IL VINCOLO ESTERNO, LA DECISIONE PUBBLICA E LA CORRUZIONE
Dedicato non tanto ai "saggi", quanto alla parte consapevole del M5S, se ha a cuore l'Italia. E perciò dedicato a chiunque abbia a cuore il nostro Paese.
La corruzione, comunque la si voglia vedere, è il prezzo attribuito a titolo privato ad un pubblico decidente come compenso di intermediazione per l'assetto di interessi= "effettiva distribuzione della ricchezza", conseguente ad una concreta decisione del pubblico potere.
Ora, più elevato è il numero delle opzioni alternative insite nella decisione, cioè più numerosi sono i momenti di discrezionalità (tecnica e amministrativa), più elevata è la probabilità e la stessa organizzazione del fenomeno corruttivo.
Facciamo un esempio; se occorre costruire una strada o una linea ferroviaria da un luogo pianeggiante ad un altro, passando per una pianura (appunto), e, si badi bene, senza che in mezzo vi sia una ampia serie di insediamenti industriali (manifatturieri o anche agricoli) o di insediamenti civili aventi un particolare valore giuridicamente tutelato (storico, archeologico, architettonico, paesaggistico), la probabilità che l'opzione decisionale del pubblico potere sia limitata ad un'unica soluzione tecnicamente razionale (con limitate varianti), condurrà ad una bassa probabilità di corruzione.
In tutti i casi in cui ricorrano diverse condizioni, o meglio, come in Italia, ricorrano simultaneamente tutte le condizioni di massima variabilità delle opzioni e di massima comprensenza di interessi rilevanti, e variamente comprimibili, nell'ambito della decisione da assumere, le probabilità di corruzione, cioè di compensi di intermediazione per il perseguimento di un assetto piuttosto che un altro, sono molto elevate.
Ma anche supponendo, in questa situazione di complessità di "variabili", che non vi sia alcun accordo illecito e si applichino solo le regole previste per l'adozione della decisione (cioè decisione puramente legale), si avrà probabilmente:
a) connaturale -quindi inevitabile- complessità (normativa, ma prima ancora, "di fatto", cioè nella realtà naturale) del processo decisionale e quindi sua conseguente lunghezza temporale;
b) controvertibilità elevata della decisione assunta;
c) alto margine di erroneità nel merito (cioè tecnico-razionale) della decisione stessa;
d) spostamento della correzione degli errori o delle violazioni di legge (non dolose), che hanno importato indebito e irrazionale sacrificio di taluni interessi in luogo di altri, nella sede giurisdizionale;
e) esito della verifica giurisdizionale di legittimità-razionalità (ragionevolezza e attendibilità) della decisione pubblica dipendente da vari sottofattori:
- e1) volume delle risorse dedicate dall'ordinamento alla predisposizione del controllo giurisdizionale, cioè sufficiente in base a realistiche considerazioni di politica della giustizia;
- e2) tendenza inevitabile al prevalere degli interessi economicamente più forti che possono dedicare maggiori risorse sia alla introduzione delle loro ragioni nel contenzioso-processo, sia a precostituire momenti decisionali pubblici di difficile sindacabilità nel merito da parte dello stesso giudice.
Quali che siano le risposte che un ordinamento fornisce a tutte queste problematiche - e in Italia, afflitta dalla trentennale crociata contro spesa corrente e investimenti pubblici, è facile immaginare quale sia il "livello" sub-ottimale di risposta- un fenomeno sarà comunque registrabile con certezza:l'assetto perseguito, cioè gli interessi materiali sottostanti, saranno sempre realizzabili a costi più elevati rispetto a realtà geo-politiche che non soffrano di unacomparabile situazione di "congestione-complessità" degli interessi in conflitto.
Tra questi costi, rientra la corruzione, ma, - e, sia chiaro, senza alcuna ombra di cinismo-, non è detto che il suo irrompere nel quadro, conduca necessariamente a una crescita dei costi rispetto alla situazione di ipotetica osservanza integrale della legalità.
La corruzione può sia sveltire la decisione, e normalmente questa è una delle sue ragioni di convenienza per l'operatore che corrisponde il relativo compenso, sia eliminare in tutto o in parte il costo del contemperamento della decisione con interessi contrapposti a quelli economici prevalenti, che tendono ad avere l'iniziativa nel quadro sociale delle economie capitaliste "complesse". Cioè in società comunque caratterizzate dalla complessità, tecnologica e sociale, stratificatasi nel tumultuoso sviluppo del capitalismo, sospeso nella continua tensione ad aumentare l'efficienza della produzione, e quindi il profitto, sia attraverso la compressione della tutela del lavoro sia attraverso l'innovazione di processo e di prodotto.
In termini pratici, poi, questa invarianza della maggior costosità della congestione di interessi (a radice geo-storica-culturale, come in Italia), simultaneamente meritevoli di tutela negli ordinamenti democratici, conduce ad una maggior inflazione relativa rispetto a paesi con diverse situazioni geo-culturali. Piaccia o no.
Senza allargare troppo il discorso (cosa che richiederebbe un libro o forse più d'uno), ciò significa che, anche adottando tutte le best practices decisionali, cioè introducendo leggi "innovative" e "grandi riforme", adottate in altri paesi, asseritamente più "progrediti" del nostro - ma che diavolo può voler dire se non abbiamo la prova di come saprebbero gestire una situazione come la nostra?-, la nostra inflazione "relativa" sarebbe sempre maggiore di paesi che hanno condizioni essenziali diverse dalle nostre.
E questo, abbiamo visto, anche eliminando al 100% la corruzione, che sul versante delle forze economiche, tende semmai a risolversi in un abbassamento di costi, salvo poi gravi esternalità a scapito degli interessi collettivi: ambientali, paesaggistici, storico-archeologici ecc.
Occorre menzionare il caso dell'ILVA? O rammentare perchè a Roma non è, solo e principalmente, la corruzione che impedisce di avere un sistema di metropolitane con costi e tempi sopportabili?
Certo il palazzo della Cancelleria (edificato tra il 1483 e il 1513) è attribuito al Bramante e a Bregno e contiene un gigantesco affresco del Vasari, e tante altre meraviglie rinascimentali; ma è costato lo smantellamento (ulteriore) dei marmi del Colosseo nonchè dell'intero Teatro di Pompeo (I sec A.C.). E si sovrappone a un Mitreo e alla tomba dell'illustre console Aulo Irzio. Se si fossero applicati i criteri di tutela artistica e archeologica dell'attuale Costituzione non sarebbe mai stato edificato; comunque mai in questa attuale conformazione.
E la sua edificazione sarebbe comunque costata infinitamente di più.
Tutto questo per dire che, realisticamente, se non è possibile avere i costi, e quindi l'inflazione che hanno altri paesi, più poveri di storia, di arte, di bellezza e di esigenze composite di tutela, del nostro, non si entra in un sistema di moneta unica con questi paesi.
Anche perchè poi questi stessi paesi, accortisi di questa ricchezza collettiva, che si riflette anche in quella privata (un appartamento sul Canal Grande, a Fiesole, o a Piazza Navona, vale necessariamente di più di uno comparabile di Magonza, per quanto questa sia una bellissima cittadina...ricostruita), invece di cooperare alla sua tutela, sopportandone i costi come la pretesa natura politico-unitaria dei trattati UE imporrebbe, vorranno appropriarsene, spingendo per la liquidazione di tali beni come garanzia dei loro crediti (determinati dai differenziali di inflazione deliberatamente perseguiti!).
Anche perchè poi questi stessi paesi, accortisi di questa ricchezza collettiva, che si riflette anche in quella privata (un appartamento sul Canal Grande, a Fiesole, o a Piazza Navona, vale necessariamente di più di uno comparabile di Magonza, per quanto questa sia una bellissima cittadina...ricostruita), invece di cooperare alla sua tutela, sopportandone i costi come la pretesa natura politico-unitaria dei trattati UE imporrebbe, vorranno appropriarsene, spingendo per la liquidazione di tali beni come garanzia dei loro crediti (determinati dai differenziali di inflazione deliberatamente perseguiti!).
E questo a meno che, dal giorno dopo l'entrata nell'UEM, non si fosse deciso chedeportazioni di insediamenti umani, senza indennizzo se non meramente simbolico,distruzione di siti storici e paesaggistici (dalle coste a Pompei), e irrilevanza della tutela della salubrità e dell'ambiente urbano e lavorativo, non siano immediatamente operabili in nome della moneta unica e quindi, "dell'Europa".
Il che, in fondo, è sempre meglio del raggiungere, mediante un prolungato stillicidio di tagli e austerity, gli stessi risultati, ripetendo ipocritamente "lovuolel'europa", sperando che la gente non se ne accorga.
O, meglio ancora, che pur accorgendosene, debba stare zitta perchè colpevole di "aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità".
Perchè questo è quello che sta accadendo da trent'anni, da quando cioè si è innalzato sopra la Costituzione il "vincolo esterno".
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