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mercoledì 3 luglio 2013

Ior, indagine per riciclaggio

Ior, indagine per riciclaggio. Spuntano i conti dei D’Amico.


vaticano1Inquisiti il direttore dimissionario Cipriani e il suo vice Tulli

di Grazia Longo - 3 luglio 2013
Tre filoni di una maxi inchiesta: quella principale, partita nel 2010 per violazione delle norme antiriciclaggio. Una seconda per riciclaggio e una terza per corruzione che pare però destinata a sfociare nel riciclaggio. Un vero terremoto giudiziario sta per abbattersi sullo Ior. La procura di Roma e la Guardia di Finanza hanno accertato un collaudato sistema di riciclaggio che vede coinvolti non solo il direttore Cipriani e il suo vice Tulli appena dimessi per evitare di essere licenziati - ma anche 6 prelati con grande capacità di manovra sui conti della banca vaticana e un consulente, l’avvocato Michele Briamonte.
E intanto, dalla lettura di nuove intercettazioni nell’informativa del Nucleo Valutario della Finanza, agli ordini del generale Bottillo, si apprende che gli armatori Cesare, Maurizio e Paolo D’Amico (indagati per evasione fiscale) avevano anche loro un conto allo Ior intestato al loro amico d’infanzia Nunzio Scarano. Ovvero il prelato di Salerno arrestato venerdì scorso insieme allo 007 Zito e al broker Carenzio nel contesto della terza costola delle indagini legata al tentativo di far rientrare dalla Svizzera 20 milioni di euro dei D’Amico.
È proprio Scarano ex contabile dell’Amministrazione per il Patrimonio della Sede Apostolica - famoso come «Don 500» per l’ostentazione di banconote da 500 euro - che lo ammette al telefono, con il faccendiere Marcianò, nel marzo 2012: «Stamattina Cesare si è fatto anche la cointestazione con me...per paura che io toccavo, hai capito?». Gli investigatori precisano nelle carte che si tratta «di un imprecisato rapportodeposito che fa ipotizzare sin da subito che il conto-deposito era ragionevolmente allocato presso lo Ior (nella Città del Vaticano, dove Nunzio Scarano espleta la sua giornaliera attività lavorativa) e che il deposito in argomento era in precedenza intestato solo formalmente a Scarano mentre la disponibilità ivi giacente era riferibile però a Cesare D’Amico». Ma questa è solo la terza tranche dell’inchiesta madre che era partita tre anni fa, da parte del procuratore aggiunto Nello Rossi e del sostituto Stefano Fava e che è stata appena chiusa con l’archiviazione per l’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi e il rinvio a giudizio di Paolo Cipriani e Massimo Tulli. In questo caso l’accusa è violazione delle norme antiriciclaggio in merito alla movimentazione di 23 milioni di euro dello Ior depositati su un conto aperto presso il Credito Artigiano. Il secondo filone, invece, ipotizza un reato ancora più grave: il riciclaggio, appunto. E vede coinvolti oltre a loro due anche sacerdoti come don Evaldo Biasini, meglio noto alle cronache come «don bancomat», 86 anni, indagato anche a Perugia nell’inchiesta sulla cricca degli appalti per il G8.
Si legge: «Al termine dell’esposizione degli elementi acquisiti in ordine ai rapporti finanziari intercorrenti tra Nunzio Scarano e gli imprenditori Cesare, Paolo e Maurizio d’Amico, si ritiene di dover portare ancora l’attenzione sull’esistenza ed operatività di conti-depositi allocati presso lo Ior gestiti direttamente da Scarano e sui quali vengono accreditate risorse finanziarie dei d’Amico; ci si riferisce, in particolare, al “Fondo Anziani” che, secondo quando emerso dalle indagini tecniche, avrebbe quanto meno un duplice utilizzo, da un lato, destinato ad accogliere somme di denaro provenienti dai citati imprenditori destinate ad opere di carità-assistenziali, ma dall’altro, anche per schermare altre operazioni finanziarie oggettivamente di dubbia natura ed allo stato non meglio chiarite».
I cugini Cesare, Paolo e Maurizio D’amico facevano arrivare i soldi da riciclare nei conti dello Ior, da banche con sede «a Londra, Montecarlo, Lussemburgo». Ed è probabile che sempre allo Ior sarebbero finiti i 20 dei 41 milioni depositati in Svizzera. Scarano, al termine di una telefonata con Maurizio, lo rassicura sui tempi e gli ricorda « …io già ho fatto qualcosa per Paolo, già l’ho fatto pure per Cesare... Hai capito?...». Tutto con il benestare del vicedirettore dello Ior, Tulli: «una chiamata intercorsa tra Nunzio Scarano e Massimo Tulli, ha confermato inequivocabilmente l’esistenza del fondo anziani, poiché Scarano, nell’occasione ha chiesto al funzionario vaticano di preparargli il relativo estratto conto annuale; la chiamata ha confermato altresì l’esistenza di una ulteriore posizione Ior intrattenuta da Nunzio Scarano a titolo personale». Quanto al guadagno personale di don Scarano: «In una conversazione con don Luigi Noli, si è posto l’obiettivo di voler chiudere a 500mila euro la somma per l’anno 2012 complessivamente “esfiltrata” a Cesare d’Amico».
E non mancano neppure conversazioni di Scarano col capo della gendarmeria vaticana, Domenico Giani, e col direttore della Direzione centrale anticrimine italiana, Gaetano Chiusolo, ai quali chiedeva aiuto per l’impasse dovuta al pagamento di 400mila euro a Zito. Presto, nuove sorprese.

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