spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

sabato 20 aprile 2013



Bersani si è dimesso. Doveroso e inevitabile, dopo un completo fallimento nell’elezione del Capo dello Stato. Inizialmente si è puntato su quello che, per qualche ragione, si considerava un purosangue e che invece ha creato soltanto divisioni interne al PD, costo di un allineamento con il PdL. Così, dopo Marini, si è ripiegato su Prodi, che non è mai stato il vero candidato del PD e, invece, si dimostrato essere soltanto un diversivo: una soluzione prima rigettata, poi invocata, infine del tutto sbagliata. Il tentativo rocambolesco di ricompattare il fronte interno ha però riaperto quello esterno.
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Tutti sono contro il PD: il M5S che si chiede perché non converga sul “proprio” candidato, Rodotà; SEL che grida al tradimento e converge su Rodotà per salvare in qualche modo la propria immagine di “sinistra”; il PdL che accusa di provocare divisioni e allontanare le prosettive di un governo, che manca da oltre un mese; Scelta Civica di Monti che tira in ballo la Cancellieri e critica l’irresponsabilità di Bersani. I democratici sono al tracollo: spaesati, divisi, imbarazzati. Ma qualcuno (di loro) ne approfitta. L’elezione del Presidente della Repubblica, questa volta, ha qualcosa di inedito: avviene in un periodo di crisi senza precedenti per il nostro Paese e per l’Europa, e in un momento di grandi trasformazioni nella politica italiana, che infatti non riesce ad esprimere un governo. L’unica prospettiva, che non implichi l’abdicazione in favore del M5S o nuove elezioni che si tradurrebbero in un probabile disastro, è per per il PD il cosidetto “governo di coalizione” alias “governissimo” ergo “inciucio”.
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Marchionne attacca Renzi e FirenzeQuello che, fino a qualche minuto fa, era il partito di Bersani sembra avere un problema sostanziale: non sa che cosa vuole. Il motivo? La mancanza di unità interna. Essendo la forza politica con più numeri a camere congiunte, il PD è inevitabilmente la più esposta e ha dovuto indicare dei nomi, che gli altri, ad eccezione del M5S, hanno atteso. Ma, come si è detto, coperto un fronte si scopre l’altro. E così, cercando erroneamente di barcamenarsi in una situazione di grandi frustrazione ed imbarazzo politico, il PD si è indebolito. E’ ormai totalmente succube delle altre forze politiche nella scelta per il Quirinale. E, nonostante tutto, da loro si aspetta un nuovo nome, ancora una volta. Un nome che dovrà piacere agli altri. Un partito che rischia di implodere e una dirigenza fallita, anzi carne da macello. Come Bersani, che si dimetterà finita la bagarre del Quirinale.
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507bb94aUn’intera dirigenza, che si autoconserva da più di 10 anni, è al tramonto. Persino un’irriducibile come la Bindi ha dovuto alzarsi dalla poltrona. Insomma, sembra che il progetto di Renzi in qualche modo iniziato e che possa trasformasi in un’onda anomala. Il punto ora è che il PD andrà a congresso dopo l’elezione del Capo dello Stato e prima della formazione di un governo o nel bel mezzo di essa.Sopravviverà? Se sì, anche se probabilmente non sarà a capo di un governo, Renzi (con l’immortale D’Alema) avrà probabilmente il timone e già da ora farà valere la sua voce: è quello che sta già accadendo. Se no, vedremo che cosa accadrà ma le forze che ne risulterebbero sarebbero spazzate via se non si dovessero fondere ad altro: difficile crederlo. Nella prima ipotesi, la più probabile, c’è un’immagine che aleggia nella nostra mente ed è impossibile rimuovere, quella di un triangolo: Berlusconi-Renzi-Monti. Ovviamente, con il beneplacito del Lìder Maximo e la benedizione dell’uscente Re Giorgio.
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Federico Gennari Santori

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