Eni, Fassina: “No Pd a privatizzazioni”. Grillo: “Con Letta di Italia restano ossa”
Il viceministro dell'Economia prende le distanze dalla posizione di Letta e Saccomanni, che hanno detto di essere pronti a vendere aziende pubbliche per fare cassa. Mentre il leader M5S risponde al premier: "Si occupa di saldi. Non può pensare a vendita per salvarsi le chiappe"
Le dichiarazioni del viceministro non coincidono con quelle del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, secondo cui “non è escluso che il Tesoro decida di cedere quote di società pubbliche – incluse Eni, Enel e Finmeccanica – per ridurre il debito”. Le parole di Saccomanni sono state seguite nei giorni scorsi da quelle del premier Enrico Letta, che – mentre si trovava in Grecia – ha annunciato: “Credo che in autunno presenteremo un importante piano di privatizzazioni”.
Non si è fatta attendere la risposta di Beppe Grillo, che ieri ha risposto al presidente del Consiglio sul suo blog. “Il problema dell’Italia sono i suoi amministratori che la spolpano anno dopo anno. Se non vengono fermati, con i ‘piani larghi’ di "Capitan Findus Letta" dell’Italia non rimarranno neppure le ossa“, ha scritto il leader del Movimento 5 Stelle. “Letta – premette Grillo – è al lavoro. Si occupa di saldi. Si è recato in Grecia per vedere di persona come sarà l’Italia nel prossimo futuro”.
Il premier – prosegue – “ha dichiarato sotto il Partenone: ‘In autunno presenteremo un importante piano di privatizzazioni’. Lo ha detto con il piglio dello statista. ‘Sarà un piano largo del quale ho già parlato con le parti sociali e al quale lavoreremo ad agosto e settembre’. Il ‘piano largo‘ consiste nella cessione del patrimonio dello Stato e della sua partecipazione nelle più importanti imprese del Paese: Eni, Enel e Finmeccanica. Una svendita, un ‘garage sale’ di quello che resta dell’Italia. Il ‘piano largo’ serve per pagare gli interessi sul debito che continuano, inarrestabili, ad aumentare, e per guadagnare tempo”.
“Eni, Enel e Finmeccanica – conclude il post – appartengono al popolo italiano. Sono aziende costruite grazie al lavoro di generazioni, il cui controllo per il Paese è fondamentale. Nessun Letta o Saccomanni le può vendere come se fossero ‘cosa loro’ per salvarsi temporaneamente le chiappe. La chiave del cambiamento è in una nuova classe politica. L’unica speranza è il default dello Stato”.
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