Il bluff di Obama si risolve in tragedia
Circa un anno fa il presidente Obama dichiarò che gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti sul in Siria, purché non si oltrepassasse una ‘linea rossa’: l’uso di armi chimiche, quelle armi chimiche che il regime siriano sicuramente aveva usato in passato contro i Curdi, e che aveva continuato ad ammassare, sfidando la messa al bando da parte dell’ONU e opponendosi alle richieste internazionali di controllo.
Allora il Presidente era certamente convinto di fare un’ottima mossa: gli USA potevano rimanere fuori del conflitto, ma la faccia era salva. Assad è un cinico assassino, ma non è persona irrazionale, perciò si poteva contare sul fatto che non avrebbe usato le armi chimiche, sapendo di provocare la reazione americana. Ora che da più parti arrivano dichiarazioni e testimonianze sull’uso di armi chimiche, Obama è costretto intervenire, perché non intervenire significherebbe perdere ogni credibilità non soltanto in quanto persona, ma come capo degli Stati Uniti. Significherebbe che il regime nordcoreano o quello iraniano, che da decenni minacciano l’uso di armi atomiche, potrebbero provare ad usarle davvero, contando sul non-intervento dell’Occidente, e gli USA si troverebbero a dover combattere contro armi molto più disastrose di quelle chimiche e contro regimi più pericolosi di quello siriano. Significherebbe che Putin, che da tempo conduce una sua piccola guerra fredda contro gli Stati Uniti, ad esempio offrendo ospitalità a Snowden, o aiutando e giustificando a livello internazionale i regimi di Iran e Siria, potrebbe alzare la mira e diventare più prepotente anche verso l’ Europa del’est.
Non c’è nessuna certezza che le armi chimiche siano state usate da Assad: potrebbero essere stati i suoi nemici a farlo, per obbligare gli USA a intervenire. Potrebbero essere stati ufficiali di basso rango a farlo, senza autorizzazione di Assad. Né si sa quante siano state le persone effettivamente colpite. Alcune foto di cadaveri dall’aria sana e serena fanno pensare a una messa in scena. Altre però paiono sicuramente vere. E c’è la testimonianza di Medici senza Frontiere, oltre alle testimonianze di altre fonti, a dimostrare che le armi chimiche sono state sicuramente usate.Dunque la linea rossa è stata passata e gli USA sono costretti a intervenire, perché non intervenire sarebbe peggio. Né possono rimandare l’intervento di mesi o di anni, in attesa che si faccia piena luce sugli avvenimenti, senza perdere la faccia, senza apparire ‘tigri di carta’ che minacciano a parole, ma non agiscono.
L’intervento non risolverà nulla: trovare e colpire i depositi sotterranei di armi chimiche dal cielo, riuscendo a distruggerli, è quasi impossibile. I bombardamenti faranno stragi, sicuramente anche di innocenti. E i depositi colpiti potrebbero diffondere nell’aria e nel terreno sostanze mortali. Ma Obama è costretto a dimostrare che non si possono passare con impunità le linee rosse poste dagli Stati Uniti. L’intervento indebolirà sicuramente Assad, forse lo farà cadere, ma gli USA non ne avranno nessun beneficio: le forze anti-Assad sono egemonizzate da organizzazioni legate ad al-Qaeda, composte da feroci jihadisti nemici dell’Occidente e fanaticamente islamisti. All’Occidente e al mondo intero converrebbe che continuassero a combattere fra di loro fino all’esaurimento delle forze. Perché intervenire ad aiutarli? Eppure Obama deve intervenire, perché non intervenire sarebbe peggio. Deve intervenire anche se la maggioranza dell’opinione pubblica, e forse anche dell’esercito, sono molto scettici riguardo all’intervento, preferirebbero evitarlo. Anche se, appena l’intervento provocherà morti, tutti prenderanno le distanze; anche gli alleati condanneranno l’intervento che ora sollecitano.
Così le astute dichiarazioni di un anno fa si risolvono ora in tragedia: gli USA spenderanno energie e capitali, forse perderanno uomini, per un attacco che avrà soltanto ripercussioni negative per gli Stati Uniti e aumenterà il numero dei morti. Ma non intervenire affatto sarebbe peggio.
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