Martelli ricorda: "Decisionista, arrogante, schietto. Renzi come Craxi, uomo di rottura"
Martelli, ex braccio destro di Bettino: entrambi hanno piegato il partito. "Il sindaco di Firenze è molto gioviale e sfida i tabù della sinistra. Il suo spirito guascone lo rende subito simpatico"
di Andrea Cangini
È UN DECISIONISTA, parla chiaro, lo considerano arrogante, è alle prese con un partito ancorato a vecchi schemi: di chi stiamo parlando, Claudio Martelli?
«Facile: sta parlando di Matteo Renzi, ma allude a Bettino Craxi. È vero, delle analogie ci sono. Lo ha sostenuto anche Dario Nardella, che di Renzi è il braccio destro, presentando a Firenze il mio ultimo libro, Ricordati di vivere».
Quali sono gli elementi che Renzi ha in comune con Craxi?
«L’elenco che lei ha fatto è corretto: io avrei usato parole diverse, ma la sostanza è quella. A noi socialisti Renzi piace per lo spirito un po’ guascone, ma soprattutto perché sfida dei tabù e lo fa non per capriccio ma per dar vita a una vera sinistra di governo».
Come Craxi nel Psi?
«Come Craxi nel Psi. Come Craxi, poi, Renzi ha l’adrenalina, e non credo dipenda solo dall’età. È l’unico ad aver sfidato l’apparato di Botteghe Oscure, prima a Firenze poi a livello nazionale. E ha vinto. A dirla tutta avrebbe vinto anche un anno e mezzo fa, se Bersani non si fosse accordato con Vendola per ottenere i voti di Sel al secondo turno delle primarie...».
Anche Craxi puntò sulle riforme istituzionali, ma lui fallì.
«È vero, dopo aver riconquistato la centralità per il Psi, la grande riforma delle istituzioni divenne una semplice citazione più che materia di battaglia politica».
La utilizzava strumentalmente?
«Difficile dirlo. Di sicuro non la pose come condizione a nessuno dei tre governi democristiani che sostenemmo dal 1987 al ’92».
La Dc era culturalmente contraria all’elezione diretta di chi governa...
«Sì, ma non in assoluto. Nell’87 Andreotti mi propose di far eleggere il presidente della Repubblica direttamente dal popolo qualora le prime tre votazioni parlamentari a maggioranza qualificata non avessero sortito risultati. Gli dissi che prima dovevo parlarne con Bettino, ma per qualche oscura ragione Ciarrapico mi precedette e Craxi mandò a quel paese sia lui sia la possibile riforma».
Un vero peccato.
«Sì, e spero che Renzi non replichi l’errore. Anche la migliore legge elettorale, e quella proposta da Matteo non lo è affatto, non garantisce la stabilità dei governi, che saranno sempre alla mercé dei partiti minori. Occorre eleggere direttamente il presidente del Consiglio o quello della Repubblica, non capisco perché Renzi abbia lasciato cadere questo tema».
Forse perché, come Craxi, lo impugna senza crederci?
«Forse teme le resistenze interne al Pd e alla maggioranza, ma sbaglia. Questo è il momento di osare, anche perché è chiaro che la Terza Repubblica nascerà solo se cambia la forma di governo».
Anche Craxi dovette fronteggiare un forte dissenso interno...
«Sì, ma non c’è paragone. Per noi i primi anni furono terribili: a ogni comitato centrale rischiavamo di perdere la segreteria, e non mi pare che gli avversari interni di Renzi dispongano della stessa forza dei nostri di allora».
Riuscirà Renzi a cambiare il Pd come Craxi cambiò il Psi?
«Lo spero. La pancia comunista ha già votato Prodi e Rutelli, con lui sa di poter vincere e questo le basta. Il punto è vedere se Renzi riuscirà a cambiare il partito nelle sue roccaforti tradizionali: sul Monte dei Paschi di Siena, ad esempio, è stato molto prudente».
Differenze sostanziali?
«Craxi aveva una visione internazionale, mentre con Renzi tutto sembra un po’ superficiale e modaiolo. Cosa vuole, sono questi i tempi che corrono...».
Una grande differenza sta nel consenso di cui dispongono.
«È vero, Craxi fece grandi cose ma non andò oltre l’l1% dei voti. Aveva un carattere troppo ruvido e spigoloso per piacere alle masse, mentre Renzi è molto più gioviale e quel suo atteggiarsi a moschettiere lo rende immediatamente simpatico».
http://qn.quotidiano.net/primo_piano/2014/01/22/1014011-decisionista_arrogante_schietto.shtml
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