spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

domenica 25 agosto 2013

I cittadini italiani residenti all’estero nel 2012

Quasi il 7% di italiani vivono all’estero: I dati del rapporto 2012 della Migrantes


di Delfina Licata (*)


I cittadini italiani residenti all’estero nel 2012 – Al 1°gennaio 2012 i cittadini italiani iscritti all’Aire sono 4.208.977, di cui 2.017.163 donne (47,9%). L’aumento, in valore assoluto, rispetto allo scorso anno è di 93.742 unità. Caratteristiche socio-demografiche. Su 60.626.442 italiani residenti in Italia all’inizio del 2011 i connazionali residenti all’estero incidono per il 6,9%. Ben il 54% del totale degli iscritti ha dato come motivo di iscrizione l’espatrio, ma continua l’ascesa dei “nati all’estero”, arrivati al 38,3% (erano il 37,7% nel 2011). A rilevante distanza invece, si collocano gli iscritti per aver acquisito la cittadinanza italiana (3,2%).
Il 37,1% (1,6 milioni) è all’estero da più di 15 anni e il 14,9% (quasi 630 mila) lo è da 10-15 anni. Continuano ad aumentare (1 milione 131 mila) coloro che sono iscritti all’Aire da 5-10 anni che sono il 26,9% del totale. L’11,5% (quasi 500 mila italiani) è, invece, iscritto da 3 anni.Quasi 800 mila hanno più di 65 anni (19,0%), quasi 665 mila sono, invece, minorenni (15,8%). Il 21,2% ha un’età compresa tra i 19 e i 34 anni (890 mila), ma il 25,0% (poco più di 1 milione) ha tra i 35 e i 49 anni. Il 19,1%, infine, ha un’età compresa tra i 50 e i 64 anni (poco più di 800 mila).
La stragrande maggioranza è celibe/nubile (53,7%) mentre i coniugati sono il 38,2%.
Continenti e Paesi di residenza. La ripartizione continentale è così strutturata: Europa (2.306.769, 54,8%), America (1.672.414, 39,7%), Oceania (134.008, 3,2%), Africa (54.533, 1,3%) e Asia (41.253, 1,0%).
In Europa è l’UE a 15 a fare la parte del leone con 1.695.955 (40,3%) residenti italiani perché include i paesi di vecchia e tradizionale emigrazione italiana. Proprio in quest’area si trovano le collettività più numerose, a partire da quella tedesca (639.283, 15,2%), quella francese (366.170, 8,7%), belga (252.257, 6,0%), britannica (201.705, 4,8%) e spagnola (118.690, 2,8%). Segue l’area degli altri paesi europei, tra i quali determinante è la collettività svizzera (546.614, 13,0%).
In America la discrasia tra il Nord e il Sud è molto evidente: a fronte di 1.320.577 cittadini italiani residenti nell’America centro-meridionale (31,4% del totale Italia), sono invece 351.837 coloro che risiedono nell’America settentrionale (l’8,4% del totale).
Fermando l’attenzione su questi ultimi, mentre la comunità degli Stati Uniti è composta da 216.767 italiani in possesso di cittadinanza (5,2%), in Canada la comunità arriva a 135.070 persone (3,2%). Più articolata la situazione nell’America meridionale, Latina specialmente, dove l’Argentina torna, nel 2012, ad essere il primo paese (nel 2011 era la Germania) con una comunità di 664.387 italiani (15,8%). Seguono il Brasile (298.370, 7,1%) e il Venezuela (113.271, 2,7%).
L’Oceania con 134.008 (3,2%) connazionali residenti è il terzo continente a livello numerico. La concentrazione è, però, limitata all’Australia (130.570, 3,1%); ridottissime le presenze in Nuova Zelanda (2.822) e, ancora di più, in Micronesia (486)
In Africa è la parte meridionale con 33.268 residenti (0,8%) a distinguersi e questo grazie al Sudafrica che registra, da solo, una comunità di 31.199 italiani. Per quanto riguarda l’Asia è il versante occidentale che accoglie il maggior numero di connazionali (22.621, 0,5%) soprattutto grazie alla storica comunità di italiani presente in Israele (11.097), seguita da quella degli Emirati Arabi (3.439).
I 16.710 (0,4%) italiani presenti nel versante orientale, invece, vivono soprattutto in Cina (5.841), Thailandia (2.848), Giappone (2.653) e Singapore (1.695).
Regioni, province e comuni di partenza. Il 53,3% degli attuali cittadini italiani all’estero è partito dal Meridione (oltre 1 milione e 400 mila dal Sud e quasi 800 mila dalle Isole).
Il 31,5% proviene invece dal Nord Italia (poco più di 657 mila dal Nord Ovest e quasi 670 mila dal Nord Est). Il 15,2%, infine, ovvero 640 mila, è partito dalle regione del Centro Italia.
Nella graduatoria regionale al primo posto troviamo, come sempre la Sicilia (674.572) seguita, nell’ordine, da Campania (431.830), Lazio (375.310), Calabria (360.312), Lombardia (332.403), Puglia (319.111) e Veneto (306.050), per limitarci alle regioni con minimo 300 mila connazionali.
È da segnalare la crescita che ha contraddistinto la Lombardia che registra, rispetto allo scorso anno, quasi 41 mila registrazioni che le fanno superare la Puglia.
A livello continentale, le prime tre regioni maggiormente rappresentate sono: in Europa, la Sicilia (481.082), la Puglia (249.878) e la Campania; in America, il Lazio (233.971), la Campania (168.012) e la Sicilia (164.611); in Oceania, la Calabria (26.300), la Sicilia (23.537) e la Campania (13.871); in Africa, il Lazio (7.624), la Lombardia (7.162) e il Veneto (5.188) e in Asia, infine, la Lombardia (8.145), il Lazio (7.258), e la Toscana (6.431).
L’analisi delle presenze per origine provinciale evidenzia la preminenza del Meridione d’Italia.
Esclusa Roma sempre in prima posizione (289.556), tutte le altre province nelle prime 10 posizioni sono meridionali: Cosenza (147.601), Agrigento (142.985), Salerno (115.822), Napoli (110.703), Catania (105.830) e Palermo (105.107), con numeri di residenti che arrivano a superare quelli delle piccole regioni (Sardegna, Molise e Trentino Alto Adige).
Chiudono le ultime tre posizioni nella graduatoria delle prime dieci province Avellino (100.916), Potenza (92.931) e Milano, (92.789) unico territorio provinciale del Nord.
Dall’analisi dei principali comuni per numero di iscritti all’Aire risulta che, nelle prime 10 posizioni, vi sono tutti capoluoghi di regione meno uno Licata (Ag) che, con 39.082 iscritti, è in nona posizione preceduto, nell’ordine, da Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Palermo, Trieste, Catania. Chiude, in decima posizione, Firenze.
Dal confronto per ciascun comune italiano tra i suoi cittadini iscritti all’Aire e il numero di residenti rimasti in Italia, le incidenze più alte, caratterizzano piccoli comuni quali Castelnuovo di Conza (Sa) 347,4%, Carrega Ligure (Al) 287,1%, Acquaviva Platani (Cl) 244,6%, Roio del Sangro (Ch) 221,6%, Santomenna (Sa) 205% solo per restare alle incidenze che superano il 200%.
Inseguendo il lavoro che non c’è: trasferimenti e pendolarismo
I trasferimenti di residenza in Italia. Nel 2009 si sono cancellati dal Mezzogiorno e trasferiti in una regione del Centro-Nord 109 mila cittadini. I flussi più consistenti riguardano le regioni italiane demograficamente più attive la Campania in primis con 33,8 mila unità, seguita dalla Sicilia (23,7 mila), dalla Puglia (19,6 mila) e dalla Calabria (14,2 mila).
Al contrario, dal Centro-Nord al Mezzogiorno si sono spostati in 67 mila e soprattutto verso la Campania (18 mila), la Sicilia (17 mila) e la Puglia (11 mila). La Lombardia è la prima meta di arrivo dei migranti dal Mezzogiorno che si spostano verso il Centro e il Nord d’Italia; nel 2009, infatti, essa ha accolto il 24,2% di tutti gli spostamenti (quasi 26 mila persone).
Quasi 19 mila hanno, invece, scelto l’Emilia Romagna o il Lazio (pari al 17,2%).
L’età media di chi si sposta è di circa 32,5 anni. Pur restando preminenti, i maschi sono sempre meno e in un unico caso (il Lazio), il numero delle donne che vi arriva dal Mezzogiorno è superiore a quello degli uomini (ben il 91,8%). Nel 2009, poi, il 21,0% delle persone che dal Mezzogiorno si trasferisce al Centro-Nord è in possesso di laurea e questa percentuale supera il 23,0% nel caso del Lazio e della Lombardia. Le percentuali più basse di laureati si registrano, invece, in Liguria (12,3%) e Valle d’Aosta (13,4%)
I trasferimenti di residenza verso l’estero.
Se per tutti gli anni 2000 questi trasferimenti sono sempre stati intorno alle 50 mila unità, in questi ultimi anni si è registrato un decremento di 10 mila unità. L’andamento è differente a seconda dell’area geografica di partenza e dell’età di chi sceglie di migrare.
L’analisi territoriale pone in evidenza la riduzione delle partenze dalle aree del Mezzogiorno, dove dalle oltre 20 mila partenze nella prima metà del decennio si è passati a 12 mila negli ultimi 3 anni. Al contrario, nelle regioni del Centro-Nord si riscontra un aumento delle partenze dall’estero, passando dalle 20 mila della prima metà degli anni 2000 alle 25 mila del secondo quinquennio.
I dati del 2009 attestano 39 mila trasferimenti di cittadini italiani all’estero, di cui oltre 12 mila (32,0%) provenienti dall’area meridionale del Paese. È l’Europa il continente privilegiato dai meridionali, trasferitisi innanzitutto in Germania (oltre 4 mila casi, ovvero il 33,0% di migranti), quindi nella Svizzera (1,5 mila) e nel Regno Unito (quasi 1,3 mila). Meno interesse sembrano, invece, suscitare i paesi di oltreoceano, sia quelli dell’America meridionale che gli stessi USA.
La graduatoria delle mete raggiunte varia se si considera il titolo di studi. I laureati meridionali, infatti, preferiscono la Germania (23,0%), il Regno Unito (14,2%), la Svizzera (9,8%) e la Francia (8,4%).
Pendolarismo di medio o lungo raggio.
Il pendolarismo in Italia, così come in altre realtà, è diventato un fenomeno fisiologico del mercato del lavoro e riflette la dislocazione dei luoghi produttivi rispetto a quelli di residenza. Il pendolarismo è direttamente legato e caratterizzato dalla distanza tra luogo di lavoro e luogo di vita, dalla maggiore o minore disponibilità dei mezzi di trasporto e, cosa non trascurabile, dalla qualità di questi ultimi.
Nel 2010 il pendolarismo ha coinvolto 9,6 milioni di italiani (il 42,0% degli occupati). La maggior parte dei pendolari affronta spostamenti giornalieri e quindi contenuti all’interno della stessa provincia di residenza (79,1%) o in province contigue (15,7%).
Nel 2010, il pendolarismo di lungo raggio tra province non contigue dove lo spostamento non può avvenire giornalmente ma tendenzialmente settimanalmente ha interessato 498 mila persone (pari al 5,2% del totale dei pendolari).
Al Nord i pendolari sono circa la metà degli occupati, un terzo al Centro e al Sud. A influire sulla maggiore diffusione del pendolarismo nel Settentrione d’Italia è la concentrazione di 3 caratteristiche principali: una preponderanza del settore industriale, la morfologia territoriale pianeggiante che agevola la mobilità e uno sviluppo superiore delle reti stradali e ferroviarie che abbassano i tempi di spostamento.
Da quanto detto consegue, invece, che la caratteristica sostanziale del Centro-Sud italiano sia il cosiddetto pendolarismo di lunga distanza che, nel Mezzogiorno, ha interessato in media nel 2010 178 mila persone pari all’8,6% del complesso dei pendolari, a fronte di una media del Centro-Nord del 4,2% . Di questi pendolari a lungo raggio, 134 mila si dirigono verso il Centro-Nord o l’estero e 44 mila verso, invece, province non contigue ma appartenenti alla stessa area di partenza.
I lavoratori residenti nel Centro-Nord, ma occupati nel Mezzogiorno o all’estero sono stati, nel 2010, 108 mila così ripartiti: circa 28 mila nel Mezzogiorno e quasi 80 mila all’estero di cui il 50% transfrontalieri. I flussi di transfrontalieri più consistenti riguardano la Lombardia (45,0%) circa, seguita dall’Emilia Romagna (13,0%), dal Piemonte (10,0%) e dalla Liguria (7,4%).
Dei 134 mila lavoratori che dal Mezzogiorno si sono spostati nel 2010, 13 mila 200 sono andati all’estero e 121 mila verso il Centro-Nord. Le regioni che presentano una forte attrazione in questo caso sono, nell’ordine, la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Lazio.
Alcuni focus sugli emigrati italiani
L’inserimento riuscito all’estero riunisce milioni di italiani che, seppure in posizioni non preminenti, hanno realizzato il loro progetto migratorio. Ma accanto a questi vi sono figure illustri, che meritano di essere ricordate, anche come segno di riconoscenza alla collettività che è stata per loro di supporto.
Il Rapporto Migrantes 2012 si muove su questi piani diversi tratteggiando, ad esempio, la presenza degli italiani nelle istituzioni europee, partendo dalla storia di questa presenza arrivando alla fase attuale e soffermandosi poi su alcune figure come il messinese Enrico Vinci che è stato uno dei più noti segretari generali del Parlamento dal 1986 al 1997.
Passando dal Belgio al Regno Unito, le statistiche della Higher Education Statistics Agency (HESA) offrono una prospettiva precisa e dettagliata su quanti impiegati sono presenti in tutte le istituzioni accademiche britanniche in base alla loro nazionalità, il sesso e le condizioni contrattuali e di lavoro.
Nel 2010, gli italiani si potevano trovare in un totale di 93 università fra quasi tutte le regioni del paese ma molto evidente è una significativa concentrazione degli italiani nelle università inglesi (2.455); seguono quelle della Scozia (190), del Galles (70) e dell’Irlanda Nord (35). Ad uno sguardo più preciso non sfugge poi che fra le università inglesi gli italiani hanno scelto soprattutto quelle che si trovano a Londra. Nella capitale britannica lavorano 1.050 accademici italiani, fra 31 realtà diverse.
Le statistiche mostrano, una presenza italiana considerevole in alcune università della città: 5 delle 7 università britanniche più popolari che accolgono accademici italiani, costituenti il 25% del totale della popolazione accademica italiana nel Regno Unito, si trovano a Londra (685 persone).
Diversamente da insegnanti e ricercatori, gli italiani in quei ruoli accademici come il lecturer (professore ordinario) ed il professor (cattedratico), godono in quasi tutti i casi di contratti a tempo indeterminato e full time. Questa stabilità è chiaramente un beneficio per gli accademici italiani soprattutto se si pensa alle difficoltà vissute in Italia su questo fronte.
Altre eccellenze riconosciute all’Italia in tutto il mondo sono gli archeologi e su questi si sofferma il Rapporto Migrantes 2012. Per attività di ricerca archeologica, etnologica ed antropologica sono operanti nel mondo oltre 150 “missioni” italiane. Si stima che in questo lavoro siano, oggi, impegnati complessivamente circa un migliaio di connazionali. In tutti i continenti, spesso in aree isolate, desertiche e sconfinate, le nostre missioni costituiscono tante piccole comunità di lavoro, nate per lo più dalla collaborazione fra istituzioni italiane e di altri paesi, nelle quali i nostri connazionali sono anche affiancati da tecnici e da manodopera locale.
Riflessione conclusiva: gli emigrati italiani una potenzialità?
Sono sempre più numerosi gli studi, le analisi, i sondaggi, gli scritti e le riflessioni sulla mobilità giovanile italiana, movimento sfuggente sia a una quantificazione certa che a una descrizione univoca. Il concetto di giovane, più volte richiamato, necessita però di una contestualizzazione che tenga conto delle mutazioni avvenute a livello sociale, culturale e occupazionale (flessibilità e precarietà innanzitutto).
Sorge così un interrogativo: dall’Italia si fugge davvero o si sceglie di partire? In un mondo dai confini mobili, dalla società sempre più de-territorializzata grazie ai media digitali, chi parte non si sente migrante in senso classico pur continuando a vivere e sentire gli effetti dello spostamento (la partenza, lo sradicamento, l’allontanarsi dai luoghi consueti, dagli affetti sicuri, il cambio di abitudini, di lingua, di modi di fare).
Questi sentimenti restano, ma in un mondo diventato “più piccolo”. Il viaggio diviene cioè centrale per la formazione culturale e dell’identità di un giovane il quale, non di rado, realizza anche molteplici spostamenti resi possibili dalla facilità dei mezzi di comunicazione. I giovani italiani all’estero, quindi, vanno considerati un potenziale sociale, culturale ed economico a condizione di mantenere legami fruttuosi tra chi è partito e chi è rimasto, cosa che non sempre avviene, per cui la potenzialità prima richiamata rimane solo formale.
Questa stessa carenza si riscontra nei riguardi degli emigrati adulti inseriti all’estero da tempo e spesso a livelli di grande responsabilità nei vari settori. Per credere che anche loro siano una risorsa per l’Italia, specialmente in un mondo globalizzato che ha bisogno di reti molto ramificate, i risultati raggiunti non sono confortanti, ma sopravvive la speranza di cambiare le cose.
(*) – CAPOREDATTORE RAPPORTO ITALIANI NEL MONDO

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