spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

martedì 28 ottobre 2014

PUTIN A SOCHI: STOP A WASHINGTON DOPO IL COLPO DI STATO DI KIEV.

Putin agli Usa: agite da nemici, sappiate che resisteremo


Scritto il 28/10/14




A Sochi, nell’ottobre 2014, Putin ha “resettato” drasticamente il rapporto tra la sua Russia e Washington. Un discorso ben meditato, che sarebbe grave errore, per tutti, sottovalutare. Molto più forte, a tratti drammatico nella sua chiarezza, di quello da lui pronunciato a Monaco, nel 2007. Nei 14 anni del suo potere il presidente russo non si era mai spinto fino a questo punto. E si capisce il perché solo seguendo il suo ragionamento. Vediamo di quale reset si tratta. Fino all’altro ieri Putin era rimasto “dentro” lo schema del post guerra fredda. C’era rimasto sia perché non aveva scelte diverse da fare, sia perché – con ogni probabilità – a quello schema credeva e lo riteneva utile e realistico. La crisi era già visibile. La Russia ci stava dentro scomoda. Ma rimaneva l’intenzione di superarla, con il tempo, costruendo una nuova architettura della sicurezza mondiale assieme agli Stati Uniti. Per anni, dopo il crollo del Muro, la Russia ha dovuto sopportare molti “sgarbi”. È un eufemismo. In molti casi la parola giusta sarebbe schiaffi.
La Russia è stata emarginata da numerosi momenti decisionali di rilievo internazionale, messa in secondo piano, scartata senza troppi complimenti. Era (anche) un modo per farle capire che non contava e che non si voleva che contasse. Espulsa Giulietto Chiesadalla gestione dei conflitti africani, ignorata nel dibattito finanziario, messa in fila per il Wto. E duramente offesa nell’intera vicenda jugoslava, fino al bombardamento di Belgrado e all’indipendenza del Kosovo. Ammessa in sala riunioni solo là dove era indispensabile che ci fosse, nel negoziato con l’Iran e nella crisi siriana. Peggio ancora: con gli ultimi presidenti americani, da Clinton, via George Bush Junior, fino a tutto Obama compreso, gli Stati Uniti hanno manovrato su scala planetaria ignorando platealmente ogni riconoscimento delle zone d’influenza russa, passeggiandovi dentro senza alcun riguardo diplomatico. Tutta l’Asia centrale ex sovietica è stata praticamente occupata dalle loro iniziative: dall’Azerbaigian fino alla Kirghisia. Non dovunque con gli stessi successi. Ma quello che conta, è il significato: Washington semplicemente mandava a dire a Mosca che non avrebbe tenuto in alcun conto il peso della Russia in quelle aree.
Per non parlare della Nato, la cui espansione a est – dopo la fine del patto di Varsavia – ha proceduto senza soste, alla pari con l’allargamento dell’Unione Europea su tutta l’Europa orientale, fin dentro alcuni territori che erano stati parte dell’Unione Sovietica, come le tre repubbliche baltiche. Il tutto violando gli accordi, verbali e scritti, che impegnavano la Nato a non portare basi e armamenti nelle nuove repubbliche che via via aderivano all’Unione Europea. Espansione accompagnata da dichiarazioni sempre più incongruenti con i fatti, secondo cui l’estensione della Nato non sarebbe stata indirizzata all’accerchiamento progressivo della Russia. Infine le operazioni degli ultimissimi anni, con l’inserimento della Georgia di Saakashvili nei meccanismi Nato e la promessa di un futuro ingresso a vele spiegate nella Nato della quarta repubblica ex sovietica; e con le analoghe pressioni e promesse nei confronti della Moldavia. Da ricordare la “guerra georgiana”, conclusasi Putin a Sochicon la secca sconfitta di Tbilisi dopo il massacro di Tzkhinvali e l’intervento delle forze armate russe per ricacciare indietro i georgiani dal territorio dell’Ossetia del Sud.
Il riconoscimento russo delle due repubbliche di Abkhazia e Ossetia del Sud (che Putin non aveva concesso fino all’agosto 2008) fu il primo segnale che il Cremlino aveva deciso – sebbene non di propria iniziativa ma pressato dall’iniziativa avversaria – di alzare il segnale di stop verso Washington. Tutto questo è stato superato, d’un colpo, dall’avventura spericolata del colpo di stato a Kiev, dal rovesciamento violento di Yanukovic e dal varo di una nuova Ucraina dichiaratamente ostile e bellicosa nei confronti di Mosca. Il tutto non solo con il consenso ma con il finanziamento, la direzione, il controllo americano delle operazioni sul territorio, e politiche e, infine, militari. Non si comprende la sintesi putiniana di Sochi se non tenendo conto della sommatoria di questi eventi. La conclusione è esplicita: la leadership americana non prevede alcun multipolarismo, né alcun rispetto delle regole di un qualsivoglia partenariato tra eguali. Non ci sono più regole condivise. Esiste uno stato di caos, senza alcuna direzione. Putin prende atto – senza dirlo esplicitamente, ma facendo capire che ha ben compreso – che il bersaglio è lui in persona. Che le sanzioni non sono cominciate colpendo la Russia, ma colpendo il suo stesso entourage. Che negli atteggiamenti e nelle dichiarazioni dei leader occidentali è riconoscibile l’idea che Putin non rappresenta la Russia e che, dunque, una volta eliminato lui, la Russia sarà ricondotta all’ovile. In altri termini: l’Occidente non intende negoziare con la Russia fino a che Putin sarà alla sua testa.
La risposta di Sochi è ora nettissima, un vero e proprio punto di non ritorno. Poggiato su alcuni pilastri. Il primo è l’idea che l’unità dell’Occidente è precaria. L’Europa non è compatta dietro l’America. Resta un partner, anche se si trova sotto costrizione. Lo dicono i numeri delle relazioni economiche e commerciali, oltre che la storia del dopoguerra. Questo è il primo pilastro. Potrebbe essere una scommessa che non si verificherà. Ma è un modo per tenere aperto un campo di manovra. Putin mostra di sapere perfettamente che la Russia che si trova tra le mani è incastonata in mille modi nel sistema occidentale. Anche nei suoi quattordici anni di potere, non solo in quelli elstsiniani, la Russia si è legata mani e piedi ai Hillary Clintondestini dell’Occidente. Dunque è vulnerabile e dovrà pagare prezzi salati, forse salatissimi. Qui Putin è con le spalle al muro, e dovrà dimostrare ai suoi cittadini che riesce a svincolarsene. Lo spazio potrà forse aprirsi come effetto della crisi politica di questa Europa.
Lo sfaldamento della tenuta dei partiti politici tradizionali, quasi dovunque, mostra che ci possono essere altri interlocutori, oltre ai conservatori tradizionali, ormai avvinghiati alle sinistre socialdemocratiche, tutte emigrate oltre Oceano. L’Europa popolare va a destra, si muove in senso antieuropeo, antiamericano e antiglobalista, e converge sull’altro pilastro su cui Putin si appoggia: quello del patriottismo, del conservatorismo etico, dei valori tradizionali della famiglia, dell’educazione, del rispetto della memoria. La “famiglia europea” potrebbe cambiare di segno nei prossimi anni. E c’è un altro pilastro, ormai evidente: l’Oriente, la Cina, l’Iran, il resto del mondo. Verso quella direzione – andassero male i tentativi verso l’Occidente – guarderà l’aquila bifronte. Le sanzioni – dice Putin – non fermeranno questa Russia, che nelle parole di Putin appare vicina, risvegliata, compatta come non lo era da molti decenni.

Vladimir Zhirinovskij
È una specie di preludio a un governo di salvezza nazionale, in cui entreranno forse i comunisti di Ziuganov, i liberal-democratici di Zhirinovskij, i nazionalisti di destra e di sinistra, saltando a piè pari le distinzioni europee-occidentali che in Russia hanno sempre contato poco. L’America di Obama, l’America che Mosca vede come in preda a una crisi senza ritorno (perché dopo Obama potrebbe venire il peggio, con una Hillary Clinton che vince le elezioni con il programma dei repubblicani più forsennati), non è più un partner. L’orso russo – proprio questo ha detto Putin – non intende uscire dal suo habitat. Non ha ambizioni espansive. Ma non è disposto a farsi sloggiare. Putin a questa conclusione è giunto. Questo è il suo piano di resistenza. Si tratta ora di vedere se è in condizione di reggerlo. E con un’America che gioca alla “o la va o la spacca”, sarà una partita dura. È dura quando entrambi i contendenti hanno le spalle al muro.
(Giulietto Chiesa, “Il reset di Putin”, da “Megachip” del 26 ottobre 2014).
http://www.libreidee.org/2014/10/putin-agli-usa-agite-da-nemici-sappiate-che-resisteremo/

lunedì 27 ottobre 2014

L'ASSASSINIO DI ENRICO MATTEI, IL FONDATORE DELL'ENI

“Non obbliare giammai”: 27 Ottobre 1962, moriva Enrico Mattei

Immagine tratta dalla copertina del film “Il caso Mattei”  (1972), di Francesco Rosi
Immagine tratta dalla copertina del film “Il caso Mattei” (1972), di Francesco Rosi

L’assassinio di Enrico Mattei il 27 ottobre del 1962 è stato messo in atto da quei centri di potere atlantici che non potevano tollerare un’azione come quella del fondatore dell’ENI volta unicamente all’indipendenza e al bene della nazione. Quegli stessi centri di potere sono ancora oggi i padroni dei destini d’Italia. Ricordare il martirio di Mattei vuol dire non solo rendere omaggio ad un grande italiano morto per amore della nazione, ma significa rilanciare nell’oggi la sua lotta per la sovranità nazionale e per l’indipendenza dagli Stati Uniti d’America.

Il “segreto di Pulcinella” di Bascapè
Il 27 ottobre del 1962 moriva tragicamente nei pressi di Bascapè, vicino a Milano, il fondatore dell’ENI Enrico Mattei. Fu subito propagandata la tesi dell’incidente aereo dovuto alle cattive condizioni meteo e al concorso di cause fortuite. Nei decenni a seguire insabbiamenti, depistaggi, intimidazioni ed omicidi avrebbero messo a tacere chiunque avesse cercato di ottenere la verità sulle reali dinamiche e sui mandanti di un “incidente” che aveva liquidato dalla scena nazionale “l’italiano più importante dopo Giulio Cesare”, un italiano che amava la sua Patria, che la voleva forte ed indipendente e che per questo motivo era odiatissimo fuori e dentro la nazione da tutti coloro che pensavano all’Italia come ad una terra di servi, di conquista e sfruttamento.
Sarebbero dovuti passare più di 40 anni perché la magistratura italiana riuscisse almeno a chiarire i fatti della tragica notte di Bascapè, ovvero che quella sera non si trattò di un incidente ma di un sabotaggio, di un attentato. Nel 2003 infatti le indagini svolte dal coraggioso Pm di Pavia Vincenzo Calia permisero di “ritenere inequivocabilmente provato che l’I-SNAP (l’areo sul quale viaggiava Mattei)precipitò a seguito di una esplosione limitata, non distruttiva, verificatasi all’interno del velivolo”; l’aereo di Mattei fu quindi dolosamente abbattuto con una “carica esplosiva, equivalente a circa cento grammi di Compound B che fu verosimilmente sistemata dietro il cruscotto dell’aereo, a una distanza di circa 10-15 centimetri dalla mano sinistra di Enrico Mattei, e probabilmente fu innescata dal comando che abbassava il carrello e apriva i portelloni di chiusura dei suoi alloggiamenti. (…) E’ infatti provato che l’esplosione si verificò durante il volo e non in coincidenza o dopo l’impatto col suolo; che il serbatoio, i motori e la bombola d’ossigeno non esplosero” (1).
L’indagine di Calia si chiudeva però con l’archiviazione per quanto riguardava esecutori e mandanti.
Se solo dopo 40 anni la giustizia italiana era quindi riuscita a svelare il “segreto di Pulcinella” dell’attentato e delle sue dinamiche grazie alla testardaggine di un solitario Pm di provincia, non sarebbe d’altronde stato sensato aspettarsi di più da un organo strutturalmente impotente – come la magistratura italiana – ad indagare a fondo su quei centri di potere occulti, nati sulle macerie della sconfitta nella seconda guerra mondiale e sull’occupazione della penisola da parte degli Stati Uniti d’America, che hanno fatto il bello e il cattivo tempo in Italia a partire dal 1947 a Portella della Ginestra e che a tutt’oggi sono al comando nella nostra nazione, e al cui interno si trovano i segreti, i mandanti e gli esecutori dell’attentato contro Mattei e delle stragi che hanno insanguinato l’Italia per decenni.


Bascapè: un monito imperituro contro chi ama l’Italia e si vuole ribellare
L’istintivo collettivo della nostra nazione sa che Mattei è stato “fatto fuori”, tolto di mezzo da quei poteri che nel loro servilismo e nella loro meschinità, oggi come ieri, non tollerano quegli uomini eccezionali che ogni tanto il destino fa nascere sulla nostra Patria, dotati di grandi capacità e determinazione, di un senso morale profondo (niente in comune con il peloso moralismo/giustizialismo degli ultimi vent’anni) sulla missione e sul dovere di redimerla, liberarla dalla servitù e farla grande, rompendo i marci equilibri esistenti.
Sintomatico del suo stato di sottomissione e decadenza morale, il popolo italiano continua però a intendere la morte di Mattei come qualcosa d’ineluttabile e necessaria, essendosi il fondatore dell’ENI fatalmente ribellato contro dei poteri percepiti come eterni e onnipotenti, così come ineluttabile e necessaria continua ad essere sentita l’odierna sottomissione del nostro paese agli Stati Uniti d’America e oggetto d’incomprensione e d’ironia chiunque cerchi di ribellarsi a questo stato di fatto, non comprendendo o facendo finta di non comprendere la reale posta in gioco, d’importanza vitale, di questa ribellione. Eppure basterebbe ricordare che senza la ribellione di Mattei l’Italia non avrebbe conosciuto lo sviluppo economico, tecnico-scientifico ed industriale che le permise di diventare una delle prime potenze economiche mondiali e basterebbe avere un minimo di consapevolezza degli scenari geopolitici e geoeconomici per comprendere che senza una nuova ribellione l’Italia è destinata alla de-industrializzazione e ad un futuro incipiente di precarietà, povertà e caos (2). E’ poi lecito immaginare che cosa sarebbe stata l’Italia se Mattei fosse rimasto in vita? Un’Italia emancipata dalla NATO e dagli USA, neutrale in politica estera, amica dei paesi non allineati ed emergenti e loro punto di riferimento, un’Italia campione in settori high-tech che oggi si sogna, un’Italia più giusta, equa e solidale con le forze del lavoro e della produzione e non in mano ai ricatti delle banche e della finanza internazionale…
La stessa inerzia e lo stesso servilismo si ritrova nel ceto politico-imprenditoriale italiano che è ben più consapevole dell’uomo medio come il “modus Bascapè” spetti a chiunque, ancora oggi, provi a liberarsi da quelle catene e a farsi carico di una riscossa nazionale.
“Vogliono farmi fuori come Mattei, non con un aereo che si schianta, nell’epoca di Internet basta cucinare qualche polpetta avvelenata e metterla in rete” proferì un già “bollito” Berlusconi nel dicembre del 2010 in Kazakistan (3). Un Berlusconi che si è poi dimostrato arrendevole e complice nel precipitare l’Italia in una spirale tremenda e pronto a sacrificare il bene della nazione a quello dei poteri forti (e ai suoi egoistici interessi) e perciò ha avuto salva la vita (e le aziende) e che per questo motivo è imparagonabile a quell’Enrico Mattei che condusse invece la sua azione coerentemente fino in fondo, senza compromessi, fino alle sue estreme conseguenze perché il bene della Nazione non poteva essere per lui oggetto di bassi e meschini accordi, ricatti e chissà cos’altro.
La fine di Mattei è un “monito imperituro” per l’Italia: “Non alzate la testa” sussurrano i poteri forti,“questa è la sorte che spetta a chiunque di voi si ribelli. Non osate, non provateci”. E nessuno infatti ci prova più; i pochissimi che tentano e hanno tentato o sono finiti anche loro male (vedi Bettino Craxi) o non hanno avuto quella forza, quella statura morale e quell’amor patrio indispensabili a resistere alla pressione, ai tentativi di soffocamento e sviamento dei “poteri forti” (vedi Silvio Berlusconi), come invece aveva Enrico Mattei.


Chi era Enrico Mattei e chi erano i suoi nemici?
Ma chi erano e chi sono quei “poteri forti”? Chi era veramente Enrico Mattei? Uno dei più grandi studiosi che ha risposto a queste domande e che ha approfondito la vita, le opere e i nemici di Mattei è stato Nico Perrone i cui articoli e libri dovrebbero essere letti da tutti coloro che non vogliono dimenticare e vogliono valorizzare nell’oggi la figura e l’esempio del fondatore dell’ENI (4). Ricordiamo solo i più recenti tra le decine scritti: “Perchè uccisero Enrico Mattei: petrolio e guerra fredda nel primo grande delitto italiano” del 2006, “Enrico Mattei” del 2001 e “Giallo Mattei. I discorsi del fondatore dell’ENI che sfidò gli USA, la NATO e le Sette Sorelle” del 1999.
Ma un altro mezzo per conoscere e attualizzare la storia di Enrico Mattei, anche in modo più diretto e popolare, al di là del meritorio film di Francesco Rosi del 1972 che costò molto probabilmente la vita al giornalista Mauro De Mauro, è senz’altro lo spettacolo teatrale realizzato dal marchigiano Giorgio Felicetti che s’intitola “Mattei: petrolio e fango” (5), basato su un lavoro di lunga ricerca fatta di testimonianze dirette, consultazione di libri, in particolare quelli di Nico Perrone, foto, film, documentari e materiale giudiziario; uno spettacolo che dal 2010 l’autore, con abnegazione, sacrifici e senza l’aiuto di nessuno, porta in giro per l’Italia, da nord e sud, dovunque non gli vengano chiuse pretestuosamente le porte in faccia.
Così lo stesso Felicetti presenta il suo spettacolo: “Mattei è storia di petrolio. Mattei è storia di giustizia annegata nel fango. Mattei è la storia di una stella di fuoco che cade il 27 ottobre 1962 a Bascapé. (…) Questo singolare personaggio “patriota”, prefigura un’Italia che si riscatta da una guerra mondiale perduta tragicamente, dalla povertà atavica, dalle valigie di cartone dei nostri migranti. (…) Lo spettacolo racconta un Mattei sconvolgente, e getta una nuova, inquietante luce, su questa morte annunciata, primo tragico capitolo di quello che Pier Paolo Pasolini definisce il “romanzo delle stragi”.
Una breve sintesi dello spettacolo, caricata dallo stesso Giorgio Felicetti, si può vedere su youtube:



Nello spettacolo si racconta la vita di Mattei fin dalla prima giovinezza contrassegnata da una profonda determinazione sempre più orientata, dopo il disastro della guerra, ad un progetto di riscatto nazionale. La sua partecipazione alla Resistenza, che non gli impedirà di portare avanti nel dopoguerra un’azione di ricostruzione e rilancio fondata su una prassi di riappacificazione civile scevra da odi settari, che guardava alla qualità degli uomini e non al loro passato fosse questo “nero”, “bianco” o “rosso”. La difesa dell’Agip dalle grinfie statunitensi e dagli avvoltoi interni. L’avventura e la crescita poderosa dell’ENI basata sulla forza del genio scientifico ed industriale italiano, su un’idea d’Italia avanguardistica nel campo dello sviluppo e dell’innovazione e su una logica sociale e comunitaria dell’azienda e dei rapporti capitale-lavoro, dove i dipendenti erano da Mattei considerati come figli e fratelli. I nemici giurati interni come Eugenio Cefis e Enrico Cuccia legati alla CIA e al capitalismo statunitense e quelli esterni della NATO inquieti delle sue relazioni eterodosse, anticolonialiste e win-win con i paesi poveri, non-allineati o comunisti. L’odio e le minacce sempre crescenti, gli ultimi giorni di vita e il ruolo occulto della mafiamade in USA nell’attentato, il complotto, il disastro aereo, i brandelli di corpo nel fango, il brindisi finale di Eugenio Cefis di fronte alla tragedia e agli insabbiamenti, i misteri d’Italia che non finiscono e che come un filo conduttore continuano ancora oggi; questi ed altri temi costituiscono la trama di una rappresentazione teatrale, quella di Giorgio Felicetti, che finisce per assumere, per intensità ed evocazione, una connotazione “sacra”.
Questo spettacolo infatti, che chi scrive ha avuto la possibilità di vedere più volte, è come un’offerta votiva alla memoria di un Grande Italiano e un’azione maieutica nei confronti delle energie del nostro dormiente popolo e delle sue forze vitali oggi assopite e asservite.


Non obbliare e lottare
“O Italiani!” invocava dal profondo del suo cuore l’apostolo d’Italia Giuseppe Mazzini, “non obbliate giammai, che il primo passo a produrre uomini grandi sta nello onorare i già spenti”.
Ed è quello che ha fatto Giorgio Felicetti con il suo spettacolo ed è quello che ognuno di noi, il 27 ottobre, giorno dell’anniversario, è chiamato a fare. Perché la nostra Patria ha di nuovo bisogno di grandi uomini che la amino, la conducano e la riscattino consacrando la loro esistenza ad una missione e a un dovere superiore di liberazione nazionale e continentale, della Patria nazionale e della Patria europea. Grandi uomini che le ridiano forza e la ridestino contro l’occupante statunitense – linfa fondamentale dei “poteri forti” ed occulti di ieri e di oggi – di grandi uomini che non si arrendano al destino di de-industrializzazione a cui hanno condannato l’Italia, ma si facciano promotori di una grande impresa di rilancio e di sviluppo della nostra forza e delle nostre capacità tecniche ed organizzative nella scienza e nella grande industria high-tech dell’oggi e soprattutto del domani – informatica e computer quantistici, telecomunicazioni, elettronica, nanotecnologie, robotica, aerospazio, biotecnologie, ingegneria genetica, intelligenza artificiale, energia, nucleare, etc – come voleva e come ha fatto quel grande patriota e visionario di nome Enrico Mattei (molto simile in questo al grande Adriano Olivetti, anche nella sua tragica fine), che alimentò e fece perno sul genio scientifico italiano e sulle grandi capacità tecnico-organizzative del nostro popolo per costruire quel Cane a Sei Zampe che avrebbe dovuto conquistare non solo l’indipendenza energetica ma dare decisivo impulso alla ricerca italiana in altri inesplorati campi della scienza e dell’high-tech e che fu per decenni motore fondamentale dello sviluppo socio-economico nazionale.
“Non obbliare e lottare”: queste siano le uniche due parole degne da pronunciarsi sulle labbra degli italiani in questo sacro anniversario, come se fosse lo stesso Mattei a suggerircele. Giornata di lutto e giornata di lotta.
L’Italia: il “gattino” magro, affamato, malato e con la spina dorsale rotta è ormai in coma. Cosa vogliamo fare? Lasciarlo morire, farne sbranare il corpo esanime da quei cani che, oggi come ieri, sono rapaci e affamati e pronti a fiondarsi anche sul suo cadavere? O vogliamo risvegliarlo quel “gattino”, nutrirlo, allevarlo, rafforzarlo, trasformarlo in un leoncino che sappia difendere se stesso e i suoi cuccioli dai cani rabbiosi, che sappia conquistarsi per se stesso e la sua prole un futuro felice, dignitoso e libero?
Noi sappiamo che bisogna farlo, ora! E Mattei sarebbe con noi.
fonte: http://www.statopotenza.eu/14960/non-obbliare-giammai-27-ottobre-1962-moriva-enrico-mattei


PUTIN AL VERTICE DI VALDAJ: NUOVE REGOLE O GIOCO SENZA REGOLE.

Presidente Vladimir Putin, Global Research
25 ottobre 2014



Pubblichiamo il testo integrale del discorso del Presidente russo Vladimir Putin ai membri del Club del dialogo internazionale di Valdaj. Quest’anno il tema principale era Ordine mondiale: nuove regole o nessuna regola?
31435Colleghi, signore e signori, amici, è un piacere darvi il benvenuto all’XI riunione del Club del dialogo internazionale di Valdaj.
E’ stato già detto che il club ha nuovi co-organizzatori quest’anno, tra cui organizzazioni non governative, gruppi di esperti e università russo. È stata sollevata anche l’idea di ampliare il dibattito includendo non solo questioni relative alla Russia, ma anche la politica globale e l’economia. Spero che questi cambiamenti nell’organizzazione e il contenuto rafforzino l’influenza del club come forum di discussione tra esperti di primo piano. Allo stesso tempo, spero che lo ‘spirito di Valdaj’ rimanga, con questa atmosfera libera e aperta e la possibilità di esprimere ogni sorta di opinioni diverse e franche. Vorrei dire a questo proposito che voglio, inoltre, non deludervi parlando direttamente e francamente. Parte di ciò che dico potrebbe sembrare un po’ troppo dura, ma se non parliamo direttamente e onestamente di ciò che realmente pensiamo, non avrebbe molto senso riunirsi in questo modo. Sarebbe meglio in questo caso solo continuare gli incontri diplomatici, dove nessuno dice nulla nel vero senso della parola e, ricordando le parole di un famoso diplomatico, rendersi conto che i diplomatici hanno una lingua per non dire la verità. Ci riuniamo per altri motivi. C’incontriamo per parlarci francamente. Dobbiamo essere diretti e schietti oggi, non scambiarci note, ma tentare di andare a fondo di ciò che realmente accade nel mondo, cercare di capire il motivo per cui il mondo è sempre meno sicuro e più imprevedibile, e perché i rischi aumentano nel mondo.
La discussione di oggi s’è svolta sul tema: nuove regole o gioco senza regole. Penso che questa formula descriva con precisione il punto di svolta storico che abbiamo raggiunto oggi e la scelta che tutti noi affrontiamo. Non vi è nulla di nuovo, naturalmente, sull’idea che il mondo stia cambiando molto velocemente. So che ciò è stato già discusso in precedenza. E’ certamente difficile non notare le trasformazioni drammatiche nella politica e nell’economia mondiali, nella vita pubblica e industriale, delle tecnologie dell’informazione e sociali. Lasciate che vi chieda ora di perdonarmi se finisco per ripetere ciò che alcuni partecipanti al dibattito hanno già detto. E’ praticamente impossibile evitarlo. Avete già avuto discussioni approfondite, ma io porrò il mio punto di vista. Coinciderà con il punto di vista degli altri partecipanti su alcuni aspetti e sarà diverso su altri. Analizzando la situazione odierna, non dimentichiamo le lezioni della storia. Prima di tutto, le variazioni dell’ordine mondiale, ciò che vediamo oggi sono eventi di tale portata, sono di solito accompagnati se non da guerra e conflitti globali, da catene di conflitti locali intensi. In secondo luogo, la politica globale è soprattutto leadership economica, guerra e pace, dimensione umanitaria, compresi i diritti umani. Il mondo è carico di contraddizioni di oggi. Dobbiamo essere sinceri nel chiederci se abbiamo una rete di sicurezza affidabile. Purtroppo, non vi è nessuna garanzia e nessuna certezza che l’attuale sistema di sicurezza globale e regionale possa proteggerci dagli sconvolgimenti. Questo sistema è seriamente indebolito, frammentato e deformato. Le organizzazioni di cooperazione internazionale e regionali politiche, economiche e culturali attraversando momenti difficili. Sì, molti meccanismi che abbiamo per assicurare l’ordine del mondo furono creati molto tempo fa, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. Vorrei sottolineare che la solidità del sistema creato allora non riposava solo sui rapporti di forza e i diritti dei Paesi vincitori, ma sul fatto che i ‘padri fondatori’ di questo sistema si rispettavano, non cercavano di costringere gli altri, ma tentavano di accordarsi. La cosa più importante è che questo sistema deve sviluppare, e nonostante i suoi vari difetti, deve almeno poter mantenere gli attuali problemi del mondo entro certi limiti, regolando l’intensità della naturale competizione tra Paesi. E’ mia convinzione che non possiamo prendere questo meccanismo di pesi e contrappesi costruito nel corso degli ultimi decenni, a volte con molta fatica e difficoltà, e semplicemente distruggerlo senza costruire nulla al suo posto. In caso contrario, saremmo senza strumenti diversi dalla forza bruta. Ciò che dobbiamo fare è una ricostruzione razionale e adattata alle nuove realtà del sistema delle relazioni internazionali. Ma gli Stati Uniti, che si dichiararono vincitori della guerra fredda, non l’hanno ritenuto necessario. Invece di creare un nuovo equilibrio di potere, essenziale per mantenere l’ordine e la stabilità, hanno preso misure squilibrando il sistema in modo acuto e profondo. La guerra fredda si è conclusa, ma non si è conclusa con la firma di un trattato di pace su accordi chiari e trasparenti e sul rispetto delle vigenti norme o creazione di nuove regole e norme. Ciò ha creato l’impressione che i cosiddetti ‘vincitori’ nella guerra fredda abbiano deciso di sospingere gli eventi rimodellando il mondo secondo i propri bisogni e interessi. Se l’esistente sistema di relazioni internazionali, diritto internazionale ed equilibri segue questi obiettivi, viene dichiarato inutile, obsoleto e bisognoso d’immediata demolizione.
Perdonate l’analogia, ma questo è il modo in cui i nuovi ricchi si comportano quando improvvisamente si esaurisce il patrimonio, in questo caso sotto forma di leadership e dominio del mondo. Invece di gestire il patrimonio con saggezza, anche a proprio vantaggio naturalmente, penso che commettano tante follie. Siamo entrati in un periodo da diverse interpretazioni e silenzi deliberati nella politica mondiale. Il diritto internazionale è stato costretto a ritirarsi più e più volte dall’assalto del nichilismo giuridico. L’obiettività e la giustizia sono stati sacrificate sull’altare della convenienza politica. Interpretazioni arbitrarie e valutazioni di parte hanno sostituito le norme giuridiche. Allo stesso tempo, il controllo totale dei media globali ha reso possibile quando ritrarre il bianco come nero e il nero come bianco. In una situazione in cui si aveva il dominio di un Paese e dei suoi alleati o satelliti, piuttosto che la ricerca di soluzioni globali, spesso si è passati al tentativo d’imporre le proprie ricette universali. Le ambizioni di tale gruppo sono così cresciute che ha iniziato a presentare la politica ideata nelle loro stanze del potere come visione di tutta la comunità internazionale. Ma non è così. La stessa nozione di ‘sovranità nazionale’ è diventata un valore relativo per la maggior parte dei Paesi. In sostanza, ciò che veniva proposto era la formula: maggiore è la lealtà verso il solo centro di potere mondiale, più grande è la legittimità di questo o quel regime al potere. Avremo una discussione libera dopo e sarò felice di rispondere alle vostre domande e vorrei anche avere il mio diritto di porre domande a chiunque cerchi di confutare le argomentazioni che ho appena elencate nella prossima discussione. Le misure adottate contro coloro che rifiutano di sottomettersi sono ben note e sono state provate e testate più volte. Comprendono uso della forza, pressione economica, propaganda, ingerenza negli affari interni appello a una sorta di legittimazione ‘sovra-legale’, quando c’è bisogno di giustificare l’intervento illegale in questo o quel conflitto o rovesciare regimi scomodi. Di recente, appare sempre più evidente anche il ricatto verso numerosi leader. Non per nulla il ‘Grande Fratello’ spende miliardi di dollari per mantenere tutto il mondo, compresi i più stretti alleati, sotto sorveglianza. Proviamo a chiederci quanto possa essere comodo, sicuro, felice vivere in tale mondo, e quanto giusto e razionale sarebbe? Forse non abbiamo reali motivi per preoccuparci, argomentare e porre domande imbarazzanti? Forse la posizione eccezionale degli Stati Uniti e il modo in cui sostengono la loro leadership, in realtà sia una benedizione per tutti noi, e la loro ingerenza negli eventi mondiali porta pace, prosperità, progresso, crescita e democrazia, e dovremmo forse solo rilassarci e godere di tutto ciò? Lasciatemi dire che non è così, assolutamente no.
Il diktat unilaterale per imporre i propri modelli produce il risultato opposto. Invece di risolvere i conflitti porta alla loro escalation, invece di Stati sovrani e stabili vediamo avanzare il caos, e al posto della democrazia vi è l’aperto supporto a un molto dubbio pubblico che va da dichiarati neofascisti agli islamisti. Perché supportare costoro? Perché decidono di usarli come strumenti per raggiungere i propri obiettivi, per poi bruciarsi le dita e rinculare. Non smetto mai di stupirmi dal modo in cui i nostri partner non cessino dal calpestare lo stesso rastrello, come si dice qui in Russia, cioè reiterare lo stesso errore più e più volte. Una volta hanno sponsorizzato i movimenti estremisti islamici per combattere l’Unione Sovietica. Tali gruppi hanno acquisito esperienza in battaglia in Afghanistan e in seguito creato i taliban e al-Qaida. L’occidente, se non supportava, chiudeva gli occhi e, direi, dava informazioni, sostegno politico e finanziario all’invasione della Russia dei terroristi internazionali (non l’abbiamo dimenticato) e dei Paesi della regione dell’Asia centrale. Solo dopo i terribili attacchi terroristici sul suolo statunitense svegliarono gli Stati Uniti sulla comune minaccia del terrorismo. Permettetemi di ricordarvi che fummo il primo Paese a sostenere il popolo statunitense, allora, il primo a reagire da amici e partner alla terribile tragedia dell’11 settembre. Nelle mie conversazioni con i leader statunitensi ed europei, ho sempre parlato della necessità di combattere il terrorismo insieme, come sfida globale. Non possiamo rassegnarci ed accettare tale minaccia, non possiamo dividerci e usare due pesi e due misure. I nostri partner hanno espresso accordo, ma passato un po’ di tempo siamo tornati al punto di partenza. Prima c’è stata l’operazione militare in Iraq, poi in Libia, spinta sull’orlo della disintegrazione. Perché la Libia è stata trascinata in tale situazione? Oggi è un Paese in pericolo di spezzarsi e divenuto campo di addestramento dei terroristi. Solo la determinazione e la saggezza dell’attuale leadership egiziana salva tale Pese arabo chiave dal caos e dagli estremisti che dilagano. In Siria, come in passato, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno finanziato e armato direttamente i ribelli, consentendogli di colmare i ranghi con mercenari provenienti da vari Paesi. Vorrei chiedervi da dove provengono tali ribelli e come ottengono soldi, armi e specialisti militari? Da dove viene tutto ciò? Come ha fatto il famigerato SIIL a divenire un gruppo così potente, in sostanza una vera e propria forza armata? Sulle fonti di finanziamento, oggi, il denaro non proviene solo dalla droga, la cui produzione non solo è aumentata di qualche punto percentuale, ma di molte volte, da quando le forze della coalizione internazionale sono presenti in Afghanistan. Ne siete consapevoli. I terroristi ricevono sempre denaro anche con la vendita del petrolio. Il petrolio viene prodotto nei territori controllati dai terroristi, producendolo, trasportandolo e vendendolo a prezzi stracciati. Ma qualcuno compra questo petrolio, lo rivende e ne trae profitto senza pensare al fatto che finanzia i terroristi che potrebbero, prima o poi, venire nelle sue terre seminando distruzione. Da dove prendono nuove reclute? In Iraq, dopo che Sadam Husayn fu rovesciato, le istituzioni dello Stato, compreso l’esercito, furono abbandonate. Dicemmo a quei tempi di essere molto, molto attenti. Avete portato le gente in piazza, e che cosa fanno? Non dimenticate (giustamente o meno) che dirigevano una grande potenza regionale, e cosa sono diventati ora? Qual è stato il risultato? Decine di migliaia di soldati, funzionari ed ex-attivisti del partito Baath sono scesi in piazza ed oggi si sono uniti ai ribelli. Forse ciò spiega il motivo per cui lo Stato islamico s’è rivelato così efficace? In termini militari, è molto efficace e ha alcuni notevoli professionisti. La Russia ha avvertito ripetutamente sui pericoli di azioni militari unilaterali, sull’intervenire negli affari degli Stati sovrani, e nel flirtare con estremisti e radicali. Abbiamo insistito affinché i gruppi che lottano contro il governo siriano centrale, prima di tutto lo Stato islamico, figurino negli elenchi delle organizzazioni terroristiche. Ma non abbiamo visto alcun risultato? Abbiamo fatto appelli invano. A volte si ha l’impressione che i nostri colleghi e amici siano costantemente in lotta con le conseguenze delle loro politiche, gettando tutto il loro impegno nell’affrontare rischi che hanno creato, pagando un prezzo sempre maggiore.
Colleghi, questo periodo del dominio unipolare ha dimostrato, in modo convincente, che un solo centro di potere rende ingestibili i processi globali. Al contrario, questo tipo di costruzione instabile ha dimostrato incapacità nel combattere minacce reali, come conflitti regionali, terrorismo, narcotraffico, fanatismo religioso, sciovinismo e neonazismo. Allo stesso tempo, si è aperta la strada al nazionalismo, manipolando l’opinione pubblica e lasciando che il forte perseguiti e reprima i deboli. In sostanza, il mondo unipolare è semplicemente un mezzo per giustificare la dittatura su popoli e Paesi. Il mondo unipolare si è rivelato un peso troppo scomodo, pesante e ingestibile anche per il leader autoproclamatosi tali. Osservazioni su ciò sono state fatte qui, poco prima, e sono pienamente d’accordo. Questo è il motivo per cui vediamo i tentativi, in tale nuova fase storica, di ricreare una parvenza di mondo quasi-bipolare quale modello conveniente per perpetuare la leadership statunitense. Non importa chi prenda il posto dell'”Impero del Male” della propaganda statunitense, il vecchio posto dell’URSS quale avversario principale. Potrebbe essere l’Iran, in quanto Paese che cerca di acquisire la tecnologia nucleare, la Cina, come prima economia mondiale, o la Russia come superpotenza nucleare. Oggi, assistiamo a nuovi sforzi per frammentare il mondo, tracciare nuove linee di divisione, creare coalizioni basate sul nulla se non contro qualcuno, chiunque, dia l’immagine del nemico, come è avvenuto durante la guerra fredda, e avere diritto a tale leadership, o se preferite diktat. La situazione si presentava così durante la Guerra Fredda. Noi lo comprendiamo e lo sappiamo. Gli Stati Uniti hanno sempre detto ai loro alleati: “Abbiamo un nemico comune, un nemico terribile, l’impero del male, e voi, nostri alleati, siete difesi da questo nemico, e quindi abbiamo il diritto di ordinarvi, di costringervi a sacrificare i vostri interessi politici ed economici e pagare i costi di tale difesa collettiva, di cui saremo i responsabili, naturalmente”. In breve, vediamo oggi i tentativi, in un mondo nuovo e mutato, di riprodurre un familiare modello di gestione globale, e tutto ciò in modo da garantirsi (gli Stati Uniti) una posizione eccezionale e trarne dividendi politici ed economici. Ma tali tentativi sono sempre più avulsi dalla realtà e in contraddizione con la diversità del mondo. I passaggi di tale tipo suscitano inevitabilmente scontro e contromisure dall’effetto opposto a quello sperato. Vediamo cosa succede quando la politica avventatamente s’ingerisce nell’economia e la logica delle decisioni razionali lascia il posto alla logica dello scontro dannoso solo ai propri interessi economici, compresi quelli nazionali.
Progetti economici e d’investimento comuni oggettivamente avvicinano i Paesi e contribuiscono ad appianare i problemi attuali nelle relazioni tra gli Stati. Ma oggi, la comunità del business globale subisce pressioni inaudite dai governi occidentali. Di che imprese, convenienza economica e pragmatismo si può parlare quando sentiamo slogan come “la patria è in pericolo”, “il mondo libero è in pericolo” e “la democrazia è in pericolo”? E così tutti devono mobilitarsi. Questo è ciò cui una politica di vera e propria mobilitazione assomiglia. Le sanzioni già minano le basi del commercio mondiale, le norme dell’OMC e il principio d’inviolabilità della proprietà privata. Infliggendo un duro colpo al modello liberale di globalizzazione basato su mercati, libertà e concorrenza che, mi si permetta di notare, è un modello che ha avvantaggiato soprattutto proprio i Paesi occidentali. E ora rischiano di perdere fiducia come capi della globalizzazione. Dobbiamo chiederci, perché è necessario? Dopo tutto, la prosperità degli Stati Uniti si basa in gran parte sulla fiducia degli investitori e dei detentori stranieri di dollari e titoli statunitensi. Tale fiducia è chiaramente minata e segni di delusione sui frutti della globalizzazione sono visibili oggi in molti Paesi. Il precedente di Cipro è noto e le sanzioni per motivi politici hanno solo rafforzato la tendenza a cercare di rafforzare la sovranità economica e finanziaria, e Paesi o gruppi regionali desiderano trovare il modo di proteggersi dai rischi delle pressioni esterne. Abbiamo già visto che sempre più Paesi cercano di essere meno dipendenti dal dollaro e creano alternative nei sistemi finanziari e di pagamento e nelle valute di riserva. Penso che i nostri amici statunitensi semplicemente tagliano il ramo su cui sono seduti. Non è possibile mescolare politica ed economia, ma è ciò che accade ora. Ho sempre pensato e continuo a pensare oggi che le sanzioni per motivi politici siano un errore che danneggia tutti, ma sono sicuro che torneremo su questo argomento in seguito. Sappiamo come sono state prese tali decisioni, e chi fa pressione. Ma mi si permetta di sottolineare che la Russia non ha intenzione di farsi incastrare, offendersi o mendicare da nessuno. La Russia è un Paese autosufficiente. Lavoreremo nell’ambiente economico straniero che si forma, sviluppando produzione e tecnologia nazionali agendo con maggiore decisione per effettuare la trasformazione. Forzati dall’esterno, come è accaduto in passato, non faremo che rafforzare la nostra società, tenendoci allerta e concentrandoci sui nostri prioritari obiettivi di sviluppo. Naturalmente le sanzioni sono un ostacolo. Cercano di danneggiarci con tali sanzioni, bloccando il nostro sviluppo e isolandoci sul piano politico, economico e culturale, costringendoci al ritardo in altre parole. Ma permettetemi di dire ancora una volta che il mondo è un posto molto diverso, oggi. Non abbiamo alcuna intenzione di chiuderci in noi stessi, scegliendo una sorta via di sviluppo chiusa, cercando di vivere nell’autarchia. Siamo sempre aperti al dialogo, anche sulla normalizzazione delle nostre relazioni economiche e politiche. Contiamo qui sull’approccio pragmatico e la posizione delle comunità del business nei principali Paesi.
Alcuni dicono oggi che la Russia avrebbe voltato le spalle all’Europa, queste parole sono state pronunciate probabilmente già qui e anche nelle discussioni, e che sia alla ricerca di nuovi partner commerciali, soprattutto in Asia. Lasciatemi dire che non è assolutamente così. La nostra politica attiva nella regione dell’Asia-Pacifico non è iniziata solo ieri e non è una risposta alle sanzioni, ma è una politica che seguiamo da diversi anni. Come molti altri Paesi, anche occidentali, abbiamo visto che l’Asia gioca un ruolo sempre più importante nel mondo, nell’economia e nella politica, e non vi è alcun modo di permetterci di trascurare questi sviluppi. Permettetemi di dire ancora una volta che tutti lo fanno, e lo faremo, tanto più che gran parte del nostro Paese è geograficamente in Asia. Perché non dovremmo usare i nostri vantaggi competitivi in questo settore? Sarebbe estremamente miope non farlo. Lo sviluppo dei legami economici con questi Paesi e la realizzazione dei progetti d’integrazione congiunti creano anche grossi incentivi al nostro sviluppo interno. Le attuali tendenze demografiche, economiche e culturali suggeriscono che la dipendenza da una sola superpotenza oggettivamente diminuirà. Ciò è qualcosa di cui gli esperti europei e statunitensi parlano e scrivono da tempo. Forse gli sviluppi della politica globale rispecchieranno gli sviluppi che vediamo nell’economia globale, cioè forte concorrenza in nicchie specifiche e frequenti cambi di leader in settori specifici. Ciò è del tutto possibile. Non vi è dubbio che fattori umani quali istruzione, scienza, sanità e cultura giochino un ruolo più importante nella competizione globale. Questo ha anche un notevole impatto sulle relazioni internazionali, tra cui la risorsa del ‘soft power’ che dipenderà in larga misura dai risultati reali dello sviluppo del capitale umano, piuttosto che da sofisticati trucchi propagandistici.
putin_berlusconi_putin_berlusconi_1Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
link: http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/27/nuove-regole-o-gioco-senza-regole-abbiamo-bisogno-di-un-nuovo-consenso-globale-di-potenze-responsabili/

CASAGLADIO, DALLA SIRIA ALL'UCRAINA

Il ratto perde il pelo, ma non il vizio, neanche in Crimea


Alessandro Lattanzio, 26/10/2014
Il vero pensiero di Casapound, aldilà dei vari sofismi sullo steccato da superare e un europeismo antimperialista, è esplicato da tale manifesto, affisso sul vero sito di CPI.
Il Generale Patton, ispiratore dei fascisti ‘antiamericani’ di casapound-zentropa, afferma che i nazisti non dovevano essere annientati per far posto ai mongoli, i sovietici. Tale è il pensiero autentico diCasapound, aldilà dei vari sofismi sullo ‘steccato da superare’ e un ‘europeismo antimperialista’, esplicato efficacemente da tale manifesto, affisso sul vero sito di CPI.
Negli ultimi mesi non pochi sodali di Casapaound (CasaGladio), si sono agitati per riferire che no, i ragazzotti di Iannone, Distefano e Fontana non appoggiano il golpe della NATO a Kiev, e i massacri a Odessa e nel Donetsk. Anzi, ci dicono che costoro, tramite l’onlus Sold.Id (Solidarité Identité), associata ai neonazisti versione ‘Himmler in Tibet’ deL’Uomo Libero onlus, hanno perfino aperto una ‘missione’ in Crimea. Qualche ‘dottor gonzo’ ci cascherebbe con tutte le scarpette, poiché tale missione è stata sì aperta, ma nel 2012, con lo scopo preciso di suscitare tensioni etniche nella penisola a maggioranza russa, inventandosi una nuova minoranza, quella ‘italiana’, da usare come leva contro i sentimenti russofili della popolazione locale:
mp231sm“Da Bolzano a Kerch. Viaggio di Solidarietà in Crimea, per incontrare la Comunità italiana locale nel 70° anniversario della sua deportazione nei gulag sovietici. Queste foto sono state pubblicate con la speranza di poter diffondere una storia che riguarda dei nostri connazionali e tristemente mai raccontata dalla storiografia ufficiale italiana. Mi auguro inoltre che queste umili foto possano invitarvi a visitare i paesaggi e la comunità italiana di quelle terre tanto lontane dal suolo natio, ma tanto vicine a un Amor patrio che oggi come oggi è sempre più raro a casa nostra”.
Un buon esempio di linguaggio ‘antimperialista’ ed ‘oltre lo steccato’ profuso da tali ambienti di fiancheggiatori dei servizi segreti della NATO e di servizio alla propaganda atlantista. A proposito di antimperialismo, è tale pezzo dell’associazione ‘culturale’ Zenith, fiancheggiatrice diCasapound e già nota per le ‘simpatie’ pro-Siria, ma assai meno per le simpatie pro-Golpe di Gladio in Ucraina (qui convergendo con i presunti ‘antifa’):
“Per quanto la Federazione Russa possa essere definita da certa stampa nostrana “un impero” e una riproposizione in chiave liberista dell’U.r.s.s. e Putin il nuovo “Zar”, ricordiamo che chi rivestiva questa carica i dissidenti li faceva squartare pubblicamente e non concedeva amnistie e che, se ci fosse stata oggi l’Unione Sovietica, per la tensione generata dalle rivolte di Kiev sulla popolazione crimeana, gli uomini e le donne di Kiev sarebbero finiti sotto i cingolati dell’Armata Rossa” Associazione culturale Zenit
Difatti, sono i loro ‘eroici camerati anticomunisti’ a bombardare le case delle popolazioni di Donetsk e Lugansk. Ma le bombe fasciste, come quelle atlantiste, sono buone, non ammazzano mica come le brutte bombe sovietiche. E difatti, qualche miserabile ‘fascista post-fascista’ ha tentato si spacciare tale porcherie russofobe come dimostrazione dell’allineamento pro-Novorossija dei neonazisti di CasaGladio. Non ci si faccia ingannare.


I nazisti ucraini, sostenuti a Voerzio, frequentati da Fontana, elogiati da Cazzulani, Casapound e italofascistume vario, protetti da Mogherini e dai servizi segreti italiani, abbracciati dall’ANPI, assassinano, di notte come si conviene ai farabutti, dei civili sequestrati nel Donbas. Di certo, i giornalisti di servizio italiani, dipendenti della CIA, diranno che sia un falso, o che si tratta dei russi che sterminano dei pacifici nazisti.
i neonazisti di Gladio di Casapound affermano una loro vicinanza alla Siria baathista, ma il loro ambiente e i loro sodali, sono pesantemente infiltrati dal Mossad e dalle altre agenzie spionistiche israeliane.
I neonazisti di Gladio di Casapound affermano una loro vicinanza alla Siria baathista, ma il loro ambiente e i loro sodali sono pesantemente infiltrati dal Mossad e dalle altre agenzie spionistiche israeliane. Non è un mistero per nessuno che Israele destabilizzi sia la Siria che l’Ucraina. E non è un caso che Casapound-Zentropa sia presente in entrambi i teatri di guerra.
In realtà, lo spazio dove Casapound esprime il suo pensiero autentico è questo sito Zentropaville. Qui si esplicita al vero e s’illustra l’autentico volto di Casapound e della sua Onlus Solid.Id (Solidarité Identité). Tale sito pseudo-francese non fa altro che elogiare i mercenari della legione straniera, la repressione contro i partigiani algerini, vietnamiti, africani, quando non passa il tempo a celebrare i sicari ucrofascisti di Soros e della NATO, il cui nesso francese è guarda caso un altro mercenario, Gaston Besson, che recluta terroristi nazisti per massacrare la popolazione di Novorossija. I veri ispiratori ideologici di Casapound sono OAS, Aginterpress ed ‘intellettuali’ bianco-africani e sudafricani, come l’ennesimo mercenario Ruben Rosiers, tutti allievi di Jacques Soustelle, un noto golpista anti-DeGaulle e animatore dell’OAS, l’organizzazione terroristica francese finanziata dalla CIA per uccidere DeGaulle. In Italia si camuffano dietro il ‘superamento degli steccati’, trabocchetto cui può cascare qualche giovin filosofo dalla lingerie marca Vattimo. Sonosempre e comunque integralisti anti-comunisti, russofobisinofobi e indianofobi.
tumblr_nba1dhDdc21rnng97o1_1280tumblr_nc42zphuV91rnng97o1_500“Io non so chi ha ragione e chi ha torto, chi è il nemico e quali sono gli interessi dei rispettivi progetti, alla fine vince il più abile e più machiavellico nel grande gioco geopolitico, quali disastri o reati portano questi giorni di tumulto… Ma quello che so è che questo faccia da bambino imbrattato di fuliggine, arroccato su una barricata un cocktail molotov in mano, non ha ricevuto un assegno dalla CIA, che non aspira a un televisore gigante schermo piatto o una vacanza al Club Med di San Domingo… è lì per un’idea, una speranza, un soffio, un sogno (Quale? Le fosse comuni nel Donbas)… E questo ragazzo, proprio come i suoi fratelli, non posso che ammirare e onore. Al di sopra di ogni altra considerazione. Poiché si tratta di sangue e linfa, quando tanti altri non sono altro che carta e inchiostro. Perché lui è in piedi quando tanti altri sono proni. Perché lui è coraggioso e folle, quando tanti altri sono sciolti e ragionevoli. Forse è romanticismo. Ma il romanticismo è il contrario di tutti i surrogati lezioso e sciropposo…, onore ai figli di Kiev così a quelli di Praga, Budapest e di Tiananmen” Zentropaville. Puro nazismo di servizio all’Atlantismo, causa vera per cui combattono questi lerci mercenari, non quella fumosa spacciata da Casapound, ma quella attenta e precisa studiata al Pentagono, attuata da Gladio e Mossad e comprata dai mafiosi Soros e Kolomojskij. Altro che disinteresse e puro spirito di ribellione. Infatti, si tratta soltanto di nemici di qualsiasi progetto alternativo all’imperialismo di Washington, nonostante una fraseologia alla ‘Europa-nazione’ volta a soggiogare i soliti “dottor gonzo”. Ma è appunto un inganno degno del livello culturale dei servizi segreti italiani, che non è di certo pari a quello degli ufficiali francesi della cosiddetta ‘guerra rivoluzionaria’ o dei creatori dell’organizzazione CATENA. Ovviamente, gli strapponi di CasaGaldio poi straparlano delle ‘marocchinate’, dimenticando che furono opera proprio della Legion Etranger di cui sono le sfegatate croupies. Ma da tali personaggi ci si deve attendere solo malafede e cervelli bacati. Gli schemi ideocratici qui utilizzati, sono gli stessi, identici, utilizzati dai servizi segreti sionisti e atlantisti per recuperare e intruppare le centinaia di migliaia di terroristi e mercenari islamisti scagliati contro la Siria. Gladio, e quindi CasaGladio e il restante fecciume naziatlantista, svolge un compito, assegnatogli dalle centrali della guerra sovversiva della NATO. Il resto è soltanto fumo come il lirismo su riportato illustra.
tumblr_ndp4jiVTdz1rnng97o2_1280Quindi, non si ci faccia ingannare dall’operazione simpatia di CasaGladio verso la Siria. Si tratta solo di un’operazione d’infiltrazione negli ambienti che esprimono simpatia per la causa del governo baathista siriano, un modo per monitorare tale area area oltre che per infiltrarsi direttamente in territorio siriano.
Di seguito i passi salienti di un reportage elogiativo (ma anche esplicativo), svolto dai soliti giornalisti a libro paga della CIA, e volto a suscitare simpatia e supporto mediatico ai terroristi nazi-atlantisti di Gladio che operano in Ucraina. Il figuro in questione è un militare svedese inviato dall’intelligence di Stoccolma a partecipare al golpe nazisorosiano a Kiev e alla repressione della popolazione russofona. Non è un caso che la Svezia si sia inventata una nuova sindrome, quella del ‘sottomarino russo fantasma’, al solo scopo di mobilitare l’opinione pubblica interna per sostenere i crimini nazisti ed atlantisti commessi in Ucraina.E-solidarity-for-syria “Mike Skillt, svedese, 47enne, di professione cecchino. Dice di aver ucciso almeno 150 persone… è un mercenario, … c’incontriamo a bere il tè in un bar a piazza Majdan a Kiev… tutto allo scoperto,… Mike dice di essere in Ucraina perché votato a una causa superiore “non è la mia guerra ma questa è la mia Europa e sono per un’Europa unita contro l’Imperialismo” (ovviamente quello russo), tanto che al momento ha rimandato a data da destinarsi il prossimo campo di battaglia, la Siria, perché prima deve finire il suo lavoro nell’Est (“ho qualche altro russo da uccidere”). In Svezia era un soldato, poi ha iniziato a viaggiare per prestare il suo sniper a guerre straniere. Il governo svedese ha smentito la sua presenza in Ucraina: “Siamo interessati solo ai nostri concittadini che partecipano alle attività legate al terrorismo, come ad esempio nei gruppi di al-Qaeda ispirati in Siria”, aveva spiegato a febbraio. Ma la faccia e il nome di Mike non sono così difficili da trovare in rete. (La Svezia, nell’ambito di Gladio, ha supportato e supporta il golpe naziatlantista a Kiev e la guerra di propaganda contro la Russia).tumblr_n1o6c8JDyd1rnng97o1_500
“Alle spalle di Majdan in un vecchio palazzo sorvegliato come una fortezza, il Battaglione Azov ha aperto una delle sue sedi amministrative. Qui avvengono i reclutamenti e nelle stanze dormono i ragazzi che devono affrontare due settimane di addestramento. Si presentano solo con lo zaino in spalla, devono imparare presto a eseguire ordini militari e soprattutto a combattere prima di essere inviati nel Donbass. Mike, nel quartiere generale di Kiev, è uno degli insegnanti, ma sul campo di battaglia è parte di una squadra speciale di poche decine di uomini che vengono mandati in prossimità della prima linea per “ripulire la zona” dopo l’intervento dell’artiglieria pesante (leggasi l’assassinio di civili nel Donbas). Il comandate dell’Azov Andrej Biletskij, leader politico del gruppo nazionalista, ha pubblicato su Internet i due principi fondamentali a cui devono ispirarsi i soldati. Principi che porterà anche in Parlamento se verrà eletto il 26 ottobre: “Preparare l’Ucraina per la liberazione dell’intera razza bianca dalla dominazione del capitalismo e punire le moltissime perversioni sessuali e ogni contatto interrazziale che porta all’estinzione dell’uomo bianco”. Mike è stato attirato anche da questo. Racconta che l’esperienza ucraina è diversa dalle altre guerre a cui ha partecipato. “Qui combatto per qualcosa in cui credo, per questo accetto di essere pagato 2000 grivnie al mese (circa 110 euro), lo stipendio di un normale soldato ucraino”. (Anche i ratti nazisti e nazipiddini Voerzio, Fontana e Cazzulani esprimono un’identica ideologia).
“I contractor italiani al fianco degli ucraini: Con i commilitoni (“camerati”) il saluto è una stretta di avambraccio (è il saluto dell’OAS, setta culto presso Casapound e altre associazioni legate a Gladio), l’uniforme è nera, il braccio spesso si tende verso il cielo durante i raduni o nel cortile delle esercitazioni. L’impronta di estrema destra ha attirato tanti uomini soprattutto dall’Europa occidentale che hanno deciso di arruolarsi come Mike. “Con me ci sono anche alcuni italiani che fanno ancora parte dell’esercito in Italia”, racconta Skillt. Con uno in particolare lavora spesso insieme, ha una quarantina d’anni e viene dall’Italia settentrionale. Un uomo “coraggioso, incredibile”. … Icontractors lavorano su indicazione di “sponsor”, come li definisce lo svedese, che in accordo con i gruppi militari o paramilitari nelle zone di crisi si muovono e chiamano i soldati indicando anche la tariffa.” Corriere
sudafrica-solidMilitari italiani, quindi, partecipano al massacro nel Donbas sotto le bandiere del nazismo. Perciò si capisce ancora meglio come mai i nazisti Voerzio e Cazzulani, e il mercenario assassino Fontana, possano muoversi liberamente in Italia; sono protetti dall’AISE e dall’AISI, le agenzie d’intelligence-zerbino della CIA.
E ad integrazione di quanto riportato: “Se è vero che estremisti di destra sono presenti in Siria, servizi segreti e altri hanno motivo di preoccuparsi. La scoperta accidentale di un possibile gruppo estremista di destra in Germania getta luce su tale potenziale: Nel marzo 2012 un uomo fu trovato morto in un albergo nel villaggio Herzberg, circa 60 km a nord ovest di Berlino. L’uomo, identificato come Joerg Lange, era morto d’infarto. Tuttavia, nella sua stanza, la polizia trovò uno zaino militare contenente tre armi, tra cui un fucile mitragliatore modificato di fabbricazione statunitense, e 300 cartucce. Le indagini hanno dimostrato che stava creando un centro di addestramento (per la Siria o per l’Ucraina?). Il necrologio in una pubblicazione estremista notava che Lange aveva combattuto come volontario nelle guerre jugoslave, dalla parte croata (ovvio) e che la morte fu una grave battuta d’arresto “organizzativa e politica” per il progettato centro di addestramento”. Hate-speech
SNIPERSNon si tratta di denunciare il fascistucolo che ancora piange la salma trafugata di Mussolini, o di dare la caccia all”om salvadeg‘ rossobruno, che quando esiste, è coccoloso ospite di PD e ANPI. Si tratta di esporre l’inganno ideologico avanzato da tali arnesi di Gladio, strumenti della NATO per condurre una guerra contro la Storia, e non a caso, l’atlantismo non può che ricorrere ai cadaveri che la Storia ha seppellito nel 1945, ma che il Pentagono e la CIA hanno riesumato e che conservano nel freddo obitorio ideologico politico chiamato Atlantismo.
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La democrazia spontanea di Iannone, Voerzio, Cazzulani-in-Pittella e Federica -manoamica- Mogherini

L''anitmperialismo' di Gladio

L”antimperialismo’ di Gladio
Ciò non dimeno, non va dimenticato che ampi settori del cosiddetto antagonismo anarcoide, legato agli autonomen e agli antideutsches tedeschi, finanziati da Soros e diretti dalle intelligence atlantiste BND e Mossad, si siano schierati al fianco dei nazisti ucraini, non solo diffondendo propaganda atlantista spacciandola come analisi ‘marxiste’, che in realtà sono solo puro schematismo ideologico, settario e ultrasettario, delle varie frange ‘fringe’ dell’ultra-sinistrismo occidentalista, hollywoodiano, che ha come padri fondatori ideologi settari accolti nelle istituzioni accademiche statunitensi, come Mattick, Goldner, Korsch ed altri epifenomeni del ‘marxismo’ quale ideologia statunitense, filo-imperialista e ultracapitalista. La matrice settaria filo-statunitense traspare da tale ‘letteratura’ sottoforma di denigrazione dell’esperienza sovietica, e do vere e proprie espressioni di razzismo verso i russi, cinesi, vietnamiti, latinoamericani. Tali settari, che per vendere meglio la loro mercanzia scaduta e fradicia, smentita dai fatti fin dal ….1848, si camuffano di volta in volta in trotskisti, maoisti, guevaristi, anarchici (cosa che sono in realtà), partigianisti, antifa, antideustche, ecc. Ma il loro segno distintivo, il marchio della bestia, e la sempre indefessa azione di supporto alle aggressioni imperialiste della NATO, denigrando i governi presi di mira dal Pentagono e da Soros (che finanzia le attività di tale feccia rossa e rosso-nera), avanzando la pretesa che siano sempre ‘borghesia nazionalisti’, ‘comunisti nazionali’, ‘nazionalisti capitalisti’, ‘capitalisti di Stato’, ‘centralisti’, e quant’altro. La loro azione si riflette nell’azioni di coloro che appaiono loro ‘avevrsari’, ma che in realtà sono complementari, come Casapound, anarco-nazisti, animalisti specisti e altro pattume umano-politico.
mossad_mottoQuindi non è un caso che tale circo delle pulci rosse, critiche-critiche, antagoniste, anarchiche o autonome, di fatto sostengano sempre e comunque le operazioni della NATO e di Gladio. Come insegna la summa ideologico-organizzativa di tale cloaca, l’OAKKE greca. I santoni di tale sottile strato di melma ideologico-settaria, dedita a disinformazione e sabotaggio, sono i cheerleders dell’UCK Andrea Ferrario e Ilairo Salucci, e i cheerleaders di al-QaidaAntonio Moscato, Valerio Evangelisti e Francesco Ricci, ecc. ecc., tutti proni alla propaganda atlantista, a supporto delle azioni della NATO, dalla Jugoslavia all’Ucraina, con analisi contorte, speciose, confusionarie, contenenti dosi abbondanti di falsità e menzogne, (specialità di gente come Ferrario e Moscato), e cosparse di polverina magica ‘marxiana’ giusto per esaltare e dare allegria ai “dottor gonzi” pronti a cedere all’orgasmo dell’analisi ‘finalmente marxistica’. Poveri fessi, mentre costoro abboccano, i kameraden antifa eantideustche, su ordine del BND e del Mossad che li gestiscono, raggiungono le file dei banderisti-atlantisti a Kiev, per massacrare i ‘subumani russofoni della Novorossija’, che i sunnominati scarafaggi ‘marxistici’ dipingono quale realtà neofascista; come hanno fatto con la Jugoslavia di Miloshevich, la Libia di Gheddafi, la Siria di Assad e il Venezuela di Chavez.

fonte:  http://aurorasito.wordpress.com/
link: http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/26/casagladio-dalla-siria-allucraina/

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Antifa supporter degli ucrofascisti
Antifa supporter degli ucrofascisti

Oro o cannonate: agire contro il crollo del dollaro

IL CROLLO DELL'ECONOMIA E' INEVITABILE

OTTOBRE 27, 2014
Christof Lehmann New Eastern Outlook 27/10/2014






Il crollo dell’economia è inevitabile, ha detto l’ex-capo economista della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) William White in risposta alla relazione trimestrale del BRI di settembre 2013. Gli esperti prevedono che il collasso economico globale possa verificarsi all’improvviso tra la fine del 2014 e il 2015. Il fatto che gli interessi privati detengano Federal Reserve, Banca Centrale d’Inghilterra e le istituzioni di Bretton Woods rendono improbabile che i governi di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea possano impedirne il crollo. Le loro politiche sono sostanzialmente invariate dall’inizio del 2013, quando il vicegovernatore della Banca Popolare cinese Yi Gang ha sottolineato che la Cina non prevede una guerra economica, ma che vi si è preparata. Gli Stati dei BRICS da allora capitalizzano la Banca di sviluppo dei BRICS; l’asse Stati Uniti/Regno Unito e Unione europea hanno lanciato la guerra delle sanzioni alla Russia e la guerra civile in Ucraina. Nel 2014, la Cina comincia ad aprire il settore bancario a investimenti e banche esteri su scala inaudita; l’Australia è impantanata tra pressione degli Stati Uniti e tendenza ad utilizzare le attraenti e sicure opportunità cinesi. Thailandia, Malaysia e altre economie sono sempre più incoraggiante dai loro investitori a studiare il mercato cinese. Con il sistema di Bretton Woods sull’orlo del collasso e possibili conflitti incombenti, l’oro e le nuove economie basate sull’oro attraggono, in alcuni casi più in altri casi una meno esitante attenzione dai governi di tutto il mondo. La tendenza è, sebbene a malincuore accettata, impossibile da ignorare. La Cina ha superato gli Stati Uniti come prima economia mondiale per potere d’acquisto, ed è pronta a diventare la No.1 per PIL entro un anno, riporta il FMI.
Evitare la confusione dei principi. Fiat vs oro
Le valute fiat non sono necessariamente più instabili delle valute basate sui beni. Hanno vantaggi e svantaggi. Le materie prime, ad esempio l’oro, hanno un valore intrinseco dovuto alla presenza fisica e al valore del lavoro investito nell’estrazione e raffinazione dell’oro. Un problema con l’oro è che è limitato, come altre materie prime e non è equamente distribuito nel mondo. L’oro, in altre parole, non è una panacea contro la geopolitica e i conflitti per le risorse. Le valute fiat sono, in linea di principio, infinite. Stampare sempre moneta a corso forzoso senza adattarsi a valori come materie prime, merci, forza lavoro o potenziale produttivo, implica che le prime potenze militari possano essere tentate di costringere le altre ad accettare, in linea di principio, una moneta senza valore fiat che potrebbero contraffare. Gli Stati Uniti, con la loro geopolitica militare e il costringere più volte altre nazioni, come l’Iraq, ad accettare il dollaro dei regolamenti internazionali o a subire una guerra, sostanzialmente producono denaro contraffatto per risolvere i propri bilanci; l’uso di eufemismi come quantitative easing per coprire la fallimentare politica della contraffazione, è un buon esempio dei problemi e rischi inerenti le valute fiat. Mentre le valute fiat non sono necessariamente migliori o peggiori dei sistemi basati sull’oro, il maggiore problema dell’utilizzo di valute fiat negli accordi economici tra le nazioni, è piuttosto il fatto che alcune banche nazionali sono di proprietà privata; cioè, i proprietari sono parte delle reti canaglia che hanno in ostaggio il governo di uno Stato. Lo stesso vale per le istituzioni di Bretton Woods, come FMI e Banca Mondiale. Altre economie nazionali funzionano bene con valute a corso forzoso, a condizione che la banca nazionale sia una realtà nazionale e che la moneta non sia creata come debito. L’attuale “corsa” all’oro, in altre parole, non è causato da vantaggi intrinseci e superiori delle economie basate sull’oro, ma piuttosto dalle dinamiche conflittuali dell’attuale politica internazionale.
L’illusione che un mercato sotto pressione possa mantenere liquidità
La relazione trimestrale realisticamente pessimista della Banca dei Regolamenti Internazionali, del settembre 2013, indicò il quantitative easing della Banca centrale europea e della Federal Reserve Bank degli Stati Uniti come uno dei principali fattori che potrebbero causare il collasso economico globale. Gli esperti concordano sul fatto che la Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno perso il controllo sul diluvio di denaro e debito che creano. Il rapporto della BRI ha osservato, in tante parole, che è impossibile per Federal Reserve e BCE rimettere il dentifricio nel tubetto, mentre, all’epoca, il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, continuava a spremere il tubetto. L’ex-capo economista della BIS William White ha avvertito, in modo inequivocabile, che il mondo è diretto verso un inevitabile crollo economico globale. White ha osservato che la bolla del credito globale sta per scoppiare e che la percentuale dei prestiti di rischio estremo è balzata del 45 per cento a metà 2013. Cioè, l’interesse sui prestiti di rischio estremo è il dieci per cento in più dalla comparsa della crisi economica globale nel 2007. Parlando a The Telegraph, White ha aggiunto che la situazione nel 2013 era peggiore di prima del crollo di Lehmann Brothers. Il giornale citava White, “Tutti gli squilibri precedenti sono ancora lì. Il totale dei debiti pubblico e privato è del 30 per cento più elevato nel PIL delle economie avanzate di quanto non fosse allora, aggiungendovi il problema del tutto nuovo delle bolle nei mercati emergenti che intendono inserirsi nel ciclo del boom“. White prevede che il collasso economico possa essere improvviso, aggiungendo il problema che la politica finanziaria degli Stati Uniti è imprevedibile e che sia un’illusione credere che un mercato sotto stress possa mantenere liquidità. I problemi di liquidità degli Stati Uniti sono evidenti dal 2013, quando la Federal Reserve respinse i sindaci tedeschi venuti a controllare le riserve d’oro della Germania negli Stati Uniti. Nel 2013 la Germania, come molti altri, iniziò la copertura contro il crollo economico atteso tentando di rimpatriare la maggior parte delle proprie riserve auree. La banca federale e il governo tedeschi risposero al rifiuto chiedendo il rimpatrio dell’oro tedesco dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti risposero che potevano fornire l’oro a rate entro il 2020. Gli Stati Uniti da allora iniziarono a consegnare le rate, ma dissero alla Banca Federale Tedesca che dovevano fondere i lingotti prima della consegna. I lingotti d’oro che la Germania ha ricevuto, da allora, in altre parole non sarebbero identificabili dai numeri di serie. Il processo di ri-fonditura rimuove anche l’impronta digitale chimica con la quale l’oro potrebbe essere identificato come l’oro che la Germania aveva depositato negli Stati Uniti. In altre parole, potrebbe ricevere l’oro rubato alla Libia nel 2011.
Un articolo ironico, intitolato “L’oro della Germania e la Fed dei fessi” descrive la situazione utilizzando un’allegoria. Un motociclista investe il proprietario di una Ferrari, gli rompe le ossa e quindi gli ruba l’auto dicendogli: “guardi quanto è pericoloso il mondo, mi permetta di prendermi cura della sua bella Ferrari”. Quando il titolare si riprende e chiede di riavere l’auto viene cacciato. Dopo di che riceve il permesso di vedere il motore, senza numero di serie, quindi un volante, e alla fine riottiene i pezzi di ricambio che possono, o non possono, provenire dalla sua auto. Infine le altre parti dell’auto vengono consegnate in sette anni. Inutile dire che gli Stati Uniti comunque mancano di liquidità. Molti analisti notano che gli Stati Uniti hanno venduto la maggior parte dell’oro che avrebbero dovuto detenere per conto di altre nazioni. Il furto potrà essere coperto fin quando sarà possibile mantenere lo status quo del fallimentare sistema di Bretton Woods.
peoples_bank_of_china--621x414La Cina si prepara alla guerra economica
Il vicegovernatore della Banca Popolare cinese, Yi Gang, ha dichiarato all’inizio di quell’anno che la Cina può pienamente affrontare una guerra valutaria, se necessario. L’agenzia cinese Xinhua ha citato Yi Gang dire: “La Cina è pronta nelle politiche monetarie ed altri meccanismi, ad affrontare una possibile guerra valutaria, e la Cina terrà pienamente conto della politica dei quantitative easing condotta dalle banche centrali di certi Paesi“. La Cina da allora, prudentemente, ha iniziato a sbarazzarsi dei dollari USA utilizzandoli per acquisire beni di valore nelle economie occidentali, ampliando la portata delle sue importazioni di risorse strategiche, investendo in partnership per garantirsi le risorse e in partnership di produzione in Europa, Latina America, Africa, Asia e Medio Oriente, e tutto questo su una scala senza precedenti. Mentre Stati Uniti, Regno Unito ed Unione europea continuano la loro “quantitative easing”, una strategia per sfuggire al crollo incombente, in generale creando conflitti per perpetuare ancora un po’ il non-glorioso nuovo secolo americano.
Il piano di Stati Uniti/Regno Unito era impedire la costruzione del gasdotto Iran-Iraq-Siria con l’obiettivo di creare insicurezza sull’invio del gas iraniano all’Europa; un coinvolgimento profondo nella crisi in Ucraina, volta a generare insicurezza sulle fornitura di gas russo all’Europa; tentare di forzare l’Europa alla dipendenza degli Stati Uniti su gas e petrolio di scisto statunitensi mentre arginano Mosca; tutto ciò sono risposte illecite a problemi economici leciti. Risposte pericolose e intrinsecamente inadatte a una prevenzione efficace, o almeno attenuazione della crisi economica globale e alla fine del sistema monetario di Bretton Woods. Anche nel 2013, mentre gli esperti avvertivano che il collasso economico globale è inevitabile e mentre altri già notavano che USA/UK non potendo vincere la guerra alla Siria, già dal luglio 2012, puntavano al conflitto in Ucraina, gli Stati membri dei BRICS s’incontravano a margine del G20 a San Pietroburgo, in Russia, decidendo d’istituire la Banca di sviluppo BRICS come complemento a FMI e Banca mondiale. Nel luglio 2014, la Banca di sviluppo dei BRICS è stata fondata con 100 miliardi di dollari. Inoltre, il conflitto in Ucraina ha avvicinato Russia e Cina nella cooperazione economica, energetica, nonché nella sicurezza.
L’apertura della Cina: far gravitare le nuove economie verso l’oro
La Cina ha risposto alla plausibilità del crollo economico globale con la deregolamentazione relativamente rapida e completa su investimenti esteri e commercio. La Cina è, tuttavia, abbastanza prudente da assicurarsi il controllo dello Stato sull’economia nazionale e la moneta. L’apertura della Cina non è passata inosservata. Nel luglio 2014, l’assistente del Governatore del Gruppo operazioni sui mercati finanziari della Banca di Thailandia (BoT), Chantarvan Sucharitakul, ad esempio, ha tenuto un seminario per investitori e uomini d’affari thailandesi. Chantarvan ha incoraggiato gli investitori tailandesi dicendo che dovrebbero indagare sui vantaggi dell’uso dello yuan nei pagamenti quando trattano con la Cina. Chantarvan ha detto: “Attualmente l’uso dello yuan cinese in Thailandia non è molto diffuso in quanto solo l’1 per cento delle attività commerciali della Thailandia con la Cina avviene utilizzando il renminbi (RNB)… Tuttavia, questo tasso è in rapido aumento e pertanto gli investitori thailandesi dovrebbero imparare ad utilizzare il canale di trading supplementare perché importanza e popolarità dello yuan aumenteranno in futuro, anche se non è ampiamente accettato e completamente libero in questo momento“. Sviluppi analoghi si vedono in Malesia, Indonesia e molti altri Paesi asiatici. Questo sviluppo non avviene senza la rigida resistenza degli Stati Uniti. La Thailandia ha subito una grave crisi nel 2014, quando l’opposizione popolare al governo di Yingluck Shinavatra sfidava il governo sul rigetto dell’amnistia per il fratello Taksin Shinawatra, creando una situazione di stallo prolungato e infine l’intervento della maggioranza sostenuta dai militari in Thailandia. L’ex-premier Taksin Shinawatra, che ha ammesso che governava il Paese dall’estero tramite la sorella Yingluck, era fuggito dalla Thailandia dopo essere stato condannato per corruzione. Tali eventi sarebbero un tentativo fallito d’istigare la guerra civile in Thailandia, sostenuta dalle élite di Wall Street e Londra, e l’imposizione di sanzioni degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti così come le lobby di Wall Street e la City of London, sono più smussati quando si tratta di nazioni come l’Australia. Probabilmente perché percepita come nazione popolata prevalentemente da caucasici, l’Australia subisce un approccio soft-power, mentre Stati Uniti/Regno Unito si ritengono più legittimati nel tentare di sovvertire la Thailandia con la violenza, segno del razzismo radicato osservabile nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Soft power o meno, la pressione degli Stati Uniti contro il tentativo dell’Australia di agire nel migliore interesse degli australiani impantana il governo australiano. Nell’ottobre 2014, la giornalista australiana Michelle Grattan riferiva che alti membri del governo australiano sono divisi sulla possibilità che l’Australia debba firmare la banca internazionale per finanziare lo sviluppo delle infrastrutture, che la Cina si appresta a lanciare nel novembre 2014. Grattan ha osservato che: “L’Australia è sotto pressione degli Stati Uniti, affinché non partecipi alla nuova banca. … Il piano cinese rientra nel grande contesto geopolitico internazionale della concorrenza cino-statunitense nella regione. Gli statunitensi, che vedono la banca come possibile via per aumentare l’influenza della Cina nei Paesi dell’Asia sud-est, fanno vive pressioni per tenersene fuori”. La Cina, dal canto suo, ha annunciato che avrebbe offerto fondi ai Paesi in via di sviluppo nella regione per progetti su energia, telecomunicazioni e trasporti. La Cina ha dichiarato che inizialmente finanzierà la banca di sviluppo regionale con 50 miliardi di dollari, non yuan o renminbi. I segnali sono chiari. La Cina è uno dei più grandi possessori di debito e dollari degli Stati Uniti. La Cina si sbarazza del dollaro sempre più velocemente, e fa il massimo per non ribaltare le economie basate sul dollaro già in difficoltà estrema. Ancora più importante, la Cina investe tali dollari nello sviluppo strategico dei partenariati regionali aiutando le economie delle nazioni più deboli come il Laos, aprendo i suoi mercati a investitori e commercianti di Thailandia, Malaysia, Australia, favorendo la cooperazione su energia e sicurezza con la Russia, utilizzando Hong Kong come base per la sua apertura economica. Del 2014 il conflitto sull’autodeterminazione politica di Hong Kong deve essere visto nella prospettiva della prudente, ma rapida, apertura economica della Cina ai capitali stranieri. Non sorprende che la National Endowment for Democracy, l’ala soft power del dipartimento di Stato degli Stati Uniti e della CIA, sostenga il movimento di Hong Kong “Occupy Central“.
La scena è pronta per una transizione, sia che si presenti sotto forma di crollo improvviso o meno. La spinta primaria di tale transizione, probabilmente, non è la debolezza intrinseca di Stati Uniti/Regno Unito e del sistema monetario ed economico basato sul debito dalle istituzioni di Bretton Woods, ma senza dubbio il fatto che i governi di Paesi come Venezuela, Mozambico, Laos, Myanmar ed altri percepiscano l’approccio soft power della Cina assai meno problematico e, soprattutto, assai meno letale e devastante del presunto “Nuovo secolo americano”. E’ come scegliere tra l’oro e le cannonate.
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Capisco perchè sia così grande da vedersi dallo spazio
Dr. Christof Lehmann è un consulente politico indipendente su conflitti e risoluzione dei conflitti, fondatore e direttore di Nsnbc, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
link:  http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/27/oro-o-cannonate-agire-contro-il-crollo-del-dollaro/