spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

mercoledì 31 luglio 2013

GLI USA E LA QUESTIONE AFGHANA

GLI USA E IL CAOS AFGHANO, FORSE SONO DI TROPPO.



In vista dell’annunciato ritiro americano dall’Afghanistan, che ritiro rischia di non essere, fervono le manovre tra gli attori della regione. La “questione afghana” rischia di essere sommersa da interessi geopolitici, in particolare riguardanti temi energetici, ed in questo campo un ruolo di notevole interesse è ricoperto dall’India, che gli Stati Uniti hanno forse troppo marginalizzato, ritenendola sicura alleata, per concentarsi sui legami col Pakistan; ora le cose sembrano essersi notevolmente complicate.

Dicevamo che quello americano rischia di non essere un ritiro, ma di diventare invece una sorta di controllo indiretto: se le casse dello stato, e la ragione politica, esigono che l’esercito statunitense lasci il suolo afghano, gli obiettivi geostrategici vedono come indispensabile un Afghanistan amico e stabile, il che sembra abbastanza lontano dal tradursi in realtà. Un esempio di quanto sia incerto il futuro afghano può essere rintracciato nell’ultimo avvicendamento delle missioni diplomatiche afghane all’estero: su centoquattro diplomatici richiamati a Kabul solo quattro sono effettivamente rientrati, mentre gli altri hanno ritenuto di essere troppo in pericolo a causa delle debolezza del governo di Hamid Karzai.

I talebani dal canto loro si sentono vincitori al punto da avere aperto un’ufficio in Qatar destinato appositamente ai colloqui con gli Stati Uniti ed il governo di Kabul, per poi chiuderlo immediatamente dopo a seguito di accuse reciproche tra le parti. E se da un lato Washington intesse relazioni con gli studenti islamici (scontrandosi con lo stesso Karzai), dall’altro mobilita tutta una serie di alleati per garantire un coinvolgimento nell’Afghanistan del dopo 2014, ed in quest’ottica rientrano le recenti dichiarazioni della Georgia in merito all’impegno NATO in terra afghana, con gli alleati europei degli USA – Italia compresa – che dovrebbero restare in Afghanistan previo cambio di nome, e modalità, delle attuali missioni. Da notare l’atteggiamento del Kazakistan che mentre invitava gli americani a restare in Afghanistan, dichiarava allo stesso tempo il rifiuto ad essere coinvolto nel TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) pipeline.

Un grosso problema per gli Stati Uniti sarà il Pakistan, sempre più scosso da sentimenti antiamericani, alimentati dalle vicende legate all’uso dei droni, sempre meno alleato affidabile. Gli USA negli ultimi anni si sono affidati molto a Islamabad trascurando quello che era considerato un alleato di lunga data: l’India. E proprio da New Delhi potrebbero arrivare delle sorprese, soprattutto per quanto riguarda i rapporti proprio con il Pakistan. La tensione tra i due nemici storici non è sopita ma potrebbe nascere un fronte comune proprio in vista di interessi comuni, che ovviamente gli USA stanno cercando di contrastare, considerando l’India come elemento fondamentale nella politica di controllo della Cina, nonostante Pechino sia sempre più importante per l’economia indiana con la ricostruzione della sezione meridionale della Via della Seta.

India e Pakistan sono inoltre partner in due progetti di gasdotto dal significato profondamente diverso: il primo è l’IPI (Iran-Pakistan-India) pipeline, logicamente avversata dagli USA, mentre il secondo è il sopracitato TAPI che gli Stati Uniti ritengono di poter controllare e utilizzare per una pacificazione afghana. Tuttavia è significativo che stiano spingendo ad un maggior impegno il governo turkmeno, forse ritenendo ormai poco affidabili gli altri paesi membri del consorzio, sfruttando inoltre il fatto che il Turkmenistan si trova ai ferri corti con l’iran, il quale ha ammonito Ashgabat il merito all’uso del Caspio per far giungere il gas turkmeno in Turchia. Come se non bastasse Israele sta pressando Washington per azioni contro Teheran.

Gli Stati Uniti rischiano di peggiorare la situazione in una zona già di per sé calda, basti pensare alla situazione interna pakistana ormai esplosiva, oppure ai rapporti non semplicissimi dell’India con Russia e Cina. Forse le cose dovrebbero seguire il loro corso, ma troppi interessi non lo permettono.

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