Scritto il 01/10/13
Ecco il disastro del modello tedesco, quello che secondo i tromboni televisivi dovrebbe essere il nostro modello. Le fonti sono autorevoli, cioé: Ocse, German Institute for Economic Research, Peterson Institute for International Economics, Wsj. Non aggiungo commenti, se non ci arrivate da soli… Il modello di competitività della Germania porta un solo nome: tagliare gli stipendi. Solo abbassando i redditi la Germania è riuscita a rimanere la prima economia dell’Eurozona, perché è riuscita ad esportare masse di prodotti a costi bassi. Ci hanno guadagnato in due: le multinazionali Neomercantili tedesche, e i numerini sui computer del Tesoro di Berlino. Ci hanno perso tutti gli altri tedeschi. Carsten Brzeski, del colosso assicurativo Ing, ci dice che la Germania si è sostenuta durante la crisi esportando fuori dalla Ue; ma ora, col crollo dei paesi emergenti, dei Brics in particolare, la Germania è esposta a shock economici pericolosissimi.
Questo conferma uno dei capisaldi della Me-Mmt, che sconsiglia a qualsiasi economia di contare sull’export. La bassa disoccupazione tedesca è una truffa: hanno creato posti di lavoro part-time, flessibili, a stipendi da miseria e senza le tutele sociali delle generazioni precedenti, e li hanno contati come occupazione. Oggi la Germania ha la proporzione più alta di lavoratori sottopagati, a fronte del reddito nazionale medio, di tutta l’Europa. La Commissione Europea non ha ancora cancellato la sua stima di “stagnazione” dell’economia tedesca. Il fatto è che la cosiddetta ripresa ci segnala solo che le stime al ribasso non si sono verificate, ma nulla nel senso di una crescita. I consumi in Germania rimangono a livelli bassissimi, infatti la cosiddetta ripresa della “fiducia in business” ha favorito solo gli azionisti in Borsa, ma ha ignorato l’economia reale dei cittadini.
La Germania ha il tasso di giovani lavoratori con istruzione superiore più basso fra Canada, Giappone, Usa, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Berlino non ha affatto investito nelle sue università pubbliche, e nemmeno il settore privato ha fatto granché in questo settore. La sbandierata produttività della Germania pro capite è una bufala. Il Pil prodotto in Germania per ora lavorata è il più basso di tutta la media Ocse. Di fatto, le aziende tedesche possono competere solo tagliando gli stipendi e producendo nell’Est europeo. La Germania ha avuto stipendi medi stagnanti e non al passo dell’inflazione per 10 anni. Lo testimonia l’autorevole “Real Wages in Germany, numerous years of decine”, di Karl Brenke del German Institute for Economic Research.
Il 15 marzo del 2013 il “Wall Street Journal” pubblicava i dati sugli investimenti in Germania: il quadro era deprimente, col governo tedesco che ha ignorato gli investimenti in infrastrutture, istruzione e tecnologia per almeno 20 anni, particolarmente nel settore pubblico, con lo sguardo invece sempre rivolto all’export. I danni sono oggi evidenti. Questa è la verità del tanto sbandierato modello tedesco, nel nome del quale gente come Monti o Letta stanno devastando l’Italia. Non so come dirlo, ma veramente il livello dell’informazione che i media italiani vi forniscono non è neppure al livello di… bè, vorrei usare un termine moderato, e scelgo questo: spazzarcisi il culo.
(Paolo Barnard, “La verità sul disastro del modello tedesco”, dal blog di Barnard del 4 settembre 2013).
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