariffari, ai contributi per ricerca e sviluppo e al contributo per lo smantellamento delle centrali nucleari, “imposte”, “servizi di rete” e “servizi di vendita”, vale a dire le quattro voci di spesa che compongono la bolletta dell’energia in maggior tutela. Tanto che – secondo un’indagine di Facile.it – solo il 2% degli intervistati “capisce cosa legge”, 7 clienti su 100 sono rassegnati in partenza, pagandola e basta, mentre la restante fetta dei consumatori dà un’occhiata veloce all’importo solo quando è insolitamente salato.
Eppure, come può accadere che proprio l’ad di Enel confermi che la bolletta è un vero rompicapo? La risposta, come al solito, si trova nei dettagli. Il mercato dell’energia in Italia da oltre 10 anni è statoliberalizzato con i consumatori che possono scegliere se restare nel tutelato o affidarsi a quello libero. Detto che le famiglie e le imprese che hanno scelto di affidarsi alla concorrenza pagano bollette della luce più salate rispetto a chi è restato sul tutelato (questa la conclusione di un’indagine conoscitiva avviata dall’Autorità per l’Energia e pubblicata la scorsa estate), è anche meglio ricordare che è in capo alla stessa Authority fare in modo che la bolletta del mercato tutelato sia ben spiegata e di facile comprensione. In particolare, è in vigore dal 1° gennaio 2011 l’obbligo della semplificazione delle bollette per permettere una lettura più chiara delle utenze e soprattutto delle clausole contrattuali.
“Essendo regolamentato in ogni virgola – spiega a ilfattoquotidiano.it Mauro Zanini, vicepresidente diFederconsumatori – è però ovviamente di difficile comprensione, senza sottovalutare che nei conteggi vengono riportate anche le suddivisioni delle fasce orarie (F1, F2 e F3) per la diversa applicazione delletariffe bio-orarie”.
E nell’audizione alla Camera, l’ad di Enel Conti non ha di certo omesso questo aspetto, rilevando “come sulle tariffe del mercato vincolato e sull’imposizione di oneri di ogni genere scaricati proprio in bolletta, le aziende sono solo dei passacarte, perché c’è qualcuno che decide ed Enel non può alterare questo concetto”. Riepilogando: chi decide è il Garante ed Enel – ha rimarcato Conti – “può farsi comunque interprete di questa esigenza”.
Tanto che il numero uno della seconda azienda in Europa tra quelle fornitrici di energia sta anche studiando “con un noto semiologo” una fattura più semplice per i suoi clienti del mercato libero, sottolineando che “in Paesi come Colombia e Perù le bollette sono molto chiare, fatte di una sola pagina. “E perché noi – si è anche chiesto Conti – ci dobbiamo complicare la vita?”.
Del resto già nel 1998 il linguista Tullio De Mauro per conto dell’Enel studiò e rielaborò le clausole dei contratti di fornitura per rendere più fruibile il linguaggio. Una restyling della bolletta che Enel definì come “amichevole, personalizzata è non più scritta in burocratese”.
Ma siamo proprio sicuri che tutta questa trasparenza migliorerà la vita di quanti hanno scelto di entrare nel mercato libero a discapito della difficile e dettagliata lettura delle bollette previste dal mercato tutelato? Il vicepresidente di Federconsumatori, Zanini, non ne è convinto: “Già ora il 45% dei reclami scritti all’Authority (cioè oltre 478.000 casi) riguarda i problemi di fatturazione che si riscontrano nelle società che si sono aperte alla concorrenza. I clienti lamentano pratiche commerciali scorrette legate alla vendita dei contratti con i porta a porta o con il telemarketing”. La storia è chiara. Si offrono, quindi, prodotti che solo per pochi mesi garantiscono una bolletta bassa. Poi, terminata la promozione, arriva la stangata. Peccato, però, che le bollette siano poco dettagliate e non si capisca niente.
“Che si diano troppe informazioni come nel mercato tutelato o che si cerchi di far passare un messaggio di trasparenza per quello libero (che poi non lo è), la bolletta – chiosa Zanini – dovrebbe altresì inserire lapossibilità di comparazione, l’unica arma che ha il cliente per risparmiare con una scelta consapevole”.
In tema di risparmio, meglio ricordare che nelle maglie del decreto Destinazione Italia è stato previsto un taglio di 850 milioni delle bollette elettriche. Decisione che, tuttavia, andrà soprattutto a vantaggio delleimprese visto che allunga di sette anni, su base volontaria, il periodo di godimento degli incentivi da parte dei produttori di energia rinnovabile.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/28/bollette-lucel-la-trasparenza-non-e-di-casa-per-gli-italiani/896561/
IL M5S TRA ORTODOSSIA E DISSIDENTI.
M5S, ancora scambi di accuse: "E' finito il sogno". Di Maio: "Siete solo dei parassiti"
Il senatore Campanella, uno degli espulsi, attacca: "Ormai è chiaro chi comanda e chi obbedisce". Ma gli "ortodossi" salutano le defezioni: "Solo zavorra che va via, siamo in guerra non possono condizionarci i disertori". Hackerato l'account twitter di Casaleggio.
ROMA - Dimissioni formali e accuse pesanti. Il giorno dopo l'esplosione del dissenso all'interno del M5S si fanno i conti delle conseguenze che la decisione di espellere quattro senatori avrà sugli assetti e il futuro del movimento. Dopo l'annuncio di ieri, il deputato grillino Alessio Tacconi ha scritto stamane una mail al capogruppo D'Incà per comunicare "la decisione di lasciare da oggi il gruppo parlamentare del M5S".
Allo stesso modo sono state formalizzate al presidente del Senato Pietro Grasso anche le dimissioni dei senatori 5 stelle Luis Alberto Orellana, Alessandra Bencini ("non andrò in un altro gruppo - ha spiegato - lo escludo categoricamente anche se si dovesse trattare di un gruppo di ex 5 stelle"), Laura Bignami e Monica Casaletto. In tutto, insieme a Maurizio Romani e Maria Mussini, sono quindi 6 le lettere di dimissioni arrivate sul tavolo del presidente del Senato. Dei quattro espulsi ieri dal Movimento, finora l'unico ad aver presentato le dimissioni è Orellana. Mancano ancora gli altri tre: Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista. Campanella ha spiegato di volersi prima confrontare con gli attivisti. "Alcuni intendono dimettersi dal Parlamento. Io no. Resto e proseguo la mia lotta", dice. Il senatore inoltre denuncia che alcuni commenti a favore dei quattro senatori 'dissidenti' sono stati cancellati dal blog di Grillo. Secondo Campanella, inoltre, ad alcuni autori di commenti positivi sarebbe stata successivamente preclusa la possibilità di accedere al sito.
Una diaspora che non sembra impensierire però gli eletti più in sintonia con il leader. "Finalmente, zavorra che va via, persone che da questo momento diventeranno parassiti, dovrebbero dimettersi, non cambiare gruppo!". Parole scritte e sottoscritte da un gruppo di 8 deputati M5sS, tra i quali Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Chi si sente "a disagio", dicono, "colga il momento, segua l'esempio di questi individui". Toni bellicosi, nel senso letterale della parola, anche dal responsabile comunicazione Claudio Messora. "Chi logora l'umore e la motivazione delle truppe è pericoloso, per sé e per gli altri - dice - Una guerra ha bisogno di una forte motivazione, di chiarezza negli obiettivi e coesione d'intenti, di un popolo che la comandi e di un esercito che la conduca con freddezza e determinazione, di regole che impediscano a ribelli e disertori di condizionarne l'esito e, soprattutto, di tempi non estenuanti".
Una riunione del gruppo M5S al Senato ha stabilito peraltro che i senatori del movimento voteranno in Aula parere favorevole alla richiesta di dimissioni presentata da sei loro colleghi. Tra l'altro, così spiega Nicola Morra, i 5 stelle incalzeranno per una calendarizzazione certa delle dimissioni: "Vogliamo tempi ragionevoli, non biblici. Anche nell'interesse dei colleghi che non credo abbiano interesse a stare con un piede di qui e uno di là...", dice l'ex presidente del gruppo a Palazzo Madama.
Tacconi chiede anche di smentire sue presunte irregolarità nella restituzione dello stipendio. "Riguardo al post pubblicato ieri sera su Facebook da Luigi Di Maio su di me - scrive - ti pregherei di procedere a una smentita visto che si tratta di un vergognoso insieme di inesattezze e falsità. Infatti, come ben ricorderai, ieri io e te non abbiamo avuto modo di parlarci, né tantomeno ho mai ricevuto da te una richiesta di restituzione di qualsivoglia somma di denaro indebitamente trattenuta. Come sai, ho sempre rendicontato e restituito quanto dovuto, tanto che mai alcuna procedura di infrazione è partita a mio carico per questa né per altre ragioni. In assenza di tale precisa presa di posizione da parte tua, dovrò concludere (e questa volta con assoluta certezza) che anche il M5S fa uso della cosidetta 'macchina del fango' contro chi esprime opinioni o attua scelte sgradite allo stesso movimento".
A rispondere a Tacconi non è D'Incà, ma l'ex capogruppo Roberta Lombardi. "I miei ormai ex colleghi Catalano e Tacconi hanno deciso ufficialmente di passare al gruppo misto. Per loro non è mai stata una questione di principio. Per loro è stata fin dall'inizio una questione di soldi ed ora finalmente potranno tenerseli senza discutere con noi altri", scrive su Fb.
Parlando questa mattina ad Agorà, su Raitre, Francesco Campanella, uno dei quattro senatori "dissidenti" espulsi, rincara la dose: "Non c'è più il sogno di un movimento di pari, perché ormai è diventato chiarissimo chi comanda e chi in qualche modo "obbedisce", senza, con questa definizione, voler fare un torto ai miei colleghi rimasti nel movimento. La minuteria, quello che non interessa a Grillo e Casaleggio, e cioè emendamenti e disegni di legge che non toccano la politica del movimento, la lasciano a noi. Ma quando si tratta di assumere scelte importanti come la proposta di impeachment per il presidente della Repubblica o di valutare la situazione politica nel complesso, si presentano Grillo e Casaleggio che decidono senza prima consultare senatori e deputati".
"Non voglio parlare di numeri - ha aggiunto Campanella - perché si tratta di scelte personali molto sofferte e quindi suscettibili di variazione, comunque ci sono altri colleghi disposti a seguirci nelle dimissioni dal gruppo del Movimento 5 stelle".
Il fondatore Beppe Grillo per il momento sembra però preoccupato da altro problemi. "Questa notte - scrive sul suo blog - è stato hackerato l'account twitter @casaleggio, da sempre sostanzialmente inutilizzato, dal quale stanno pubblicando messaggi falsi. La polizia postale è stata immediatamente avvertita. I responsabili sono stati denunciati".
Tra i messaggi pubblicati sull'account si legge: "il vostro guru è stato bucato. Di nuovo. I suoi account? vulnerabili. I suoi siti? idem. Tutto". Oppure: "l'unico prodotto che dovrebbe commercializzare la casaleggio associati è il minestrone del casaleggio". E ancora: "e voi veramente prendete per buone le votazioni fatte su quel blog? è un colabrodo, e vi affidate a quello anche per cose importanti. Idioti".
http://www.repubblica.it/politica/2014/02/27/news/caos_m5s-79749538/
Il senatore Campanella, uno degli espulsi, attacca: "Ormai è chiaro chi comanda e chi obbedisce". Ma gli "ortodossi" salutano le defezioni: "Solo zavorra che va via, siamo in guerra non possono condizionarci i disertori". Hackerato l'account twitter di Casaleggio.
ROMA - Dimissioni formali e accuse pesanti. Il giorno dopo l'esplosione del dissenso all'interno del M5S si fanno i conti delle conseguenze che la decisione di espellere quattro senatori avrà sugli assetti e il futuro del movimento. Dopo l'annuncio di ieri, il deputato grillino Alessio Tacconi ha scritto stamane una mail al capogruppo D'Incà per comunicare "la decisione di lasciare da oggi il gruppo parlamentare del M5S".
Allo stesso modo sono state formalizzate al presidente del Senato Pietro Grasso anche le dimissioni dei senatori 5 stelle Luis Alberto Orellana, Alessandra Bencini ("non andrò in un altro gruppo - ha spiegato - lo escludo categoricamente anche se si dovesse trattare di un gruppo di ex 5 stelle"), Laura Bignami e Monica Casaletto. In tutto, insieme a Maurizio Romani e Maria Mussini, sono quindi 6 le lettere di dimissioni arrivate sul tavolo del presidente del Senato. Dei quattro espulsi ieri dal Movimento, finora l'unico ad aver presentato le dimissioni è Orellana. Mancano ancora gli altri tre: Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista. Campanella ha spiegato di volersi prima confrontare con gli attivisti. "Alcuni intendono dimettersi dal Parlamento. Io no. Resto e proseguo la mia lotta", dice. Il senatore inoltre denuncia che alcuni commenti a favore dei quattro senatori 'dissidenti' sono stati cancellati dal blog di Grillo. Secondo Campanella, inoltre, ad alcuni autori di commenti positivi sarebbe stata successivamente preclusa la possibilità di accedere al sito.
Una diaspora che non sembra impensierire però gli eletti più in sintonia con il leader. "Finalmente, zavorra che va via, persone che da questo momento diventeranno parassiti, dovrebbero dimettersi, non cambiare gruppo!". Parole scritte e sottoscritte da un gruppo di 8 deputati M5sS, tra i quali Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Chi si sente "a disagio", dicono, "colga il momento, segua l'esempio di questi individui". Toni bellicosi, nel senso letterale della parola, anche dal responsabile comunicazione Claudio Messora. "Chi logora l'umore e la motivazione delle truppe è pericoloso, per sé e per gli altri - dice - Una guerra ha bisogno di una forte motivazione, di chiarezza negli obiettivi e coesione d'intenti, di un popolo che la comandi e di un esercito che la conduca con freddezza e determinazione, di regole che impediscano a ribelli e disertori di condizionarne l'esito e, soprattutto, di tempi non estenuanti".
Una riunione del gruppo M5S al Senato ha stabilito peraltro che i senatori del movimento voteranno in Aula parere favorevole alla richiesta di dimissioni presentata da sei loro colleghi. Tra l'altro, così spiega Nicola Morra, i 5 stelle incalzeranno per una calendarizzazione certa delle dimissioni: "Vogliamo tempi ragionevoli, non biblici. Anche nell'interesse dei colleghi che non credo abbiano interesse a stare con un piede di qui e uno di là...", dice l'ex presidente del gruppo a Palazzo Madama.
Tacconi chiede anche di smentire sue presunte irregolarità nella restituzione dello stipendio. "Riguardo al post pubblicato ieri sera su Facebook da Luigi Di Maio su di me - scrive - ti pregherei di procedere a una smentita visto che si tratta di un vergognoso insieme di inesattezze e falsità. Infatti, come ben ricorderai, ieri io e te non abbiamo avuto modo di parlarci, né tantomeno ho mai ricevuto da te una richiesta di restituzione di qualsivoglia somma di denaro indebitamente trattenuta. Come sai, ho sempre rendicontato e restituito quanto dovuto, tanto che mai alcuna procedura di infrazione è partita a mio carico per questa né per altre ragioni. In assenza di tale precisa presa di posizione da parte tua, dovrò concludere (e questa volta con assoluta certezza) che anche il M5S fa uso della cosidetta 'macchina del fango' contro chi esprime opinioni o attua scelte sgradite allo stesso movimento".
A rispondere a Tacconi non è D'Incà, ma l'ex capogruppo Roberta Lombardi. "I miei ormai ex colleghi Catalano e Tacconi hanno deciso ufficialmente di passare al gruppo misto. Per loro non è mai stata una questione di principio. Per loro è stata fin dall'inizio una questione di soldi ed ora finalmente potranno tenerseli senza discutere con noi altri", scrive su Fb.
Parlando questa mattina ad Agorà, su Raitre, Francesco Campanella, uno dei quattro senatori "dissidenti" espulsi, rincara la dose: "Non c'è più il sogno di un movimento di pari, perché ormai è diventato chiarissimo chi comanda e chi in qualche modo "obbedisce", senza, con questa definizione, voler fare un torto ai miei colleghi rimasti nel movimento. La minuteria, quello che non interessa a Grillo e Casaleggio, e cioè emendamenti e disegni di legge che non toccano la politica del movimento, la lasciano a noi. Ma quando si tratta di assumere scelte importanti come la proposta di impeachment per il presidente della Repubblica o di valutare la situazione politica nel complesso, si presentano Grillo e Casaleggio che decidono senza prima consultare senatori e deputati".
"Non voglio parlare di numeri - ha aggiunto Campanella - perché si tratta di scelte personali molto sofferte e quindi suscettibili di variazione, comunque ci sono altri colleghi disposti a seguirci nelle dimissioni dal gruppo del Movimento 5 stelle".
Il fondatore Beppe Grillo per il momento sembra però preoccupato da altro problemi. "Questa notte - scrive sul suo blog - è stato hackerato l'account twitter @casaleggio, da sempre sostanzialmente inutilizzato, dal quale stanno pubblicando messaggi falsi. La polizia postale è stata immediatamente avvertita. I responsabili sono stati denunciati".
Tra i messaggi pubblicati sull'account si legge: "il vostro guru è stato bucato. Di nuovo. I suoi account? vulnerabili. I suoi siti? idem. Tutto". Oppure: "l'unico prodotto che dovrebbe commercializzare la casaleggio associati è il minestrone del casaleggio". E ancora: "e voi veramente prendete per buone le votazioni fatte su quel blog? è un colabrodo, e vi affidate a quello anche per cose importanti. Idioti".
http://www.repubblica.it/politica/2014/02/27/news/caos_m5s-79749538/
SITUAZIONE DRAMMATICA IN UCRAINA, LA RUSSIA POTREBBE INVADERE IL PAESE
Ucraina, risorse? Arma a doppio taglio. Il bivio Ue-Russia riguarda anche l’economia
La Banca Mondiale suggerisce a Kiev di sganciarsi dalle materie prime (gas e petrolio) per ridurre la volatilità e aumentare la produttività. Il Paese deve adesso scegliere se entrare nell'area di libero scambio con l'Europa oppure aderire all'unione doganale russa
Sul Parlamento di Simferopoli, capitale della repubblica federata e autonoma di Crimea, non sventola più la bandiera ucraina. Un gruppo armato di circa 50 persone ha fatto irruzione e ha issato a fianco del vessillo locale quello russo. Poco dopo il deposto presidente Viktor Fedorovich Yanukovich - che è riapparso e terrà una conferenza a Rostov, in Russia, il 28 febbraio – ha fatto sapere di considerarsi ancora in carica e di essere certo che il sud dell’Ucraina e Vladimir Putin non accetteranno il nuovo governo di Kiev. Si dice “determinato a combattere fino alla fine” per l’attuazione dell’accordo che ha firmato la scorsa settimana nella capitale ucraina con i leader dei tre partiti dell’opposizione.Non è tardata la replica di Anders Rasmussen, segretario generale della Nato, che ha esortato i russi a non intervenire militarmente.
In realtà, Mosca non ha bisogno di farlo, perché è già presente nella penisola del mar Nero con la sua flotta (a Sebastopoli) e con alcune caserme lungo il Chersoneso. Il 60% della popolazione è russa. Il 15% circa tartara e solo il rimanente ucraina. Dopo la seconda guerra mondiale Stalin deportò l’80% dei tartari, la popolazione originaria della zona, secondo il “principio” che se erano vivi erano stati collaborazionisti dei tedeschi. Finirono in Siberia. E furono sostituiti da forza lavoro russa che nella maggior parte dei casi si trovò a gioire. Violenza a parte, passarono da zone inospitali a “un paradiso” climatico. Senza contare i benefici economici che ebbero dagli espropri. Oggi continuano a vedere la Russia come riferimento e l’Europa per loro non esiste.
Non a caso le tracce di Yanukovich prima della “riapparizione” a Rostov portavano a Balaklava. Città famosa per l’ultima battaglia della cavalleria italiana, ma soprattutto nel secolo scorso sede dei sottomarini nucleari dell’Urss. Più semplicemente l’ex presidente vi teneva ormeggiato il suo yacht. Ciò che conta in queste ore è che il gruppo armato che ha assalito il Parlamento – per poi invitare i deputati a riunirsi e votare per la secessione – potrebbe anche essere composto da para militari russi. Non a caso non hanno mai parlato. Solo esposto cartelli e quando sono stati avvicinati dai giornalisti hanno lanciato granate stordenti. Il loro compito potrebbe essere quello di accendere la miccia del conflitto civile e dellaseparazione territoriale. Almeno fino a che l’Europa non finirà con l’accettare una mediazione su chi debba detenere il poter a Kiev.
Nel 1992 appena dopo la caduta dell’Urss la repubblica di Crimea fu per un breve periodo totalmente indipendente (era stata donata all’Ucraina da Krusciov in occasione del trecentesimo anniversario della unione fra Russia e Ucraina) per poi accettare di rientrare nella federazione Ucraina. In cambio di autonomia e una serie di concessioni a Mosca. Che non avrebbe mai accettato di mollare il presidio sul mare Nero con la delega sull’intero Mediterraneo. Nel 2008 in piena discussione sulla possibilità di fare entrare Kiev nella Nato (sotto pressione della Ue) Simferopoli, Sebastopoli e Yalta (le principali città) erano tappezzate di cartelli con la scritta: “Abbasso la Nato”. E per fortuna non è avvenuto. Immaginate una presenza di carri armati di Mosca tra le strade di Simferopoli e il nuovo governo di Kiev che chiede l’intervento armato dell’Unione Europea? Meglio nemmeno prendere in considerazione l’eventualità.
Sperando che comunque e in ogni caso la tensione armata si fermi prima di qualunque scoppio, resta da far emergere le vere motivazioni della guerra civile. In un recente report della Banca Mondiale, tra i co-autori anche l’italiano Donato De Rosa, dal titolo “Diversfied Development”, si analizza la capacità di alcune nazioni dell’Eurasia, Ucraina compresa, di sganciare l’economia dalle materie prime e di creare un sistema meno volatile. Dopo il crollo dell’Urss c’è stata una riconversione forzata al mercato che ha spinto il piede sull’acceleratore di gas e petrolio, ma che non ha permesso la creazione di economie stabili basate su un giusto equilibrio di manifatturiero e tecnologia. Con il risultato che negli ultimi anni la produttività è calata. Fino a prima della crisi economica il bilanciamento è avvenuto grazie all’export verso l’Europa.
Adesso tutto sta cambiando. E l’Ucraina si trova a un bivio. O entra nell’area di libero scambio con l’Ue. O aderisce all’unione doganale russa. Nel secondo caso le stime, quanto riferisce la Banca Mondiale, parlano di un crollo delle importazioni dall’Ovest compreso tra il 76 e l’83 per cento. Compensate per di più dai benefici della assenza di dazi su gas e tutto ciò che arriva da Mosca. L’export subirebbe una crescita inversa. Se l’Ucraina aderisse al mercato Ue l’export salirebbe del 10% se si legasse invece a quello russo solo del 4%.
Nessuno dei due blocchi può però immaginare di perdere un mercato importante come quello ucraino e immaginare Kiev con un piede di qua e uno di là sembra non più possibile. Senza dimenticare che lungo la nazione ci sono le chiavi delle principali pipeline usate dall’Europa (finché non ci sarà il South Stream). Una Kiev solo russa ci esporrebbe ancora di più ai voleri di Mosca che potrebbe far chiudere a terzi i rubinetti dell’energia, senza per forza dichiararci “guerra”.
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