spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

giovedì 23 ottobre 2014

UNA GIORNATA STORICA PER TARANTO

Una giornata storica per Taranto, questo 16 ottobre 2014. Una spaccatura netta tra passato e presente.

di Antonia Battaglia



Un passato che sarà giudicato dal processo “Ambiente Svenduto”, del quale l’udienza preliminare di questo 16 ottobre è appunto l’inizio. Un presente che è quello del non rispetto delle norme, come attesta oggi la Commissione Europea che porta la procedura d’infrazione lanciata a due riprese (settembre 2013 e aprile 2014) contro l’Italia per lo stabilimento Ilva alla sua seconda fase, quella del “parere motivato”. Siamo ad un passo dal deferimento alla Corte di Giustizia. 

Ma andiamo per ordine. 

Il processo al passato. Esso vede 53 imputati, di cui 50 persone fisiche e tre società, appartenenti al Gruppo Riva, ancora proprietario dell’ILVA, fino a quando non ci sarà l’annuncio formale della vendita ventilata, ma non confermata, che vedrebbe l’Ilva in mano al Gruppo Marcegaglia e al colosso franco-indiano Arcelor Mittal. 

Nell’udienza preliminare il Gup Gilli dovrà deliberare sulla richiesta di rinvio a giudizio per l’ex Presidente dell’Ilva (ed ex prefetto di Milano) Bruno Ferrante; per due ex direttori dello stabilimento, Luigi Capogrosso ed Adolfo Buffo; per l'ex addetto alle relazioni istituzionali dell'Ilva, Girolamo Archiná; per il direttore dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Puglia (Arpa), Giorgio Assennato; per l’assessore all'Ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro (IdV); per l'ex consigliere regionale della Puglia, oggi deputato di Sel, Nicola Fratoianni; per l'attuale consigliere regionale Donato Pentassuglia (Pd); e per l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva (Pd); per l’ex Presidente della Provincia Gianni Florido (Pd); e per il sindaco di Taranto (Sel) Ippazio Stefàno. Ma soprattutto, per il Presidente della Regione Puglia e Presidente di Sel, Nichi Vendola. 

Si, perché il processo al passato e al presente dell’Ilva é un processo alla sinistra tutta, avviluppata nella gestione dell’Ilva-gate e pronta, come sostiene l’accusa, a cedere alle richieste del padrone Riva. Sembra quasi un gioco del destino che la Commissione Europea e la Magistratura, nello stesso giorno, prendano ancora una volta in mano una il passato e l’altra il presente di una città che é stata abbandonata da tutte le istituzioni, che avrebbero dovuto proteggerla e tirarla fuori dai miasmi asfissianti emessi dalla fabbrica e dalla politica ad essa amica. 

Il coraggio della svolta Taranto lo ha trovato nelle sue associazioni, che sono state la chiave di volta per uscire dall’oppressione silenziosa nella quale essa é stata relegata. L'inchiesta Ambiente Svenduto è nata nel 2009, a seguito delle numerose denunce delle associazioni ambientaliste. Nel 2007 Peacelink, sulla base del registro europeo Eper, denunciava che oltre il 90% della diossina nazionale veniva prodotto a Taranto. Nel febbraio del 2008 la stessa associazione faceva realizzare delle analisi sul pecorino prodotto da aziende locali i cui capi di bestiame (abbattuti) pascolavano vicino allo stabilimento: la diossina e gli altri inquinanti presenti nel formaggio erano allarmanti. 

Ma perché si è dovuta far carico una associazione di commissionare le analisi che hanno portato la Magistratura ad indagare sulla questione ambientale? Perché si é dovuta attivare la stessa associazione per andare a Bruxelles a chiedere che la Commissione intervenisse a difesa della città? Perché il muro di omertà era spaventosamente ampio e talmente potente da sembrare impossibile da scalfire. 

Da una parte la Magistratura, dall’altra la Commissione Europea. In mezzo il governo silente, ieri e oggi, che ha sempre minimizzato, che ha cercato di occultare, che ha omesso e finto che a Taranto non accadesse nulla di diverso dalla norma. 

La magistratura, per bocca del Gip Patrizia Todisco, ha descritto come “disegno criminoso” ciò che avvenne dentro l’Ilva e dentro i palazzi tarantini, baresi e romani. La politica ha permesso che l’Ilva godesse di una impunità senza precedenti, permettendo così che i profitti dei Riva arrivassero nelle banche estere e disegnando leggi ad hoc per consentire allo stabilimento di produrre senza rispettare le leggi, che venivano di volta in volta cambiate secondo le esigenze dettate dall’Ilva stessa. 

La politica ha inoltre fatto e disfatto leggi e decreti nel tentativo di fermare la magistratura. 

L’accusa per il Presidente della Regione Puglia Vendola è di concussione con i vertici dell’azienda: la Procura di Taranto gli imputa di aver esercitato pressioni sui vertici dell'Arpa Puglia e in particolare sul suo direttore Giorgio Assennato, affinché ammorbidisse l'azione di controllo verso l'Ilva. Il Sindaco di Taranto, Stefàno, deve invece rispondere di omissione di atti d’ufficio e di non aver dato corso, in qualità di prima autorità sanitaria della città, alle denunce in merito all'inquinamento causato dall'Ilva. 

Negli anni, sono stati numerosi gli interventi istituzionali per salvare l’Ilva e metterla in regola con provvedimenti ope legis contestati dalla popolazione. E la Commissione Europea ne prende nota e lo scrive nel testo del parere motivato annunciato stamane. Sei provvedimenti ad hoc per l’Ilva, AIA (autorizzazione integrate ambientale) scritta nel 2011 e poi cambiata diverse volte senza mai essere applicata. 

Il processo al presente é ancora più eclatante, perché é molto raro che la Commissione Europea intervenga contro uno Stato Membro quando si tratta di questioni legate all’economia e a gruppi di potere economico. Ma il Commissario all’Ambiente Potocnik ha applicato il diritto europeo in tutta la sua pienezza e ha saputo andare avanti con coraggio e determinazione ammirevoli, in barba a tutte le pressioni che sono state esercitate a Bruxelles. 

La Commissione Europea ha annunciato stamane di aver preso nuove misure contro l’Italia a causa dell’impatto generato dall’Ilva. L’Italia, scrive la Commissione, non ha assicurato che l’Ilva operasse in conformità alla legislazione europea sulle emissioni industriali, con conseguenze potenzialmente pericolose per la salute e l’ambiente, così come sanciscono la Direttiva sulle Emissioni Industriali e tutta la legislazione europea in materia ambientale.

La Commissione ha affermato stamane di aver riscontrato una serie d’infrazioni alla legge europea perpetrate dall’Italia (la quale ha il compito di garantire che sul territorio nazionale ci sia una corretta applicazione del diritto europeo). Nel testo si parla del mancato rispetto delle condizioni stabilite dall’AIA, di un’inadeguata gestione di diversi aspetti fondamentali per la protezione della salute e dell’ambiente, e si sottolinea che molti dei problemi riscontrati derivano dalla mancata riduzione dell’alto livello delle emissioni e delle polveri che fuoriescono dalla fabbrica e che mettono in pericolo i cittadini di Taranto. 

La Commissione affonda ancora e scrive che gli esami condotti hanno evidenziato un pesante inquinamento dell’aria, del suolo, della superficie e delle acque di falda, sia sul sito Ilva che nella città di Taranto, e che la contaminazione del quartiere Tamburi, adiacente all’Ilva, può essere attribuita alle emissioni che fuoriescono dallo stabilimento. 

I permessi per la produzione, scrive la Commissione, possono essere concessi solo se alcune condizioni ambientali sono rispettate. Essi devono garantire che misure di prevenzione adeguate vengano messe in atto perché, si evince, senza applicazione delle legge e dei protocolli previsti non é possibile autorizzare la produzione. 

L’Ilva, dice in sostanza la Commissione Europea, opera ancora fuori legge. La politica e la dirigenza dell’Ilva, dice la Magistratura, hanno operato fuori legge. 

Il futuro della nostra città non é più nelle mani della politica che tutto ha visto, taciuto e nascosto. Il 16 Ottobre Taranto volta pagina. 

(16 ottobre 2014)

fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/una-giornata-storica-per-taranto/

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