spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

venerdì 31 maggio 2013

United Kingdom Independence Party

Campagna elettorale del UKIP | Foto di: Euro Realist Newsletter / Flickr CC
28 maggio 2013  
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In Gran Bretagna si allarga il fronte dell’anti-europeismo, dopo il successo alle recenti elezioni amministrative dello Ukip, lo United Kingdom Independence Party guidato da Nigel Farage, che ha per obiettivo principale il ritiro del  dall’Unione europea (Ue). Lo Ukip ha vinto quasi un quarto dei voti nelle elezioni amministrative, guadagnando 140 seggi comunali (i conservatori ne hanno persi 335). Il dibattito sulla permanenza del  nell’Ue sta causando una frattura nel governo britannico e in vista delle elezioni generali del 2015 quasi tutti i partiti, laburisti esclusi, cercano di cavalcare il sentimento anti-europeo.
Il 14 maggio il partito conservatore britannico ha presentato al parlamento un progetto di legge riguardante la proposta di referendum sull’appartenenza del Regno Unito all’Ue. Il testo riporta formalmente la domanda che verrà posta agli elettori: «Pensi che il Regno Unito dovrebbe continuare a essere un membro dell’Unione europea?», e propone che la votazione si tenga entro la fine del 2017.
Il portavoce del premier britannico  ha dichiarato che questa proposta di legge offre un percorso chiaro verso il cambiamento. L’intenzione ancora più immediata del primo ministro, però, potrebbe essere quella di placare il dissenso interno al partito conservatore, esploso dopo che nel discorso programmatico della Regina Elisabetta al Parlamento non è stato fatto cenno al referendum sull’Europa. Il tema europeo, infatti, è particolarmente sentito in area conservatrice e molti esponenti del partito avrebbero preferito che venisse menzionato tra i punti dell’agenda di governo per il prossimo anno.
Il partito conservatore si divide tra diverse fazioni al suo interno proprio sul tema dell’appartenenza del Regno Unito all’Unione europea, e ha un difficile rapporto con il suo alleato di governo, il partito liberaldemocratico. Il partito conservatore ha iniziato a dividersi dopo il discorso sull’Europa tenuto da Cameron in gennaio, quando ha promesso di rinegoziare con Bruxelles i termini della partecipazione della Gran Bretagna all’Unione e di sottoporre agli elettori il nuovo accordo tramite un referendum entro il 2017. Da una parte c’è chi – come Laura Sandys, alla guida di Conservative Mainstream, gruppo di pressione conservatore di orientamento centrista, o gli ex ministri Stephen Dorrell e Caroline Spelman – ritiene che l’uscita del Regno Unito avrebbe effetti molto negativi per l’economia britannica. Questi esponenti sottolineano che anche diverse banche d’affari hanno rilasciato analisi e note, come quella diGoldman Sachs del 20 maggio, dove si dice che lasciare l’Ue sarebbe economicamente dannoso sia per la Gran Bretagna che per il resto dell’Unione. Dall’altra c’è chi, invece, ritiene che sia inaccettabile aspettare altri 4 anni per un referendum su un argomento così importante.
Il fronte degli euroscettici si sta rafforzando sempre più tra i conservatori. Nelle ultime settimane ben due ministri conservatori del governo hanno dichiarato che, in caso di referendum, oggi voterebbero per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Si tratta del ministro dell’Educazione, Michael Gove, e di quello della Difesa, Philip Hammond, che hanno precisato, però, di avere fiducia nel tentativo di Cameron di riottenere poteri e competenze in precedenza ceduti a Bruxelles e di raggiungere così un accordo per un’Europa migliore e più adeguata per gli interessi britannici. Anche il sindaco di Londra, Boris Johnson, esponente conservatore molto influente e che non nasconde le sue ambizioni da futuro primo ministro, sostiene la necessità di una rinegoziazione con Bruxelles ed in seguito di un referendum sull’appartenenza del Regno Unito all’Ue. Infine tra i 130 membri del Parlamento britannico che hanno appoggiato una mozione – poi respinta dalla maggioranza dei parlamentari – per emendare il discorso della regina ed inserirvi un riferimento al referendum sull’Unione europea, si stima che almeno cento siano stati esponenti conservatori.
Fra i conservatori che sostengono posizioni meno radicali ed euroscettiche c’è, ad esempio, Lord Geoffrey Howe, ex ministro delle Finanze del governo di Margaret Thatcher. In un recente articolo sull’Observer Howe accusa Cameron di avere perso il controllo del partito, «aprendo un vaso di Pandora» di tensioni con la promessa di indire il referendum. L’ex ministro è arrivato a paventare un’ipotesi di un “golpe” interno dei conservatori per rovesciare l’attuale primo ministro, ricordando come l’ultimo governo guidato dalla “lady di ferro” sia caduto non per mano dell’opposizione, bensì degli stessi deputati Tories. In quell’occasione, nel 1990, in seguito ad una ribellione interna al partito conservatore, Thatcher fu costretta ad abbandonare Downing Street e la guida dei conservatori, per lasciare il posto a John Major. Secondo Howe (e altri esponenti del partito moderati e centristi) «l’euroscetticismo sta infettando l’anima del partito conservatore» e il premier sbaglia a inseguire le sirene anti-Ue.
Il referendum sull’appartenenza all’Unione promesso dal primo ministro britannico per il 2017 aveva come scopo proprio quello di fermare l’ascesa dello Ukip (il Partito per l’indipendenza del Regno Unito), respingere un attacco da destra e recuperare consensi perduti. Ma mentre Cameron è sempre più in crisi di consensi e si deve confrontare con la spaccatura all’interno dei conservatori, l’avanzata dello Ukip continua.
L’affermazione politica dello Ukip sta diventando uno dei fenomeni politici d’oltremanica più importanti degli ultimi quarantanni. La sua crescita è cominciata nel 2009, quando arrivò secondo alle elezioni europee, scavalcando il Labour. Finché alle elezioni amministrative del 2 maggio lo Ukip si è aggiudicato ben 147 seggi da consigliere, collocandosi a livello nazionale intorno al 20% con punte del 25% in alcune città. Farage ha parlato di un “terremoto nella politica britannica. Pochi giorni fa l’ultimo sondaggionazionale ha rivelato che lo Ukip si attesterebbe al 22%, soltanto a 2 punti percentuali dal partito conservatore.
Dietro a questo successo non c’è soltanto un voto di protesta, componente sicuramente presente in questa fase economica difficile per la Gran Bretagna. C’è anche la crescente insofferenza da parte di molti cittadini britannici nei confronti delle regole e imposizioni provenienti da un’Unione europea che vedono più come un impaccio che non come un vantaggio. Di fronte alla prospettiva, ad esempio, del libero accesso al Regno Unito da parte dei cittadini bulgari e rumeni dal primo gennaio 2014, il sentimento anti-europeo cresce forte nell’opinione pubblica. E parallelamente aumenta anche il consenso verso lo Ukip. , dal suo seggio al Parlamento Ue, che egli critica duramente, come tutte le istituzioni europee, con un’abile oratoria e discorsi cliccatissimi su Youtube, sembra riuscire a interpretare bene questo sentimento. Soprattutto pronuncia parole che fanno breccia nell’elettorato.
La ricetta di Farage per il rilancio del Regno Unito prevede un immediato referendum per uscire dall’Unione europea, in cui, secondo il suo punto di vista, i “SI” vincerebbero facilmente. In questo modo Londra ridiventerebbe padrona delle sue scelte, a partire dall’immigrazione, ma potrebbe anche, per esempio, semplificare la legislazione ambientale e sul lavoro, secondo il leader Ukip controproducenti per l’economia britannica a causa delle eccessive regole provenienti da Bruxelles. Alle critiche di chi afferma che il Regno Unito al di fuori dell’Unione sarebbe più isolato e meno influente a livello globale Farage risponde che, al contrario, così Londra avrebbe la possibilità di stringere accordi commerciali individuali con i singoli paesi extra-Ue, soprattutto quelli di lingua inglese e di cultura anglosassone, come Stati Uniti, Canada o Australia. E a chi fa notare che il principale partner commerciale del Regno unito è l’Unione europea (quasi il 50% delle esportazioni britanniche sono destinate al mercato unico europeo), Farage replica che non occorre essere membri dell’Unione europea per continuare a commerciare con le altre nazioni europee. E’ sufficiente continuare a cooperare: gli inglesi continueranno a comprare le macchine tedesche se lo vorranno, senza bisogno di alcuna unione politica perchè ciò avvenga, dice Farage.
Il primo a fare le spese della crescente popolarità di Farage potrebbe essere il premier Cameron. La promessa di referendum prima, e la proposta di legge per garantirne lo svolgimento poi, potrebbero essere insufficienti per arrestare l’emorragia di voti e per ricompattare il fronte dei conservatori, dove c’è chi vorrebbe ritornare su posizioni più genuinamente di destra e guardare allo Ukip come possibile alleato di governo dopo le prossime elezioni nazionali, anzichè come avversario elettorale da combattere.

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