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PENSATOIO DI IDEE

martedì 4 febbraio 2014

PRODI: RENZI SPINGE IL CAVALIERE ALLA VITTORIA.

Italicum, le paure di Prodi sulla linea Renzi: “Così rischia di vincere Berlusconi”

Il Professore vede il rischio di una "sindrome Veltroni", il leader democratico che invocava l'autosufficienza e fu pesantemente sconfitto dal Cavaliere. A destra litigano, ma alla fine tutto fa pensare a una riunificazione. Mentre per il segretario Pd i rischi potrebbero arrivare quando la legge elettorale arriverà in Senato e i numeri della minoranza del partito sono più consistenti






Vince facile nella sfida dialettica Matteo Renzi“Se per farci paura basta uno starnuto di Pier Ferdinando Casini, allora ‘Houston abbiamo un problema’”. E ancora: “Si vince con gli elettori, non con i leader di partito”. Vince facile nello scambio di dichiarazioni, ma un po’ meno nei sondaggi e nelle impressioni degli osservatori. Compreso Romano Prodi, l’unico dirigente del centrosinistra ad aver battuto Silvio Berlusconi alle elezioni e a essere uscito indenne da tentazioni di accordicchi e larghe intese. Tanto che a sorpresa finì nei primi posti nel referendum del Movimento Cinque Stelle per i candidati al Quirinale. “Rischiamo non solo di resuscitare Berlusconi, ma di farlo vincere, che è molto peggio” dice, secondo il racconto del Secolo XIX firmato da Marco Marozzi (cronista che da anni segue il Professore). All’ex presidente del Consiglio è piaciuto che Renzi abbia cercato e trovato un’intesa anche con l’opposizione, non ha disprezzato l’incontro tra il segretario democratico e il Cavaliere, ma ravvisa un “eccesso di fiducia”. Insomma il pericolo è quello della maledizione del partito principale del centrosinistra: la cosiddetta “vocazione maggioritaria” porta male. Detta più semplice, il pericolo è di finire come Veltroni: nel 2008 professava l’autosufficienza, poi all’ultimo tuffo scelse di imbarcare anche l’Italia dei Valori, ma non bastò. Il centrodestra stravinse come mai accaduto prima e l’allora leader democratico (che pareva destinato a una carriera da statista) fu costretto alle dimissioni di lì a meno di un anno.
Dunque il tema non è solo della sinistra Pd (D’AttorreCuperloZoggia). “Con Matteo candidato non ci saranno problemi – dice David Ermini, renziano, sempre al Secolo- Certo, Berlusconi riesce a mettere insieme la Lega e la destra. Noi abbiamo il problema di ciò che è a sinistra del Pd”. “Pd, Sel e poi? – rifletteva lo stesso Prodi – Bisogna che davvero Renzi sia in grado di portare via voti al centrodestra, ma così rischia di perderne a sinistra, da Rifondazione, Pdci, tutti quelli che comunque non raggiungerebbero il quorum e magari non votano il Pd”. Tanto che fanno di nuovo capolino le formazioni che sembravano perse nelle memoria: “Renzi attento – dichiara il segretario nazionale dei Comunisti Italiani, Cesare Procaccini – Vincere le primarie non vuol dire vincere le elezioni vere”. 
No, l’Unione per carità no, però il centrodestra mette insieme di tutto – dai quasi-nazionalisti a una specie di indipendentisti. Anche per questo l’Italicum potrebbe non avere proprio un’autostrada davanti. Al Senato, per dirne una, la commissione Affari costituzionali è presieduta da Anna Finocchiaro, esponente della sinistra del partito come altri 5 componenti Pd (Maurizio MigliavaccaMiguel GotorFrancesco Russo,Luciano PizzettiDoris Lo Moro). Solo due senatori Pd in commissione sono renziani (Isabella De Monte e Giorgio Pagliari). L’ultimo componente è Corradino Mineo, sostenitore del Mattarellum e diPippo Civati
Quello che tutti dimenticano è che Silvio Berlusconi è come se non esistesse, per la legge elettorale. Essendo stato condannato e sottoposto alla legge Severino il Cavaliere non ha diritti né di elettorato attivo né di elettorato passivo. E’ incandidabile, non se ne esce. Ma a ricordarlo non è il centrosinistra. Sono gli ex del Pdl:  “Per metterci insieme e battere la sinistra le primarie sono il metodo migliore – dice Angelino Alfano – Nel momento in cui il presidente Berlusconi non è candidabile, possiamo fare una gara che ci metta nelle condizioni di scegliere il candidato voluto dalla base del centrodestra. In questo momento, per ragioni che non sono ascrivibili alla sua volontà e che abbiamo sempre considerate ingiuste, non è candidabile. La differenza non è da poco”. Oggi lo ribadisce Renato Schifani: “Silvio Berlusconi non è candidabile alle primarie del centrodestra, né è pensabile che si possa fare il premier per interposta persona”. Ma da quell’orecchio Renato Brunetta non ci sente: “Se si votasse oggi il centrodestra sarebbe vincente – dice al Tg2 – Berlusconi vincerebbe al primo turno grazie proprio al potere di coalizione di Forza Italia. Con l’Italicum vince chi ha più potere di coalizione, e Berlusconi ce l’ha”. Certo, Casini è stato riaccolto come il figliol prodigo da Berlusconi, ma non dal resto del centrodestra. Roberto Maroni, per dire, ha precisato più o meno: “O c’è un programma serio o stia dov’è”. Ma il centrodestra ci ha abituato a tutto in questi anni: dal “mafioso” gridato da Umberto Bossi al Cavaliere alle comiche finali pronunciate daGianfranco Fini sempre all’indirizzo di Berlusconi, dalle responsabilità per le cose non fatte che l’ex presidente del Consiglio ha dato sempre ai leader degli alleati più piccoli (Casini, Fini), da separazioni e ricongiungimenti continui. Quindi l’operazione di ricompattamento della coalizione delle destre partirà probabilmente già in occasione delle Europee, visto che da più parti si ipotizza l’unione delle forze tra Alfano e Casini. Tutte alchimie, certo. Ma chi sia lo stregone è più che noto.

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