Domani, al massimo dopodomani, sapremo se i berluscones saranno decapitati. In questo caso, 200 parlamentari del Pdl daranno le dimissioni.
Non sarà un Aventino della destre, ma il governo Letta potrebbe cadere. Non a caso lo sgangherato Pd ha posticipato ogni decisione a dopo la sentenza della Cassazione.
Si sarebbe potuto preventivare che la cronica crisi politica (che le elezioni di febbraio avevano acutizzato) non si era affatto chiusa con l'inciucio Napolitano style. Nuove elezioni anticipate sono inevitabili. In queste condizioni non sarà facile mettersi d'accordo per modificare la legge elettorale. Sarà la guerra di tutti contro tutti. E se Napolitano confermasse la sua minaccia, quella delle dimissioni in caso di caduta di Letta, avremo l'esplosiva combinazione della crisi politica con quella istituzionale.
Non abbiamo dubbi sul fatto che Quisling-Napolitano, per nome e per conto dei suoi committenti, stia tramando affinché la Cassazione annulli la sentenza di Appello. La crisi economica è senza precedenti, il rischio di un crack finanziario congiunto di banche e Stato incombe, così come lo scoppio incontrollabile tensioni sociali. Tra il Quirinale e i falchi del Pdl c'è quindi un singolare connubio, una concordata divisione dei compiti: i secondi minacciano fuoco e fiamme affinché il primo possa ostentare la sua funzione di pompiere.
Un'assoluzione salverebbe in un colpo solo il Colle, Letta, Berlusconi, il Pdl come pure la ripugnante nomenklatura del Pd. Allontanerebbe anche il rischio del crack combinato di banche e debito pubblico.
Logica vorrebbe che tutto si risolva a tarallucci e vino. Qualche cavillo formale che consenta alla Cassazione di sostenere che la condanna era illegittima, lo si può sempre trovare. E si tirerebbe a campare per qualche altro mese. Ma ciò che è logico, arrivati a questo punto, è poco probabile.
Facciamo quindi l'ipotesi che la Cassazione confermi la condanna in Appello del Cavaliere. Si andrebbe dritti verso elezioni anticipate. I berluscones, privati del loro capo carismatico, per evitare di essere spazzati via sarebbero obbligati a rimpiazzarlo. Non avendo chi possa sostituirlo l'asso nella manica potrebbe essere la bandiera, mettiamola così, anti-euro e anti-tedesca. Forza Italia andrebbe in campagna elettorale sotto le insegne di un patriottismo in sala paternalistica e populistica. "Riprendiamoci la sovranità monetaria; che la Banca d'Italia, come la Fed, stampi moneta e acquisti i titoli di Stato. Che si abbassino le tasse e si tagli drasticamente la spesa pubblica. Che lo Stato privatizzi e svenda i suoi beni e quindi li cartolarizzi mettendoli a garanzia del debito estero. Che si svaluti la lira per competere sui mercati globali". Il tutto, ovviamente, a spese del lavoro salariato.
Sarebbe quella che chiamiamo «l'uscita da destra dall'euro».
Avremmo così la dichiarazione di guerra contro il polo politico opposto, il "partito del vincolo esterno", Pd in primis, forza che suonando da vent'anni la stessa musica ("ce lo chiede l'Europa"), ha portato il paese nell'abisso e gran parte del popolo lavoratore alla fame.
Se davvero entrassimo (come da tempo andiamo mettendo in guardia) in questa fase nuova segnata dallo scontro tra i due principali campi politici della classe dominante; se la battaglia per il potere fosse tra la destra del vincolo esterno e la destra populista-sovranista, visto che una sinistra non c'è più, il Movimento 5 Stelle è il solo che potrà fungere da terzo polo indipendente e sfidare apertamente i due contendenti. Una sfida che ha come posta in palio chi salirà al governo del paese.
M5S non potrà più nascondersi a se stesso, non potrà permettersi di cincischiare. La linea è quella abbozzata nell'articolo del 23 luglio Il diavolo veste Merkel. Primo: battere il partito del vincolo esterno. Secondo: battere il partito che vorrebbe uscire dall'euro con più liberismo e facendo pagare al popolo lavoratore i costi dello shock. Vincere è possibile.
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