spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

domenica 15 settembre 2013

la recessione sta finendo, la crescita è dietro l’angolo

Previsioni autunnali: mare in tempesta


La schizofrenia regna sovrana quando si deve parlare di economia. Non c’è giorno che il governo di Letta il Giovane non provi a rassicurare il pubblico nazionale: “la recessione sta finendo, la crescita è dietro l’angolo”. Non c’è giorno che i più attenti e ascoltati analisti internazionali non dicano l’esatto contrario, almeno per quanto riguarda l’Italia e l’Unione Europea.

Che il nostro governicchio di mal assemblati menta sapendo di mentire non è una novità (immaginare Alfano e la Di Girolamo seduti allo stesso tavolo, “alla pari” con Saccomanni, dovrebbe spaventare soprattutto i benpensanti). Quasi tutti i governi italiani si sono distinti in quest’arte derelitta, a maggior ragione nel ventennio berlusconiano che si sta chiudendo.

Ma qual’è la situazione reale?

Qui si mescolano problemi economici e situazione politica continentale, perché – nonostante con la scomparsa di Mario Monti sia stato improvvisamente dimenticato – siamo a un passaggio decisivo della “costruzione europea”.

Sul piano strettamente economico la recessione continentale ha segnato la prima tregua dopo diciotto mesi filati («Dopo sei trimestri con il segno negativo, nel secondo trimestre del 2013 la crescita del Pil in termini reali nell’area dell’euro ha registrato lo 0,3% sul periodo precedente»; Italia esclusa, come sappiamo). Ma il Bollettino mensile della Bce non ne ha ricavato indicazioni particolarmente ottimistiche, riconoscendo tra le principali cause positive alcuni «effetti transitori connessi alle condizioni meteorologiche nella prima metà di quest’anno», oltre che alla prolungata stagione di “politica monetaria eccezionalmente accomodante” adottata dalla stessa Bce. “Bel tempo si spera” e politica monetaria non sembrano proprio le “condizioni strutturali” tipiche di un’economia sana… E quindi anche la tiepida ripresa delle esportazioni continentali non appare sufficiente a garantire una “crescita duratura” e tantomeno a ridurre la disoccupazione europea (26 milioni di senza lavoro sono una bomba sociale che può esplodere in qualsiasi momento).

Di qui i ripetuti inviti a mettere in pratica le raccomandate “riforme strutturali” che dovrebbero – nell’ideologia liberista – rimettere in moto il processo di accumulazione del profitto e quindi “la crescita”. Non avviene, non può avvenire. Sono anni che si stringe la cinghia e si taglia, in Italia come o meno che altrove; ma i risultati promessi non arrivano, né si intravedono all’orizzonte.

Da dove arriva allora lo spazio per alcune operazioni “audaci” (per esempio la finta abolizione temporanea dell’Imu) del nostro cagionevole e truffaldino governicchio? Dalla quiete che dovevaprecedere le elezioni tedesche del 22 settembre. Poi il processo di distruzione del “modello sociale europeo” riprenderà con forza triplicata.

Alcune tappe cruciali stanno prendendo forma definitiva, a partire dall’”unità bancaria”; ovvero dalle unificazione delle regole di funzionamento del sistema bancario continentale e dalla centralizzazione alla Bce dei compiti di “sorveglianza” oggi ancora affidato alle banche centrali nazionali.

I patti supervincolanti come il Fiscal Compact entreranno a regime dal 2014, costringendo i paesi deboli a sequestrare quote grandiose di ricchezza per il “risanamento del debito” piuttosto che per finanziare lo sviluppo economico. Cifre, per l’Italia, parti a circa 50 miliardi di euro ogni anno per i prossimi venti anni (per riportare il debito dal 126% al 60% rispetto al Pil), senza alcuna certezza di riuscirci e anci con l’assoluta certezza di impoverire in modo irrecuperabile il paese. Già gli obiettivi di deficit sembrano destinati a essere mancati, visto che il fabbisogno di quest’anno – da solo – arriva al 3,3%. Ma in Italia non se ne parla molto.

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