spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

domenica 30 giugno 2013

BASILICATA PETROLIO - ACCORDI SEGRETI (fregatura assicurata)

Gas, Eni-Val d'Agri,l'accordo super segreto.

di MARIATERESA LABANCA.



















Manca solo la firma ufficiale: 45.000 metri cubi al giorno ai comuni dell'area. Non più royalty ma compensazioni in materia prima.
La trattativa su cui fino ad ora c'è stato il massimo riserbo è chiusa. Manca solo la sottoscrizione finale. Eni e Comune di Viggiano - titolare dell'iniziativa e delegato alla contrattazione dalle altre amministrazioni dell'area - si sono messi d'accordo così: del milione e seicento mila metri cubi di gas aggiuntivo derivanti dai lavori sulla V linea del Centro Oli, 45.000 metri cubi giornalieri andranno ai dieci comuni dell'ex comunità montana della Val d'Agri, ovvero quelli maggiormente interessati dalle attività amministrative.

Non più royalty ma compensazioni in materia prima. Tanta materia prima: più di 16 milioni di metri cubi di gas all'anno che saranno a disposizione delle amministrazioni comunali. Una notevole quantità,  nettamente superiore rispetto a quella che attualmente viene consumata. Cosa ne faranno? Il "tesoretto" di gas verrà utilizzato per ridurre e quasi completamente azzerare la bolletta energetica di privati cittadini e imprese. Una altra quota verrà destinata ad usi sociali: rendere completamente indipendenti ospedale, scuole, asili ed altre strutture pubbliche di questo tipo. Resta da programmare l'utilizzo della restante parte della gas ricevuto in termini di compensazione per le attività estrattive. E i comuni stanno pensando di creare un Consorzio: un ente sovra comunale che si occupi in maniera specifica della gestione e della pianificazione  della risorsa materiale. Per esempio mettendola a disposizione di nuove investimenti sul territorio che concilino occupazione, ricerca e sviluppo sostenibile. Insomma, strumenti nuovi per superare il solito paradosso: petrolio senza sviluppo. E' un grande risultato per l'area della Val d'Agri. Che oltre a tradursi in vantaggi concreti per i singoli territori potrebbe trasformarsi in un modello per tutta la regione. Sulla  parte aggiuntiva di gas estratto con i lavori sulla quinta linea del Centro Oli anche la Regione dovrà contrattare la sua "parte". La legge prevede che - così come per il petrolio - del 7% (oggi 10%) della produzione complessiva di gas, il 15 per cento vada ai Comuni, e l'85% per cento a Regioni e Stato. Quest'ultimo però ha rinunciato alla sua parte. Quindi, alla regione spetta una fetta molto consistente. Se si decidesse di seguire l'esempio che arriva dai comuni della Val d'Agri i costi di energia potrebbero essere sensibilmente ridotti per tutti i lucani. Lo sconto in bolletta potrebbe essere un grosso richiamo per nuovi investimenti su tutto il territorio regionale.

In viale Verrastro si sta lavorando per una sorta trattativa parallela sulla percentuale spettante. Solo che qui le cose sono un pò diverse. Perché la trattativa corre in parallelo con l'autorizzazione alla estrazione di ulteriori 20.000 barili di greggio al giorno. Il vuoto amministrativo che si è venuto a creare con le dimissioni del presidente De Filippo complica le cose e dilata i tempi. E il peggio è che i comuni della Val d'Agri per sottoscrivere l'accordo conclusivo dovranno attendere comunque la Regione. Certo è che alla nuova Giunta spetterà anche decidere come condurre la trattativa e cosa e in che quantità chiedere come contropartita rispetto all'aumento di produzione. Sulla stessa strada seguita dalle amministrazioni della Val d'Agri vorrebbe muoversi, invece, Corleto Perticara, insieme agli altri comuni interessati dal progetto Tempa Rossa di Total Italia. Attualmente è previsto che il gas naturale proveniente dall'area sia affidato alla Società energetica lucana.


commento : ci venderanno attraverso un altro carrozzone politico tipo "impresa lucana gas", l'energia al prezzo voluto dalle esigenze della politica regionale.
fonte http://www.ilquotidianodellabasilicata.it/news/cronache/714065/Gas--Eni-Val-d-Agri.html

BASILICATA PETROLIO - i sindacati contro la Total

Illegalità a Tempa Rossa, 
sindacati contro Total

Cgil, Cisl e Uil diffidano la società: Non si può procedere ai lavori di Tempa Rossa,  «in assenza di qualsivoglia protocollo di legalità e, più in generale,  di un confronto in materia»


pozzi di petrolio in val d'Agri


I SINDACATI diffidano Total e le imprese aggiudicatarie degli appalti.  Non si può procedere ai lavori di Tempa Rossa,  «in assenza di qualsivoglia protocollo di legalità e, più in generale,  di un confronto in materia». Cgil, Cisl e Uil lo hanno messo nero su bianco in una lettera inviata a Total, alle ditte, ma anche, per conoscenza, al prefetto di Potenza e al presidente della Giunta regionale. «Non solo occorre favorire l'occupazione locale - si legge nel comunicato stampa con il quale hanno annunciato la diffida - ma si deve fare della trasparenza e del massimo di attenzione al rispetto della legalità, la precondizione di ogni attività, nell'interesse di tutti a partire da quello dei cittadini lucani». Oltre ai segretari generali lo sostengono anche i sindacalisti di categoria.  «Alla luce delle osservazioni tecniche e legali – scrivono i sindacati nella loro lettera – invitiamo tutte le parti in causa a prendere atto della situazione di dubbia legalità in cui si sta operando, per addivenire immediatamente a tutti quei tavoli di confronto istituzionali e sindacali volti, nel rispetto delle normative sopra richiamate, a garantire massima legalità e trasparenza. In caso contrario non potremo che procedere a formali segnalazioni presso le sedi competenti».

«Del resto, da tempo – continuano Genovesi, Falotico e Vaccaro, Segretari Generali di Cgil, Cils e Uil – stiamo chiedendo che si apra un confronto a tutto campo sul ruolo della Total in Basilicata e su come trasformare gli investimenti previsti in un'occasione di lavoro per centinaia di operai edili lucani. Tra opere edili e opere industriali stiamo parlando di oltre 1500 posti di lavoro e  un miliardo circa di investimenti che devono produrre occupazione stabile e di qualità per il nostro territorio, i nostri disoccupati, le imprese locali. Le stesse parole d'ordine della manifestazione sindacale del Primo maggio a Corleto, così come le richieste specifiche, contenute nel Piano del Lavoro sono chiare: serve un protocollo di settore che, partendo da impegni chiari e verificabili sull'impiego di manodopera locale nelle fasi di realizzazione del centro oli, individui anche, già da ora, come garantire il coinvolgimento delle imprese locali, quali interventi per la salute e sicurezza e per la tutela ambientale, quale valorizzazione delle professionalità lucane. Su questo, ci attendiamo un protagonismo attivo della Regione, delle istituzioni tutti e soprattutto senso di responsabilità da parte di Total, con fatti e accordi, non parole o elemosine».

sabato 29 giugno 2013 09:50
fonte http://www.ilquotidianodellabasilicata.it/news/cronache/714168/Illegalita-a-Tempa-Rossa--.html


BASILICATA SANITA'- RIDUZIONE TICKET SOLO SULLE PRESTAZIONI SPECIALISTICHE

Basilicata: da luglio riduzione ticket per prestazioni specialistiche.

26 Giugno 2013 


sede Regione Basilicata

















(ASCA) - Potenza, 26 giu - La regione Basilicata, a partire dal 1 luglio, rivede il regime dei ticket sanitari ed elimina la quota fissa aggiuntiva a ricetta per la specialistica ambulatoriale, introdotta dal governo nazionale nel 2011, fermo restando il pagamento della compartecipazione massima alla spesa sanitaria per ricetta (pari a 36,15 euro) a carico dei cittadini non esenti.

Lo comunica la Regione in una nota sottolineando che per la farmaceutica, si prevede un contributo minimo in base al reddito familiare: pari ad un euro per gli assistiti, e familiari a carico, con reddito familiare inferiore ad euro 8.263,31, incrementato a 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori euro 516,00 per ogni figlio a carico (nuovo codice di esenzione regionale E05) e pari a due euro per gli assistiti, e familiari a carico, con reddito familiare superiore ad euro 8.263,31 incrementato ad euro 11.362,05 in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori euro 516,00 per ogni figlio a carico. Il codice di esenzione E05 comprende i beneficiari del programma regionale di contrasto delle condizioni di poverta' e di esclusione sociale, il Copes. Per la farmaceutica territoriale, la quota fissa aggiuntiva di un euro a ricetta si applica anche agli assistiti con codice di esenzione E02 ed E04 e si conferma la quota fissa aggiuntiva pari a zero euro per i cittadini esenti.

Dal 1 luglio, dunque, non saranno piu' valide le esenzioni per la farmaceutica rilasciate sulla base dell'Isee. Il medico prescrittore - fino al prossimo 31 dicembre per consentire l'adeguamento dei sistemi informatici aziendali finalizzati al rilascio dell'attestato di esenzione - dovra' indicare sulla ricetta il codice E05 dichiarato dall'assistito che, per autocertificare la posizione reddituale, dovra' apporre sul retro della ricetta la propria firma autografa. Successivamente, l'assistito dovra' recarsi presso l'azienda sanitaria territorialmente competente per ottenere il attestato di esenzione.

Hack: fu la prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico

La politica della FED e i timori per l'Italia

La politica della FED e i timori per l'Italia


Scritto da Angela Iannone | Yahoo! Finanza
ven 28 giu 2013
















Non è nemmeno iniziato e già gli investitori obbligazionari statunitensi considerano il trimeste che viene come il peggiore della storia dal 1994.
Dopo le settimane burrascose della Fed, la banca centrale statunitense che punta ad una politica di alleggerimento quantitativo in vista di un'economia più forte, gli investitori si preparano ad affrontare un'estate volatile, decidendo la giusta allocazione tra azioni e obbligazioni: è bastato vedere il Barclays US Aggregate Index, il principalle punto di riferimento degli investimenti per i manager a reddito fisso, che ha registrato un rendimento totale di meno 2,8% nel secondo trimestre. La peggiore proiezione dal 1994.

Quello che un po'tutti cercano di capire è l'impatto che avrà la fine del QE sui prezzi dei rendimenti dei bond e quale sarà l'entità del rischio.
La decisione della Federal Reserve di ridurre - fino all'esaurimento - il piano di sostegno all'economia da 85 miliardi di dollari al mese ha provocato un paradossale recupero dei rendimenti delle Piazze asiatiche, stimolando l'acquisto sui mercati. Così anche l'andamento del Pil americano - +1,8% nel primo trimestre rispetto al +2,4% inizialmente stimato - ha allontanato l'eventualità che la banca centrale Usa acceleri il piano di disimpegno.

Un'eventualità che scongiura anche l'Italia, il cui mercato obbligazionario - dopo la decisione della Fed - è stato costantemente instabile e fragile, allarmato dalla riduzione progressiva della liquidità a disposizione. Le obbligazioni italiane, così come quelle spagnole, continuano a calare di settimana in settimana e le prospettive di una chiusura dei rubinetti pesano sugli attivi ad alto rendimento.
Nel frattempo, il Ministro delle Finanze Fabrizio Saccomanni prova a tranquillizzare i mercati dicendo che l'aumento dei rendimenti delle obbligazioni statali non durerà a lungo, anche se un aumento del costo del debito per l'Italia si traduce in un maggiore pericolo per la sostenibilità fiscale: "Ipotizzare l'inizio di una protratta crescita dei tassi non è coerente con i dati economici dei principali Paesi, di Usa e Giappone", ha dichiarato ai margini dell'Ecofin. Sottolineando come l'andamento dello spread BTp/Bund decennale, sia frutto di "una tensione globale che proviene dall'estero e non cambia il quadro congiunturale europeo". L'incertezza, però, "si ripercuote di più sui Paesi che hanno un debito più alto", come l'Italia appunto, appena uscita dalla procedura di deficit eccessivo e che quindi non può più permettersi di sforare il tetto del 3% del deficit/Pil.

Un pericolo di nome bond

Situazione differente negli Stati Uniti, dove Wall Street ha chiuso nelle ultime sedute in lieve rialzo e il rendimento del Treasury decennale è rimasto invariato. Una situazione paradossale, in totale controtendenza con i titoli dei Paesi più in difficoltà dell'Eurozona: Grecia, Spagna, Portogallo e Italia.

Appuntamento alla prossima settimana, con le aste di fine mese del Tesoro italiano, che proverà ad "accaparrarsi" tra i 15 e i 18,5 miliardi di euro. Come scrivono su un editoriale de Il Sole 24 Ore del 24 giugno, queste aste attireranno l'attenzione dei mercati per due motivi: innanzitutto per vedere "quanto l'Italia è disposta a pagare in più rispetto allo scorso mese ma soprattutto qual è il premio richiesto dagli investitori. In un mercato talmente cacofonico, il punto non è se lo spread BTp/Bund raggiungerà quota 300, ma se da quel livello continuerà a salire o invece calerà perché a quel livello rappresenterà una ghiotta opportunità di rientro sul rischio-Italia".

Dall'euro si può uscire, i trattati lo prevedono.

Uscire dall’Euro, i Trattati lo prevedono?



Presentiamo questo interessante articolo di Angela Iannone apparso su Yahoo! Finanza.

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Si può uscire dall’euro? Legalmente? E’ un’ipotesi che diventa sempre più ricorrente e viene vista come il “male minore” rispetto a quella di perseguire le politiche economiche comunitarie, causa di austerità e recessione in molti Paesi europei. Alla domanda ha provato a rispondere Pietro Manzini, docente di Diritto Internazionale, ospite al Festival dell’Economia di Trento che si è svolto qualche giorno fa. 
L’opinione comune, secondo Manzini, sostiene che non si può uscire dalla moneta unica senza una previa modifica dei Trattati . In realtà,ci sono altri aspetti da esaminare e soprattutto, tre differenti ipotesi che sono: l’espulsione dall’euro di uno o più paesi in default; il recesso volontario di questi stessi paesi e l’abbandono volontario dell’euro da parte dei paesi virtuosiper costituire un “super euro”. Analizziamo attentamente e separatamente le tre ipotesi.
La crisi dell'Eurozona, la situazione Paese per Paese: 
L’ipotesi di un’espulsione per rischio default è la più improbabile perché, secondo Manzini,“non è contemplata in nessun caso dai Trattati europei, né per quanto riguarda l’appartenenza all’Unione né per quanto attiene l’adesione all’euro”. 
L’Unione Europea è infatti disciplinata da una serie di regole, racchiuse nei Trattati, che hanno proprio lo scopo di evitare che un Paese venga estromesso dall’Europa. Tra queste, l’articolo 126, relativo al problema dell’eccesso di disavanzo pubblico rispetto al Pil, stabilisce che la Commissione o gli altri Stati membri devono“obbligatoriamente perseguire una soluzione politica elaborata in seno al Consiglio”, come “intimare” allo Stato a rischio di prendere misure correttive, ma non l’uscita dall’euro. Perciò “non appare configurabile nessuna espulsione forzata di uno Stato in default, né attraverso un ricorso alla Corte, né con una deliberazione politica da parte degli altri Stati membri”.
Il secondo caso previsto riguarda il recesso volontario dei Paesi a rischio. In questo caso, il Trattato prevede, con l’art. 50, che “ogni Stato membro possa decidere di recedere dall’Unione”. Una decisione che, sebbene non esplicitamente prevista dai Trattati, non è “giuridicamente inimmaginabile”: questo articolo, infatti, prevede che si può uscire dall’Unione in toto e non soltanto da un suo “pezzo”, ovvero la moneta unica. In realtà, esistono altre norme dei Trattati – come l’articolo 3 o l’articolo 140 – che legano Unione e euro in maniera definitiva. Tuttavia, secondo il docente, l’articolo 50 non è un ostacolo giuridico insormontabile all’uscita dall’euro pur restando nella UE: “Anzitutto – spiega – prevedendo la possibilità di recesso dall’Unione, non vieta esplicitamente il recesso solo dall’euro; [...] in secondo luogo, una norma che ammette la possibilità di recedere dall’intero blocco degli obblighi europei potrebbe essere interpretata nel senso di consentire anche la possibilità di recedere da una parte soltanto di questi obblighi”.
C’è poi l’ultima ipotesi, quella che vede allontanare gli Stati virtuosi da quelli a rischio default, costituendo una nuova area con una nuova moneta più stabile dell’euro. Ipotesi verificabile, ma meno compatibile con l’attuale struttura costituzionale europea. In particolare, l’articolo 3 prevede che “la moneta dell’Unione sia l’euro” e perciò esclude la possibilità che vi siano due monete in circolazione. Inoltre, l’uscita volontaria non parla di uscita in blocco. Tuttavia, abbiamo visto come l’articolo 50 lo permetta, anzi, spiega Manzini, gli Stati virtuosi possono motivare la loro uscita proprio dal non rispetto da parte degli altri Stati dei vincoli posti dai Trattati europei.
In sintesi, a parte l’impossibilità nel primo caso – l’estromissione per rischio default -  per gli altri due casi non vi sono ostacoli giuridici insormontabili da impedirne l’attuazione. “È meglio saperlo -conclude l’autore -  nel caso in cui il ‘recesso volontario’ venga suggerito dai partner europei come una soluzione obbligata.


Fiorito contro tutti

Fondi Lazio, Fiorito contro tutti: “Polverini sapeva e Storace incassò di più”

L'ex capogruppo del Pdl condannato a 3 anni e 4 mesi deposita una denuncia in Procura: "Indagate tutti i consiglieri regionali della vecchia legislatura". Per Batman La Destra ricevette 266mila euro in più, mentre la presidente era "l'organizzatrice ab origine". Accuse sempre respinte

Franco Fiorito
Certo, difficile credere alla sua versione, per esempio, sulla vacanza nel resort in Sardegna, per due persone, costata 30mila euro, e pagata con i rimborsi del partito. Un vero errore – dice Batman – che non riesce a perdonarsi: “ Vado in vacanza dopo la campagna elettorale … scelgo un albergo di lusso… parto da solo, non volevo sentire nessuno, né avevo buoni rapporti con la mia ex fidanzata. Per una serie di casualità, mi ritelefona, cerca di raggiungermi e poi me la trovo che proprio è partita, e arriva in Sardegna”.
Di spiegazioni al limite dell’inverosimile, nei tanti verbali di Fiorito, se ne contano parecchie, come quella sul famoso Suv Bmw, acquistato con i soldi pubblici: “Se avessi evitato sarebbe stato opportuno … non è che avessi bisogno di andare in giro a fare lo scemo con il Suv degli altri”. Poi aggiunge che anche il parco auto dell’opposizione, però, non s’ispirava esattamente a criteri di sobrietà: “Il Pd c’ha un’ Audi, l’Udc ha noleggiato una Delta, insomma, voglio dire, non so tutti con quali strumenti perché non mi sono mai impicciato”. Ecco: è da febbraio che Fiorito – attende la sentenza in appello a inizio luglio – punta a colpire i presunti filistei visto che lui, il Sansone della Regione Lazio, la sua punizione l’ha già ricevuta. Assistito dal suo avvocato, Carlo Taormina, presenta alla procura di Roma un esposto e chiede che “si proceda, con la stessa determinazione manifestata nei suoi confronti”, anche nei riguardi di “tutti i consiglieri regionali della vecchia legislatura”.
L’obiettivo: “perseguire chi abbia consumato comportamenti penalmente illeciti”. E per denunciare il sistema, Batman si trasforma così in abile matematico, proprio lui che i suoi calcoli, per acquistare consenso, li faceva pressappoco così: “Io non c’ho cene (…) perché non l’ho mai utilizzato come strumento elettorale, è una perdita di soldi e tempo pagare 20/30/40 euro, a uno, per stare seduto, che poi magari viene solo per mangia’”. E quindi – tra una moltiplicazione e una divisione – punta il dito sul leader de La Destra, Francesco Storace e il presidente della Regione, Renata Polverini, lasciando ombre sulla vecchia opposizione. La parola chiave, come vedremo, è “surplus”. “Non per essere un matematico senza fine…” dice, prima di sciorinare una tesi molto simile a quel famoso motto di Totò: è la somma che fa il totale. E in soldoni denuncia: fate i conti, partito per partito, e vedrete che la somma non torna mai, per nessuno.
I due tipi di contributi
“Esistono due tipi di contributi”. Il primo: “136mila per ciascun consigliere (100mila per attività politiche, 36mila per collaborazioni esterne)” per i quali sono necessarie “le pezze d’appoggio”. Il secondo riguarda “tutte le erogazioni eccedenti i 136mila euro, su cui regna ogni oscurità…”. È questo il “surplus” che Fiorito s’affanna a spiegare, calcolatrice alla mano e delibere sul tavolo, tra lo scetticismo degli inquirenti, che gli contestano: “Non ha alcun riferimento normativo”. E lui ribatte: era un “accordo tacito che premia i capigruppo”. E non solo loro.
L’accordo politico“L’erogazione del surplus … ha un’origine ‘altamente politica’, da rinvenirsi in un’intesa, attuata all’inizio della legislatura, tra la Polverini e Storace”. Il meccanismo è semplice, racconta Fiorito che, da capogruppo Pdl, nel 2011, guidava una truppa di 17 consiglieri. In realtà, seguirlo, è un’impresa improba. Ma tant’è: “Sommiamo 100mila euro per 17 componenti: arriviamo a 1,7 milioni l’anno”. Poi aggiunge i 36mila euro – cadauno – per le collaborazioni esterne: “612mila euro all’anno”. Risultato: il gruppo dovrebbe incassare 2.324mila euro. Il pagamento avviene in “quattro rate” e ogni trimestre, nelle casse del Pdl, arrivano circa 581mila euro. A fine anno, però, la sua squadra incassa ben 2.850 milioni: circa 500mila euro in più. Questo “surplus” arriva perché esistono delle “quote” destinate ad alcune cariche. Fiorito dice di intascare 100mila euro come componente della Commissione bilancio, 200mila come presidente della stessa Commissione, altri 200mila euro come capogruppo del Pdl. “A fine anno, quando l’ultima rata viene pagata in due momenti, arriva il conguaglio, che supera la somma prestabilita”.
Storace ha preso 266mila euro in piùLo stesso sistema, scrive Fiorito nell’esposto, vale per La Destra di Storace. Il gruppo è costituito da due soli consiglieri e l’operazione – sostiene – è identica: 136mila euro, per due, fa 272mila euro. Ma nel 2011 La Destra ne incassa 538mila: “266mila euro in più”. Per quale motivo? “Per la carica di presidente del Gruppo”. E il presidente è proprio Storace. E aggiunge: “I documenti che voi avete tratto dai funzionari, sono falsi, nel senso che vi danno soltanto una parziale copertura delle cifre effettivamente versate”.
La Polverini è l’organizzatrice ab originePoi passa in rassegna il gruppo della Polverini: “Ha ricevuto 335mila euro in più, nonostante la presidente Polverini – organizzatrice dell’operazione ab origine insieme a Storace – vada affermando di nulla aver mai saputo e percepito”. Le accuse di Fiorito – emerse a sprazzi in questi mesi – sono sempre state respinte sia da Storace, sia da Polverini, che hanno annunciato di volerlo denunciare. Ma è lo scenario politico, delineato nei verbali e nell’esposto, a risultare devastante per tutti. Opposizione inclusa. Perché sotto il profilo politico, la lievitazione dei rimborsi in Regione – da 1 a oltre 17 milioni di euro – con quote doppie e triple distribuite per i leader di ogni partito, sembra il frutto di una trattativa che nessuno ha mai contrastato. Sforbiciando qua e là, un po’ dalle spese telefoniche, un po’ dal giardinaggio, sbucavano i soldi per i consiglieri. “L’intesa fu portata alla valutazione dell’Ufficio di presidenza in cui sedevano, oltre al presidente del Consiglio Mario Abbruzzese (Pdl), Raffaele d’Ambrosio (Udc), Bruno Astorre (Pd), Gianfranco Gatti (Lista Polverini), Isabella Rauti (Pdl) e Claudio Bucci (Idv)”. In quella sede “si deliberavano l’entità dei contributi da spartire, su input del presidente Polverini”. Il giudice chiede: “Sono i cinque sei capi che fanno questa decisione o se la trovano”? “La ordina il presidente del consiglio – risponde – in genere con i gruppi più grandi. Però ne sono a conoscenza tutti i consiglieri che vengono a chiedere: “Quanto prendiamo quest’anno?”.
La trattativa della Polverini e il foglietto di Storace
Riferendosi alla Polverini Batman dice: “La verità l’ho detta, non ho mai trattato personalmente questo tipo di attività, ci fu una trattativa che fece Storace e tornò con il foglietto con scritte le quote… è indubbio che lei non potesse non sapere, anche perché riceveva le stesse somme all’interno del proprio gruppo…”.
La trattativa con l’opposizione
Ed ecco come si blinda l’accordo. “Per confermare che c’era ‘sto accordo, l’opposizione – e anche qualche membro di maggioranza che non si fidava di Abbruzzese – pretendeva che noi votassimo il bilancio del Consiglio, prima di portare in aula quello generale. Cioè: che cosa significa? Significa che noi, una volta che abbiamo stabilito le quote per i singoli consiglieri, e che verifichiamo che sono contenute all’interno del bilancio del consiglio, sappiamo che, se quei soldi vengono effettivamente versati, poi noi li avremo”.
Tre minutiLa manovra veniva votata in tre minuti da tutti: opposizione compresa. “Lei troverà discussioni sul bilancio del Consiglio pari a zero. Illustrazione del segretario generale, Nazareno Cecinelli, di tre minuti. Votazione all’unanimità: perché? Perché quando si arrivava, già si sapeva che, se c’erano quelle quote, poi, era responsabilità del presidente”. La versione di Fiorito è stata smentita da Cecinelli e da Maurizio Stracuzzi, responsabile del trattamento economico, che ha negato anche la prassi della tripla indennità. 
La macchina fabbrica soldi
Chiede il pm: “Le delibere di aumento che trafila avevano?”. Risponde Fiorito: “Guardi, su quello … eravamo tenuti completamente all’oscuro… perché il presidente (Abbruzzese, ndr) diceva: ‘Io i soldi ce l’ho, ci penso io’. Noi non abbiamo mai saputo bene come facesse. A noi arrivavano i soldi”. In un altro passaggio si legge: “All’inizio vengono stanziati solo 4 milioni di euro… e sembra, dal bilancio, che siano il totale da spendere per tutto l’anno. Il segretario generale e il presidente del Consiglio, a noi, ci dicono: ‘No, noi abbiamo appostato 17 milioni e mezzo in altre spese’… Di questi 17/18 milioni, 7 milioni andavano 100mila per consigliere, altri 3 milioni destinati alle quote doppie, tutto il resto veniva gestito direttamente dalla presidenza, che quindi aveva una media di 7/8 milioni di spese, che non venivano tracciate … ma pagate in diversa modalità … non c’era pubblicità, non c’era niente…”.
Le quotazioniFiorito spiega il meccanismo delle quote: “Il membro della commissione prendeva una quota in più – se era 100mila, ne prendeva altri 100mila – il presidente della Commissione prendeva una quota doppia”. Stesso criterio, afferma Fiorito, era applicato al capogruppo dei partiti più grandi, ai componenti del Corecoco(Comitato regionale di controllo contabile) presieduto da Umberto Ponzo del Pd. “All’Ufficio di presidenza – continua – andava credo 200mila a ogni segretario, 400 ai vice presidenti e circa 1 milione al presidente”.
“Il suggerimento di Storace”“Ho copiato lui”. Fiorito racconta d’essersi ispirato a Storace. “Su suggerimento di Storace in alcuni casi – tra cui quello del sottoscritto, dei presidenti IdvSel e Udc – l’Ufficio di presidenza mandava il denaro al Gruppo, con l’intesa che quel surplus dovesse essere incamerato dal presidente (…)”. Poi aggiunge: “Io ho chiesto di versarmeli in questa modalità – gli altri presentavano le fatture… – però c’ho il presidente del Consiglio, che è il mio nemico politico sul territorio… io non volevo far sapere al mio nemico … a chi li davo, o a chi non li davo …”.

LA STORIA-Il DNA culturale degli italiani - di R. Scarpinato

Roberto Scarpinato è un magistrato italiano, attuale Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo. Il libro a cui si fa riferimento è: "Ad personam" di M. Travaglio.

Marco Travaglio racconta la storia della 2a Repubblica

Diritto di invettiva -Mario Albanesi

Petrolio, M5S: “Disegno di legge per rivedere il sistema delle royalties”

Petrolio, M5S: “Disegno di legge per rivedere il sistema delle royalties” Abolire le royalties, il contributo economico che le compagnie petrolifere versano nelle casse dello Stato e delle Regioni, per sfruttare i giacimenti petroliferi, e fermare così gli effetti che l’attività estrattiva provoca su aria, sottosuolo e nei confronti del ciclo dell’acqua. Questo l’obiettivo del disegno di legge sul quale il Movimento 5 Stelle sta lavorando con il contributo di esperti del settore e movimenti di cittadini. Lo hanno reso noto due parlamentari del M5S nel corso di un convegno nella Sala Tatarella della Camera dei deputati. La norma sarebbe da supporto “al diritto che i territori locali hanno a non accontentarsi del piatto di lenticchie che le società petrolifere – sottolinea il senatore M5S Vito Petrocelli – con lo strumento royalties, danno loro, in cambio di una devastazione che non ha prezzo”. E’ soprattutto il sud Italia, e in particolar modo la Basilicata (regione simbolo dell’oro nero) e la Sicilia, a subire “la speculazione delle compagnie petrolifere” ricorda l’on. M5S Mirella Liuzzi di Gabriele Paglino

IL BLUFF DELLE BANDIERE BLU

Bandiere blu, il bluff del mare pulito non balneabile: ecco l’inghippo

La Fee assegna l'ambito riconoscimento ai singoli tratti di costa e non a tutto il litorale della località interessata. Eppure sul sito dell'organizzazione e soprattutto sui portali istituzionali di diversi Comuni la differenza non viene sottolineata. E così 'diventano' blu spiagge 'non balneabili'. Con buona pace dei turisti

Bandiere blu
Bandiera blu sì, qualità dell’acqua mica tanto
 In Abruzzo, di località premiate con bandiere blu, ce ne sono ben 14. Ma il colore blu è piuttosto sbiadito. Secondo la classificazione della Regione che prende in considerazione le analisi fatte negli ultimi quattro anni (2013 escluso) dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), solo quattro di questi comuni hanno acque di qualità ‘eccellente’ lungo tutta la costa: Tortoreto, Silvi, Rocca San Giovanni e Fossacesia. Sei paesi hanno invece alcune spiagge dove in questa stagione balneare è addirittura vietato tuffarsi in acqua: non solo San Vito Chietino, ma anche Roseto degli Abruzzi, Pineto, Francavilla al Mare,Ortona e Vasto.
Ma le incoerenze nell’assegnazione delle bandiere blu non riguardano solo l’Abruzzo. Che qualcosa non torni si nota già con una rapida occhiata alla cartina sul sito della Fee Italia (guarda la mappa), la succursale nostrana della Foundation for Environmental Education, un’organizzazione non governativa con sede in Danimarca che ha lo scopo di diffondere pratiche ambientali corrette. Come è possibile che le bandiere blu siano concentrate soprattutto lungo l’Adriatico, in Liguria e Toscana, mentre la Sardegna ne ha appena sette e la Sicilia quattro? Non sono i mari delle isole quelli che tutto il mondo ci invidia? Nella domanda sta già una prima risposta. Località che godono di ottima reputazione non hanno bisogno di candidarsi all’assegnazione della bandiera blu, e così non compilano il questionario predisposto dalla Fee. A molte di queste, la bandiera blu, nemmeno interessa.
I comuni che invece partecipano alla selezione devono rispondere a un questionario per dichiarare di avere spiagge dotate di servizi igienici, bagnini e kit di primo soccorso. Tra le altre cose, vengono premiate anche la raccolta differenziata dei rifiuti, la disponibilità di mezzi di trasporto ecosostenibili e le iniziative di educazione ambientale. C’è poi un criterio imprescindibile: “Solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente possono presentare la candidatura”, si legge nel regolamento. E ancora: “I risultati delle analisi di qualità delle acque di balneazione delle ultime quattro stagioni balneari devono essere allegati alla candidatura”. La Fee, almeno in teoria, impone limiti ancora più stringenti per le concentrazioni di escherichia coli ed enterococchi intestinali, rispetto a quelli imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale: l’acqua deve essere di qualità ‘eccellente’, non basta che sia ‘buona’ o sufficiente’.
Eppure la teoria sembra non trovare riscontro nella pratica. In Abruzzo e altrove. Risalendo un poco la costa adriatica, nelle Marche, sono tre le località premiate che quest’anno presentano aree precluse alla balneazione dalla Regione perché con acque di qualità ‘scarsa’: Numana, Porto Recanati e Porto Sant’Elpidio. Lo stesso problema ce l’hanno Sanremo in Liguria, Camaiore e Piombino in Toscana. Inoltre diverse località premiate con bandiera blu, accanto alle acque eccellenti, hanno aree per la balneazione con una classificazione ‘buona’ o ‘sufficiente’ (guarda la cartina interattiva). Nessun divieto di nuotare lì, ma una classificazione non ‘eccellente’ significa che ogni tanto può capitare qualche campione con concentrazioni di batteri che non riducono al minimo le possibilità di contrarre dopo una nuotata malattie come la gastroenterite.
Quelli che l’inquinamento spunta dopo la bandiera blu.

Secondo le verifiche fatte da ilfattoquotidiano.it su tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, le località con bandiera blu che non hanno tutte le acque eccellenti sono 41 su 131. Capitano poi situazioni paradossali, come a Roseto degli Abruzzi e Giulianova, in provincia di Teramo, dove a maggio sono state consegnate le bandiere blu 2013 e dopo due giorni alcune spiagge sono state temporaneamente chiuse alla balneazione perché le analisi effettuate dall’Arta hanno rivelato livelli di contaminazione troppo elevata.
Divieti temporanei analoghi sono stati emessi nella stagione balneare da poco avviata anche dai sindaci di altri comuni premiati con il vessillo della Fee, come per esempio a Petacciato e Termoli in Molise, Sanremo in Liguria, Porto Recanati nelle Marche, Sapri in Campania, Livorno, Camaiore e Pietrasanta in Toscana. E sulle nuove analisi sono cadute anche località con bandiera blu che in seguito ai campioni raccolti fino al 2012 avevano ottenuto ‘eccellente’ in tutti i punti: Camporosso e Celle Liguria in Liguria, Fano nelle Marche, Viareggio e Marina di Carrara in Toscana hanno dovuto chiudere tratti di costa per alcuni giorni. Gli sforamenti in diversi casi sono avvenuti in concomitanza con piogge abbondanti, che aumentando la portata dei fiumi hanno fatto riversare in mare più batteri del solito.
La reazione della Fee svela (in parte) l’inghippo

Ilfattoquotidiano.it settimana scorsa ha contattato Claudio Mazza, presidente di Fee Italia, per chiedere spiegazioni delle incongruenze riscontrate. Dall’organizzazione, che ha partner istituzionali come la presidenza del consiglio, l’Anci e l’Ispra, qualche giorno dopo è arrivata un’email che chiarisce ben poco. Dal sito però è scomparso il pdf della cartina che elencava i comuni a bandiera blu ed è comparso all’improvviso il link a una pagina del sito di Fee International dove su una cartina interattiva si può andare a individuare ogni singola bandiera blu.

sabato 29 giugno 2013

Studio su Petrolio ed effetti sulla Salute Umana


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La scienziata M.R D'Orsogna su Petrolio ed inquinamento


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STORIA DEL MOVIMENTO


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MOVIMENTO 5 STELLE VALD'AGRI


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PAZZESCO

MENO MALE CHE CI SONO I RADICALI

Viva Erdogan: la Bonino tifa per i torturatori dei turchi



Continua la linea dura di Erdogan contro la protesta a colpi di cannone ad acqua, gas, proiettili di plastica e arresti per “terrorismo”, ma nonostante questo la (ex?) campionessa dei diritti umani Emma Bonino continua a sostenere a spada la tratta la Turchia. Una difesa disperata, attuata facendo uso del peggior politichese: «Nei confronti della Turchia, l’Europa non può sottrarsi alla sua responsabilità storica di scegliere fra miopia e lungimiranza. In quest’ottica è necessario dinamizzare il processo negoziale, evitando di cedere alla reazione istintiva dell’irrigidimento di fronte alla linea adottata dalle autorità turche». Avesse parlato in turco sarebbe stata più immediatamente comprensibile. Vale la pena soprattutto notare come si tenti, facendo un navigato uso della dialettica, di invertire il ruolo di vittima e carnefice: il nostro sarebbe «irrigidimento» e quella di Erdogan non una feroce repressione, ma una semplice «linea adottata»: Giorgiana Masi dovrebbe rivoltarsi nella tomba, essendo morta mentre manifestava simpatizzando con le idee della Bonino, e ignorando, però, che quella di “Kossiga” era solo una «linea adottata».
Su un punto la ministra avrebbe anche ragione: sarebbe ora che l’Europa scegliesse fra «miopia e lungimiranza», ma la miopia era quella in cui ci Turchia, la feroce repressione della polizia di Erdoganavevano tenuto la Bonino e compari del Bilderberg, che usando le armi della disinformazione di massa volevano, e vogliono ancora, la Turchia in Europa a tutti i costi. Quasi questo fosse un premio concesso per la sua fedeltà all’atlantismo. Obama, ricordiamo, è il primo sponsor dell’Euroturchia, e quando entra in ballo la Nato si sa che la Bonino è al suo fianco senza se e senza ma, qualunque sia la menzogna su cui si basa la guerra, salvo poi lamentarsi della inevitabile logica conseguenza: l’esecuzione di Saddam. Probabilmente la ministra oggi bramerebbe piangere sul cadavere di Assad e potersi così dichiarare contro la pena di morte, ma sempre per un uomo solo e dopo aver sostenuto guerre che ne hanno uccisi molti di più, ben sapendo che avrebbero avuto comportato anche la morte di quel singolo individuo.
Ci risparmiamo di commentare il «necessario dinamizzare il processo negoziale», che si dileggia da sé, una battuta che rimanda ai tempi d’oro del Bagaglino, ma non possiamo far passare sotto silenzio il suo tentativo di prenderci per il culo: «Non è il momento di chiudere la prospettiva europea della Turchia, semmai è il momento di rilanciarla, aprendo, oltre al capitolo sulle politiche regionali, anche quelli sui diritti fondamentali e sulla giustizia. Se li avessimo aperti in passato, oggi avremmo più efficaci leve di dialogo nei confronti delle autorità turche». Già, ma è proprio per via di gente come lei e di eurocrati della delocalizzazione che mai è stata messa in questione la piena democraticità di Erdogan, e chi lo faceva era un razzista gonfio di pregiudizi, mentre il pregiudizio era altrove. Addirittura non si poteva neppure adombrare che vi fosse del malcontento in Turchia, e ancor meno sussurrare che Erdogan stesse portando avanti una strategia di Emma Boninoislamizzazione dello Stato.
La ministra ed ex commissario europeo conclude la sua arringa difensiva, che nobilita persino quelle di Ghedini, con un «se oggi commettiamo l’errore di complicare il percorso europeo di Ankara, domani avremo un’Europa meno credibile sulla scena internazionale». Intanto quel percorso non andrebbe complicato, ma bloccato, non foss’altro perché rischieremmo di trovare anche sui nostri scaffali la Barilla prodotta in Turchia. Inoltre l’Europa la sua credibilità l’ha già persa da un pezzo, grazie alla gran parte dei suoi commissari, di cui alcuni continuano a far la corte ad un paese che non riconosce né la presidenza cipriota dell’Unione, né, addirittura, il Parlamento Ue. Per una volta l’unico leader che sta dando un minimo di credibilità all’Europa è la Merkel, che ha convocato l’ambasciatore turco e condannato apertamente la «linea adottata» come inaccettabile per uno Stato che si vorrebbe europeo.
(Ferdinando Menconi, “Turchia, Erdogan reprime e la Bonino è con lui”, da “Il Ribelle” del 24 giugno 2013).

ti pago con un voucher.....una elemosina governativa

Lavori? Ti pago in natura: beni e servizi, anziché soldi



«L’Italia ora è virtuosa e rispettata» – dicono ai bimbi scemi – ma Pil, domanda interna, occupazione e investimenti vanno a fondo. Il governo dice che occorre una cura-shock per rilanciarli, per abbattere il cuneo fiscale e le tasse sullavoro, ma non ha i soldi per farlo. Allora, in attesa di un’impossibile solidarietà tedesca (o europea, che dir si voglia), o si mette a stamparli, uscendo dall’euro, oppure li rapina dai conti correnti e in generale dal risparmio dei cittadini, deprimendo ulteriormente la domanda e aumentando la fuga delle aziende. Fortunatamente vi è una terza via: il governo istituisca di corsa un banco, un consorzio, un’agenzia nazionale o più agenzie regionali che organizzino il pagamento (parziale) del lavoro dipendente (e magari anche autonomo) mediante vouchers, ossia diritti di prelievo su un monte di beni e servizi messi a disposizione da imprese private e da enti pubblici.
Un mercato regolamentato e controllato di baratto multilaterale che genera e usa i “buba”, buoni-baratto. Il datore dilavoro paga il dipendente, in ticket restaurantparte, con un voucher spendibile per l’acquisto su una grande varietà di beni e servizi messi a disposizione di tutte le aziende che partecipano. Concetto analogo – ma sviluppato – ai noti tickets per i ristoranti, che sono spendibili anche al bar e al supermercato, e dati in base ai giorni lavorati. Giuridicamente, sono titoli di credito ad ottenere beni o servizi, quindi non sono moneta. Hanno circolazione pattizia e non forzosa (non imposta dalla legge). Quindi sono compatibili con Maastricht e tutto il resto. Il voucher ovvia all’inconveniente del baratto, ossia che se tu ed io vogliamo fare un baratto dobbiamo avere contemporaneamente da scambiare beni del medesimo valore e che interessino a entrambi.
Praticamente il governo, se non ha le palle per rompere con l’Eurosistema, invece di rapinare la gente, organizzi e garantisca un sistema di permute di lavoro e beni/servizi. I vouchers possono essere modulati su esigenze diversificate: ad esempio, possono comprendere o no, a seconda che il lavoratore ne abbia o no bisogno, l’alloggio o l’autovettura. In tal modo si consentirebbe ai lavoratori di soddisfare le loro esigenze vitali, e alle imprese di collocare i loro prodotti e servizi. Si sosterrebbero domanda e consumi, abbattendo i costi e il cuneo fiscale, perché i vouchers avrebbero un trattamento di vantaggio.
Sviluppo possibile e logico: in una seconda fase, i vouchers potrebbero divenire titoli di scambio non solo tra fornitori dilavoro e fornitori di beni/servizi, ma anche tra fornitori di beni/servizi e altri fornitori di beni/servizi, compresa la pubblica amministrazione, attraverso una camera di scambio-compensazione multilaterale. Ad esempio, la ditta che fornisce semilavorati metallici alla fabbrica di cucine riceve un voucher di 100.000 unità che può usare, in parte, per pagare i dipendenti, in parte per pagare l’energia elettrica; mentre la fabbrica di cucine vende cucine ricevendo in pagamento, per una parte, vouchers, e per il resto moneta. Nasce un buoni acquistocircuito di circolazione dei vouchers, che possono venire riutilizzati indefinite volte.
In tal modo si creano mezzi di pagamento esattamente corrispondenti a beni e servizi reali (compreso il lavoro), quindi mezzi di pagamento non inflativi, sostitutivi del liquido mancante nel sistema, che vanno ad aumentare gli scambi e a consentire i pagamenti dei debiti anche fiscali e previdenziali, prevenendo insolvenze, fallimenti, emigrazioni, licenziamenti, delocalizzazioni, riducendo il fabbisogno di credito bancario (che ora non viene erogato per mancanza di liquidità, appunto), e stimolando consumi e investimenti, nonché provvedendo a cibo, vestiario, mobilia, alloggio e trasporto per la gente. Senza rubare altri soldi ai cittadini e fermando l’avvitamento fiscale in atto. E favorendo, ovviamente, i produttori locali e nazionali.
Ricordo che sono 20 mesi che la produzione cala. Non prendere misure idonee, cioè di ricostituzione della disponibilità monetaria, dimostrerebbe definitivamente una volontà distruttiva dei governanti verso il paese, che li qualificherebbe come nemici pubblici a tutti gli effetti. Se politicanti e istituzioni sono troppo incapaci o asserviti agli interessi stranieri per fare quanto sopra, si muovano i sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro.
(Marco Della Luna, “Un banco del lavoro e dei prodotti per salvare l’economia”, dal blog di Della Luna del 12 giugno 2013).