Gli Oscar premiano “12 anni schiavo”, la macchia sulla storia americana
Il regista: «Tutti meritano non semplicemente di sopravvivere ma di vivere»
LORENZO SORIA
LOS ANGELES
“It’s time”, è lo slogan che la Fox Searchlight aveva adottato per promuovere “12 anni schiavo”. Un modo non troppo sottile per far passare ai 6mila membri votanti della Academy il messaggio che era ora che Hollywood riconoscesse la macchia forse più ignobile della storia americana, i milioni di africani deportati con la forza e costretti in schiavitù. E Hollywood ha risposto, dando al film ispirato alla storia vera di Solomon Northup, un fine violinista afro-americano libero che nel 1840 venne venduto e costretto alla schiavitù per appunto 12 anni, il premio più ambito: il miglior film. Un film intenso, viscerale, crudo che molti non hanno retto e nel quale altri hanno invece visto una conferma dell’impeccabile eleganza stilistica e narrativa di Steve McQueen, arrivato al cinema dopo una ventina di anni nel mondo della visual art.
C’erano solo due film che avrebbero potuto ostacolare la marcia di “12 anni schiavo”. Uno era “American Hustle”, il grande sconfitto della serata: dieci nominations e zero statuette. L’altro era ‘Gravity” che è invece uscito dal Dolby Theater con sette Oscar. Ha spazzato via tutto quello che c’era da prendere nelle categorie tecniche: suono, effetti speciali. Si e’ preso anche la colonna sonora, oltre che la miglior regia andata al molto ammirato Alfonso Cuaron. Ma con la vittoria di ieri notte, il film destinato ad entrare nella storia del cinema e’ “12 anni schiavo”, che ha avuto dalla sua anche il fattore correttezza politica oltre che Brad Pitt come produttore esecutivo. Sul palco e’ stato anzi il primo a parlare, prima di passare la parola a McQueen che ha detto che senza l’intervento di Pitt il film non sarebbe stato possibile e che ha voluto dedicare l’Oscar a tutti quelli che hanno sofferto la schiavitù e ai 21 milioni di individui che ancora oggi, nell’anno di grazia 2014, hanno la schiavitù come loro condizione di vita quotidiana. “Tutti meritano non semplicemente di sopravvivere ma di vivere”, ha detto.
Dopo un secolo di film buonisti o caricaturali, il momento di riconoscere l’onta dello schiavismo è dunque arrivato, anche se per farlo Hollywood ha avuto bisogno di un regista di colore britannico che arriva dall’isola di Grenada, di un interprete come Chiwetel Eijiofor anche lui inglese con genitori nigeriani, di un’attrice come Lupita Nyong’o nata in Messico e cresciuta in Kenya, di Michael Fassbender che e’ mezzo irlandese e mezzo tedesco. Non e’ un po’ strano? “Ma questo e’ un film internazionale, come internazionale e’ stata la schiavitù”, risponde McQueen. “La sola differenza tra me e un afro-americano è che la loro nave è andata a destra e la mia a sinistra”.
http://www.lastampa.it/2014/03/03/spettacoli/gli-oscar-premiano-anni-schiavo-la-macchia-sulla-storia-americana-RlD6dkj3zmo57jHUmLXVXP/pagina.html
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