Scritto il 14/7/13
Franco Cardini |
Il generale malessere del mondo, la crisi europea, le strane “primavere arabe” e il ritorno di potenze come la Francia, pronte a strumentalizzare i movimenti islamisti. E poi le rivolte in Egitto e in Turchia, che hanno messo i media di fronte a una domanda drammatica: di fronte a tanta ingiustizia, l’unica via d’uscita sarà una rivoluzione necessariamente globale? Ebbene sì, risponde lo storico Franco Cardini: serve una rivoluzione mondiale basata sulla giustizia e sulla redistribuzione della ricchezza, capace di trasformare i consumi salvaguardando il rapporto con l’ambiente. La «rivoluzione del futuro», inutile non vederla, ormai «ci sta davanti», sospinta dalla potenza formidabile del Bric, il cartello dei grandi paesi emergenti: Brasile, Russia, India e Cina, cui domani potrebbe aggiungersi anche l’Iran. «Questa rivoluzione potrà anche non verificarsi, oppure fallire: ma allora saremo tutti condannati».
Il termine “rivoluzione”, ricorda Cardini nel suo blog, ha origini astronomiche: indica il giro completo dei pianeti attorno al sole. Ma la Franco Cardiniparola, oggi per noi sinonimo di totale e sconvolgente mutamento sociopolitico, anche violento, fu impiegata nella sua accezione attuale per la prima volta nell’Inghilterra del Seicento, con la “glorious revolution” di Guglielmo d’Orange, paladino di un “nuovo ordine” fondato sulla libertà e l’uguaglianza come compimento dell’opera divina di redenzione dell’umanità. Cent’anni dopo, nella Parigi dei philosophes e dei giacobini, tutto era cambiato. Ma il primo a mutare la percezione del tempo era stato il Cristianesimo: a quella cheera stata la tenace idea tradizionale del tempo circolare e dell’Eterno Ritorno, i cristiani ne avevano sostituita un’altra che aveva come perno l’incarnazione e come estremi la creazione e la fine del mondo. Tuttavia, l’anno liturgico e l’anno lavorativo agrario – entrambi radicati nel ritmo circolare delle stagioni – avevano a lungo mantenuto viva nei popoli l’idea del tempo ciclico, «magari corrotta dal pessimismo esiodeo e lucreziano in un susseguirsi spiraliforme di ere l’una peggiore dell’altra (d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro), giù fino alla ferrea proles, il kali-yuga dei Veda».
Rivoluzione Francese |
In questo senso, sfociando nelle soluzioni “borghesi” e “liberali” di Termidoro e dell’autoritarismo militarista napoleonico, la Rivoluzione Francese resta “incompiuta” e in parte nega se stessa: «Liberalismo e socialismo, in effetti, risultano strettamente collegati e in qualche modo complementari», sottolinea il grande storico italiano. Dalla Rivoluzione Francese in poi, la storia accelera: «Durante il XIX secolo e poi all’inizio del XX, abbiamo assistito alla corsa all’egemonia tra le potenze europee due delle quali (Francia e Inghilterra) avevano imboccato senza sostanziali esitazioni la strada capitalistica e il sistema democratico rappresentativo liberale, mentre altre due (Prussia-Germania e Austria-Ungheria) mostravano di voler accompagnare allo sviluppo capitalistico e liberistico un sistema politico fondato su forme di rappresentanza a carattere sostanzialmente consultivo». Altre due potenze, la Russia zarista e l’Impero Ottomano dei sultanati, «apparivano intente ad affrontare i problemi della multinazionalità-pluriculturalità e della modernizzazione, per il secondo dei quali necessitavano in vari e differenti modi del sostegno finanziario, imprenditoriale e tecnologico delle potenze occidentali, in cambio accettando con certe limitazioni la loro alleanza (la Russia) o la loro penetrazione egemonica (l’impero ottomano)».
Frattanto, in Asia, altre compagini imperiali come Giappone, Cina e Persia si pongono il problema della modernizzazione in chiave occidentale, mentre i paesi arabi subiscono il fascino delle idee nazionali. Prospettive contrastanti, che determinano linee di scontro: l’Asia centrale contesa da Russia e Inghilterra, e il Mar Nero (coi suoi Stretti, Bosforo e Mar di Marmara) conteso alla Turchia dalla Russia, decisa ad affacciarsi sul Mediterraneo e pronta per questo a scontrarsi anche con l’Austria-Ungheria per la spartizione dei Balcani, dove Mosca intende assumere la leadership degli slavi ortodossi, dopo il disfacimento dell’Impero Ottomano. La Turchia compete anche con l’Inghilterra, che – conquistata l’India – ha bisogno di egemonizzare il Vicino Oriente e controllare il Canale di Suez e le rotte dell’Oceano Indiano. Dall’alto delle postazioni di Gibilterra, Suez e Malta, l’Inghilterra considera il Mediterraneo un “lago britannico”, controllando tutti i traffici navali francesi e spagnoli, una volta stabilita una sorta di “alleanza egemonica” con Portogallo e Italia. Infine, l’equilibrio già precario si rompe quando anche Guglielmo II e il capitalismo militarista tedesco scelgono di giocare a loro volta le carte del colonialismo africano, sfidando Londra nella corsa allo sviluppo cantieristico e nautico: tutto, a quel punto, Mussolini e Hitlerè ormai pronto per la “guerra dei Trent’anni”, quella 1914-1945, cioè le due guerre mondiali.
Mussolini e Hitler |
D’altronde, il netto predominio nei confronti del resto del mondo da parte dell’Europa e di quello che – dal Settecento in poi – si è autodefinito “Occidente”, «è stato caratterizzato dalla violenza e dallo sfruttamento colonialistici e dal drenaggio continuo delle ricchezze dei continenti extraeuropei, messo in atto attraverso l’economia-mondo e il cosiddetto “scambio asimmetrico”». Nonostante segnali importanti come l’abolizione dello schiavismo, peraltro «coincidente con il crescente e sistematico sfruttamento dei ceti subalterni», nessun occidentale pareva curarsi del fatto che le premesse etico-sociali delle grandi rivoluzioni sette-novecentesche, con i loro valori “universali”, fossero tutte disattese dalla pratica della dominazione coloniale. Sicché, aggiunge Cardini, erano del tutto prevedibili «contraccolpi come il diffondersi del socialismo in Asia, Africa e America latina durante la seconda metà del Novecento, e l’insorgere poi del fondamentalismo musulmano, radicato nella frustrazione e nella Abu Ghraib, sevizie sui prigionieri irachenidelusione del mondo islamico nei confronti delle mancate promesse e degli inganni».
Abu Ghraib, sevizie sui prigionieri iracheni |
Siria, miliziani |
Il quadro è complesso, riconosce Cardini, ma forse siamo giunti alla resa dei conti. «Se per rivoluzione la modernità ci ha abituati a intendere un radicale e profondo mutamento negli equilibri non solo giuridici, civili, economici e sociali, ma anche nelle prospettive etiche e addirittura esistenziali, possiamo dire che dopo il blocco rappresentato dalle quattro grandi rivoluzioni sociopolitiche dei secoli XVIII-XX (l’americana, la francese, la sovietica, la cinese) noi siamo oggi chiamati ad affrontare una nuova rivoluzione di portata epocale». Una rivoluzione con alcuni tratti fondamentali. Primo: l’eclisse degli Stati, sovastrati da lobby multinazionali onnipotenti, che hanno ridotto governi e partiti a “comitati d’affari”, al servizio di una impressionante concentrazione, in pochissime mani, nella richezza planetaria. Di qui la «proletarizzazione dei ceti medi» e il «generale impoverimento della società civile del mondo, già caratterizzata da abissali e intollerabili sperequazioni». Secondo aspetto della rivoluzione prossima ventura: il network orizzontale Zygmunt Baumanformato da individui decisi a cambiare il proprio modo di vivere, secondo valori di solidarietà.
Zygmunt Bauman |
http://www.libreidee.org/2013/07/cardini-giustizia-la-rivoluzione-che-lumanita-attende/
http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Cardini
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