IL RUOLO DI BERLINO NEL CONTESTO DELLE CITTÀ GLOBALI
In un momento in cui la Germania riveste il ruolo di regista, più o meno occulto, delle politiche economiche di mezza Europa, è utile scendere più nel dettaglio nella nostra conoscenza della sua capitale, Berlino. L’osservazione attenta delle città, e in particolare delle capitali di un paese, offre sempre uno spaccato interessante di un paese. E’ nelle metropoli di oggi che viviamo le nostre vite, piaccia o no. Secondo i dati del Global Health Observatory, per la prima volta la maggior parte della popolazione mondiale vive in aree urbane e questi numeri continuano a salire. Un fenomeno di urbanizzazione di tale portata segnala in modo lampante il passaggio da un’economia basata sull’agricoltura ad un nuovo tipo di economia basata su industria, tecnologia e servizi. Studiando meglio i dati, cento anni fa due persone su dieci vivevano in città; fino al 1990 , meno del 40 % della popolazione globale era urbana, ma già nel 2010 era più della metà. Andando avanti a questi tassi di crescita si stima che entro il 2030 sei persone su dieci vivranno in una città ed entro il 2050 arriveremo a sette su dieci. Di questa nuova popolazione urbana, la metà vive in città fra i 100.000 e i 500.000 abitanti e meno del 10% in megalopoli con più di 10 milioni di abitanti. In una realtà come quella attuale dove i confini fra stati risultano molto liquidi e dove domina la tendenza alla creazione di entità sovrastatali, come l’attuale Unione Europea, la competizione fra città è sempre più forte . Il ruolo dello Stato diventa, in alcuni casi, quasi marginale. Non a caso Londra è stata spesso definita come la prima città postnazionale del mondo. Cosa accade in Germania? In questo scacchiere le città tedesche e Berlino si trovano in una situazione molto particolare.
La realtà attuale si regge su alcune specifiche città globali che all’interno di un paese si identificano spesso con singole realtà fortemente accentratrici, come Londra, New York Tokyo, San Paolo o Mumbai. E’ in questi luoghi che si concentrano i centri di gestione e controllo dei beni indifferenziati ed è sempre in questi luoghi che si scambia conoscenza e tecnologia. La Germania non ha nessuna realtà paragonabile a quelle sopra elencate, nonostante sia ottimamente integrata nel mercato globale. Le ragioni vanno come sempre ricercate nella storia. La Germania ebbe Berlino come centro al tempo dell’Impero Prussiano (anche se mai paragonabile come centralità a Parigi e Londra) ma dopo il periodo nazista e gli sfasci della II Guerra Mondiale, la città e il paese vennero divisi e la popolazione si disperse. Molte imprese si spostarono da Berlino alla Germania Ovest e Francoforte assunse un ruolo finanziario dominate. Sotto la spinta di una risoluzione dei vincitori americani, la nuova Bank Deutscher Länder (Banca dello Stato Tedesco), antecedente dell’attuale Deutsche Bundesbank, fu fondata proprio a Francoforte dopo la chiusura della Reichsbank di Berlino. Anche la Deutsche Bank e la Dresdner Bank spostarono i loro centri a Francoforte. Qusta città è ora il centro finanziario della Germania e il centro ha assunto quel carattere tipico della downtown americana che ben conosciamo, irto di svettanti grattacieli. Francoforte divenne con il suo aeroporto, sempre sotto l’appoggio americano, anche la porta d’ingresso al paese. Le altre città, come Monaco, Amburgo e Bonn hanno finito anche loro con il rivestire ruoli fortemente specialistici. Il modello di una unica città globale, dominante, è stato sostituito da un modello alternativo tedesco : una rete di città fortemente specializzate e integrate fra di loro e nel contesto europeo. Inoltre la Germania è stata in grado di mantenere i propri distretti industriali regionali, nonostante la tendenza nel contesto globale di oggi sia sempre più quella di delocalizzare. Tendenza evidente soprattutto nei paesi anglosassoni. Le analogie con il sistema delle città italiane, soprattutto al Nord e in tempi antecedenti la crisi, è evidente.
Mentre le altre città tedesche hanno saputo ritagliarsi il proprio ruolo, Berlino fatica e proprio il vuoto urbano che la caratterizza dal punto di vista urbanistico può essere la sua metafora. Nonostante abbia assunto nuovamente, dopo Bonn, il ruolo di Capitale della Germania unificata, non è riuscita ad affermarsi come città leader. E’ ancora la città più grande della Germania con i suoi 3,52 milioni di abitanti e continua a crescere. Secondo i dati di questi giorni del Dipartimento per lo Sviluppo Urbano si stima un aumento del 7,2 per cento entro il 2030, soprattutto di nuovi immigrati, ma bisogna tenere presente che a Monaco l’aumento previsto è del 15 % . Il tasso di mortalità è previsto più alto della natalità, con un saldo negativo di 21,000 individui, prospettando una “Berlino Vecchia”. Infatti mentre gli abitanti fra i 65 e gli 80 anni aumenteranno di circa il 30 %, la fascia compresa fra i 18 e i 25 anni solo del 6%. Secondo le ricerche condotte dal programma Urban Age della London School of Economics, nonostante il prodotto interno lordo pro capite di Berlino sia di 23,354 euro, il peso nell’economia del paese è del 3.5 % ; per fare un confronto, Londra, con 34, 500 euro, rappresenta il 20 % dell’ economia del paese.Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, nel 2006 era del 19 %, nel 2012 é sceso e si è attestato a 11,4 %, mentre a Monaco è del 2,9 % e a Stoccarda del 5,8 %. Circa il 16,2 % della popolazione è infatti dipendente da aiuti sociali e non a caso Berlino è spesso denominata “città della povertà”.
Nonostante questi dati negativi, Berlino continua ancora ad attirare giovani e artisti da tutta Europa, attirati dal surplus di abitazioni e dai prezzi abbastanza ridotti. Inoltre la città offre molto per istruzione, musei, tempo libero ed è una sorta di laboratorio per tutto ciò che è connesso con l’industria creativa e dei media. I dati sull’afflusso turistico sono in continuo aumento, portandola subito dopo Londra e Parigi fra le città europee più visitate. Ma le difficoltà sono tante. Il quotidiano “ ‘Berliner Zeitung” riporta come i nuovi arrivati spagnoli (+ 22 % di arrivi) , una volta scontratisi con la complicata realtà lavorativa e i bassi salari, ripieghino sulla Polonia. La città è quindi lontana da una identità precisa e la transitorietà sembra forse la sua caratteristica principale.
Donato de Vivo
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