Legge elettorale, accordo tra Renzi e B. Ma la sinistra Pd insiste: “Nulla è deciso”
Soglia del premio di maggioranza al 37%. Lo sbarramento per le forze coalizzate passa dal 5 al 4,5%. Il leader Pd: "Mai più larghe intese". Ma la minoranza ribadisce: "Restano ancora nodi da cambiare"
Matteo Renzi e Silvio Berlusconi fanno il tagliando al loro accordo del 19 gennaio e ormai si tratta di un’intesa continua, se mettiamo insieme le numerose telefonate di ieri (28 gennaio) e l’ultima ratifica di oggi, poche ore prima di tornare a lavorare in commissione Affari costituzionali della Camera. La nuova versione della legge elettorale prodotta dall’accordo tra i leader di Pd e Forza Italia prevede una soglia per il premio di maggioranza fissata al 37% e un nuovo minimo necessario per l’ingresso in Parlamento per i partiti coalizzati (4,5% anziché 5). Renzi esulta: “Mai più larghe intese e mai più potere di ricatto dei piccoli partiti”. Stesso stato d’animo di Denis Verdini: “Il patto è stato ormai raggiunto perché non dovrebbe tenere?”. Alla soddisfazione generale si aggiunge il presidente del Consiglio Enrico Letta: “Le riforme – dice il capo del governo – sono fondamentali per la stabilità e per mandare avanti il nostro Paese. E’ una buona notizia per l’Italia se riusciamo a farle”. Peccato che un accordo che viene dato ogni giorno come definitivo viene già rintuzzato dalla minoranza del Pd (“Ci sono ancora nodi da sciogliere”) e da tutti gli altri partiti più piccoli rappresentati in Parlamento: da Sel (“Dal Porcellum al Caimanum“) ai Popolari per l’Italia del ministro Mario Mauro (“Legge vergognosa”). Non si fa tirare in mezzo neanche stavolta ilMovimento Cinque Stelle: “Sulla legge elettorale la nostra posizione è molto chiara – dice Gianroberto Casaleggio lasciando Montecitorio dopo un incontro con i deputati grillini – Noi stiamo facendo un percorso per arrivare ad una nostra proposta di riforma”.
Il “nuovo” Italicum dopo la nuova intesa Renzi-B
Il testo dell’Italicum si deforma giorno dopo giorno e al momento è così strutturato. La soglia per il premio di maggioranza è fissata al 37%: se nessuna coalizione la raggiunge si va al ballottaggio. Il bonus quindi sarà del 15%, ma ci sarà un tetto al 55%. Questo vuol dire che chi vince al primo turno potrà acquisire da 327 a 340 seggi. Cambia, rispetto al primo testo, anche la soglia di sbarramento per l’accesso alla Camera riservata ai partiti coalizzati: 4,5% anziché il 5. Restano invariate le altre: 8% per i partiti che non si coalizzano, 12% per le coalizioni. Riemerge dalle ceneri anche la norma “Salva Lega” (contropartita data al Cavaliere per ottenere l’innalzamento della soglia per il premio): i partiti che raggiungono il 9% in almeno tre regioni comunque entrano in Parlamento. Secondo le agenzie di stampa, peraltro, si lavora anche su un’ulteriore norma per dare rappresentanza a liste minori ma ampiamente rappresentate in diverse circoscrizioni. Restano – e non è una sorpresa – le liste bloccate nell’accordo sulla legge elettorale raggiunto da Pd e Forza Italia, con la possibilità di presentare candidature plurime (quindi si vedrà Berlusconi spalmato in tutti i collegi o quasi). Nell’accordo sulla legge elettorale non sonoo previste le primarie (pur facoltative) per la scelta dei candidati da inserire nelle liste bloccate.
Il testo dell’Italicum si deforma giorno dopo giorno e al momento è così strutturato. La soglia per il premio di maggioranza è fissata al 37%: se nessuna coalizione la raggiunge si va al ballottaggio. Il bonus quindi sarà del 15%, ma ci sarà un tetto al 55%. Questo vuol dire che chi vince al primo turno potrà acquisire da 327 a 340 seggi. Cambia, rispetto al primo testo, anche la soglia di sbarramento per l’accesso alla Camera riservata ai partiti coalizzati: 4,5% anziché il 5. Restano invariate le altre: 8% per i partiti che non si coalizzano, 12% per le coalizioni. Riemerge dalle ceneri anche la norma “Salva Lega” (contropartita data al Cavaliere per ottenere l’innalzamento della soglia per il premio): i partiti che raggiungono il 9% in almeno tre regioni comunque entrano in Parlamento. Secondo le agenzie di stampa, peraltro, si lavora anche su un’ulteriore norma per dare rappresentanza a liste minori ma ampiamente rappresentate in diverse circoscrizioni. Restano – e non è una sorpresa – le liste bloccate nell’accordo sulla legge elettorale raggiunto da Pd e Forza Italia, con la possibilità di presentare candidature plurime (quindi si vedrà Berlusconi spalmato in tutti i collegi o quasi). Nell’accordo sulla legge elettorale non sonoo previste le primarie (pur facoltative) per la scelta dei candidati da inserire nelle liste bloccate.
Renzi: “Mai più inciuci alle spalle degli elettori”
L’accordo è stato raggiunto dopo una mattinata di contatti tra Renzi, Berlusconi, Alfano, Verdini e i rappresentanti di Scelta Civica. Il segretario del Pd è molto soddisfatto e lo esprime attraverso Twitter: “Bene così. Adesso sotto con il Senato, le Province, il titolo V. E soprattutto con il #Jobsact. Dai che questa è #lavoltabuona”. ”Mai più larghe intese – continua su facebook – grazie al ballottaggio, mai più potere di ricatto dei piccoli partiti, mai più inciuci alle spalle degli elettori, mai più mega circoscrizioni. Con l’intesa sulla legge elettorale, nonostante i professionisti della critica, il passo avanti è enorme”. ”Dopo anni di melina – afferma Renzi – in qualche settimana si passa dalle parole ai fatti. Ma non fermiamoci qui. Adesso possiamo passare al superamento del Senato e delle Province, all’eliminazione dei rimborsi ai consiglieri regionali e alla semplificazione delle competenze. Ma soprattutto al Jobs Act, il piano per il lavoro. Stiamo semplicemente mantenendo gli impegni presi con le primarie dell’8 dicembre. Senza paura, a viso aperto”. Sotto il profilo tecnico “l’accordo esce migliorato da quello presentato nella direzione – commentaEmanuele Fiano, capogruppo democratico in commissione Affari costituzionali di Montecitorio – ed è il migliore nelle condizioni date”. Così, secondo Fiano, “non si chiude la porta ai partiti minori e si rappresentano le forze territoriali”.
L’accordo è stato raggiunto dopo una mattinata di contatti tra Renzi, Berlusconi, Alfano, Verdini e i rappresentanti di Scelta Civica. Il segretario del Pd è molto soddisfatto e lo esprime attraverso Twitter: “Bene così. Adesso sotto con il Senato, le Province, il titolo V. E soprattutto con il #Jobsact. Dai che questa è #lavoltabuona”. ”Mai più larghe intese – continua su facebook – grazie al ballottaggio, mai più potere di ricatto dei piccoli partiti, mai più inciuci alle spalle degli elettori, mai più mega circoscrizioni. Con l’intesa sulla legge elettorale, nonostante i professionisti della critica, il passo avanti è enorme”. ”Dopo anni di melina – afferma Renzi – in qualche settimana si passa dalle parole ai fatti. Ma non fermiamoci qui. Adesso possiamo passare al superamento del Senato e delle Province, all’eliminazione dei rimborsi ai consiglieri regionali e alla semplificazione delle competenze. Ma soprattutto al Jobs Act, il piano per il lavoro. Stiamo semplicemente mantenendo gli impegni presi con le primarie dell’8 dicembre. Senza paura, a viso aperto”. Sotto il profilo tecnico “l’accordo esce migliorato da quello presentato nella direzione – commentaEmanuele Fiano, capogruppo democratico in commissione Affari costituzionali di Montecitorio – ed è il migliore nelle condizioni date”. Così, secondo Fiano, “non si chiude la porta ai partiti minori e si rappresentano le forze territoriali”.
D’Attorre, minoranza Pd: “Legge troppo sbilanciata a favore di B”
Ma la sinistra Pd non molla. “Bene che si sia alzata la soglia a 37 – spiega il bersaniano Alfredo D’Attorre– ma restano i nodi delle liste bloccate e delle soglie. E’ una legge troppo sbilanciata a favore di Berlusconi e di Forza Italia”. ”Davanti a nodi irrisolti, dobbiamo proseguire un confronto nel Pd e nel gruppo perché serve un’iniziativa forte del partito. Presenteremo emendamenti? Bisogna proseguire passo passo in un confronto a viso aperto. Noi siamo contrari ad imboscate parlamentari, chi si nascondesse dentro il voto segreto farebbe un grande errore”. ”Avremo a breve – spiega D’Attorre – una riunione dei componenti del gruppo in commissione. Ci sono passi avanti, frutto di una battaglia comune anche per problemi sollevati, in particolare la soglia del 37. Ma nel complesso resta preoccupazione per diversi nodi irrisolti a partire dalle liste bloccate: noi avevamo presentato una pluralità di soluzioni ma nessuna ipotesi è stata presa in considerazione. Il sistema è ancora interamente basato sulle liste bloccate”. Poi, rincara D’Attorre, “c’è il sistema delle soglie di sbarramento con due gravi problemi: è fuori dal mondo che una forza con quasi 3 milioni di elettori resti fuori perché non è alleata così come Forza Italia, alleandosi con chi non raggiungerà il 4,5%, può raggiungere il premio di maggioranza”. D’Attore considera poi “irrisolto” il problema della rappresentanza femminile. Ai rilievi di D’Attore si sommano quelli dell’ex ministro Cesare Damiano, molto ascoltato a sinistra: “Passi avanti, anche se minimi, sulle soglie. Rimane aperto il tema delle liste bloccate: l’alternativa alle preferenze è, per noi, il collegio uninominale o le primarie per legge, obbligatorie e per tutti. La battaglia deve continuare”.
Ma la sinistra Pd non molla. “Bene che si sia alzata la soglia a 37 – spiega il bersaniano Alfredo D’Attorre– ma restano i nodi delle liste bloccate e delle soglie. E’ una legge troppo sbilanciata a favore di Berlusconi e di Forza Italia”. ”Davanti a nodi irrisolti, dobbiamo proseguire un confronto nel Pd e nel gruppo perché serve un’iniziativa forte del partito. Presenteremo emendamenti? Bisogna proseguire passo passo in un confronto a viso aperto. Noi siamo contrari ad imboscate parlamentari, chi si nascondesse dentro il voto segreto farebbe un grande errore”. ”Avremo a breve – spiega D’Attorre – una riunione dei componenti del gruppo in commissione. Ci sono passi avanti, frutto di una battaglia comune anche per problemi sollevati, in particolare la soglia del 37. Ma nel complesso resta preoccupazione per diversi nodi irrisolti a partire dalle liste bloccate: noi avevamo presentato una pluralità di soluzioni ma nessuna ipotesi è stata presa in considerazione. Il sistema è ancora interamente basato sulle liste bloccate”. Poi, rincara D’Attorre, “c’è il sistema delle soglie di sbarramento con due gravi problemi: è fuori dal mondo che una forza con quasi 3 milioni di elettori resti fuori perché non è alleata così come Forza Italia, alleandosi con chi non raggiungerà il 4,5%, può raggiungere il premio di maggioranza”. D’Attore considera poi “irrisolto” il problema della rappresentanza femminile. Ai rilievi di D’Attore si sommano quelli dell’ex ministro Cesare Damiano, molto ascoltato a sinistra: “Passi avanti, anche se minimi, sulle soglie. Rimane aperto il tema delle liste bloccate: l’alternativa alle preferenze è, per noi, il collegio uninominale o le primarie per legge, obbligatorie e per tutti. La battaglia deve continuare”.
Boschi: “Non possiamo far saltare tutto solo per le liste bloccate”
Maria Elena Boschi, responsabile Riforme del Pd, non ci sta: “Ognuno ha la sua legge ideale in testa – dice – Ma abbiamo fatto una legge che migliora l’attuale nell’interesse dei cittadini, non nell’interesse del Pd. Sarebbe difficile spiegare che facciamo saltare tutto per un singolo punto”. Cioè le liste bloccate senza preferenze. Ma la Boschi è convinta, non ci saranno franchi tiratori in Aula: “Ci sarà serietà e credo che il Pd resterà unito e compatto come è stato fino ad ora in Parlamento. L’accordo ci consegna una legge che migliora l’attuale ed è fatta nell’interesse dei cittadini, non nell’interesse del Pd. Perché potesse essere un accordo molto alto e coinvolgere anche Forza Italia abbiamo dovuto fare una mediazione sui contenuti, nella quale il Pd ha ottenuto il ballottaggio e un innalzamento della soglia per il premio di maggioranza”. Insomma: “C’è grande soddisfazione: siamo a un passo dalla legge elettorale, grazie a un accordo che migliora il testo iniziale e tiene conto dei suggerimenti del Pd”.
Maria Elena Boschi, responsabile Riforme del Pd, non ci sta: “Ognuno ha la sua legge ideale in testa – dice – Ma abbiamo fatto una legge che migliora l’attuale nell’interesse dei cittadini, non nell’interesse del Pd. Sarebbe difficile spiegare che facciamo saltare tutto per un singolo punto”. Cioè le liste bloccate senza preferenze. Ma la Boschi è convinta, non ci saranno franchi tiratori in Aula: “Ci sarà serietà e credo che il Pd resterà unito e compatto come è stato fino ad ora in Parlamento. L’accordo ci consegna una legge che migliora l’attuale ed è fatta nell’interesse dei cittadini, non nell’interesse del Pd. Perché potesse essere un accordo molto alto e coinvolgere anche Forza Italia abbiamo dovuto fare una mediazione sui contenuti, nella quale il Pd ha ottenuto il ballottaggio e un innalzamento della soglia per il premio di maggioranza”. Insomma: “C’è grande soddisfazione: siamo a un passo dalla legge elettorale, grazie a un accordo che migliora il testo iniziale e tiene conto dei suggerimenti del Pd”.
I piccoli in rivolta. I Popolari: “Legge vergognosa”. Vendola: “E’ il Caimanum”
Ma i toni di molti partiti (piccoli) in Parlamento non seguono l’entusiasmo generale. Il senatore Andrea Olivero, già montiano ora nei Popolari di Mauro, vede “moltissima e immotivata euforia” per una legge “incostituzionale e vergognosa”. L’obiettivo è quindi alzare la soglia per il premio al 40%, stessa richiesta di Scelta Civica con il capogruppo Andrea Romano. “Per mesi ci hanno raccontato la favoletta che si voleva scalzare la partitocrazia e ridare ai cittadini trasparenza e potere di scelta – conclude il senatore popolare – ora invece vediamo all’opera Pd e Forza Italia, con nuovi e vecchi leader che vanno a braccetto, che fingono di cambiar tutto per non cambiare nulla, nella migliore tradizione gattopardesca italiana”. Sel, conNichi Vendola, ribattezza la legge Caimanum e Forzaitalicum, il Centro Democratico di Tabacci – conRoberto Capelli – lo chiama Silvium, il senatore del Nuovo Centrodestra Andrea Augello lo definisce “il patto del pizzicagnolo”. “La soglia fissata per il premio di maggioranza è decisamente inadeguata – chiosa il ministro della Difesa Mario Mauro – Per poter avere un effettivo equilibrio tra governabilità e rappresentanza bisognerebbe partire dalla soglia del 40%. Non si può permettere che chi prende, in proporzione, pochi voti abbia tutto il potere. Queste non sono regole degne di una democrazia matura”.Roberto Formigoni (Nuovo Centrodestra) ha un presentimento: “Pur avendo innalzato la soglia dal 35 al 37 per cento, il premio di maggioranza è ancora abnorme, risultando del 16 per cento. Si profila quindi una nuova censura della Corte Costituzionale”.
Ma i toni di molti partiti (piccoli) in Parlamento non seguono l’entusiasmo generale. Il senatore Andrea Olivero, già montiano ora nei Popolari di Mauro, vede “moltissima e immotivata euforia” per una legge “incostituzionale e vergognosa”. L’obiettivo è quindi alzare la soglia per il premio al 40%, stessa richiesta di Scelta Civica con il capogruppo Andrea Romano. “Per mesi ci hanno raccontato la favoletta che si voleva scalzare la partitocrazia e ridare ai cittadini trasparenza e potere di scelta – conclude il senatore popolare – ora invece vediamo all’opera Pd e Forza Italia, con nuovi e vecchi leader che vanno a braccetto, che fingono di cambiar tutto per non cambiare nulla, nella migliore tradizione gattopardesca italiana”. Sel, conNichi Vendola, ribattezza la legge Caimanum e Forzaitalicum, il Centro Democratico di Tabacci – conRoberto Capelli – lo chiama Silvium, il senatore del Nuovo Centrodestra Andrea Augello lo definisce “il patto del pizzicagnolo”. “La soglia fissata per il premio di maggioranza è decisamente inadeguata – chiosa il ministro della Difesa Mario Mauro – Per poter avere un effettivo equilibrio tra governabilità e rappresentanza bisognerebbe partire dalla soglia del 40%. Non si può permettere che chi prende, in proporzione, pochi voti abbia tutto il potere. Queste non sono regole degne di una democrazia matura”.Roberto Formigoni (Nuovo Centrodestra) ha un presentimento: “Pur avendo innalzato la soglia dal 35 al 37 per cento, il premio di maggioranza è ancora abnorme, risultando del 16 per cento. Si profila quindi una nuova censura della Corte Costituzionale”.
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