Aumento delle spese fino a 1 mld. E vantaggi fiscali per i produttori bellici. Il piano del ministro Mauro per difesa.
di Marco Mostallino
Il governo Letta ha chiesto al parlamento il via libera per l'aumento delle spese militari all'interno del bilancio dello Stato fino a 1 miliardo di euro l'anno e, allo stesso tempo, ha proposto un regime fiscale vantaggioso, con imposte più basse rispetto alle aziende degli altri settori, per le industrie italiane che producono armi in cooperazione con imprese belliche degli altri Paesi dell'Ue e della Nato.
L'INTERVENTO DI MAURO. Giovedì 23 gennaio, il ministro Mario Mauro si è presentato in audizione davanti alle commissioni Difesa di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta per l'importanza della richiesta. Il grimaldello per questa operazione è il progetto della Commissione europea, reso noto il 16 gennaio ma studiato nel Consiglio europeo di dicembre 2013, che trasforma le spese militari, fino a oggi inserite alla voce «consumi» o costi, in «investimenti per lo sviluppo» (leggi la nota della Commissione).
I costi possono aumentare fino a 1 miliardo di euro l'anno. Ciò permetterebbe all'Italia, secondo i primi calcoli ufficiosi di fonti riservate del ministero della Difesa, di incrementare gli acquisti di aerei da combattimento (come gli F35, la cui poca efficienza è stata evidenziata dall'ennesimo report del Pentagono), di navi da guerra, carri armati, missili e altri ordigni per un importo oscillante tra i 500 milioni e il miliardo di euro all'anno rispetto ai 5,3 miliardi di euro di spese militari (fonte commissione Difesa della Camera) inseriti nella manovra finanziaria 2014 e ai 5,1 previsti per ora per il 2015.
Già oggi, circa il 30% degli acquisti di armi sono a carico del ministero per lo Sviluppo economico guidato da Flavio Zanonato (Pd), mentre soltanto il 70% è inserito nel bilancio del dicastero diretto da Mauro (Scelta civica).
ARMI PER LO «SVILUPPO ECONOMICO». Il ministro della Difesa, la scorsa settimana, ha illustrato la posizione del governo per circa 20 minuti. E ha concluso dicendo che «prima di passare la palla al parlamento» per il via libera di fatto all'aumennto delle spese militari, si augura «di poter entrare presto in questa fase tanto attesa» nella quale gli acquisti militari escano dalle voci di «spesa» e «consumi» del bilancio statale per essere inseriti all'interno degli «investimenti per lo sviluppo», come le autostrade, le reti energetiche e ferroviarie, e tutte le infrastrutture di sostegno all'economia. Auspicando che le commissioni delle due Camere possano presto «articolare un percorso comune».
DA CONSUMO A MOTORE DI RIPRESA. Se la riforma dovesse passare, l'acquisto di F35, di Eurofighter, delle fregate del programma Frem, degli elicotteri Agusta (tanto per fare qualche esempio) sparirebbe all'interno del calderone degli investimenti. E sarebbe dunque più facile far passare una fornitura di carri armati, droni o lanciamissili per la Marina come sostegno alla ripresa della nostra economia.
Spese che oggi sono considerate «consumi», perché un missile, come un proiettile, una volta che è stato utilizzato non esiste più e dunque è un bene deperibile, non una infrastruttura che rimane sul territorio e che può essere utilizzata da imprese private, enti pubblici e in certi casi - come i trasporti e le reti idriche - anche dai cittadini.
IL RAPPORTO SPESA MILITARE-PIL. Difficile dire esattamente quale sia oggi il rapporto in Italia tra Pil e spesa militare. Secondo l'ultimo rapporto della Cia, l'agenzia dei servizi segreti Usa, nel 2012 l'Italia spendeva in armi l'1,8% del proprio prodotto interno lordo. Gli economisti di Lavoce.info, invece, stimano l'impegno del nostro governo per gli acquisti di aerei, navi e sistemi d'arma intorno allo 0,9%.
Le cifre variano secondo i parametri, non sempre troppo chiari, dei bilanci statali.
La «tagliola» per i parlamentari: nessuna obiezione al piano di difesa. Dopo le dichiarazioni di Mauro, ai parlamentari sono stati lasciati appena 12 minuti per le domande, gli interventi e le richieste di chiarimento. Ma nessun deputato o senatore, nemmeno quelli del Movimento 5 stelle o delle altre forze di opposizione, ha espresso critiche, riserve e obiezioni a quello che il ministro ha definito come il «nuovo modello di difesa» per il nostro Paese: un totale rinnovamento dei sistemi d'arma di cielo, terra e mare, considerati obsoleti perché risalenti ai «tempi della Guerra fredda» e quindi non più idonei a rispondere alle «nuove minacce per la sicurezza» che, secondo il governo Letta, possono arrivare anche da direzioni al momento sconosciute.
L'audizione di Mauro del 23 gennaio è avvenuta nell'aula della commissione Difesa del Senato alla presenza anche dei membri dell'omologo organismo della Camera. Ma a tutt'oggi, a differenza della prassi seguita normalmente, il resoconto stenografico della seduta non è ancora stato pubblicato sul sito di Palazzo Madama e nemmeno su quello di Montecitorio.
Dal canto suo, la commissione Difesa della Camera, presieduta da Elio Vito, nella seduta dell'8 gennaio aveva messo all'ordine del giorno «l'esame del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013». Un documento prezioso, perché illustra lo stato della difesa in Italia, l'efficienza del sistema e, soprattutto i costi degli armamenti.
Lo studio avrebbe dovuto essere pronto già l'anno scorso, ma il lavoro si è prolungato. E l'8 gennaio, quando si sarebbe dovuti arrivare alla conclusione e al voto sul dossier, il Pd, con i deputati Giampiero Scanu e Rosa Maria Villeco Calipari, ha chiesto e ottenuto che l'esame sia rinviato a data da destinarsi, senza un termine preciso.
Scanu, col sostegno di Michele Piras di Sel, aveva in realtà chiesto solo due settimane di lavoro aggiuntivo, ma Calipari, a nome del partito, ha detto: «Come termine indicherei non una data, ma il raggiungimento dell'obiettivo che la commissione si pone», cioè una data indefinibile, fluida e ulteriormente rinviabile in qualsiasi momento.
Nessun partito, nemmeno le opposizioni come Forza Italia, Lega, Sel e 5 Stelle, si è opposto alla richiesta del Pd di posporre l'esame del bilancio militare sino alle calende greche.
Giovedì, 30 Gennaio 2014
http://www.lettera43.it/economia/macro/armamenti-per-il-governo-letta-sono-investimenti_43675121143.htm
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