spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

lunedì 26 agosto 2013

emigrare in Inghilterra

Emigrare in UK è stato un po’ come tornare a casa





Vivo da 7 anni all’estero – guardo all’Italia da lontano, ormai la mia casa non è più lì e mai più lo sarà. Dovrei essere distante ed immune dalle vicende della politica Italiana, ma proprio non ce la faccio. Mi indigno ancora.

Figlio di professori universitari, sono cresciuto in un ambiente in cui le tasse si pagano. Si pagano e basta. Stridente contrasto con alcuni dei miei compagni di scuola, quelli con i soldi e sempre ben vestiti: un mondo fatto di professionisti, commercianti, impreditori, che sin dagli anni della mia adolescenza allegramente nascondevano al fisco buona parte dei loro guadagni. E poi gli anni di Craxi e delle tangenti che chiaramente originavano da fondi neri fuori bilancio. E poi Berlusconi, l’uomo che ha cercato di dare la “licenza di evasione fiscale” e chi ritenesse di dare troppo al fisco – “mi sento moralmente autorizzato ad evadere per quanto posso questa richiesta dello Stato” – ammise candidamente in televisione.  E adesso la conferma del sistema di frode fiscale e fondi neri che venivano usati per arrichimento personale e molteplici altri usi illeciti.
Devo dire che allontanarsi da tutto questo ed emigrare in Inghilterra è stato per me un po’ come tornare a casa; finalmente un paese dove la gran parte della popolazione si comporta così come facevano i miei genitori. E come credo facciano gran parte degli Italiani. Le tasse non si evadono. E chi froda il fisco è uno che delinque, non certo un furbo, e deve essere pereseguito e sanzionato secondo legge. Non tutti gli Italiani vivono così, ma la maggior parte certamente.
Ecco perché sono tanto deluso ed indignato dalla dichiarazione di ieri del Quirinale. 53 righe di dichiarazione cui una, solo una, che rinforzi il concetto, sebbene ovvio, che un cittadino è stato condannato e le sentenze definitive vanno applicate. E che tutti i pregiudicati, per i reati commessi, devono scontare quanto la legge prevede.
Solo una riga! Magari due, dipende se leggete la dichiarazione in Pdf o in html sul sito del Quirinale. Ma le altre 52 sue sono tutte lì a ricordare che la stabilità politica è la “preoccupazione fondamentale”, quanto sia “comprensibile il turbamento e la preoccupazione” per la condanna di Silvio Berlusconi, che “per di più è rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza”. E che non ci si preoccupi troppo della “pena detentiva di personalità” perché la normativa vigente esclude che egli debba “espiare in carcere la pena” visto che esistono “precise alternative” etc.
Deluso ed indignato. Cosa avrei voluto trovarci io? Semplicemente quello che milioni di italiani onesti avrebbero voluto trovare in una dichairazione del Presidente della Repubblica. Quei milioni di italiani che hanno sempre rispettato la legge, pagato le loro tasse, e che le hanno pagate anche per quelli che facevano i furbi e nascondevano i soldi nei paradisi fiscali e nelle società offshore.
Io e quei milioni di Italiani avremmo voluto sentire dalle labbra del Presidente della Repubblica che chi froda i fisco è un delinquente e un meschino; che il reato è odioso ma è ancora più odioso quando è commesso da un politico, teoricamente un rappresentante del popolo e delle istituzioni; un politico a cui viene elargito uno stipendio ridicolmente alto, pagato appunto con i soldi delle tasse di milioni di Italiani. Avremmo volute leggere che è indegno che un politico frodi il fisco quando al tempo stesso ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio, e si accinge con il suo governo a promuovere leggi che dovrebbero appunto portare equità e combattere le frodi fiscali. E che chi si è macchiato di questo indegno volgare odioso reato dovrebbe essere cacciato a calci dalle istituzioni e mai rimetterci piede. E che questo episodio serva da esempio per tutti quelli che credono di continuare a fare i furbi perché lo stato italiano avrà tolleranza zero per chi froda il fisco: non importa chie siete o cosa fate, sarete identificati e perseguiti. E che nessun pregiudicato, in nessun caso, provasse a chiedere provvedimenti di clemenza se non preceduti da pubblica ammissione delle proprie colpe e sentite scuse verso tutto il popolo italiano.
Ma temo che il Quirinale, così come gran parte della classe politica, abbia da troppo tempo smesso di parlare ai milioni di italiani onesti. Dichiarazioni del genere sono a solo uso e consumo dei politici e dei loro partiti, e di qualle minoranza di italiani che delinquono e navigando a vele spiegate nel mare dell’illegalità ancora credono: “non mi beccheranno mai, ma tanto, anche se mi beccano, una scappatoia si trova”. 
Stefano Fedele
Docente universitario
Londra

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