spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

lunedì 27 maggio 2013

BISOGNA CAMBIARE PROSPETTIVA, OCCORRE UNA MAGGIORE PRESENZA SUL TERRITORIO E PROGRAMMI SEMPLICI E ATTUABILI.

Grillo teme il peggio: Italia alla fame già quest’autunno.

Grillo “scommette” sulla catastrofe dell’Italia? C’è da augurarsi che si sbagli, perché nessuno – neppure il fragile “Movimento 5 Stelle”, appeso agli umori del leader – riuscirebbe a salvarsi dal collasso di un paese allo stremo, se davvero nei prossimi mesi dovesse crollare il nostro sistema economico e sociale, con la chiusura in massa di aziende e licenziamenti a tappeto. Eppure, sostiene Aldo Giannuli, l’intransigenza di Grillo – a partire dalla porta sbattuta in faccia a Bersani – si spiega solo con il fondato timore dell’ex comico: Grillo è davvero convinto che l’autunno 2013 sia la prova generale dell’apocalisse. Una burrasca senza precedenti dal dopoguerra, affrontabile solo con una pattuglia di uomini fidatissimi, agli ordini del comandante supremo. Che non ha voluto fidarsi del Pd, neppure di fronte a offerte clamorose: legge anticorruzione, riforma Rai, abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, reddito di cittadinanza, legge sul conflitto d’interesse e magari anche il nome del presidente della Repubblica.
«Nelle settimane immediatamente successive al voto – scrive Giannuli nel suo blog – Grillo ha avuto l’occasione straordinaria di far ballare il sistema Beppe Grillopolitico al suono della sua musica». L’ex segretario del Pd era pronto ad accettare quasi tutte le sue condizioni: «Se Grillo gli avesse chiesto di fare la danza del ventre, Bersani ci si sarebbe messo il tutù. E non gli si chiedeva di entrare al governo o in maggioranza, ma semplicemente di astenersi (uscire dall’aula) al Senato». Quella di Grillo sarebbe stata «la corda che sostiene l’impiccato: alla minima uscita sgradita avrebbe potuto ritirare la fiducia e far cadere il governo». Aveva davvero la possibilità di ottenere risultati senza precedenti ed a costo zero. Non lo ha fatto: perché? Secondo Giannuli, Grillo è fermamente convinto dell’imminente precipitare della crisi: già a novembre, per il leader del M5S, il governo non sarà più in grado di pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici, e questo farà crollare il sistema dei partiti. Per questo, «la scelta che si impone è fra l’affermazione del suo movimento politico e quella di una soluzione autoritaria come un regime militare». Anche in un recente comizio in Puglia, Grillo ha sostenuto che solo il suo movimento «trattiene la gente dal fare barricate».
Ovviamente, aggiunge Giannuli, tutto ciò presuppone che i grillini possiedano sia la linea politica adatta che la formula organizzativa idonea ad esprimere la nuova classe dirigente di cui il paese ha bisogno. «E questo spiega la grande facilità con cui parlamentari e consiglieri regionali sono espulsi al minimo cenno di dissenso: a Grillo non interessa avere 10 o 20 parlamentari in più o in meno, perché è convinto che ciò sia irrilevante, mentre – in vista dell’imminente scontro frontale – quello che conta è  che il suo movimento sia compatto, di una compattezza militare che non ammette la discussione di quelli che, a tutti gli effetti, sono ordini». Fondamentale, prosegue Giannuli, verificare l’attendibilità della preoccupante analisi di Grillo, sicuramente motivata da gravissimi segnali di allarme. Lo ha detto lo stesso Soros: già a giugno avrà fine la tregua dei mercati finanziari verso l’Italia, e lo spread riprenderà a salire a salti, probabilmente per tutto l’autunno. A luglio, inoltre, si inizierà a constatare che il gettito fiscale sarà inferiore all’anno scorso: non solo per la probabile sospensione della rata SorosImu, ma anche e soprattutto per l’effetto della recessione causata proprio dai rincari fiscali decisi da Monti fra fine 2011 e primi 2012.
Risultato, un ulteriore disavanzo e una crescita sensibile del peso del debito sul bilancio statale e sul Pil: se l’Italia si avvicinerà a quota 140%, si scatenerà una nuova tempesta dello spread, proprio mentre molte aziende – dopo la pausa estiva – non riusciranno a riaprire i battenti, ricorrendo alla cassa integrazione. Ci aspetta senz’altro un autunno rovente, conferma Giannuli, visto anche che «questo governo di cialtroni non sta dicendo nulla ai cittadini e si rivelerà tragicamente inadeguato al momento più difficile». Poi, però, molto dipenderà dai numeri reali: la flessione degli introiti dello Stato sarà del 3% o del 20%? E quante saranno le aziende che chiuderanno, il 5% o il 15%? Idem la nuova cassa integrazione: per 30.000 dipendenti o per 400.000? «Allo stato delle conoscenze è lecito aspettarsi dati piuttosto severi, ma non immediatamente pre-crollo: vedremo».
Tutto questo, senza trascurare alcuni «elementi in controtendenza», come l’erogazione a pioggia di denaro a bassissimo tasso di interesse per investimenti industriali e consumi: spiccioli, d’accordo, ma comunque denaro fresco anche per le banche, da investire in titoli di Stato. Lo stesso Draghi ribadisce che la Bce è pronta  a nuove operazioni di “quantitative easing”. E soprattutto, peserà molto il verdetto elettorale della Germania: a settembre scopriremo se a dominare l’Europa sarà ancora il rigore della Merkel, o se invece Berlino deciderà di mettere fine al supplizio dell’austerità. Infine, c’è da considerare il possibile effetto della svendita dei beni pubblici: «Intendiamoci, sono convinto che una offerta così concentrata nel tempo porterà ad una svendita rovinosa e che questa classe politica di gaglioffi (Pd incluso, sia chiaro) ne approfitterà per far concludere lucrosi affari agli amici», come già negli anni ’90 con lo smantellamento delle partecipazioni statali. Ma anche qui: l’impoverimento dello Stato sarà Enrico Lettacompensato da un flusso di denaro fresco che, per quanto limitato, nel breve periodo «avrà un effetto calmierante».
Se i dati su fisco e disoccupazione non sono sballati, per Giannuli il quadro non è ancora catastrofico: «Non mi sembra che la situazione, per quanto molto seria, sia destinata a tracollare nel giro di pochi mesi». Però attenzione: «Lo scenario prospettato da Grillo – un crack di vaste proporzioni con effetti devastanti – non è affatto irrealistico». Anzi, «è uno degli scenari possibili verso cui ci stiamo allegramente incamminando grazie all’ostinazione dei poteri politici e finanziari». Già nel medio periodo, il dramma potrebbe essere garantito. Ma proprio la tempistica della crisi può comportare soluzioni politiche differenti: fra tre anni, ad esempio, «potremmo trovarci di fronte ad una soluzione autoritaria preparata con grande meticolosità», da una nomenklatura golpista «ben più raffinata di un governo in divisa», ma magari nel frattempo «la crisi potrebbe aver travolto prima gli Usa o il Giappone o chissà che altro ancora».
Un errore da non ripetere: dare per “morto” l’avversario, come tendono sempre a fare tutti i rivoluzionari: «Anche Lenin e Trotskij sognarono un rapido dilagare della rivoluzione socialista in tutta Europa nel giro di pochi anni». Le cose andarono all’opposto: «I ceti medi si radicalizzarono a destra», e le “spallate” rivoluzionarie in Germania, Italia e Ungheria «si risolsero in sconfitte disastrose», perché «la borghesia seppe riconquistare la capacità di comando». Sicché, «già nel 1923 il progetto di rivoluzione mondiale di Lenin era bell’e liquidato». Grillo? Forse anche lui sottovaluta l’avversario. «E’ la stessa illusione di Occupy Wall Street, per la quale noi siamo il 99% e loro l’1%: sarebbe bello, ma non è così», osserva Giannuli, perché «un sistema di potere ha sempre la capacità di coagulare intorno a sé settori consistenti di società». Interessi comuni, motivi ideologico-culturali, la paura del nuovo, le pigrizie intellettuali. «Mettetela come volete, ma anche la classe politica peggiore al colmo del suo disastro ha sempre con sé almeno un quinto o un quarto della società». Andò così anche nel dopoguerra, nonostante la catastrofe della sconfitta, vent’anni di fascismo e Aldo Giannulila prova di viltà offerta con la fuga a Pescara: al referendum del 1946, la monarchia ebbe ancora con sé il 45% degli italiani.
Per quanto in crisi, conclude Giannuli, gli attuali partiti possono ancora far leva sulla loro reciproca opposizione, «per cui ci sono quelli che votano Pd in odio a Berlusconi e quelli che votano Berlusconi in odio al Pd». Domanda: «Volete spiegarmi com’è che il Pdl è in piena ripresa? Magari i sondaggi sono sbagliati (e non ci meraviglierebbe) ma tutti sentiamo nell’aria il ritorno di fiamma del tifo per Silvio, almeno per ora, anche grazie alle performances da circo equestre offerte dal Pd». Dunque, andiamoci piano a vendere la pelle dell’orso prima che sia morto. Grillo? «Ha oggi una occasione d’oro di espandersi», grazie al governo del super-inciucio, ma non c’è niente di scontato: «Si avvertono già i segni di una certa decantazione del grande miscuglio del 26 febbraio e non è detto che il M5S sarà in grado di cogliere l’occasione che gli si prospetta, e nemmeno che l’eventuale crescita vada oltre certi limiti ancora sotto-maggioritari». Se Grillo «punta su una strategia dei tempi brevi», immaginando un rapido collasso del sistema-Italia, Giannuli prevede che l’ex comico dovrà invece affrontare uno scontro di lunga durata.

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