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martedì 28 maggio 2013

Piccole riforme elettorali, di nuovo...

Piccole riforme elettorali, di nuovo...

Si torna a parlare di riforme elettorali, stavolta sotto la spada di Damocle di una pronuncia della Corte Costituzionale, interpellata ora dalla Cassazione.

lunedì 27 maggio 2013 13:38
di Aldo Giannuli.













Si torna a parlare di riforme elettorali e, questa volta, sotto la spada di Damocle di una pronuncia della Corte Costituzionale interpellata niente meno che dalla Cassazione. Infatti, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dagli avv. Aldo Bozzi e Felice Besostri, sollevando forti dubbi sulla logicità e costituzionalità delle dimensioni del premio di maggioranza e delle liste bloccate, che sottraggono all'elettore la possibilità di scegliere l'eletto. Se permettete, è una piccola soddisfazione anche per chi vi scrive che ha sempre sostenuto esattamente queste due tesi. Certo, bisognerà attendere ora il verdetto della Corte Costituzionale, ma, per ora, incartiamo questo successo parziale.
L'incombere di questa pronuncia sta sconvolgendo i giochetti di Pd e Pdl che vorrebbero accordarsi su qualche ritocco al Porcellum che, in realtà, sta benissimo ad entrambi (ripeto quello che ho già detto molte volte: il Pd non ha una cultura liberal democratica ed è portatore di una preoccupante forma di autoritarismo estraneo allo spirito della Costituzione).
Brunetta ha già buttato le mani avanti: si ritoccheremo la legge ma niente voto di preferenza (stessa cosa che sosteneva la Finocchiaro). Solo che, nel caso la Corte Costituzionale decidesse per l'incostituzionalità delle liste bloccate, voglio proprio vedere cosa si inventeranno per non tornare alle preferenze.
Intanto si profila un pericolo: il ritorno al Mattarellum che, diciamolo una volta per tutte, è un sistema elettorale ancora peggiore.
Il Pd, ovviamente, nel caso di superamento del Porcellum, sostiene esattamente questa posizione, oppure ripropone l'eterno ritornello del doppio turno. Spesso ho pensato che quelli del Pd fossero opportunisti in malafede, ma la verità è ancora peggiore: solo imbecilli incapaci di elaborare il dolo e, in particolare, non capiscono assolutamente nulla di sistemi elettorali. Volete la dimostrazione?
Pariamo da un assunto: perché al Senato non c'è una maggioranza a differenza della Camera? Perché alla Camera il premio di maggioranza è dato nel collegio unico nazionale, mentre al Senato è dato regione per regione e quindi, da una  parte vince uno, da una parte vince l'altro, i premi si elidono a vicenda e, siccome l'elettorato non è più diviso in due, ma in quattro schieramenti, nessuno raggiunge la maggioranza assoluta. Quindi, più sono numerosi i collegi, più è probabile che si verifichi una situazione del genere: è intuitivo. Dunque in venti collegi (quante sono le regioni) si è dato questo risultato che aveva una certa probabilità, proprio perché non c'era un vincitore che staccasse di molto gli altri (la coalizione Pd ha staccato l'altra di qualche decimale e solo di tre o quattro punti il M5s).
Immaginiamo invece se i collegi fossero 400: la probabilità che nessuno raggiunga la maggioranza diventa quasi certezza, a meno che lo stacco fra una coalizione e le altre non sia così forte da consentirle di vincere nella maggioranza assoluta dei collegi, pur con l'inevitabile variabilità di risultato da caso a caso. Ci sarebbe un modo per evitarlo: prevedere un premio di maggioranza nazionale aggiuntivo per chi abbia  la maggioranza dei collegi uninominali. Ma si tratterebbe di un sistema elettorale unico al Mondo: maggioritario corretto con premio di maggioranza. Dopo, moltiplicate il tutto per due, con un sistema del genere uguale fra i due rami del Parlamento -che hanno un corpo elettorale parzialmente diverso- ed avete la certezza quasi matematica del ritorno all'ingovernabilità.
Dunque, il Mattarellum non solo è un sistema disrappresentativo, ma non risolve nemmeno i problemi di governabilità, anzi li accentua ed è il rimedio contrario.
Ed, a questo punto, Epifani tira fuori il coniglio dal cappello: doppio turno, poco importa se su collegi uninominali o su lista unica nazionale. Ammettiamo  che il Pdl (con una parte di Scelta civica) arrivi primo, poniamo con il 39%, il Pd magari alleato a parte del centro si attesti al 32%, il M5s riprenda più o meno il 25%, e il rimanente 3-4 vada alle solite liste minori. Se si trattasse di turno unico il Pdl vincerebbe di slancio. Invece, con il doppio turno, ci sarebbe un ballottaggio fra Pdl e Pd, e decisivo sarebbe quello che fanno gli elettori del M5s.
Il calcolo è questo: il Pdl avrebbe preso tutto quello che può e potrebbe raschiare qualcosa fra le liste di dispersione, ma dal M5s, con ogni probabilità, potrebbe venire solo qualche rivolo del tutto minoritario, per cui supererebbe di poco il 40-41%. Al contrario, il Pd potrebbe sperare che gli elettori del M5s si dividano fra astenuti e "voto utile" a sbarrare la strada al Pdl. Insomma, gli basterebbe prendere 10 dei 25 punti del M5s per ribaltare il risultato del primo turno e vincere. Naturalmente, tutto questo è un conto senza l'oste che non considera né l'eventualità che il Pd arrivi terzo e non secondo, né quella che gli elettori 5stelle si astengano in massa. In realtà si tratta dello "schema di gioco" di sempre del Pds-Ds-Pd: allearsi con il centro al primo turno ed obbligare le formazioni alla sua sinistra a convergere su di sé al secondo, in nome del voto contro la destra. Questo fu lo schema con cui Occhetto voleva cambiare il sistema elettorale nel 1993 (per neutralizzare Rifondazione, rete e Verdi) e questo è lo schema con cui oggi Epifani vuole neutralizzare il M5s. Ed, al solito, non capiscono che gli altri (segnatamente il Pdl) non sono cretini, capiscono la manovra e gli dicono di no.
E' probabile che alla fine verrà fuori solo un accordicchio solo per evitare la pronuncia della Corte Costituzionale e che voteremo sostanzialmente con il Porcellum ancora una volta. Ed una volta di più la responsabilità sarà del Pd più di ogni altro.

Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2013/05/ricominciamo-con-le-riforme-elettorali/.

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