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PENSATOIO DI IDEE

giovedì 18 luglio 2013

IL PESSIMO MODELLO DELLA REGIONE PIEMONTE

Euro-tagli, e la Regione finisce nella lotteria delle banche




Scritto il 18/7/13


Privatizzare la finanza pubblica, amputandola del suo potere naturale di spesa. Fino all’estrema aberrazione: la perdita della moneta e delle possibilità di manovra che la sovranità finanziaria consente, facoltà particolarmente preziosa in tempi di crisi. Dallo Stato centrale, letteralmente “disabilitato” dal neoliberismo a partire dal divorzio fra Tesoro e Bankitalia, fino alle sue estreme propaggini territoriali, le Regioni. Costrette anch’esse, per finanziarsi, a ricorrere al mercato finanziario privato, secondo procedure fisiologicamente anomale, dal momento che la “mission” delle banche non è ovviamente il bene pubblico ma il profitto privato. Nella trappola è finito anche il Piemonte, negli ultimi anni di boom del credito a basso costo, prima della grande crisi. Visti i tagli crescenti dei trasferimenti statali, la Regione ha acquisito strumenti finanziari per proteggersi dai rischi e tentare di sfruttare le “opportunità” offerte dai prodotti più “innovativi” delle banche. Salvo poi scoprire che i propri funzionari forse non erano così a loro agio con la lingua madre del business, l’inglese.





La sede della Regione Piemonte a Torino

All’epoca della giunta di centrosinistra guidata da Mercedes Bresso, scrive Andrea Mollica sul blog di Gad Lerner, nel 2006 il Piemonte lanciò un’emissione obbligazionaria da 1,85 miliardi di euro. «Per coprirsi finanziariamente, l’amministrazione regionale stipulò dei contratti derivati insieme a tre banche – Merrill Lynch, Intesa Sanpaolo e Dexia – che nel corso degli anni hanno però provocato delle forti perdite». La Regione aveva avviato un contenzioso sui “derivati” e deciso la sospensione, «in autotutela degli atti che portarono alla stipula di quei contratti finanziari». Il Tar del Piemonte si è dichiarato incompetente, e in questi mesi è in corso una disputa davanti alla magistratura britannica. “La Stampa” rivela una delle tesi della difesa, che rimarca «anche con toni surreali» lo spirito del tempo di quegli anni, nei quali gli enti locali «giocavano con la finanza». Secondo gli avvocati della Regione, il funzionario che firmò i contratti con le due banche «non sapeva l’inglese», e di conseguenza «non era in grado di capire la natura del derivato che stava sottoscrivendo».
Sempre secondo la linea difensiva del Piemonte, il capo della finanza dell’amministrazione Bresso «aveva conoscenze così limitate della lingua del mondo degli affari da giustificare poi il comportamento della Regione, che dal 2012 ha smesso di pagare le banche». L’attuale assessore al bilancio, Gilberto Pichetto Fratin, conferma: «I nostri avvocati hanno citato una serie di motivazioni che hanno determinato l’autotutela». Con Merrill Lynch il Piemonte ha trovato un accordo extragiudiziale, mentre il caso prosegue con le altre due banche, Intesa e Dexia. Come spiega il “Sole 24 Ore”, nel 2006 la Regione aveva messo in campo un’emissione obbligazionaria da 1,85 miliardi di euro in forma bullet, che prevedeva il rimborso a scadenza in soluzione unica. «Per questo tipo di obbligazioni, allora possibili, la legge imponeva la costituzione di fondi o di swap di ammortamento», spiega Mollica. «Nasceva proprio da qui la decisione di sottoscrivere i derivati per accantonare periodicamente le somme necessarie al rimborso (amortising swap), per mettersi al riparo dalle dinamiche di tasso (interest rate swap) e Mercedes Bresso e Roberto Cotaper proteggere lebanche dal rischio-Italia (credit default swap), i cui contratti sono stati firmati».
In piccolo, alla Regione tocca la stessa sorte dello Stato ex sovrano: per tentare di salvare i bilanci, messi a rischio dai tagli cui è costretto il governo di Roma, “deve” tentare la via del mercato finanziario privato, con le sue regole di business. Il guaio è che, nell’Eurozona, la differenza sostanziale fra Stato e Regioni è pressoché sparita: lo Stato ha perso la sua principale prerogativa istituzionale, cioè la libera emissione di moneta, con la quale finanziare la spesa pubblica destinata ai cittadini, attraverso le Regioni. Ora, lo Stato stesso è ridotto a una sorta di Regione – o di colonia – cioè senza più alcun potere monetario, quindi finanziario. Costretto ad elemosinare gli euro dal sistema bancario, non può più sostenere il debito pubblico. Così, è sistematicamente esposto al ricatto dei signori dello spread, quelli che dettano le “riforme strutturali” pensate su misura per le multinazionali interessate alle grandi svendite del patrimonio pubblico, chiamate graziosamente privatizzazioni. Il Piemonte non fa eccezione: per fare cassa e salvare i suoi ospedali, l’attuale giunta guidata dal leghista Roberto Cota si è vista costretta a cedere per decenni le strutture pubbliche alla finanzaprivata, cui poi pagare l’affitto, intascato l’ossigeno iniziale per evitare il peggio e tirare avanti. Era il male minore, ha spiegato Cota: l’alternativa, senza più fondi da Roma, sarebbe stata chiudere gli ospedali.

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