Decadenza, Berlusconi non è uno come gli altri
di Nicola D'Angelo | 28 agosto 2013
È a questo punto che la vicenda assume un tono drammatico. La legge appena fatta non si può applicare, non può essere retroattiva, infine, è incostituzionale. Peccato che per altri è già stata applicata e che il principio della decadenza dall’ufficio di parlamentare a seguito di una condanna definitiva era già presente nell’ordinamento a prescindere dalla legge Severino. Ma tant’è, la verità al giorno d’oggi è merce rara e tutti sono corsi ad inventare le soluzioni più strampalate.
Non si sono sottratti ovviamente anche alcuni esponenti del Pd, che alle baggianate sono forse più abituati di altri. Non si sono sottratti i corifei di Berlusconi. Fa un po’ specie tuttavia vedere tre dei saggi chiamati a riformare la Costituzione elaborare un parere pro vertiate per la difesa del vate di Arcore e soprattutto notare che uno di loro è anche componente del Csm. Tutto normale evidentemente anche per chi quell’organismo dovrebbe garantirlo e tutelarlo da contaminazioni con soggetti appena condannati dalla stessa magistratura.
Il ragionamento di fondo, coperto da motivazioni giuridiche contro il diritto e il senso comune, è che Berlusconi non può essere dichiarato decaduto da senatore perché non è una persona come gli altri. Come mai? “Egli ha dato un particolare contributo al paese”. Sembra incredibile ma questo è quanto dicono anche autorevoli esponenti di quello che un tempo fu il centro sinistra. Ora, a prescindere dal merito del suo ”contributo”, l’aspetto inquietante, ma forse è meglio dire eversivo della vicenda è che allegramente si sta ammettendo che la legge non è uguale per tutti, ricchi o poveri, potenti o cittadini qualsiasi.
C’è uno che vale di più e per questo ha più tutela e garanzie degli altri. Se poi al misfatto si prestano direttamente o indirettamente anche gli organi costituzionali la frittata è fatta. Altro che modifica della Costituzione, che a questo punto è solo carta straccia. Con il “non è uno come gli altri” finisce per sempre lo stato di diritto e con esso la nostra democrazia. Quel che resta è una cosa diversa in cui ciascuno sentirà il diritto di piegare per sé le regole. Se avrà forza e potere ci riuscirà altrimenti sarà schiavo dell’arbitrio.
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