M5S: “E’ pronto l’atto di messa in stato d’accusa del Presidente Napolitano”
Il fondatore 5 Stelle Gianroberto Casaleggio ha incontrato in giornata i parlamentari. E fonti interne rivelano che nelle prossime ore sarà presentato l'impeachment al Capo dello Stato. Ma nel gruppo non mancano i malumori: "Non possiamo scoprire tutto all'ultimo minuto. In questo momento abbiamo altre battaglie, tra cui il decreto Imu-Bankitalia"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 gennaio 2014
L’atto per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica è pronto. Il Movimento 5 Stellepresenterà nelle prossime ore la richiesta per avviare la procedura di impeachment di Giorgio Napolitano. Si tratta, secondo quanto si apprende in ambienti M5s, di un atto che dovrebbe istruire il complesso procedimento previsto dall’articolo 90 della Costituzione. E tra i motivi che sostengono il procedimento ci sarebbe il ruolo giocato negli ultimi mesi dal Capo dello Stato: “Siamo spinti”, ha detto l’ex capogruppo Alessio Villarosa a ilfattoquotidiano.it, “da tre motivazioni: ha firmato tanti decreti dichiarati incostituzionali, ha utilizzato il suo mandato per dare indicazioni politiche e si è rivolto al Movimento per denigrarlo, anche se non avrebbe potuto perché lui è super partes”. Solo qualche mese fa Beppe Grillo a porte chiuse con i suoi definiva l’atto come “una finzione politica per far capire da che parte stiamo”, ma ora i documenti sono pronti e non c’è più tempo da perdere.
L’atto per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica è pronto. Il Movimento 5 Stellepresenterà nelle prossime ore la richiesta per avviare la procedura di impeachment di Giorgio Napolitano. Si tratta, secondo quanto si apprende in ambienti M5s, di un atto che dovrebbe istruire il complesso procedimento previsto dall’articolo 90 della Costituzione. E tra i motivi che sostengono il procedimento ci sarebbe il ruolo giocato negli ultimi mesi dal Capo dello Stato: “Siamo spinti”, ha detto l’ex capogruppo Alessio Villarosa a ilfattoquotidiano.it, “da tre motivazioni: ha firmato tanti decreti dichiarati incostituzionali, ha utilizzato il suo mandato per dare indicazioni politiche e si è rivolto al Movimento per denigrarlo, anche se non avrebbe potuto perché lui è super partes”. Solo qualche mese fa Beppe Grillo a porte chiuse con i suoi definiva l’atto come “una finzione politica per far capire da che parte stiamo”, ma ora i documenti sono pronti e non c’è più tempo da perdere.
Un annuncio che arriva poche ore dopo l’attacco del deputato a 5 Stelle Giorgio Sorial che ha definito Napolitano “boia”. I parlamentari 5 Stelle hanno deciso di non chiedere scusa o fare passi indietro, ma l’affermazione ha infastidito molti nel gruppo. “Se fosse stata interpretata come un’offesa”, ha commentato a ilfattoquotidiano.it Villarosa, “allora sì penso che ci sarebbe stato bisogno di chiedere scusa. Ma in quel contesto non voleva avere quei toni offensivi”. Lo difendono davanti ai microfoni, ma nei corridoi di Montecitorio non manca qualche malumore. Ora l’annuncio dell’impeachment. La discesa di Gianroberto Casaleggio a Roma sarebbe stata motivata, tra le altre cose, anche per velocizzare l’azione contro il Capo dello Stato. Una decisione che però non piace a molti (anche tra i più fedeli): “Siamo impegnati su molti fronti. Forse non è il momento migliore”, hanno commentato. Ma tra le ragioni probabilmente anche l’intento di coprire al più presto la gaffe di Sorial su Napolitano con un gesto altrettanto forte.
L’impeachment è uno dei punti più sofferti del programma a 5 Stelle. Annunciato prima dai palchi di tutta Italia, poi diventato strumento politico in Parlamento, è una delle strategie del Movimento per “far capire da che parte stiamo”. Ad ammetterlo era stato lo stesso Beppe Grillo in un incontro a porte chiuse (e che ilfattoquotidiano.it aveva potuto ascoltare) con i deputati a fine ottobre: “Non possiamo certo dire che Napolitano ha violato la costituzione. Siamo populisti, parliamo alla pancia della gente e non dobbiamo vergognarci”. Parole pronunciate con i suoi, ma che non hanno ostacolato il piano di sfiducia verso il Presidente della Repubblica.
Ma quali sono le tappe pratiche del procedimento? Anche in Italia viene ormai comunemente usata la parola “impeachment”, ma la Costituzione codifica invece la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica e il verdetto finale non spetta al Parlamento (che in ogni caso dovrebbe far avanzare l’iter a maggioranza assoluta) bensì alla Corte Costituzionale. Numerosi sono i passaggi previsti, tanto che non si è mai arrivati a completare il percorso. Innanzitutto deve essere presentata una richiesta al presidente della Camera, corredata da tutto il materiale probatorio a sostegno dell’accusa. Questo trasmette poi il dossier a un apposito comitato, formato dai componenti della giunta del Senato e della Camera competentiper le autorizzazioni a procedere (i cui membri sono nominati dai presidenti e devono rappresentare tutte le forze politiche). Ha il compito di decidere sulla legittimità dell’accusa, e dopo aver raggiunto un verdetto – votato a maggioranza – presenta una relazione al Parlamento riunito in seduta comune: a quel punto il comitato può scegliere di archiviare il caso se ritiene che le accuse sono diverse da quelle stabilite dall’art. 90 della Costituzione, oppure di deliberare la votazione in aula della messa in stato d’accusa. In entrambi i casi il presidente della Camera riunisce nuovamente il Parlamento in seduta comune, che questa volta dovrà esprimersi sull’autorizzazione a procedere.
I parlamentari possono proporre che il comitato conduca ulteriori indagini, oppure possono mettere in discussione la competenza parlamentare dei reati imputati. Il Parlamento vota su queste eventuali proposte. Se sono respinte, si procede con il prendere atto delle decisioni del comitato. Se esso ha deliberato di archiviare il caso, la decisione viene approvata senza il passaggio del voto. Se invece la relazione propone la messa in stato d’accusa, la si vota a scrutinio segreto. Perché si proceda, la proposta di destituzione deve raggiungere la maggioranza assoluta dell’assemblea.
Ma non è finita: se il Parlamento dà l’autorizzazione a procedere, la questione passa alla Corte Costituzionale, alla quale per questa particolare circostanza vengono affiancati sedici giudici aggregati, estratti a sorte da un elenco di quarantacinque persone – i requisiti di accesso sono gli stessi dei giudici della Corte – compilato dal Parlamento ogni nove anni. Nella stessa seduta il Parlamento elegge dei rappresentati dell’accusa, che in pratica faranno da pubblici ministeri durante le sedute della Corte. È quindi la Corte costituzionale così composta che infine decide attraverso un vero e proprio processo, al termine del quale la Consulta emetterà una sentenza inappellabile.
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