Datagate: “Nsa spia governo italiano”. E anche gli inglesi, “con ok dei nostri servizi”
Le rivelazioni di Glenn Greenwald, il "custode" dei dati di Snowden, all'Espresso. Sotto controllo i cavi sottomarini di fibra ottica. Anche i britannici, con il programma Tempora in accordo con i nostri apparati, raccoglierebbero dati su "aziende, politici e uomini di Stato" del nostro Paese. E non solo per la "lotta al terrorismo"
All’Espresso, Greenwald spiega che dai file di Snowden risulta che la scrematura dei dati raccolti dall’intelligence britannica segue criteri spregiudicati, che non riguardano solo la lotta al terrorismo. Anzi, la licenza di spiare concessa dalle autorità britanniche è vastissima e consente di tenere sotto controlloaziende, politici e uomini di Stato. Gli inglesi infatti selezionavano telefonate e mail utili a individuare “le intenzioni politiche dei governi stranieri”. Nella lista delle priorità di Londra c’è poi il contrasto alla proliferazione, ossia alla diffusione di armi nucleari, batteriologiche o chimiche nelle nazioni ostili. Ma sotto questa voce possono essere incluse anche le cessioni di tecnologie avanzate, militari o comunque con potenzialità belliche: un capitolo in cui possono essere inserite le trattative commerciali lecite condotte da aziende italiane verso paesi arabi.
Quante volte queste informazioni sono state utilizzate per danneggiare i rivali delle imprese britanniche? Altri documenti su Tempora fanno esplicitamente riferimento alla possibilità di cercare dati che sostengano “il benessere economico dell’Inghilterra”. Nell’elenco delle comunicazioni da esaminare sono poi citati “i gravi reati economici”: uno spettro ampio, poiché moltissime attività finanziarie internazionali e italiane passano dalla City. Quindi c’è il contrasto al traffico di droga: un altro punto che può giustificare irruzioni nelle conversazioni italiane. Infine la “posizione dei governi stranieri su determinatequestioni militari”. Anche in questo caso, si possono ipotizzare inserimenti nelle telefonate dei nostri ministri: basta ricordare i contrasti tra Roma e Londra nella prima fase dell’intervento in Libia due anni fa.
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