spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

sabato 20 aprile 2013


Ieri è arrivata la conferma che le intercettazioni di Napolitano e Mancino sulla trattativa Stato-Mafia saranno distrutte. Un regalo per la pensione del re.
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re_giorgio_napolitanoDIRITTI E POLITICA - Mentre i grandi elettori restano chiusi nel loro palazzo per la votazione del nuovo Presidente della Repubblica, riaffiora il caso di intercettazioni di Napolitano, quasi ex capo dello Stato. Si tratta dell’episodio che riguarda ben quattro telefonate tra lui eNicola Mancino, ex presidente del Senato che nell’inverno del 2011 trasformò il Quirinale in un elegante centralino.  Su di lui gravava l’accusa, indagata dalla Procura di Palermo, di falsa testimonianza nel processo sulla trattativa tra pezzi dello Stato e della mafia: è chiaro che i contenuti delle conversazioni tra Napolitano e un Mancino sotto accusa, specialmente quando c’è in ballo una storia di mafia, sono oro per gli inquirenti.
Tuttavia queste risultavano evidentemente scomode al presidente della Repubblica; infatti, dopo l’estate scorsa in cui il pm Nino Di Matteo rese nota la notizia della loro esistenza (beccandosi un puntuale procedimento disciplinare), il Quirinale ci regalò un colpo di scena: portò la Procura di Palermo di fronte alla Corte Costituzionale, questo perché ci sarebbe stato un conflitto di attribuzione di poteri tra Napolitano e i magistrati coinvolti. Il tutto nonostante le intercettazioni non siano state rese note e siano state timidamente dichiarate “non penalmente rilevanti” da Di Matteo.
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Intercettate alcune telefonate di NapolitanoREGALO PER LA PENSIONE - Da quel momento in poi partì un estenuante tour de force che portò, con la Corte Costituzionale messa alle strettissime, alla decisione finale di distruggere una volta per tutte quelle intercettazioni non volute. Una scelta annunciata il 5 dicembre scorso, ma facilmente prevedibile fin da prima.
Infatti, il presidente della Repubblica non può essere intercettato neanche quando gli inquirenti, pur puntando a “spiare” qualcun altro, inciampino disgraziatamente nella voce del nostro pater patriae sempre super partes. Neanche Massimo Ciancimino, coinvolto direttamente nell’inchiesta, ebbe la possibilità di ascoltare quelle conversazioni (pur avendone il diritto legale): la sua richiesta è stata rigettata dalla Corte. La vera novità è arrivata nella giornata di ieri, in un momento di vitale importanza per il Quirinale: finalmente Napolitano ha avuto la conferma che le intercettazioni che lo riguardano saranno distrutte il prima possibile. Questo sì che è un regalo per la pensione imminente.
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salvatoreI VINTI - “Forse queste intercettazioni contengono giudizi sui magistrati di Palermo o sui parenti delle vittime che si agitano in cerca della verità. Se non renderà pubbliche quelle intercettazioni rimarrà il sospetto in noi che, anche se penalmente irrilevanti, quelle conversazioni possano portare delle ombre su quello che dovrebbe essere il Presidente di tutti gli italiani…”. Queste le parole di Salvatore Borsellino lo scorso dicembre, anche lui direttamente interessato alle segretissime intercettazioni che potrebbero servire come prova nel processo dove è stato accusato di diffamazione nei confronti di Mancino stesso. Le sue speranze che le conversazioni tra lui e Napolitano siano rese note appaiono ormai come un miraggio, mentre re Giorgio gongola nelle sue stanze.
Ancora una volta, la giustizia e il semplice buon senso sono stati messi all’angolo, spazzati via dalla priorità assoluta di proteggere in questo caso il capo dello Stato. La legge è uguale per tutti? Citando George Orwell, alcuni sono più uguali degli altri.
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Eleonora Cosmelli

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