Giochi di parole
Ci prendono in giro anche nel linguaggio, o almeno così viene da pensare volendo rimanere sull’attenti: dopo averci illuso per 20 anni di lavorare per la “rivoluzione liberale” (Berlusconi) e di “liberarci da Berlusconi” (Pd e derivati), i nostri politici hanno iniziato un nuovo ed esilarante cabaret incentrato, questa volta, sulla denominazione dei provvedimenti. Il tutto con il supporto incondizionato di televisione e stampa, amiche inseparabili.
Dopo il “Decreto Salva Italia” di montiana memoria, – quello che, per non dimenticare, pretendeva di risollevare le sorti del Paese con gli aumenti delle accise sui carburanti e dell’IVA, l’introduzione della TARES e la Riforma Fornero, annunciata con tanto di pianto preventivo – il “Decreto Cresci Italia” ,– più noto come “de-cresci” vista la spirale recessiva in cui si è stati risucchiati – arriva, a grande richiesta, il “Decreto Fare”.
L’iniziativa dell’esecutivo Letta, incensata dalle colonne di molti giornali ancor prima di impattare nella realtà concreta, appare come un’accozzaglia di buoni propositi, messi sul tavolo della discussione politica contestualmente ad un’altra novità in divenendo: il disegno di legge costituzionale di delega al Governo per le riforme che consentirebbe, se approvato, al Comitato dei c.d. saggi di operare sulla strada dei cambiamenti alla Carta Costituzionale tanto cara agli ideologi, D’Alema e Berlusconi, della maggioranza attualmente in essere.
La scelta appare scientifica e mirata: l’ostruzionismo in atto da parte dei 5 Stelle, rivolto ad impedire, prima della pausa estiva, l’approvazione di questo secondo atto, viene fatto passare come una opposizione tout court indirizzata verso il decantato “Decreto Fare”. Il tutto incentivato dalla cattiva comunicazione degli stessi parlamentari, attraverso i social network, della loro iniziativa in difesa dell’art. 138 della Costituzione e dall’ormai nota guerra mediatica in corso contro il Movimento guidato da Grillo.
Nel testo ci sono alcune idee interessanti come i finanziamenti a tasso agevolato previsti per le imprese, la liberalizzazione dell’accesso ad internet nei locali pubblici e gli incentivi per la ristrutturazione degli edifici nelle città.
Continua tuttavia ad essere difficile rimanere seri considerato che, come il “Decreto Salva Italia” ha fallito la sua missione salvifica, quello “Cresci Italia” non ha invertito la rotta, anche quello “Fare” rischia di rivelarsi come un boomerang per la già precaria ed instabile situazione italiana, palesandosi come l’ennesimo giochino dall’effetto speculare rispetto alla denominazione imposta.
Davide Marciano
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