spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

venerdì 5 luglio 2013

Dal 2000 al 2010, Pechino ha investito più di 75,4 miliardi di dollari nel continente nero. Gli Usa circa 90.

Investimenti in Africa.
La Cina si avvicina agli Stati Uniti

 di: Francesca Dessì














L’espansione economica della Cina in Africa è un dato di fatto. L’Occidente ha più volte, negli ultimi dieci anni, gridato allo scandalo, accusando Pechino di “nuovo colonialismo”. Secondo la tesi occidentale, la Repubblica popolare cinese sta “saccheggiando” le risorse naturali dei Paesi africani già molto poveri e indebitati. Il bue che dice cornuto all’asino. Il peggiore usuraio per l’Africa si chiama Fondo monetario internazionale (Fmi), i peggiori ladri Stati Uniti e Europa, Paesi che alimentano guerre e colpi di Stato, impongono sanzioni per depredare il sottosuolo. La Cina ha invece scelto una strategia definita di “soft power”, che si è dimostrata vincente: investe in diversi settori dell’economia africana, offre prestiti a tasso zero, costruisce ospedali, strade, scuole, ponti, stadi e altre infrastrutture sociali attraverso programmi di cooperazione bilaterali. Offre borse di studio in Cina a migliaia di studenti africani permettendogli di studiare gratuitamente nelle migliori università del Paese e soprattutto cancella i debiti contratti. In cambio, chiede le risorse minerarie e le terre fertili. E i Paesi africani non ci pensano due volte a fare affari con il colosso cinese, destando la preoccupazione degli Stati Uniti, dell’Europa e delle grandi multinazionali che non riescono a tenere il passo cinese. Tempo fa, le principali aziende minerarie straniere avevano chiesto l’intervento delle Nazioni Unite per impedire alla Cina di escluderle dallo sfruttamento delle risorse africane.
Sull’espansione cinese in Africa è stato pubblicato e presentato ieri un rapporto di due centri studi Usa, il Center for Global Development e AidData, in cui si afferma che Pechino ha investito dal 2000 al 2011 più di 75,4 miliardi di dollari nel Continente nero.
L’ammontare degli investimenti, sottolinea lo studio, è solo leggermente inferiore a quello degli Stati Uniti, che nello stesso periodo hanno investito 90 miliardi di dollari. Ma il sostegno garantito dalla Repubblica popolare cinese è risultato di natura diversa da quello degli Usa. “Quando si mettono a confronto Stati Uniti e Cina, la cifra complessiva ufficiale è quasi paragonabile. Tuttavia, non si tratta della stessa cosa, quando si parla di aiuti cinesi la composizione degli aiuti è molto diversa” ha spiegato Bradley Parks, il promotore della ricerca. Parks ha precisato che i cinesi “fanno molto nei settori della sanità, dell’istruzione, della società civile: molte cose che generalmente non si pensa siano sostenute dal governo cinese”. Dalla ricerca è emerso che la maggior parte dei fondi cinesi è stata utilizzata per ridurre il debito di diversi Paesi africani, il resto è stato poi usato per finanziare progetti nel settore dei trasporti e dell’agricoltura. Nel rapporto si cita il caso dello Zimbabwe, dove Pechino ha finanziato un’accademia militare, e il caso dell’Algeria dove ha invece realizzato un teatro dell’opera. Il Ghana invece risulta il principale beneficiario degli aiuti cinesi. L’obiettivo della ricerca, ha sottolineato Parks, è quello di migliorare l’informazione sul sostegno offerto dalla Cina, accusata di pensare solo ad accaparrarsi le risorse minerarie: “Dal nostro punto di vista, il valore di quello che abbiamo realizzato è cercare di creare un bene pubblico che possa essere usato da ricercatori, giornalisti e organizzazioni della società civile, che possono poi trarre le loro conclusioni”.
C’è da dire che l’interesse cinese verdo continente africano si fonda su due fattori, che molti critici chiamano “ossessioni”: l’energia e il cibo. La Cina è infatti povera di materie prime proprie, con la sola eccezione del carbone, mentre la sua economia richiede fiumi di petrolio e risorse minerarie. Di qui la corsa all’accaparramento delle concessioni petrolifere. Per quanto riguarda il cibo, la Cina, Paese dove c’è la più alta concentrazione demografica al mondo, teme la fine dell’autosufficienza. Risiede in questo la ragione dei programmi di sviluppo dell’agricoltura in molti Stati africani. Ma a differenza degli Stati Uniti, Pechino lo fa senza immischiarsi nelle questioni africane e senza parlare di “diritti umani”.
Appare ormai evidente che si sta giocando una nuova guerra fredda in Africa. I contendenti sono gli Stati Uniti e la Cina, ma in mezzo ci sono la Francia, che con la guerra in Libia, in Costa d’Avorio e quella in corso in Mali, è ritornata nel palcoscenico internazionale, e poi c’è la Gran Bretagna. La presenza delle multinazionali statunitensi si estende lungo la costa atlantica dell’Africa, dalla Mauritania all’Angola, passando per Sao Tomé e Principe, ormai diventato una base Usa, Gabon e Guinea Equatoriale. In questi Paesi si gioca una partita all’ultimo sangue con la Cina.
Di questi tempi, economicamente difficili per tutti, capita anche di assistere a cose inimmaginabili e paradossali: Washington che paga Pechino per usare un satellite cinese per le sue comunicazioni a banda larga in Africa. Lo ha reso noto la rivista statunitense on line Wired, che si occupa di tecnologia, secondo cui il presidente Usa Barack Obama ha firmato un’intesa per un anno. Per 10 milioni di dollari gli Usa potranno usare il nuovo satellite Apstar-7 per le comunicazioni e la spedizione di dati delle truppe che operano nel continente africano. L’accordo, che è stato accennato con poca pubblicità durante un’audizione di una commissione a Capitol Hill, è stato siglato, sottolinea Wired, in un periodo di tensioni tra i due giganti economici per la guerra informatica in atto. La Casa Bianca ha più volte accusato Pechino di condurre delle azioni di hackeraggio per rubare dati sensibili di aziende e agenzie governative statunitensi.
L’amministrazione di Obama si è difesa, affermando di non avere altra scelta perché il satellite cinese è l’unico a fornire la copertura del continente di cui hanno bisogno i militari statunitensi. “La banda larga era disponibile solo con il satellite cinese” ha dichiarato il vice-assistente del segretario alla Difesa per lo Spazio, Doug Loverro, alla commissione per i Servizi armati della Camera. “Riconosciamo che ci sono preoccupazioni tra la gente per l’uso di satelliti cinesi a sostegno delle nostre truppe. Ma riconosciamo anche che le nostre truppe hanno bisogno di sostegno, e certe volte dobbiamo andare nell’unico posto dove possiamo ottenerlo”, ha aggiunto.
Gli Stati Uniti sembrano sempre più in crisi, mentre la Cina sempre più vivace. Secondo i dati del 2012, Pechino ha operato più lanci spaziali degli Usa, compresi quelli per i satelliti per le comunicazioni Chinasat 12 e Apstar-7, che consentiranno un’ampia copertura del continente africano.

fonte  http://afrofocus.com/2013/03/13/la-cina-in-africa-opportunita-di-sviluppo-o-neocolonialismo/

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