“Renzi vuole stravolgere la Costituzione”: l’appello contro la riforma del Senato
"Un Parlamento delegittimato dalla Consulta non può stravolgere la carta". Giuristi e costituzionalisti sottoscrivono il testo diffuso da Libertà e Giustizia contro l'abolizione di Palazzo Madama e la revisione del Titolo V. Alessandro Pace: "Il bicameralismo ci ha salvato tante volte"
Dietro la riforma che è la bandiera del fu rottamatore “c’è il progetto di stravolgere la Costituzione”, da parte di “un Parlamento delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale”. Con l’obiettivo di dare al presidente del Consiglio “poteri padronali”, per una “svolta autoritaria” che è un vecchio sogno di Silvio Berlusconi. Libertà e Giustizia lancia un appello contro la “grande riforma” su cui Renzi punta quasi tutto, imperniata sull’abolizione del Senato e sulla revisione del Titolo V (Regioni, Province e Comuni). “Se non va a casa il Senato vado a casa io” rilancia il premier, come un pokerista. Ma nel suo progetto si annidano pesanti rischi per la Costituzione. Così avverte il testo diffuso da Libertà e Giustizia, sottoscritto subito da costituzionalisti e intellettuali. Molti si erano già mobilitati contro il ddl costituzionale 813 del governo Letta: quello che voleva stravolgere l’articolo 138, la valvola di sicurezza della Carta, così da spalancare le porte al semipresidenzialismo. Il testo si inabissò a un passo dall’approvazione, perché il Berlusconi appena decaduto fece mancare i numeri. “La maggioranza che voleva stravolgere il 138 è la stessa che punta al monocameralismo” ricorda Alessandro Pace, professore emerito di diritto costituzionale, e uno dei firmatari dell’appello.
Spiega: “Questo è un parlamento chiaramente delegittimato dalla sentenza della Consulta che ha cancellato il Porcellum. Doveva fare in fretta una nuova legge elettorale, per poi tornare al voto. Non può certo preparare una profonda revisione della Costituzione, che spazia dalla cancellazione del Senato fino alla forma di governo. E non può preparare una legge elettorale che è un Porcellum bis”. Pace si sofferma poi sui rischi: “Spazzare via il Senato è inutile e dannoso. Il bicameralismo legislativo ci ha salvato tante volte, perché una delle due Camere riparava ai danni dell’altra. Pensiamo forse che i futuri parlamentari saranno più bravi di quelli attuali?”. Obiezione: tagliare il Senato riduce i costi e velocizza i tempi. Pace ribatte: “Per risparmiare basta tagliare il numero dei parlamentari in entrambe le Camere. Quanto ai tempi, si possono cambiare i regolamenti, senza toccare la Costituzione”. La costituzionalista Lorenza Carlassare osserva: “È tutto l’impianto delle riforme che non va: questa legge elettorale vuole limitare la rappresentanza, togliendo voce a ogni opinione minoritaria. Quanto al Senato, si vuole ridurlo a un organo non elettivo, a cui resterebbe però una funzione essenziale come quella di partecipare alle riforme costituzionali. Un’altra gravissima limitazione della rappresentanza, e quindi della democrazia”.
La riforma potrebbe allargarsi al premierato forte, dando al capo del governo il potere di porre la “ghigliottina” sui disegni di legge (imponendo tempi certi per la votazione), e, soprattutto, di revocare i ministri. Si parla di una proposta di Forza Italia sul punto, accolta da Renzi. “Il segretario vuole dare un segnale a Berlusconi, da sempre per il premierato forte, perché teme che l’accordo con Forza Italia in Senato traballi” ragiona un parlamentare della minoranza Pd. Convinto che “questa storia del premierato è più che altro una sciarada”. Gianni Cuperlo su Repubblica ha comunque dato il suo via libera: “Un presidente con maggiori poteri non mi preoccupa”. Ma la proposta che piace al Caimano non ci sarà, nella bozza sulla riforma che verrà presentata oggi alla Direzione del Pd. “Nel testo il premierato forte non c’è” conferma Maria Elena Boschi. Per poi precisare: “In direzione non verrà approvato un articolato vero e proprio. Discuteremo di un testo del governo, sul quale c’è già stato un confronto nella maggioranza in Consiglio dei ministri”. Lo stesso testo che verrà presentato in Senato. In serata, nota di Forza Italia: “Berlusconi conferma il sostegno al percorso di riforme concordato con il premier”. Il ddl costituzionale dovrebbe essere presentato la prossima settimana. Renzi vuole il primo sì alla riforma entro il 25 maggio: prima delle Europee.
Ecco l’appello:
La svolta autoritaria
Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali. Con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare. La responsabilità del Pd è enorme poiché sta consentendo l’attuazione del piano che era di Berlusconi, un piano persistentemente osteggiato in passato a parole e ora in sordina accolto.
Il fatto che non sia Berlusconi ma il leader del Pd a prendere in mano il testimone della svolta autoritaria è ancora più grave perché neutralizza l’opinione di opposizione. Bisogna fermare subito questo progetto, e farlo con la stessa determinazione con la quale si riuscì a fermarlo quando Berlusconi lo ispirava. Non è l’appartenenza a un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato. Una democrazia plebiscitaria non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone.
Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Roberta De Monticelli, Gaetano Azzariti, Elisabetta Rubini, Alberto Vannucci, Simona Peverelli, Salvatore Settis, Costanza Firrao
da Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2014
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