Pd, Cuperlo: “Da Renzi attacchi personali”. La replica: “Critiche si accettano”
Il presidente del partito: "Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso". Il segretario risponde: "Rispetto la tua scelta, sono certo che ripartiremo insieme con ruoli diversi"
Ieri le tensioni in Direzione e poi lo strappo, oggi le dimissioni. Gianni Cuperlo lascia la carica di presidente del Pd perché si sente colpito dal segretario Matteo Renzi. “Ancora ieri, e non per la prima volta, tu hai risposto a delle obiezioni politiche e di merito con un attacco di tipo personale” scrive il deputato in una lettera aperta al sindaco di Firenze, in cui annuncia l’addio alla carica arrivata subito dopo il confronto alle Primarie. Cuperlo afferma di aver deciso di lasciare non per “rancore”, ma per amore del partito e per poter esprimere liberamente quello che pensa. “Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere. Mi dimetto – si legge nella lettera – perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso. Voglio poter applaudire, criticare, dissentire, senza che ciò appaia a nessuno come un abuso della carica che per qualche settimana ho cercato di ricoprire al meglio delle mie capacità”.
Renzi gli risponde subito ringraziando l’ex rivale delle primarie per il “lavoro svolto” e esprimendo la speranza di “ripartire insieme”. ”Caro Gianni, rispetto la tua scelta. Pensavo, e continuo a pensare, che un tuo impegno in prima persona avrebbe fatto bene alla comunità di donne e uomini cui ti riferisci nella tua lettera”. “Si poteva fare meglio? – continua il segretario – Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto”. Il sindaco di Firenze ribadisce: “Quello che io ho potuto fare nel siglare l’intesa con gli altri partiti lo sai: se l’accordo reggerà avremo superato il bicameralismo perfetto, modificato l’errore del Titolo V, ridotte le indennità e i rimborsi dei consiglieri regionali, garantito il bipolarismo e il premio di maggioranza, introdotto il ballottaggio, ridotta la dimensione dei collegi, eliminato il potere di veto dei piccoli partiti che ha ucciso l’esperienza del centrosinistra con Prodi. Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo e che – pur con funzioni diverse – ripartiremo insieme. Con l’amicizia di sempre, buon lavoro”. Renzi vede in questo scontro frontale l’essenza di un partito che non è finto, ma discute anche in modo aperto (pure troppo): “Siamo il Partito Democratico – spiega – non solo nel nome, del resto. Un partito vivo, dinamico, plurale, appassionato. Un partito vero, non di plastica. Un partito dove si discute sul serio, non si fa finta. A viso aperto. La stessa franchezza e lealtà mi ha portato a criticare, nel merito, il tuo intervento. In un Partito Democratico le critiche si fanno, come hai fatto tu, ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale”.
Cosa accade ora? Renzi ha detto che non vorrà un altro presidente scelto tra i suoi. Le dimissioni di Cuperlo rimettono in discussione l’equilibrio raggiunto dopo le primarie. Matteo Renzi offrì l’incarico a Cuperlo e, dopo alcuni giorni di dibattito interno, la minoranza accettò l’offerta del segretario. Ora c’è da vedere se Renzi seguirà lo stesso schema. La questione è strettamente nelle mani del segretario. Spetta infatti a Renzi proporre un nuovo nome che andrà poi votato in assemblea. Fino a quel momento, potrebbero fare le veci del presidente uno dei due vice tra Matteo Ricci e Sandra Zampa. L’assemblea nazionale del Pd che dopo le primarie dell’Immacolata si è riunita per la prima, e finora unica volta, il 15 dicembre, è composta da circa mille persone. Ne fanno parte i delegati eletti alle primarie con le liste collegate ai tre candidati Renzi, Cuperlo e Civati. Oltre ai membri eletti con le liste delle primarie, ne fa parte anche una delegazione di 100 parlamentari e i membri di diritto. Tra questi ultimi vi sono il presidente del Consiglio Enrico Letta, i ministri in carica, gli ex segretari del Pd, da Walter Veltroni a Pier Luigi Bersani, e il presidente dei Giovani Democratici, Fausto Raciti.
Ieri il presidente democratico aveva criticato la riforma elettorale, quell’Italicum che qualcuno ha già bollato come Pastrocchium punto di incontro tra Renzi e Berlusconi. ”Non risulta ancora convincente” sosteneva Cuperlo perché “non garantisce la rappresentanza adeguata” né “il diritto dei cittadini di scegliere gli eletti” né una ragionevole governabilità”. Il segretario aveva incassato il colpo, ma difeso la sua creatura dagli attacchi di incostituzionalità (“non si scherzi”), sottolineando l’importanza del confronto all’interno del partito (“Spero che Gianni voti contro alla mia relazione e non si astenga per rispetto a quello che ha detto. Io voglio fare della direzione un luogo vero”). Ma poi sulle preferenze si era tolto più di un sassolino dalla scarpa. ”Questo tema – attacca – l’avrei voluto sentire quando vi siete candidati senza passare dalle primarie la scorsa volta. Questa critica è accettabile da chi, come Fassina ha preso 12mila preferenze”, ma non da chi “anche tra i renziani non ha fatto le primarie, non lo accetto”. Il presidente Pd, irritato, aveva quindi lasciato il tavolo della presidenza e si era accomodato tra i delegati. “Mi dispiace che Cuperlo vada via – aveva detto Renzi – gli avevo detto che avrebbe potuto replicare”.
Oggi la replica è arrivata attraverso una lettera. “Tra i moltissimi difetti che mi riconosco non credo di avere mai sofferto dell’ansia di una collocazione. Ieri sera, a fine dei nostri lavori, esponenti della tua maggioranza hanno chiesto le mie dimissioni da presidente per il “livore” che avrei manifestato nel corso del mio intervento. Leggo da un dizionario on line che la definizione del termine corrisponde più o meno a “sentimento di invidia e rancore”. Ecco, caro Segretario, non è così. Non nutro alcun sentimento di invidia e – scrive Cuperlo nella sua lettera – tanto meno di rancore. Non ne avrei ragione dal momento che la politica, quando vissuta con passione, ti insegna a misurarti con la forza dei processi. E io questo realismolo considero un segno della maturità. Non mi dimetto, quindi, per “livore”. E neppure per l’assenza di un cenno di solidarietà di fronte alla richiesta di dimissioni avanzata con motivazioni alquanto discutibili”
“Aspettiamo di leggere le motivazioni di questo gesto, ma non riesco a capire” commenta Graziano Delrio. “Fino adesso il confronto si è mantenuto su toni civili, sugli elementi di merito, dopo una bella campagna per le primarie – spiega il ministro delle Regioni -. Ieri, alla riunione della Direzione, c’è stata qualche asprezza ma da parte di tutti, sia da parte di Renzi che da parte di Cuperlo. Ma questo è il nuovo stile del Pd dove tutti si esprimono con franchezza”. Delrio sottolinea ancora: “Non riesco a capire, non vedo le ragioni di un gesto del genere, anche perché il Paese attraversa un momento davvero importante. Abbiamo messo in piedi un quadro di portata storica che può far nascere la terza Repubblica e tutti, sia i partiti di maggioranza che di opposizione, sono impegnati perchè questa rifonavenga approvata”.
“Un partito, a maggior ragione un partito che si chiama democratico, dovrebbe rappresentare un luogo di dialogo e confronto sulle scelte importanti da prendere per il futuro del Paese. Il segretario Renzi - scrive in una nota Monica Gregori, deputata del Pd e membro della Commissione lavoro - sta facendo un buon lavoro ma i modi con i quali ha risposto alle legittime critiche di merito di Gianni Cuperlo, nel corso della direzione di ieri, sono assolutamente fuori luogo. Per questo sono solidale con la sua scelta di dimettersi e gli manifesto la mia più profonda stima e vicinanza”. “Cuperlo sarebbe stato un ottimo presidente ma capisco che il ruolo di garanzia mal si concilia con la volontà di guidare la minoranza – afferma il renzianoDario Nardella – Non condivido invece le critiche fatte da Cuperlo all’idea di partito di Renzi, in questi giorni so che si sono sentiti e anche io, nel mio piccolo, ho avuto molti contatti con la minoranza. Dopodichè un partito è un luogo dove si discute e poi si decide, la gente ci chiede questo”.
Le dimissioni di Cuperlo sono un”gesto politico che pone un tema al segretario del partito: capire come continuiamo a stare insieme” perché “non si può gestire un partito secondo una logica padronale e il dileggio non è possibile. Ieri ci sono state parole offensive da parte di Renzi verso il presidente del partito che rappresenta tutti. Ci vuole un chiarimento, mi aspetto parole chiare da parte di Renzi” dice Danilo Leva, deputato Pd vicino all’ex presidente.
Al vetriolo invece la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati. ”Cuperlino detto listino. Pare che il citato Cuperlo si sia ritirato in una stanza offeso poiché Renzi gli ha ricordato che lui ora invoca le preferenze, ma in passato si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultra garantiti da Bersani. Ehi, che ignorante che è Renzi: è il materialismo dialettico, compagni” scrive Il Mattinale. “Cuperlativo assoluto. Cuperlo ha dato il massimo versando una lacrima sul suo bel viso per l’insopportabile offesa. Essendo diafana come lui però nessuno l’ha vista. Per lo stesso motivo nessuno ha visto nemmeno lui. Rettifica. Cuperlo si dimette, dunque esiste”.
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