Il Cavaliere ripensa al voto. E torna la carta Marina
Il leader di Forza Italia si sente di nuovo al centro della scena e immagina nuove strategie per la campagna elettorale
Sa benissimo di non avere la palla tra i piedi, ma sa anche che - se non va in pressing - rischia la goleada. Per questo Silvio Berlusconi, dopo i giorni del tiepido interesse nei confronti della possibile nascita di un governo Renzi, sta maturando la convinzione che l’opzione scartata in pubblico appena pochi giorni fa - quella di un voto subito, appena possibile - sia invece da rispolverare e da privilegiare rispetto alle altre. Siano esse un governo Letta rimpastato che si consuma, un Letta bis o un esecutivo Renzi che, se nascesse, in Forza Italia temono che «mirerebbe ad arrivare al 2018».
A sentire i fedelissimi, in verità, il Cavaliere non ha mai smesso di accarezzare l’idea di una campagna elettorale per le Politiche. L’ultima probabilmente per lui, quella del «o la va o la spacca», come ha ammesso ieri tra le telefonate a meeting azzurri in Sardegna e ad Aquileia e la puntata a sorpresa alla riunione dei Club Forza Silvio di Milano. E questo non solo perché competere per vincere è quello che gli piace di più, ma anche perché il momento gli sembra improvvisamente, e di nuovo, propizio. Tornato com’è al centro della scena, decisivo per varare una legge elettorale che potrebbe favorirlo, forte nei sondaggi, polo d’attrazione per i moderati dispersi nei vari partiti e partitini, appassionato della sua nuova creatura, i Club, per i quali ha un’idea al giorno (una delle ultime, quella di farli diventare tramite con professionisti come «dentisti, avvocati» che potrebbero «mettersi a disposizione un giorno a settimana per dare una mano ai bisognosi travolti dalla crisi»).
Ma soprattutto, Berlusconi vede ancora un ruolo per sé,oggi molto più che in un futuro anche prossimo: l’ipotesi che le misure cautelari nei suoi confronti (servizi sociali o arresti domiciliari) scattino dopo le elezioni di maggio gli permetterebbe di fare ancora campagna elettorale, mentre in caso contrario i suoi evocano un «effetto Mandela» che comunque andrebbe sfruttato nel momento di massimo impatto emotivo. Magari puntando sulla «carta Marina» che continua a essere privilegiata da chi frequenta Arcore: «Se fosse necessario, difficile che sua figlia si sottrarrebbe».
Insomma, il voto non sarebbe affatto un tabù. E l’innalzamento dei toni di esponenti dell’area moderata come la Gelmini («le larghe intese hanno fallito, serve subito una legge elettorale»), la Bernini (che chiede un Letta «dimissionario al Quirinale»), l’avvertimento del Mattinale di Brunetta («stupisce il silenzio di Renzi sull’operato di Grasso»), l’attacco della Santanchè a Napolitano che «è stato parte attiva della scissione del Pdl», ma anche l’invito a unire subito e senza remore «tutti i moderati» avanzato da Fitto e Gasparri non rappresentano una prova, ma disseminano il campo di indizi.
Insomma, il voto non sarebbe affatto un tabù. E l’innalzamento dei toni di esponenti dell’area moderata come la Gelmini («le larghe intese hanno fallito, serve subito una legge elettorale»), la Bernini (che chiede un Letta «dimissionario al Quirinale»), l’avvertimento del Mattinale di Brunetta («stupisce il silenzio di Renzi sull’operato di Grasso»), l’attacco della Santanchè a Napolitano che «è stato parte attiva della scissione del Pdl», ma anche l’invito a unire subito e senza remore «tutti i moderati» avanzato da Fitto e Gasparri non rappresentano una prova, ma disseminano il campo di indizi.
Questo però, assicurano dall’entourage dell’ex premier,non significa che ci si chiami fuori dal patto con Renzi sulla legge elettorale: «Non dipende da noi, noi vogliamo fare le riforme. Ma se Renzi e Letta vogliono fare D’Alema e Prodi, che possiamo farci?..», allarga le braccia Giovanni Toti. L’attenzione insomma è tutta a quello che avverrà in un Pd in cui lo scontro al vertice è aperto «a ogni esito», fin dal voto segreto sulla legge elettorale della prossima settimana. Certo, c’è sempre la possibilità che alla fine il quadro cambi radicalmente, che Renzi approdi a Palazzo Chigi e che Forza Italia debba acconciarsi a un patto con lui dall’opposizione, ma a quel punto Berlusconi andrebbe a trattare le sue contropartite rispetto all’appoggio sulle riforme. Per questo in tutta la giornata il Cavaliere ha evitato ogni accenno pubblico all’ipotesi di un nuovo governo, tenendo le carte ben coperte. Ma mandando il messaggio chiaro che le urne non lo spaventano. Tutt’altro.
09 febbraio 2014
http://www.corriere.it/politica/14_febbraio_09/berlusconi-voto-carta-marina-8868275a-915d-11e3-a092-3731e90fe7ac.shtml
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