spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

martedì 1 aprile 2014

UN FUTURO INCERTO, UNA DISOCCUPAZIONE IN CRESCITA, IL PIL AFFONDA E UNO SU DUE NON LAVORA.

Disoccupazione record, ecco perché le previsioni vengono sempre smentite

Solo cinque mesi fa Istat e governo prevedevano che quest'anno il tasso non avrebbe superato il 12,4%, mentre Bankitalia in gennaio la dava al 12,8%. Le stime di governo, Istat e società di ricerca private si rivelano puntualmente troppo ottimistiche rispetto ai dati effettivi. De Nardis (Nomisma): "Con la crisi gli indicatori qualitativi diventano meno attendibili"

Borsa
Da governo, Istat e società di ricerca private arriva una raffica di cifre previsionali ottime per i titoli dei giornali. Peccato che sempre più spesso siano smentite dal dato consuntivo, che immancabilmente è peggiore delle attese. Basta guardare come è andata per un altro dato cruciale, quello sull’andamento del Pil: sempre nel novembre dello scorso anno l’ex ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, accreditava per il 2014 una crescita dell’1,1% e inseriva fiducioso quella stima nella Legge di stabilità, liquidando, sul filo del cavillo (“Differenze metodologiche”), la smentita della Ue che, in linea con l’Istat, prevedeva un più modesto +0,7%. Salvo poi precisare: “Il nostro era un obiettivo”. Non raggiunto, perché oggi è chiaro che aveva ragione la Commissione. Che peraltro – corroborata dall’Fmi – ha recentemente limato la previsione di rialzo allo 0,6%, poco sopra i calcoli delle agenzie Moody’s e Standard&Poors.
 Resta la consolazione di essere finalmente “usciti dal tunnel”, evento preannunciato da almeno due anni se vogliamo risalire solo al governo Monti. Ma la luce in fondo a quel tunnel la distingueva già, con vista lunghissima, il ministro del Lavoro dell’ultimo governo Berlusconi, Maurizio Sacconi, che nel settembre 2009 parlava con disinvoltura di segnali di ripresa e “inizio del dopo crisi”.
Qual è il problema? L’incertezza dominante fa brancolare nel buio anche i previsori?  “Il fatto è”, spiega Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, “che questo ciclo recessivo senza precedenti ha dilatato i tempi necessari perché un miglioramento degli indicatori qualitativi si traduca in un effettivo aumento dell’attività economica. Penso al clima di fiducia delle imprese e dei consumatori, che è in salita ormai dal secondo trimestre 2013. Cosa che di solito anticipa di poco la ripresa. Invece il Pil si è sì risollevato, ma di pochissimo (+0,1%) e solo nel quarto trimestre”. Insomma: molti indicatori che un tempo erano considerati buoni previsori oggi funzionano poco e male. “Perché riflettono degli umori degli operatori e delle imprese più forti, mentre non registrano, per esempio, le chiusure: se un’azienda “muore”, il mese successivo gli intervistatori non fanno altro che sostituirla con un’altra nella rilevazione”. In tempi in cui ogni giorno oltre 500 attività imprenditoriali abbassano per sempre le saracinesche, questo fa la differenza. Passando al dato dell’1 aprile sulla disoccupazione, come è possibile che nessuno abbia immaginato questa fiammata? “Prevedere il tasso è difficilissimo, perché oltre alle intenzioni delle aziende e alle tendenze demografiche occorre considerare anche i comportamenti delle persone senza lavoro: quanti lo cercheranno? Quanti entreranno nel gruppo degli scoraggiati?”. Nel dubbio, si preferisce la prudenza: tra i due estremi della “forchetta” di stima si prende il più ottimistico. Quanto, poi, alle previsioni dei policy maker, per ovvi motivi fare la tara è d’obbligo. Per un bagno di realtà c’è sempre tempo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/01/previsioni-alla-prova-della-crisi-perche-anticipare-i-dati-e-sempre-piu-difficile/934526/

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