Pdl, Alfano non va a ufficio di presidenza: “In questa Forza Italia non ci entro”
Il segretario chiede di annullare l'ufficio di presidenza, il Cavaliere tira dritto. E si consuma la rottura. Popolo delle Libertà (e forse la maggioranza) verso una nuova crisi. Ma al vertice mancano anche Gasparri e Schifani: "Ora lavoriamo per l'unità"
Lo strappo pare consumarsi. Angelino Alfano non parteciperà all’ufficio di presidenza del Popolo delle Libertà. Una scelta in aperta polemica con la “rottamazione” del partito e il ritorno a Forza Italia, percorso che ha ripreso vigore nelle ultime ore per volontà dello stesso Silvio Berlusconi. “A queste condizioni io in Forza Italia non ci entro, è un errore. E con me sono in tanti” ha detto il vicepresidente del Consiglio al Cavaliere. Ha tentato anche di rinviare l’ufficio di presidenza, ma non è stato ascoltato. E allora l’ultima carta è stata quella di non partecipare. Come lui faranno altri, come Roberto Formigoni e Carlo Giovanardi. “Il mio contributo all’unità del nostro movimento politico che mai ostacolerò per ragioni attinenti i miei ruoli personali, è di non partecipare, come faranno altri, all’ufficio di presidenza che deve proporre decisioni che il consiglio nazionale dovrà assumere – ha affermato Alfano – Il tempo che ci separa dal consiglio nazionale consentirà a Berlusconi di lavorare per ottenere l’unità”. D’altra parte Berlusconi con lui e gli altri ministri del Pdl sarebbe stato inamovibile: “Non si torna indietro, bisogna andare avanti con Forza Italia”. E ancora una volta il destino del centrodestra diventa quello del governo delle larghe intese. ”È evidente – dice il segretario del Pd Guglielmo Epifani – che la navigazione del Governo si è rifatta più difficile”.
L’incontro tra Berlusconi, Alfano e gli altri 4 ministri del Pdl è durato oltre tre ore. I “governativi” lo avevano ottenuto dopo una notte di telefonate e messaggi. L’ex presidente del Consiglio – secondo le ricostruzioni delle agenzie di stampa – avrebbe compreso i ragionamenti del segretario e degli altri componenti della squadra di governo mettendo però in chiaro l’intenzione di voler andare avanti con il ritorno a Forza Italia ma, contemporaneamente, garantendo loro di svolgere all’ufficio di presidenza un discorso all’insegna dell’unità. Il ministro dell’Interno ha confermato la linea delle ultime settimane: no a una Forza Italia “estremista” apertamente ostile al governo Letta. Il segretario del Pdl ha chiesto al Cavaliere di rallentare il processo messo in moto e spinto dai falchi del Pdl. Il fatto di non voler prendere parte all’incontro rappresenta – a prescindere dal diplomatico giro di parole – una presa di distanza.
La situazione precipita di nuovo, dunque, dopo giorni di tregua armata. “Oggi transizione verso Forza Italia – c’aveva provato fino all’ora di pranzo il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, ormai diventato uomo degli ultimatum mancati – Tutti uniti”. Macché. La richiesta dei governativi era invece di rinviare l’ufficio di presidenza. Da una parte per evitare spaccature, dall’altra perché sono in netta minoranza rispetto ai duri e puri, i “falchi”. Il messaggio era arrivato, nero su bianco, dall’ex ministro Maurizio Sacconi: l’ufficio di presidenza, aveva dichiarato, “pur formalmente corrispondente alla lettera statutaria, non riflette nella sua composizione né la storia né l’attualità del nostro movimento politico, tanto nella dimensione politica quanto in quella istituzionale”. Se l’ufficio di presidenza è costituito solo da 24 membri aventi diritto al voto, il Consiglio nazionale è un organismo formato da una platea più vasta: quasi 800 persone. Là si sposterà la resa dei conti finale tra le due (o tre) anime del partito.
Ma anche i cosiddetti “lealisti” si erano riuniti: tra loro Raffaele Fitto, Mariastella Gelmini, Gianfranco Rotondi e Stefania Prestigiacomo. La loro linea non cambia: avanti col passaggio a Forza Italia e leadership ben salda nella persona di Berlusconi.
La rappresentazione plastica della divisione è avvenuta anche con due raccolte di firme, di una e dell’altra fazione. Una a sostegno del segretario Alfano. L’altra dei lealisti per un documento a favore dell’unità del partito ma perché si proceda comunque con la rinascita di Forza Italia e l’azzeramento delle cariche. Le adesioni sono subito arrivate non solo dai parlamentari ma anche dal territorio. Tra questi Francesco Nitto Palma aveva cercato di rimandare la palla nel campo dei governativi: “Ho l’impressione - dice il coordinatore regionale della Campania – che si stia drammatizzando oltre misura l’ufficio di presidenza che si terrà tra qualche ora, tanto da chiederne unilateralmente il rinvio nonostante che la sua convocazione, come da statuto, sia stata meditatamente decisa dal presidente Berlusconi. Ma quale è il problema? Che si sancisca il passaggio dal PdL a Forza Italia? Ma non eravamo tutti d’accordo? Non siamo stati tutti immortalati sorridenti il giorno della inaugurazione della sede di San Lorenzo in Lucina?“.
Ma all’ufficio di presidenza non andranno solo quelli che secondo la definizione di Formigoni sono gli innovatori (cioè coloro che sostengono il governo senza esitazione). Non ci saranno infatti né il capogruppo al Senato Renato Schifani né il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. “Ritengo opportuno – spiega il primo – non prendere parte ai lavori pomeridiani dell’Ufficio di Presidenza, avendo appreso che alcuni componenti di questo organismo non parteciperanno, denotando in questo modo l’esistenza di opinioni politiche diverse all’interno del Pdl”. “Ringrazio per l’invito – aggiunge invece l’ex An- ma non avendo diritto di voto non voglio offrire il fianco a polemiche circa le presenze e la composizione dell’organo”. Gasparri sostiene di voler fermare “con decisione” l’attuale “impegno autodistruttivo”. Dei convocati con diritto al voto, dunque, parteciperanno Brunetta, Cappellacci, Carfagna, Chiodi, Fitto, Galan, Gelmini, Iorio, Martinelli, Matteoli, Prestigiacomo, Rotondi, Scajola, Tajani, Tondo, Verdini e Vito. Non c’è neanche Bondi: è all’estero.
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