Attenzione, la tregua sui mercati è finita.Anche per l’Italia, temo, come dimostra questo grafico di
Diapason su dati Bloomberg. Compara la crescita delle sofferenze bancarie italiane (linea nera) con lo spread tra Btp e Bund tedeschi (linea rossa), ultimamente molto basso e totalmente assente da scossoni. Bene, negli ulitmi giorni invece sia il vostro spread che quello portoghese e spagnolo, i cosiddetti “periferici”, hanno conosciuto aumenti nell’ordine di una decine di punti base e il trend sembra proseguire. Come mai, forse gli acquisti giapponesi sono rallentati? No, non sono mai iniziati. I fondi nipponici stanno comprando in lira turca, pesos messicano e real brasiliano, non nell’eurozona. I fondi pensione spagnoli, invece, non possono più acquistare, perché sono all-in al 100% nel debito del loro Paese. Sta accadendo ciò che è normale, ovvero con un ritardo di 6-8 settimane, dovuto all’esuberanza da ricerca del rendimento che ha drogato i mercati (grazie alla Fed e non alla Bank of Japan), gli investitori cominciano a prezzare l’aumento delle sofferenze bancarie, tramutando gli istituti di credito europei – vedi Bankia di cui abbiamo parlato prima – nel cosiddetto elefante nella stanza. Come vedete dal grafico, finora i due andamenti sono stati più o meno regolari, ovvero hanno conosciuto una medesima traiettoria. Poi, da metà del 2012, le traiettorie sono divenute nettamente divergenti: le sofferenze crescevano, lo spread si comprimeva grazie ai soldi della Bce che permettevano alle banche europee di comprare titoli di Stato, alla liquidità nel sistema e alle riserve della Fed per le filiali Usa delle banche europee che facevano lo stesso, alla promessa di
Draghi di difendere l’euro a ogni costo e in ultimo all’operazione di stimolo del Giappone, leva psicologica per portare tutti a comprare qualsiasi cosa, purché garantisse un rendimento. Bene, senza questo doping – che come ci ha fatto capire
Bernanke potrebbe finire o rallentare, mentre la
Bce non ha nemmeno gli strumenti legali per acquistare bond sovrani attraverso il fondo
ESM – l’attuale spread italiano non sarebbe attorno ai 270 punti base com’è ma, seguendo quella traiettoria tendenziale quasi sempre rispettata nel tempo, in area 615-620. Vuol dire default. Vuol dire default, vuol dire per lo Stato pagare l’8% di interessi e non il 4,16% attuale (quindi moltopiù degli attuali 80 miliardi annui di servizio del debito), vuol dire che le vostre banche, che a fine febbraio avevano in pancia la cifra record di 351,6 miliardi di titoli di Stato italiani (cifra destinata a salire, visto lo spread fermo di questi ultimi tre mesi che significa acquisti senza fine), rischiano di dover scontare a bilancio perdite di valore di quei bond che possono portare al dimezzamento del prezzo pagato. Vuol dire la fine.
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