Guerra in Siria, Obama: “Ad Assad messaggio forte. Ma no nuovo Iraq”
Il presidente Usa afferma di non aver preso ancora nessuna decisione, in Europa Cameron spinge per l'intervento ma aggiunge: "Se c'è vasta opposizione in Consiglio un'azione militare è impensabile". Intanto si cominciano a mobilitare forze americane e inglesi. Ma il regime avverte: "Se attaccate Israele brucerà". Ispettori Onu a lavoro fino a sabato. In serata nuova riunione del Consiglio
L’intervento militare in Siria è sempre più probabile, ma non si conoscono ancora tempi e modalità. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, infatti, ha affermato di non aver “ancora assunto alcuna decisione. La discussione continua”. Anche perché nella serata di ieri era emersa la volontà, comune sia agli Usa che alla Gran Bretagna, di non procedere autonomamente senza l’ok ufficiale dell’Onu. Almeno per il momento. Oggi, però, Londra torna a spingere per un intervento: circola infatti un documento del governo britannico in cui si legge che un’azione militare in Siria sarebbe “giustificabile legalmente” su “basi umanitarie” anche senza Onu. Anche perché il Consiglio di sicurezza non sembra ancora in grado di prendere una posizione definitiva: a bloccarlo l’”intransigenza russa”, come fanno sapere fonti americane. E anche la Cina predica “moderazione e calma”. In serata a New York ci sarà una nuova riunione del Consiglio. Dal fronte siriano, invece, continuano ad arrivare minacce: dopo aver dichiarato di essere pronto a reagire con la forza alla forza, il regime ha messo nel mirino i vicini e ‘acerrimi rivali’ israeliani, affermando che in caso di attacco “Israele brucerà”. Mentre Papa Francesco e il re di Giordania Abdullah lanciano un appello congiunto al dialogo, “unica opzione per stoppare il conflitto”.
“‘Gli Stati Uniti non hanno alcun interesse a entrare nella guerra civile siriana”, ha assicurato Barack Obama, aggiungendo che “in Siria possiamo utilizzare un approccio che non ci faccia ripiombare in un lungo conflitto, o una ripetizione della guerra in Iraq”. Un eventuale intervento, quindi, sarebbe “limitato“. “Gli Stati Uniti – ha però precisato Obama – devono inviare al regime di Bashar el Assad un “messaggio forte sul fatto che è meglio che non ripeta” un incidente come quello del 21 agosto scorso. “La legge internazionale vieta le armi chimiche” e a fronte di una infrazione ci devono essere “conseguenze internazionali”, ha detto. Armi chimiche che secondo le informazioni degli Stati Uniti sono in possesso del regime, e non dei ribelli, come invece denunciano da Damasco. ”Nessuno mette in dubbio che in Siria sono state utilizzate armi chimiche su larga scala“, ha precisato il presidente americano. E una fonti ufficiali egiziane fanno sapere che una nave lancia missili statunitense, con 4 elicotteri ed equipaggiamenti per sottomarini, ha attraversato il canale di Suez, diretta verso le coste siriane. Anche la Gran Bretagna ha dispiegato a Cipro in via ‘precauzionale’ sei caccia della Raf. E nei prossimi giorni la Russia invierà una grande nave anti sommergibile.
In Europa, invece, si continua a spingere per l’intervento. Una reazione internazionale all’utilizzo di armi chimiche in Siria è “indispensabile“: ne sono convinti il primo ministro britannico, David Cameron, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che, ha riferito il portavoce del governo della Germania, Steffen Seibert, ieri sera hanno parlato telefonicamente della situazione siriana. Cameron e Merkel hanno convenuto che “il regime siriano non può aspettarsi che questo tipo di azioni bellicose contro il diritto internazionale possa rimanere impunito“. Per entrambi, “l’utilizzo di gas velenosi contro la popolazione civile siriana” è sufficientemente consolidato. “I due – ha concluso Seibert – auspicano che nessun membro del Consiglio di Sicurezza” dell’Onu “chiuda gli occhi davanti a questo crimine contro l’umanità e che vengano decise le conseguenze del caso”.
Nelle ultime ore, poi, Londra è tornata a parlare di un intervento anche al di fuori dell’egida delle Nazioni Unite: ”Se la possibilità di un’azione venisse bloccata dal Consiglio di Sicurezza, il Regno Unito sarebbe comunque nella posizione di poter adottare misure eccezionali previste dal diritto internazionale, per alleviare la catastrofe umanitaria in Siria per scoraggiare l’uso ulteriore di armi chimiche da parte del regime siriano”, si legge in un documento diffuso oggi dal governo britannico. Anche se – ha poi specificatoCameron in prima persona – “è impensabile un’azione in caso di vasta opposizione nel Consiglio di sicurezza”. Le prove della responsabilità del regime di Assad nell’uso di armi chimiche – comunque – “sono sotto i nostri occhi”, aggiunge Cameron.
L’Italia – che ieri per bocca del ministro degli Esteri Emma Bonino aveva vincolato la sua partecipazione all’approvazione dell’Onu, aggiungendo che, anche in caso di ok del Consiglio di sicurezza, l’intervento andrebbe discusso in parlamento -, oggi comunque ribadisce la propria alleanza con gli Stati Uniti: i contatti fra palazzo Chigi e l’amministrazione Obama, sono “continui e costanti”. E’ quanto sottolineano fonti della Presidenza del Consiglio, che rimarcano come i “rapporti con l’alleato statunitense, anche in questa vicenda siriana, si confermano di assoluta collaborazione e amicizia”. Però – ha ribadito Bonino – bisogna aspettare almeno la fine del lavoro degli ispettori“. Il Ministro ha anche rivelato che per il momento “nessuno ha chiesto all’Italia l’utilizzo di basi militari“.
Nel consiglio dell’Onu, però, più prudente si mantiene la posizione della Cina, che, insieme alla Russia, anche oggi ribadisce la sua contrarietà ad un’azione militare: “La Cina – ha detto il ministro degli Esteri cinese Wang Yi - guarda con attenzione alla questione siriana e ci opponiamo a qualsiasi uso di armi chimiche in Siria. Ma – ha aggiunto – una soluzione politica è sempre la sola realistica per risolvere la questione siriana e l’interferenza militare dall’esterno va in conflitto con la Carta dell’Onu”. Sulla stessa linea anche la Francia: “Bisogna fare tutto il possibile per trovare una soluzione politica”, ha dichiaratoFrancois Holland.
A frenare il Consiglio di sicurezza e anche gli Stati Uniti c’è poi il fatto che l’intelligence americana non avrebbe certezze sulle armi chimiche del regime: il quadro ricostruito non è “schiacciante” e restano domande su chi controlla le armi e dubbi su chi abbia ordinato l’attacco, riferisce l’Associated Press. Inoltre, i servizi non non sarebbero riusciti a localizzare con esattezza i depositi di armi chimiche del regime, e questo implica che possibili raid tesi a danneggiare l’infrastruttura militare di Assad potrebbero colpire queste scorte non individuate, provocando accidentalmente un attacco chimico letale. Secondo la denuncia di alcuni attivisti Assad nasconderebbe le riserve di gas anche nelle scuole. Per l’intervento Usa ci sarebbero anche rallentamenti di carattere interno: 116 deputati (98 repubblicani ma anche 18 democratici) hanno firmato un documento in cui sostengono che l’eventuale decisione dovrà passare dal vaglio del Congresso per non essere incostituzionale.
In Siria, invece, i ribelli attendono l’intervento militare per “rovesciare il regime”: “Il possibile attacco contro il regime siriano sarà duro e noi ce ne avvantaggeremo per rovesciare Assad“, ha affermato un portavoce dell’Esercito siriano libero (Esl). Mentre il governo, per conto suo, continua a ‘mostrare i muscoli’. Bashar al-Assad ostenta ottimismo: “Dall’inizio della crisi aspettiamo il momento in cui il nostro vero nemico sporga la testa in casa nostra. Un’aggressione ci rafforzerà, usciremo vincitori da questo storico scontro”, ha dichiarato. “Se ci attaccheranno Israele brucerà”, rilancia il vice capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Masoud Jazayeri, secondo cui “l’eventuale operazione di Usa e Gran Bretagna contro la nazione siriana innocente è in realtà un’operazione sionista“. Immediata, però, è arrivata la replica da Israele: “Non siamo coinvolti nella guerra civile siriana, ma se provano a colpirci risponderemo a piena forza”, ha dichiarato il presidente Shimon Peres. Che aggiunge: “Abbiamo un forte, innovativo e potente esercito e un sistema di difesa come mai prima”. Ieri il viceministro siriano aveva minacciato ritorsioni terroristiche in Europa in caso di un’operazione militare in Siria.
Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, fa sapere che gli ispettori Onu impegnati nell’indagine sull’impiego di armi chimiche in Siria proseguiranno il loro lavoro fino a venerdì e lascerannoDamasco a partire sabato mattina.
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